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Autore: Laylath    07/03/2014    4 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 36. Affrontare il passato.

 
“Henry, questo pomeriggio abbiamo intenzione di andare a fare un giro: ti unisci a noi?”
“No – disse distrattamente il ragazzo, senza nemmeno alzare gli occhi dai compiti di grammatica che stava controllando durante l’intervallo – fate senza di me.”
“Ma che hai da un po’ di tempo a questa parte? – chiese uno dei suoi compagni di classe e di banda – Sei assente e non fai niente con noi: c’è qualche problema?”
“No, nessun problema. Semplicemente ho voglia di stare da solo.”
Non aggiunse altro, non li degnò nemmeno di uno sguardo tanto che dopo qualche secondo venne lasciato solo. Sentendo il silenzio attorno a lui, si passò una mano tra i capelli rossicci e fissò la finestra dove si vedeva il cortile che brulicava di ragazzi che giocavano o chiacchieravano tra di loro.
Qualche settimana prima non avrebbe perso tempo ad uscire durante l’intervallo, ma si era accorto che preferiva stare da solo: la compagnia dei suoi amici, che un tempo lo divertiva tanto, adesso gli dava fastidio e spesso si chiedeva come avesse potuto frequentarli e godere di quelle bravate.
Quei giochi, quegli scherzi… gli sembravano così distanti e carichi di nostalgia, ma era come se la sua mente non fosse più in grado di concepirli.
“Non è niente, amore, mi è solo entrato qualcosa nell’occhio…”
“No, non è vero, stava piangendo.” mormorò, pensando a quanto gli aveva detto sua madre quella mattina: quel sorriso così falsamente spensierato sul viso tirato, la voce leggermente tremante. Possibile che credesse di ingannarlo quando era così evidente?
Cosa era successo questa volta? Non aveva sentito suo padre gridare o dirle qualcosa di brutto, ma c’era stato quello sguardo così cattivo. Eppure era sicuro che mamma non avesse fatto niente di male.
Era dal giorno della piena che in casa aleggiava qualcosa di strano, una nuova tensione che aveva il potere di metterlo a disagio più del previsto.
Papà è furioso per qualcosa, ma non dice o fa niente.
Persino con lui aveva cambiato atteggiamento: in genere, anche se era arrabbiato con la mamma o con Heymans, non si faceva molti problemi a parlare con lui. Henry amava quei momenti, certo, ma sapeva anche che erano un modo per attirare l’attenzione su altro e in qualche modo far dimenticare a Gregor il motivo per cui ce l’aveva con il resto della famiglia.
Forse ogni tanto era riuscito ad evitare che la mamma piangesse.
Il fatto che questa volta la crisi stesse durando più del previsto lo spaventava tantissimo.
Un rumore lo destò dai suoi pensieri e si girò verso la porta: Kain lo fissava con un certo timore, ma con un piccolo cenno del capo, andò al suo banco e dopo aver preso un qualcosa dalla sua tracolla, scappò via.
Già, Kain Fury, se non ricordava male una volta aveva grandi progetti su di lui, ma ora non ne aveva nemmeno voglia di pensarci… era solo una di quelle stupide cose senza importanza.
 
“Incredibile ma vero ce la caveremo meglio del previsto – ammise Andrew, guardando assieme a Roy e Vincent quell’elenco – i danni sono stati davvero limitati, anche ora che abbiamo le stime definitive.”
A quelle parole Roy sorrise, sentendosi in qualche modo responsabile di quel risultato: quella mattina la sua classe era uscita un’ora prima per l’assenza di un docente e lui era andato alla stazione di polizia dove aveva trovato oltre al capitano anche il padre di Kain.
E così, ad un mese esatto dalla piena, finalmente le cose erano tornate alla normalità, il sole di fine marzo che sembrava quasi festeggiare quella vittoria del paese: meno danni del previsto e i lavori nei campi già iniziati. E in quel risultato c’erano anche tutti i calcoli ed i problemi di aree e conti che lui aveva svolto senza tregua ogni maledetta sera. Anche se era iniziato come un compito che sembrava scolastico, l’aveva aiutato a capire maggiormente la realtà della vita contadina, di quei confini tra campi da ridisegnare, quei raccolti… no, non era per niente scontato come immaginava ed il suo rispetto per quella gente era aumentato di giorno in giorno.
“E ora come funziona?” chiese, rivolgendosi a Vincent.
“Manderemo una relazione al governo, assieme a questo elenco e cercheremo di ottenere dei fondi per aiutare la ripresa. Ma per fortuna siamo in grado di iniziare da soli: James Havoc ha dato la disponibilità di tutte le merci del suo emporio… attrezzi, sementi e quanto altro.”
“Bene, in ogni caso direi che possiamo dichiarare l’emergenza ufficialmente chiusa – ammise Andrew con un sospiro di sollievo – ottimo lavoro a tutti, davvero. Anche a te, Roy.”
A quelle parole il ragazzo arrossì e anche Vincent gli arruffò i capelli neri con orgoglio: sicuramente il capitano era rimasto sorpreso quando aveva visto con che determinazione Roy si applicava al lavoro che gli era stato assegnato.
“Adesso vado da mio padre – annunciò – gli voglio chiedere alcuni consulti relativi agli aiuti del governo.”
Così, con l’animo finalmente rilassato si diresse verso casa dei suoi: anche suo padre sarebbe stato felice di quella notizia e sicuramente avrebbe voluto festeggiare. Forse era il caso di fare una cena tutti assieme, l’occasione lo richiedeva.
Entrò in casa con un ampio sorriso.
“Mamma, ci sei?”
“Oh, Andy, sei tu – disse il padre, andandogli incontro – ti stavo venendo a cercare. Vieni con me nello studio, devo mostrarti una cosa molto importante.”
C’era qualcosa nel tono della voce del genitore che non gli piaceva. Mentre lo seguiva nell’elegante studio che stava oltre il salotto, si rese conto che l’aveva chiamato con il nomignolo di quanto era piccolo e questo ormai accadeva raramente.
“Che succede, papà? – chiese, vedendolo andare alla scrivania – Sembri turbato.”
“Mi è appena arrivata questa lettera da parte di un avvocato di New Optain.”
“New Optain? Non sapevo avessi delle conoscenze in quella città.”
“Non lo conosco infatti, ma credo che dovresti leggere perché riguarda… oh, insomma tieni.”
Prese la lettera che l’uomo gli porgeva, chiedendosi cosa diamine potesse volere da lui un avvocato di New Optain, posto dove non era mai stato. Forse uno dei suoi ex colleghi di Università? Ma non gli sembrava che ci fosse qualcuno di quelle parti…
Ma i sospetti gli svanirono come lesse le prime righe: si dovette girare di schiena e posarsi alla scrivania mentre le mani gli tremavano per la rabbia. Trasse un profondo respiro per evitare di accartocciare quella lettera e gettarla nel caminetto dove la fiamma ardeva…
Bruciare, purificare… quanto lo vorrei in questo momento. Come può essere così… così…
“Glielo devi dire.” fece suo padre, accostandosi a lui e mettendogli una mano sulla spalla.
“No, non voglio riaprire quella ferita… a che pro? Ha già fatto abbastanza quattordici anni fa, non le permetterò di infierire ancora su Laura.”
“Spetta a lei decidere – scosse il capo Andrew senior, arruffando i capelli del figlio con comprensione, come quando era piccolo – è sua madre del resto. Anche… sì, persino se mi guardi così, ragazzo, anche dopo quello che ha fatto e detto: deve decidere Laura.”
“Papà…”
“Lo so che vuoi proteggerla, ma ha il diritto di saperlo.”
 
Venti minuti dopo, il tempo necessario a calmarsi, stava davanti a casa di Laura: solo dopo che bussò si rese conto che poteva esserci anche Gregor, ma questa volta non gli importava niente di lui.
“Andrew? – fece la donna aprendogli e fissandolo con grande sorpresa – Ma che ci fai qui?”
“Ti devo parlare…” iniziò lui.
“Vieni dentro, dai, tanto Gregor non c’è; ma che hai? Dovresti vedere la tua faccia.”
Lo condusse in cucina e lo fece sedere al tavolo: guardandola Andrew si accorse del viso tirato.
“Anche tu hai una faccia… – fece un profondo sospiro – che cosa ti ha fatto?”
Lei scosse il capo, come a voler negare la realtà dei fatti: finché non c’era aggressione fisica le andava bene. Il fatto che le avesse dato della puttana non le importava, anche se ci voleva un bel coraggio a dire una cosa simile, proprio lui che a puttane ci andava.
“Laura…”
“In preda ai fumi dell’alcool non sa nemmeno quello che dice, tranquillo.”
Anche se probabilmente mi dà della puttana perché è in qualche modo geloso di te, è chiaro. Se avesse un minimo di buonsenso non… oh, ma che voglio pretendere, tanto è chiaro che la situazione mi sta sfuggendo di mano.
“Dai, dimmi cosa succede, ho bisogno di pensare ad altro…”
“Forse preferiresti non saperlo – scosse il capo Andrew con aria cupa – ma ha ragione mio padre nel dire che è un tuo diritto venirne a conoscenza e decidere che fare.”
Le passò la lettera, senza dirle niente.
“Ciao mamma – salutò Henry entrando in quel momento – sono torn…”
“Henry, amore – rispose Laura con un sorriso – tu non conosci questo signore, è un mio caro amico: Andrew Fury. Tu e suo figlio siete compagni di classe.”
“Ah sì.” annuì il ragazzino guardando di sbieco l’uomo e riconoscendo la somiglianza con Kain. Era la prima volta che veniva qualcuno a trovare sua madre e la cosa lo sorprese non poco.
“Ciao Henry – salutò Andrew tendendo la mano con un sorriso – come stai?”
“Bene grazie… beh, io vado in camera. Scendo quando è pronto il pranzo.”
Come il bambino chiuse la porta della cucina i due adulti si guardarono con profonda preoccupazione: Henry non sapeva niente di Andrew ed invece adesso li aveva visti assieme.
“Sono stato uno scemo a venire all’ora di fine scuola.”
“Oh, cercherò di…” iniziò Laura, ma poi la sua attenzione fu assorbita dalla lettera che aveva cominciato a leggere. Andrew vide i suoi occhi grigi diventare freddi ed anche i lineamenti del viso abbandonarono la preoccupazione per indurirsi.
“Ciao mamma – salutò Heymans arrivando – oh, signor Fury, sono…”
Il sorriso spontaneo che aveva fatto sparì quando si accorse di sua madre: non l’aveva mai vista con un’espressione così gelida. Notò che stava leggendo una lettera e si accostò ad Andrew.
“Mamma?” chiese, guardando la donna.
“Posso dirglielo?” domandò Andrew.
Laura fece solo un breve cenno d’assenso e poi piegò con mano tremante la lettera.
“Dirmi cosa?”
“E’ una lettera da un avvocato di New Optain, Heymans: tuo nonno è morto la settimana scorsa e a quanto pare tua nonna vorrebbe rivedere Laura. L’avvocato scrive che pure lei è molto malata e non le resta molto da vivere.”
“Se ci sono questioni legali posso contare su te e tuo padre?” chiese Laura con voce flebile, mettendosi la mano in fronte.
“Certamente, non c’è nemmeno da chiedere, ma…”
“Benissimo. Non ho la minima intenzione di andare da lei: se serve la lettera tienila, altrimenti la butto nel fuoco immediatamente.”
“Laura…”
“No, Andrew – lo bloccò lei con un gesto della mano – no… ha augurato la morte di mio figlio appena nato. Con quello ha chiuso definitivamente con me. Se davvero c’è da andare a New Optain, ti chiedo l’enorme favore di andare tu o tuo padre, ma io non…”
“Andrò io con loro.” disse Heymans all’improvviso.
“Che?”
“No.” disse Laura in un tono che non ammetteva repliche.
“Invece sì, mamma – continuò il ragazzo andandole accanto – voglio guardare in faccia quella persona che ti ha fatto soffrire così tanto.”
“Non permetterò che ti faccia soffrire, Heymans – scosse il capo lei, prendendolo per le spalle – non si è degnata di posare lo sguardo su di te, ti ha augurato di morire. Tu non devi vederla.”
“Non può farmi niente, mamma. Guardami, sono cresciuto: quello che ha detto non ha potere su di me… posso capire che tu non voglia vederla, e sono d’accordo con te. Ma concedimi di affrontare almeno questo fantasma.”
“Andrew…” mormorò Laura, cercando l’aiuto dell’amico, ma lui si limitò a sospirare.
“Se è questa la sua decisione, forse è giusto; onestamente non me la sento di dirgli cosa fare.”
E a quelle parole, Heymans capì di aver ottenuto quel permesso.
 
Se non fosse stato per il senso di confusione che gli attanagliava lo stomaco, si sarebbe goduto pienamente la grandissima avventura del viaggio in treno. Era la prima volta che si allontanava così tanto dal paese, addirittura verso una grande città come New Optain: a guardare una cartina non si poteva immaginare quanto potesse essere vasto il mondo, eppure quella era solo una parte di Amestris.
Era seduto in uno scompartimento accanto ad Andrew, mentre davanti a loro stava il nonno di Kain che si sarebbe occupato di risolvere eventuali questioni con l’avvocato: del resto la lettera era così vaga che ci si poteva aspettare di tutto.
“Se guardi tra quelle montagne c’è un fiume – gli fece notare Andrew ad un certo punto – è lo stesso che più a sud attraversa East City. Un giorno mi piacerebbe portare voi ragazzi a vederla, sono sicuro che rimarreste a bocca aperta.”
“E’ più grande di New Optain?”
“E’ la città maggiore del distretto Est: gli edifici sono veramente pregevoli.”
Ad Heymans piaceva sentirlo parlare, lo aiutava a distrarsi dall’idea di incontrare per la prima volta sua nonna. E gli faceva anche dimenticare la reazione di Gregor quando aveva scoperto che lui sarebbe stato via per tre giorni: non potevano nascondergli dove e con chi andava.
“Si tratta dei miei genitori, Gregor, ed è una decisione ormai presa.”
“Senza dirmi niente, ovviamente… che cosa speri di ottenere, ragazzino?”
“Voglio solo incontrare mia nonna, tutto qui: penso che sia un mio diritto.”
“E perché dovrebbe andare con te quell’uomo?”
“Si chiama Andr…”
“Perché suo padre è un notaio e se ci sono delle questioni legali è meglio che se ne occupi lui.”
“Per via della rendita, dici? Beh, suo figlio non c’entra niente.”
“Lui va per via di mio fratello, va bene?”
“Fratello? Mamma, non sapevo che avessi un fratello.”
“E’ morto, tesoro, un giorno te ne parlerò. Portava il tuo stesso nome.”
“E per fortuna che hai preso solo quello da lui… ora c’è il suo cagnolino a rompere le scatole, eh?”
“Non dire sim…”
“Basta è deciso: è necessario che si risolvano delle questioni legali e riguardano anche Andrew. Se poi Heymans  vuole incontrare sua nonna, che sia… sono solo tre giorni.”
“… in albergo stanotte e domani andremo a trovare tua nonna.”
“Certamente.”
“Hai idea di cosa aspettarti? Te lo chiedo perché vorrei che fossi preparato a quest’incontro.”
“Non lo so e francamente non ci voglio pensare: valuterò sul momento, tutto qui. Ma di certo non posso dimenticare quanto mi avete raccontato… sono sempre stati così? A volte me lo sono chiesto.”
“Sempre così non direi proprio: finché non è successo il fatto non erano mai stati così… crudeli. C’era una netta preferenza per Henry, non lo nego, ma anche Laura era la prima ad idolatrare il fratello e quindi non ha mai sofferto in questo senso, almeno fino a quando lui non è andato in Accademia e si è trovata a stare sola con loro. In tre capiva maggiormente in fatto di non essere al livello di Henry.”
“Mamma non fa preferenze tra me e mio fratello.”
“Certo che no, come è giusto che sia: magari con te ha un rapporto leggermente più stretto per via di quanto è successo, ma non ha mai fatto mancare a uno l’amore in favore dell’altro. Non potrebbe mai.”
“Crede che mia nonna volesse riappacificarsi con mia madre?”
“Non lo so, sono passati quattordici anni e c’è anche la morte di Henry in mezzo. Non ho la minima idea di cosa attendermi.”
“Li ha perdonati, signore?” chiese dopo qualche secondo.
“No… non potrei mai. Non sfogherò la mia rabbia su una donna di settant’anni che sta per morire, ma se dovrò dire quello che penso lo farò. Heymans, qualunque cosa ti dica, specie se sgradevole, ricorda che lei non ha nessun potere su di te, va bene? Non può farti del male, assolutamente.”
Istintivamente gli passò un braccio attorno alle spalle e lo strinse a sé: cercava di convincersi in tutti i modi che Susanna Hevans non aveva davvero nessun potere per far del male a Laura o a suo figlio. Eppure ricordando tutto quello che era successo non poteva far a meno di sentirsi estremamente preoccupato.
“E’ l’inizio…” mormorò Heymans, posandosi contro il suo fianco.
“L’inizio di cosa?”
“Del cambiamento.”
 
“Il signor Emil è morto una decina di giorni fa – disse l’avvocato, un uomo sulla cinquantina dai capelli radi e dai modi molto pratici – negli ultimi anni il suo fisico aveva ceduto molto ed una febbre particolarmente violenta gli è stata fatale: nell’arco di una settimana era tutto finito.”
“Per quanto riguarda la sepoltura?” chiese il padre di Andrew.
“Tutto fatto, secondo le volontà della signora: è stato seppellito nel cimitero della città ed è desiderio della moglie essere posta accanto a lui quando sarà il momento.”
“Lei come sta?” fu Andrew a porre quella domanda, mentre arrivavano davanti al piccolo villino nella periferia della città. Attraversarono il giardino dall’erba ben tagliata e dai cespugli di rose curati e l’uomo bussò alla porta.
“I dolori alle ossa l’hanno tormentata molto negli ultimi due anni e raramente si alza dal letto o dal divano. E’ fisicamente provata e la morte del marito è stata un duro colpo: vi prego di tenere un tono di voce basso in sua presenza. Ah, buongiorno Marie – salutò una timida donna di servizio che fece un leggero inchino – come andiamo oggi?”
“E’ voluta andare in salotto e sedersi accanto al fuoco, signore. Da questa parte.”
Heymans sentì la mano di Andrew che si posava sulla sua spalla, incoraggiandolo mentre percorrevano quel corridoi sconosciuti. Non aveva mai immaginato che la famiglia di sua madre fosse così benestante: la villetta era ben arredata e molto spaziosa, specie se andava a confrontarla con la casa dove viveva lui. L’idea che avessero abbandonato la loro figlia in una condizione simile gli fece montare la rabbia: avevano tutte le carte in regola per risolvere la situazione e…
“La signora è qui dentro; – disse l’avvocato – signor Fury, vuole venire con me nello studio del signor Hevans? Le mostro le disposizioni di cui le parlavo.”
Heymans non ebbe tempo di rendersi conto che il gruppo si stava dividendo: la cameriera aprì la porta e li fece entrare in un confortevole salottino con una calda carta da parati rossa. Un fuoco ardeva nell’elegante caminetto, rendendo l’ambiente caldo e accogliente e donando al divano, al tavolino con un servizio da the sopra, alle poltrone e agli altri arredi, delle sfumature davvero piacevoli.
E’ questo l’antro della strega che mi ero immaginato?
Un miagolio attrasse la sua attenzione e subito un grosso gatto mielato andò incontro a lui, la folta coda dritta quasi fosse una bandiera, e si strusciò contro le sue gambe. Istintivamente si chinò ad accarezzarlo e lo prese in braccio, sentendo le fusa e traendo uno strano conforto da esse.
“Signora Hevans.” salutò intanto Andrew che si era portato accanto ad una poltrona piazzata davanti al caminetto. Lo schienale era così alto ed ampio che il ragazzo non vedeva niente; si era ripromesso di non avere esitazioni, eppure scoprì di aver timore di conoscere sua nonna. Si chiese se quel vestito buono che indossava sarebbe stato adatto, se avrebbe visto in lui qualcosa di suo zio o se invece si sarebbe limitata alla somiglianza con suo padre.
Perché? Perché mi deve importare così tanto di quello che pensa di me?
“Andrew Fury… quasi non ti riconoscevo.” la voce era debole e vellutata. Perché non riusciva a percepire la crudeltà che gli avrebbe dato la spinta per andare avanti?
“Sono passati quasi quindici anni, signora.”
“Laura è con te?”
Heymans vide una lieve esitazione sul volto dell’uomo, come se si chiedesse quale fosse il modo più delicato per dire ad una persona anziana e malata che la figlia non era andata al suo capezzale.
“No, signora, non è venuta. Ma c’è un’altra persona con me – si girò verso il ragazzo – Heymans, coraggio, vieni qui.”
Stringendo lievemente in gatto, come per farsi forza, si avvicinò a quella poltrona, lo sguardo fisso sul fuoco per evitare fino all’ultimo il contatto visivo con sua nonna. Ma quando fu accanto ad Andrew e alzò gli occhi su di lui per ricevere suggerimenti, l’uomo gli mise una mano sulle spalle e lo indusse a guardare la persona che fino a quel momento aveva evitato.
Lei era… era bella.
E fu sconvolgente perché se ti aspetti di affrontare un nemico fa oggettivamente più comodo che sia brutto e non che assomigli in maniera così evidente a tua madre. Susanna Hevans aveva settant’anni e problemi di salute, ma era innegabile la sua bellezza: i capelli, ancora folti, erano bianchi come la neve e raccolti morbidamente dietro la testa. In qualche punto si intravedeva ancora qualche ricordo del rosso che li aveva caratterizzati in gioventù, perché Heymans non aveva dubbi: erano gli stessi di sua madre, così come gli occhi grigi, quelle lievi lentiggini sul naso… sua nonna era solo la versione vecchia di sua madre.
Che qualcuno mi dia la forza!
Il gatto probabilmente percepì la sua tensione e si divincolò per scendere, il campanellino che portava al collo tintinnò come toccò terra. Un rumore acuto che si sparse nella stanza ed ebbe il potere di spezzare quell’incantesimo.
Guardala, le assomiglia così tanto. Ma c’è qualcosa di diverso nei suoi occhi…
Il ragazzo…” fu un soffio quello che uscì dalle labbra dell’anziana signora, le mani sul grembo che ebbero un sussulto.
“Sì, signora – annuì Andrew – lui è Heymans. Adesso ha quasi quindici anni.”
Gli occhi della donna si puntarono su Heymans, fissandolo come se fosse un fantasma proveniente da un passato che si era scordata. Come si salutava una donna che lo stava studiando in quel modo?
Mi sta levando la pelle con quegli occhi!
Rinculò contro Andrew senza nemmeno rendersene conto.
“Nonna…” riuscì a mormorare.
“Dio mio, perché? – sospirò lei, girando il viso dall’altra parte – La voce di Henry, ha la stessa voce; quale… quale perverso scherzo del destino è questo, Andrew Fury? Mi si leva un figlio per ridarmi un bastardo.”
“Non è un bastardo, signora – le mani di Andrew strinsero le spalle di Heymans – è il figlio di Laura ed ha un cognome, così come suo fratello minore.”
“E’ sempre di quell’uomo?”
“Certo, è suo marito. L’altro bambino si chiama Henry, proprio come suo figlio.”
“Per sporcare la memoria di Henry, certo. Laura non finirà mai di sorprendermi: è stato un bene che non sia venuta.”
La stessa voce gelida di sua madre. Identica.
Heymans dovette scuotere con violenza la testa per convincersi che non c’era paragone tra le due donne.
“Non ha sporcato la memoria di mio zio – si ritrovò a dire a voce tesa – ha chiamato così mio fratello perché amava Henry.”
“Non sai nemmeno di cosa stai parlando – continuò la donna, rifiutandosi di guardarlo – tu non puoi capire quanto la tua esistenza abbia rovinato mia figlia e tutta la mia famiglia. Mi chiedo ancora con che coraggio tua madre ti abbia preso in braccio appena nato; sei praticamente frutto di una violenza ad una sciocca ragazzina.”
“No! – scosse il capo lui – Mamma non la pensa in questo modo.”
“Perché è la solita sciocca: poteva abortire, poteva salvare un minimo di dignità e la sua stessa vita. Invece no, ha fatto di testa sua, con Henry a spalleggiarla invece di metterle un po’ di sale in testa.”
“Adesso basta – si intromise Andrew – vedo che la situazione non è cambiata in tutti questi anni. E’ inutile, lei è sempre stata troppo diversa dai suoi figli, signora.”
“Quel sentimentale di Emil voleva anche perdonarla negli ultimi giorni – sospirò lei, guardando la finestra – e mi ha supplicato di scriverle per sapere come stava, se aveva bisogno di qualcosa. E’ incredibile cosa porti a fare la paura della morte. Ma era stanco, molto stanco: in realtà lui voleva rivedere Henry, come lo capisco.”
Il suo viso si spostò, questa volta verso la mensola del caminetto dove c’era una foto di un giovane in divisa.
Era la prima volta che Heymans vedeva una foto di suo zio.
“Non me l’hanno mai restituito il mio bambino – sussurrò mentre una lacrima le scendeva sulla guancia piena di morbide rughe – mai… eppure ho pregato tanto. Ora non ho più nessuno.”
Avresti me – gridò Heymans dentro il suo cuore – avresti mia madre, mio fratello! Ma non vuoi, proprio non ci riesci. Io…
“… io voglio andare via – sussurrò, alzando lo sguardo su Andrew – per favore.”
“Ma certo, ragazzo – annuì lui, abbracciandolo – vieni, direi che non c’è altro da dire.”
Non salutarono nemmeno quella donna: il suo sguardo era fisso in quella foto del figlio, come se sperasse che all’improvviso iniziasse a parlare. Prima che la porta si richiudesse alle sue spalle, tutto quello che Heymans sentì fu il campanellino del gatto mielato.
 
La porta della sua stanza venne aperta con discrezione ed Andrew entrò.
Nel vederlo Heymans si sedette nel letto, ma non disse una parola.
Fra un paio di ore avrebbero ripreso il treno che li avrebbe portati a casa, lontano da quel posto, da quella donna. Dopo quel fatidico incontro, era come se tutto gli fosse passato accanto senza che lui non se ne rendesse conto: erano andati a visitare la tomba di suo nonno, nel grande cimitero del paese e poi, mentre il padre di Andrew svolgeva alcune formalità, Andrew l’aveva portato in giro, come se fosse una normale gita turistica.
Ma invece di illustrargli i monumenti, gli edifici, le indubbie bellezze di quel posto, l’uomo si era limitato a farlo passeggiare senza una meta precisa.
Anche il cibo del ristorante non aveva nessun sapore, così come tutto il resto.
Per non parlare della notte: non aveva chiuso occhio ed era rimasto a fissare il lieve chiarore che entrava dalla finestra per le luci della strada.
“Tra due ore lasciamo l’albergo, hai fatto i bagagli?”
“Sì.”
“Bravo – annuì Andrew, fissandolo con imbarazzo – meglio essere pronti. Tua madre sarà sorpresa di vederci tornare in anticipo, ma sarà felicissima: scommetto che le sei mancato tanto.”
“Sì, probabile.”
Non disse altro, nemmeno quando l’uomo si sedette accanto a lui.
“Perché le devi dare questa soddisfazione? – gli chiese, circondandogli le spalle con un braccio, come ormai era solito fare – Sapevi bene che poteva andare a finire così, non devi dare peso alle sue parole.”
“E’ mia nonna…”
“E’ anche la madre di Laura: l’ha cresciuta per diciannove anni per poi ripudiarla in quel modo. Che cosa pretendevi da lei? Onestamente, Heymans, credevi che finisse in un commovente abbraccio tra nonna e nipote?”
“No! – esclamò lui, riuscendo finalmente ad uscire dall’apatia – Non mi aspettavo niente di diverso: ero pronto a vomitarle addosso tutto quello che pensavo di lei! Eppure… non ce l’ho fatta: sono rimasto lì come un vigliacco, riuscendo a malapena a dire qualcosa e a supplicare lei di portarmi via da quel salotto maledetto. Che cosa c’è di sbagliato in me? Dannazione, come posso pretendere di cambiare le cose se nemmeno per mia nonna sono stato capace di…”
Non terminò la frase e scosse il capo con violenza.
Si detestava, era sempre così: si riprometteva grandi cose, eppure al momento decisivo si trovava paralizzato da quella paura, da quell’esitazione.
“Non hanno potere su di te, ragazzo mio – lo consolò Andrew – devi solo rendertene veramente conto.”
“E’ così simile alla mamma…”
“Solo fisicamente: Laura non potrebbe mai parlare in un tono così gelido…”
“No, quando mamma parla di lei ha il medesimo tono. Non lo voglio mai sentire su di me…”
“Ma quando mai pensi che Laura farebbe una cosa simile per te?”
“Non lo so, non so più a cosa credere. Però ho davvero rovinato una famiglia…”
“Non dirlo manco per scherzo: stai facendo solo il gioco di tua nonna in questo modo. Henry e Laura non hanno mai smesso di essere fratelli, chiaro? Io non ho mai smesso di essere loro amico, va bene? Sono stati quei due bigotti a fare quella scelta: non devi guardare la parte malata e disdegnare quella buona. Sarebbe solo autocommiserazione e non è da te, né da tua madre, né da tuo zio.”
“Mi scusi, lo so… lo so che è così. Ma in questo momento è così difficile.”
“Forse ho un modo di tirarti su il morale – disse Andrew dopo qualche secondo – a dire il vero è il motivo per cui sono venuto da te. Le questioni legali sono state risolte, in fondo si trattava solo di confermare che l’eredità andrà a Laura, ma questa è una cosa che tuo nonno voleva che avessi io. Ma, considerato come stanno le cose, preferisco darla a te.”
Prese dalla tasca una vecchia busta per le lettere e la porse al ragazzo.
Heymans la prese e la rigirò tra le mani, notando che era abbastanza pesante: era chiaro che dentro non c’erano dei fogli: la aprì e iniziò a tirare fuori delle vecchie foto.
“Vediamo se riconosci questo trio di ragazzi: ammetto che due di loro sono un po’ invecchiati, ma in fondo la somiglianza c’è ancora.”
“Siete voi?”
“Sì – sorrise Andrew – durante una festa campestre: qui tua madre ed io abbiamo diciotto anni. In questa invece ci sono lei ed Henry, l’ho scattata io, ricordo bene: tua madre si era appena fatta quel fiocco azzurro per i capelli ed Henry non faceva altro che prenderla in giro per la sua vanità. Questo invece è tuo zio appena terminata l’Accademia…”
E rimase per tanto tempo a raccontargli di quelle foto, degli avvenimenti dell’infanzia e dell’adolescenza, quando tutto era bello e colorato e credevano che la vita non fosse altro che una meravigliosa avventura che avrebbero vissuto tutti e tre assieme, inseparabili come solo loro potevano esserlo.
Ad Heymans sembrava incredibile vedere sua madre così felice e sorridente, senza pensieri o preoccupazioni: era una persona completamente diversa da quella che conosceva, come se quelle foto provenissero da un altro mondo.
“Siete così diversi… “
“Beh, più di quindici anni fa: matrimoni, figli, felicità, dolori… ne è passata di acqua sotto i ponti. Forse per te è strano, ma io lo vedo ancora quel sorriso negli occhi di tua madre: è forse più maturo, più dolce, meno spensierato, ma c’è. E tu e tuo fratello ne siete la causa principale.”
Heymans arrossì a quelle parole e fece per rimettere le foto nella busta, quando si accorse che sul fondo c’era qualcos’altro. Rovesciò il contenuto sul palmo della sua mano e vide che era un braccialetto di metallo con delle targhette.
Henry Hevans – G2946
“Ti avevo detto che l’esercito provvide a restituire le piastrine con il nome ed il codice d’identificazione di tuo zio… eccole. Non so per quale motivo, ma tuo nonno ha voluto darle a me invece che a Laura.”
Com’era leggero eppure pesante quel braccialetto: Heymans passò più volte le dita sul nome inciso nel metallo, quasi ad imprimerselo nella memoria.
E’ tutto qui? Possibile che di lui resti solo questo?
“Forse non voleva che mamma lo vedesse.”
“Probabile. Non lo so, Heymans, forse tuo nonno negli ultimi anni della sua vita ha cambiato qualcosa nel suo modo di pensare, non mi viene in mente altro. Ma anche se così fosse, non ha avuto il coraggio fino all’ultimo di incontrare Laura.”
“E a lui sei disposto a perdonare?”
Non gli diede del lei, non sapeva nemmeno il perché.
Andrew notò questa confidenza che gli veniva per la prima volta concessa e si permise di essere sincero.
“Poteva risolvere tutto, forse sarebbe arrivato ad accettarti, ma non l’ha fatto. Non li perdonerò mai per quello che hanno fatto a Laura: Susanna è stata divorata dal suo orgoglio, Emil dall’orgoglio prima e dalla vigliaccheria poi. Forse è leggermente migliore della moglie, ma non mi basta.”
“Sì – ammise Heymans dopo un po’, riprendendo in mano la foto dove stavano tutti e tre assieme – la mamma è completamente diversa dalla nonna.”
“Beh, siamo riusciti a riportarti tra coloro che pensano, Heymans Breda. Allora, sei pronto a partire?”
“Sì… signore, sul serio vuole che le tenga io?”
“Sì, è un mio desiderio.”
“Grazie. Però, preferisco che la tenga lei: a casa sarebbe pericoloso, almeno per il momento.”
“Capisco ed approvo. Comunque, quando vuoi, a casa ho un po’ di lettere che ti farebbe piacere leggere: un’intera corrispondenza tra soldato, sorella e migliore amico… credo che in diverse si parli anche di te.”
“Sul serio? Sarò davvero felice di leggerle, grazie signore!”
“Possiamo andare via di qui senza nessun rimpianto?”
“Sì, direi di sì… mi dispiace solo per quel povero gatto: era simpatico, stare con quella donna non dev’essere facile.” sogghignò.
Andrew scoppiò a ridere e gli arruffò i capelli.
“Dovevi fare una battuta del genere a tua nonna, sai. Il sarcasmo è proprio quello di Henry.”
“Morirà presto, vero?” non c’era cattiveria o aspettativa in quella domanda.
“Il medico dice che è questione di qualche settimana, ormai. Tua nonna ha detto solo una cosa che corrisponde alla realtà: è sola, non ha più nessuno. Ma è stata una sua scelta.”
“Credo che fosse sincero anche il dolore per Henry.” ammise lui.
“Sì, anche questo è vero. Ma l’ha distorto trasformandolo in astio verso te e Laura.”
Heymans annuì, e pensò che di distorsioni dei sentimenti ne aveva viste fin troppe nella sua vita: tutto quello che voleva era mettere le cose nel verso giusto.
“Voglio che mamma si separi da papà.”
“Non è facile, te ne rendi conto?”
“Lo so, ma sarebbe peggio continuare a trascinare questa cosa che sta massacrando lei e mio fratello. Papà sta cambiando atteggiamento anche con lui e questo non mi piace: è come se la piena e tutto quello che è successo quel giorno abbiano portato alla luce qualcosa di nuovo.”
“Heymans, promettimi una cosa: non fare mosse azzardate. Gregor non è tua nonna che poteva farti male solo con le parole, capisci cosa intendo?”
“Certo, signore, farò attenzione. Quello che vorrei sapere è se mamma può chiedere la separazione da lui.”
“Sì, può farlo – annuì Andrew con un sospiro – ma non cercare di accelerare le cose: ricordati che Gregor è il capofamiglia ed ha dei diritti su te ed Henry più forti di quanto tu creda.”
“Ma se tradisce mia madre! Che diritti potrebbe mai pretendere di avere su di…”
“E’ vostro padre – lo bloccò Andrew – e per la legge ha più diritti su di voi, specie perché non siete così piccoli. Ha mai picchiato te ed Henry?”
“No, ma non è questo che…”
“Rispondimi: ha mai fatto qualcosa che concretamente  vi ha danneggiato? E non parlo di indifferenza o diversità di trattamento… parlo di cose fisiche e materiali, perché sono queste che hanno maggior peso nella separazione.”
“No, non ci ha mai danneggiato. Ma non ha lavoro, è sempre ubriaco, tradisce mia madre… che altro vogliamo aggiungere?”
“Per me ce n’è d’avanzo, lo sai bene – Andrew notò quanto fosse sconvolto e lo abbracciò, accarezzandogli i capelli rossicci – non è facile, Heymans, il cognome che portate tu e tuo fratello è una catena che vi lega strettamente a lui. Anche se è ubriaco, non ha lavoro, non c’è prova che lui sia un cattivo padre… un cattivo marito sì, perché c’è il tradimento. Ma riguarda Laura e non te ed Henry: non è per niente scontato che la vostra custodia vada a lei.”
“E cosa deve succedere perché si dimostri un cattivo padre?”
“Niente. Non deve succedere niente perché non voglio assolutamente che accada qualcosa a te e tuo fratello. Ecco perché mi devi giurare che non farai cavolate, chiaro? E guardami mentre me lo giuri, Heymans, è troppo importante.”
“Lo giuro…” mormorò lui, dopo qualche secondo, fissandolo con esitazione.
Ma in cuor suo era pronto a rischiare la propria incolumità per ottenere quello che voleva.




Il bellissimo disegno è di Mary_
^_^

se volete vederlo nella versione "a colori" (qui ho messo quella "seppia"), guardate qui
http://it.tinypic.com/r/2dul8j6/8
  
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