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Autore: Kirara_Kiwisa    09/03/2014    2 recensioni
Volume 2. Seguito di: "Victoria's Memories. Il Regno dei Demoni".
Victoria e Nolan si allontanano prendendo due strade diverse, la protagonista vorrebbe dimenticarlo ma il marchio che il demone le ha imposto le impedisce di essere realmente libera. Pur essendo legata a lui, tenta almeno di affezionarsi sentimentalmente ad una nuova persona. Ma l'amore non può durare quando appartieni al prossimo Re dei Demoni...
"Mi rivoltai verso la persona che mi aveva afferrata, verso Elehandro. Gli saltai addosso, iniziando a combattere e a rotolarmi sotto la pioggia con un vampiro che presentava un buco nel petto.
Nonostante le ferite, alle fine fu lui che riuscì ad atterrarmi. Mi bloccò a terra, sedendosi sopra di me stringendomi forte i polsi [...] Il sangue che perdeva dal petto mi gocciolava addosso, macchiandomi. Qualche goccia mi cadde sulle labbra. Lo assaggiai, anche se non necessitavo di possederlo. Il suo sangue mi stava già crescendo dentro. "
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Victoria's Memories'
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C’era movimento intorno a me.
Mi toccavano, mi sfioravano leggermente. Quasi con paura e timore, mi esaminavano.
Le loro mani avanzavano per poi ritrarsi, consapevoli di una nuova verità.
Soprattutto uno sembrava essere più scioccato dell’altro.
- Che facciamo?-
Chiedeva con agitazione la voce più giovane.
- Non lo so-
Rispondeva l’altro con rassegnazione.
- Chiamiamo il dottore. Quello rimasto ovviamente-
Propose il ragazzo con la voce colma di paura.
- Non so se è sopravvissuto-
Ammise l’uomo.
Entrambi avevano appena perso qualcosa di importante, qualcosa che impediva alle loro menti di restare lucide. Un compagno, una sorella. Perdere ancora qualcos’altro, poteva farli impazzire.
- Non possiamo farli morire-
Continuò lo stregone, vicino alle lacrime.
Il Capitano della Gold non rispose. Aprì gli occhi, osservando il suo volto. Pareva dovesse svenire da un momento all’altro. Avrei voluto sorridere. Gli uomini sono tutti uguali, non importa se sono vampiri. La paternità fa sempre paura.
- Ha bisogno di uccidere-
Rinsavì Elehandro.
- Le madri in gravidanza nutrono il feto di un vampiro con la morte. Non serve sangue o cibo, servono anime-
Cadde il silenzio, rotto dai sopravvissuti che si riversarono nella polveriera. Non erano molti. Si trattava di un pugno di uomini, i pochi fortunati ad essere scampati a me e a Lucyndra.
Stettero tutti sulla soglia, fissando delle strane ceneri sul pavimento e il cadavere di Thos. Poi fissarono noi, alcuni alla mia vista arretrarono. Io sorrisi, tentando di protendere una mano verso di loro, per assorbirne le vite.
- No-
Sbottò Hyner prendendomi la mano. La strinse, forte.
Io alzai gli occhi fino ai suoi, domandandogli con il solo sguardo perché.
- Mi servono-
Spiegò il vampiro.
- Non possiamo governare la nave in tre-
Roteai gli occhi, constatando che sarei morta. Amava la sua nave più di me.
Gli uomini. Gli uomini e i loro giocattoli.
- Cosa facciamo?-
Tornò a chiedere Hunter. Il Capitano ci pensò un attimo.
- Dobbiamo fare porto, subito-
 
Mi risvegliai all’aperto.
Sopra di me si stagliava il cielo stellato, un cielo senza luna. Tutto era buio, incredibilmente buio eppure io riuscivo a vedere perfettamente. Attraverso le tenebre, scorsi dei corpi. Molti corpi, per l’esattezza. Erano ammucchiati a pochi passi da me, uno sull’altro. Li fissai intensamente, accorgendomi di non avvertire più nausea o spossatezza. Stavo bene, mi sentivo rinata, viva.
Una mano sfiorò la mia ed io sussultai, arretrando. Una voce, la sua voce, mi disse di stare calma.
Ammirai i suoi occhi neri, colmi di oscurità ma anche di un sentimento nuovo. Qualcosa che si era ripresentato in essi dopo lungo tempo, qualcosa di dolce che era sparito nel momento in cui avevo tentato di cavargli il cuore.
- Perché?-
Domandai, senza staccarmi un attimo dal suo sguardo. La Gold oltre le sue spalle si stagliava enorme nell’oceano. Brillava sotto la luce delle stelle pallide, così come il volto perlaceo del vampiro.
- Perché mi ami ancora?-
Non mi riferivo solo al piccolo incidente del cuore, incidente che sarebbe potuto ricapitare a breve. Qualcosa di ingombrante si posizionava fra noi e non si trattava della pancia.
Due occhi d’oro che non avrebbero apprezzato il nostro rapporto. Probabilmente non sarei stata l’unica a tentare di strappargli il cuore.
Senza ricordare che El mi temeva, anche più di Nolan.
Eppure il Capitano sorrise, baciandomi la mano che stava stringendo. Solo allora notai che non si stava bruciando con la mia temperatura. Mi guardai intorno, scrutando il molo in cui eravamo approdati con la scialuppa. Osservai ogni dettaglio del piccolo villaggio di pescatori che avevo appena sterminato, cercando qualcosa di insensato, la prova che fosse un sogno. Se non stavo sognando, potevo essere solamente morta per perdere la mia maledizione. 
- Se non sbaglio, quella creaturina è anche mia-
Spiegò semplicemente il vampiro, come se questo risolvesse ogni cosa. Mi sfiorò la pancia e la “creaturina” scalciò, riconoscendo il padre. Sospirai. Anche i demoni si scioglievano tutti innanzi ad una gravidanza.
- Merito suo se riesci a toccarmi?-
Eruppi, spezzando quel momento di sdolcinate romanticherie.
- Credo proprio sia merito suo-
Rispose solamente il comandante, indicando il figlio che mi cresceva dentro. Feci spallucce, poteva essere. Sinceramente, non mi interessava preoccuparmene.
- Lucyndra è morta?-
Sbottai con durezza, senza curarmi dei sentimenti del vampiro. Il suo sorriso scomparve, annuendo leggermente. Al contrario, il mio si allargò. Finalmente. Peccato fosse stato Hunter ad ucciderla.
Mi allontanai da Elehandro, stiracchiandomi la schiena e le braccia. Quel pasto mi aveva fatto incredibilmente bene. Fissai la Gold in lontananza, ricordando che avrei dovuto tornare a bordo e raggiungere il Regno dei Demoni. Dovevo ancora essere consegnata a Nolan, quello non cambiava. A meno che…
- Ti senti bene?-
Chiese il demone avvicinandosi.
- Certo, perché?-
- L’ultima volta non avevi una gran voglia di salpare con noi-
- Già-
Sospirai, avanzando verso la scialuppa attraccata alla banchina.
- Mi dispiace per quello-
Ammisi, fissando quel guscio di noce con cautela. Sarei dovuta salirci senza cadere in acqua.
Hyner capì e mi aiutò a salire, tenendomi la mano.
- Me la stavo prendendo con le persone sbagliate-
Proseguì, quando fummo entrambi dentro e il vampiro prese i remi in mano.
- Davvero?-
- Ma certo-
Sorrisi, fissando l’uomo che iniziava a remare verso la Gold.
- Non è certo colpa vostra se dovete scortarmi fino al Regno dei Demoni-
- A proposito di questo…-
Tentò di dire El. Il suo sguardo si fece cupo, le sue labbra si contorsero in una smorfia di dolore e percepì il suo cuore stridere.
- Io non voglio, non vorrei…-
Non riusciva ad esprimersi correttamente ma non volli aiutarlo, non ancora. Adoravo vederlo in imbarazzo.
- Io non posso accettare di doverti consegnare a lui-
Sorrisi dolcemente, sfiorandogli una mano. Il vampiro smise di remare, ricambiando lo sguardo.
- Non preoccuparti-
Rincuorai.
- Non dovrai farlo-
Per un attimo scorsi della sorpresa nei suoi occhi, avvolta dall’inquietudine.
- Cosa vuoi dire?-
- Oh è semplice-
Ammisi, avvicinandomi ulteriormente a lui.
- Non dovrai consegnarmi a Nolan, perché io lo ucciderò-
 
- Non sei lucida-
- Scegli El. La nausea può tornare in qualsiasi momento. O te o lui. Scegli-
Il vampiro ci pensò un attimo, ragionevolmente. Sapeva che non era del tutto una cattiva idea.
Uccidendo Nolan, i problemi relativi a lui sarebbero svaniti.
Io sarei stata libera di essere sua, lui non avrebbe dovuto cedere la metà dei bottini alla corona per un decennio. Per questo, stette in silenzio a valutare l’offerta.
- No-
Sbottò infine.
- Non possiamo farlo, nessuno dovrebbe avere il potere di farlo-
Sbuffai. Si comportava da codardo.
- Non si tratta di un demone qualsiasi. E’ l’erede al trono. Stiamo giocando con il destino del Regno-
- Non ti credevo un patriota-
Il Comandante della Gold Sea mi fulminò con lo sguardo. Si avvicinò ad un calice colmo di sangue appoggiato sul davanzale della finestra. Eravamo nella sua cabina, in pace dopo la lieta scomparsa di Lucyndra. Hunter non lo vedevo da un po’. Sapevo che stava piangendo la morte di Thos. Non che me importasse poi molto.
Me ne stavo sdraiata sul materasso, con lo sguardo rivolto al soffitto. Accarezzavo la pancia, sempre più grande. Era tondissima, nascosta agli occhi altrui da vesti maschili molto larghe.
- Solo perché sono un pirata-
Continuò El, ancora offeso dalla mia precedente affermazione.
- Non vuol dire che non tenga al mio paese-
Feci spallucce. Non mi importava molto nemmeno di quello.
Piuttosto pensavo ad uccidere, toccandomi il ventre in modo compulsivo. Un bambino. Cavolo.
Era sopravvissuto alla cara zia Lu carpendo centinaia di vite, ormai stava per venire al mondo.
Non potevo farci niente. Cavolo, cavolo.
Non lo volevo.
Avevo chiesto appositamente al dottor Alan di aiutarmi a disfarmene ma poi lo avevo ucciso.
Ormai era troppo forte per essere tolto di mezzo, lo percepivo. Questo bambino sarebbe nato, in fretta e nel sangue.
- Non sappiamo se sia giusto che il Principe Abrahel regni sui demoni-
Procedeva a parlare il vampiro. Io intanto mi domandavo che aspetto avrebbe avuto il bambino.
Se avrebbe avuto le ali o no. In parte angelo lo era per forza.
- Non sta a noi scegliere chi debba salire sul trono. Far vincere Abrahel Lancaster potrebbe avere conseguenze positive o negative in confronto al mezzo diavolo ma non lo sappiamo…-
Continuò e continuò a dire, evidentemente in preda al panico. Non sapeva che io avevo già deciso.
- Richiede una forza sempre maggiore-
Spiegai, rompendo il monologo di Elehandro. Lui si volse verso di me, posando il calice d’oro ormai vuoto. Si avvicinò, chiedendomi di spiegarmi meglio.
- Non gli basta più ottenere la vita di gente comune-
Ammisi, sedendomi compostamente sul letto per guardare il vampiro negli occhi.
- Ogni volta che si nutre chiede sempre di più. Adesso ho fame di qualcuno di potente, qualcuno come Nolan-
 
Stavo per partire e niente me lo avrebbe impedito. Né Barbas, che venne a trovarmi domandandomi sul mio stato di salute. Non temeva che lo uccidessi, non temeva che me ne nutrissi. Io e il bambino eravamo ben consapevoli della sua maledizione. Se avessimo provato a fargli del male, saremmo morti noi stessi, uccisi dall’incantesimo. Durante la sua visita ammise di non potersi congratulare per la morte di Lucyndra, perché non ero stata io ad ucciderla. Non mi fece piacere. Era comunque lieto che io e il figlio del Capitano fossimo entrambi vivi. Percepivo sempre un brivido di terrore quando qualcuno nominava il “figlio del Capitano”. Stava succedendo davvero. Maledizione.
Non mi impedì di partire nemmeno Hunter, visto che non si fece proprio vedere. Non consumavo più i pasti in mensa, l’equipaggio temeva che li uccidessi ma non restavo in cabina per quello. Era più comodo pranzare e cenare negli appartamenti di Hyner che, da quando aveva saputo della gravidanza, erano diventati anche i miei. Il vampiro fece spostare tutte le mie cose nelle sue stanze, predispose visite con il dottore di bordo due volte il giorno e mi forniva il cibo necessario alla crescita del bambino. Non so dove prendesse i demoni. Sembrava che facesse rifornimento ogni due giorni e poi conservava i malcapitati nelle segrete. Potevo avere quattro vite al giorno. Non era male ma sentivo che non bastava. Per nascere, il figlio di Elehandro pretendeva qualcosa di meglio.
Per questo mi decisi a partire, quando ormai la pancia era diventata enorme. Stavamo per raggiungere il Regno dei Demoni come stabilito nel patto, anche se il timoniere faceva di tutto per navigare il più lentamente possibile. Nolan mi aspettava a breve ma non sapeva che mi avrebbe rivista ancora prima, precisamente un attimo prima di morire.
Comunque Hunter non provò a fermarmi, perché era troppo impegnato a piangere. Non andai da lui. Seppi che non si presentava in mensa da quando era successo, che non mangiava. Non lavorando e non mangiando non avevo idea di dove poterlo trovare. Lui non aveva una cabina sulla Gold.
Thos era morto quindi non poteva obiettare con la mia idea di regalare il regno ad Abrahel.
L’unico ostacolo era Hyner.
- Spostati-
Intimai.
Mi bloccava il passo. Avevo trovato un libro in biblioteca in cui si nominava la maledizione che Nolan mi aveva imposto. Descriveva bene in cosa consisteva il patto fra un demone e una strega, come sfruttare il legame e riportava incantesimi utili. Una formula mi avrebbe condotto dal mio demone, senza dover seguire il dolore dell’altro per raggiungerlo. Una via molto più comoda rispetto alla prima volta.
- Devo prendere il libro-
Le vecchie pagine si trovavano oltre il suo corpo, che mi ostruiva la strada come una montagna.
- E’ una pazzia-
Ripeté, a braccia incrociate. Mi fissava fermamente, tentando di mostrarsi sicuro di sé. In realtà mi temeva, lo percepivo. Il suo cuore, che da poco era tornato in vita, batteva in modo irregolare. Lo sentivo pulsare, udivo il suo movimento come se lo avessi avuto fra le mani. Da quando ero in stato interessante mi temeva ancora di più, come biasimarlo. Ero imbattibile.
- Ne abbiamo già parlato-
Ricordai.
- E riparlato. E riparlato-
- Non sarà solo, i suoi servi potrebbero farti del male-
Sobbalzai. Aveva allora accettato che lo uccidessi, semplicemente si preoccupava che fossi in minoranza.
- Ci sarà Abaddon con lui. Mi hai parlato di Lilith. Non sono demoni qualsiasi-
- Ed io non sono una semplice ragazza incinta-
Sbottai, stufa di dover aspettare. Volevo la vita di Nolan. Sentivo che quel bambino, probabilmente con le ali da angelo e le zanne da vampiro, lo desiderava.
- Tra qualche giorno dovrai consegnarmi a lui-
Rimembrai, sperando di suscitare qualche reazione.
In effetti Elehandro sussultò, abbassando lo sguardo e stringendo i pugni. Non voleva nemmeno pensare a quell’eventualità.
- Come pensi che reagirà quando vedrà questa?!-
Domandai, indicando la mia pancia. L’uomo rialzò il volto dal pavimento ma i suoi occhi non erano cambiati, c’era sempre del dolore nascosto in essi.
- Ti ucciderà-
Ammisi.
- E poi ucciderà me, almeno vorrebbe farlo. Per evitare che tuo figlio venga al mondo-
Lo vidi, ne sono certa. Vidi un movimento nel suo corpo un attimo prima di udire un boato dal ponte della nave. Si stava spostando, per farmi prendere l’incantesimo, quando entrambi capimmo che qualcosa, qualcuno, era appena arrivato sulla Gold.
 
L’enorme nave d’oro, stava oscillando.
Trovammo Hunter durante la corsa al ponte ed ammise di non essere lui a farla ondeggiare.
Si stava impegnando al massimo per farla stabilizzare ma qualcosa ne stava provocando gli sbalzi.
In tre, all’unisono, controllammo fuori dagli oblò dei corridoi. L’alba stava per sorgere e il chiarore ci mostrava che il mare effettivamente fosse calmo.
Proseguimmo la corsa verso il ponte, consapevoli che ci fosse un intruso a bordo.
Ad un passo dalla sovraccoperta, udimmo il frastuono di una battaglia. Di nuovo. Qualcuno stava massacrando l’equipaggio, di nuovo. Scorsi negli occhi di Elehandro un profondo disappunto. Aveva appena finito di reclutare nuovi pirati. Di questo passo nessun demone avrebbe più voluto arruolarsi fra le fila della maestosa Gold Sea, se ogni settimana finivano uccisi in massa.
Fui la prima a raggiungere la porta che conduceva al ponte. Varcai la soglia con impeto, curiosa di vedere chi osasse disturbarmi un attimo prima di partire alla volta del castello di Nolan.
Con altrettanto impeto, la porta si richiuse prepotentemente dietro di me. Mi volsi d’istinto per afferrare il pomello, per impedire di essere separata da Elehandro e Hunter. Bloccata, era bloccata con i due che urlavano il mio nome dietro di essa. La colpivano forte, come potevo fare anch’io ma non c’era niente da fare. Ero sola sul ponte circondata da sangue e cadaveri. Corpi che non ero stata io ad uccidere. Anime sprecate. Peccato.
- Victoria-
Mi volsi. Conoscevo quella voce e il mio cuore ebbe un balzo di gioia. Anche quello poteva essere un pasto soddisfacente.
- Abrahel-
Lo accolsi a bordo, con il sorriso e a braccia spalancate.
- Che piacere vederti-
Non era solo. Un seguito di demoni strambi si stagliava oltre i corpi dell’equipaggio di turno sul ponte. Uno era Alastor, lo riconobbi. Lo avevo visto anni prima, il giorno della parata nel Regno dei Demoni. Si era unito ad Abrahel, in effetti la sua natura subdola e maligna si addicevano perfettamente. Non era particolarmente forte ma compensava tutto in furbizia.
- Non era mi aspettavo tanto entusiasmo-
Ammise il Principe, scansando i morti per avanzare leggermente verso di me.
- Devo essere sincero. Non dopo il modo in cui ci siamo lasciati-
Si fermò, fissandomi intensamente dall’altra parte del ponte. Ben protetto dalle figure dei suoi servitori. Alastor non lasciava mai il suo fianco. Se il padrone faceva due passi, lui ne faceva altrettanti. Lo scrutai, curiosa di scoprire il sapore della sua anima. Si diceva che in antichità fosse stato umano. Un uomo che si era macchiato di un grave peccato, così grande che la sua anima si era rivoltata contro la sua stessa natura e si era trasformato in demone. Mi piacevano le anime peccatrici. Erano più saporite.
- Hai forse cambiato idea?-
Continuò Abrahel, parlando sopra le voci di El ed Hunter. Stavano ancora urlando, oltre la porta. Gridavano affinché rispondessi, dicessi cosa stesse accadendo. Li ignorai.
- Hai deciso di schierarti con me?-
- No-
Sbottai decisa. Gli occhi del Principe divennero confusi, vagarono persi per un attimo, domandandosi allora perché fossi tanto eccitata.
- Perché posso ucciderti-
Spiegai, avanzando lieta.
Comparve un risolino sul volto di Abrahel. Non sguainava nemmeno la spada. Non aveva mietuto nessuna vittima da quando era salito a bordo, lasciava che fossero gli altri a sporcarsi le mani per lui. Alastor si preparò a combattere, desideroso di vendicare l’affronto di quella minaccia al suo padrone.
- Lo fai per il mezzo diavolo non è vero?-
Eruppe il giovane demone, pronunciando la domanda con una smorfia di frustrazione. Alastor si fermò, comprendendo che ancora non aveva il permesso di uccidermi.
- Lo vuoi proteggere, l’ho capito. Lo hai dimostrato più di una volta. Solo qualche giorno fa, sulla terra ferma, quando mi hai impedito di seppellirlo-
- Era una trappola?-
Domandai, interrompendo il suo sproloquio poco interessante.
Abrahel mi fissò attentamente, quasi indeciso su cosa rispondere. Non aveva motivo di mentire, lui e il suo seguito erano certi di riuscire ad uccidermi. Erano tanti, contro una ragazza. Non poteva temere di dirmi la verità ed io ci contavo, volevo sapere se avevo ragione.
- Era una trappola-
Ammise.
- Lo sapevo!-
Gridai, fiera. Glielo avrei detto, a Nolan, un attimo prima di divorargli l’anima.
- Tu sapevi che si sarebbe trovato lì! Chi è stato?-
Qualcuno lo aveva tradito, era ovvio ed io glielo avrei sbattuto in faccia molto volentieri.
Abrahel sorrise, un po’ sorpreso di come mi stessi comportando. Forse un po’ più stralunata del solito.
- La stessa persona che mi ha detto dove trovarti-
Cadde il silenzio. Tentai di pensare a chi sapesse che fossi sulla Gold, praticamente tutta la cerchia di Nolan.
- Abaddon?-
Il Principe rise.
- Quell’angelo traditore è troppo stupido per questi giochetti. No, l’orchestrazione della tua morte la dobbiamo ad una donna, Victoria-
Grazie al cavolo. Da quel che sapevo Nolan aveva intorno più donne che uomini, Lilith e la sua promessa a sposa demoniaca erano fra queste. Una delle due mi stava remando contro, questo era chiaro.
- Sei sempre in tempo-
Riprese Abrahel a parlare, infastidendo i miei pensieri. Intanto la nausea cresceva. Qualcuno mi aveva impedito di consumare l’anima di Nolan.
- Puoi ancora decidere di salvarti e…-
- Muori-
 
Il corpo del ragazzo ebbe un fremito. Si bloccò in silenzio e i nostri occhi si incrociarono.
Passò un’eternità nell’arco di un istante. Momenti in cui, se pur dall’altra parte del ponte, afferrai la sua anima, gliela strappai e gliela mostrai. Eravamo vicini, se pur lontani. Ero dentro di lui e stavo per prendermi la sua vita. La sua linfa vitale. La sua energia.
Stava per morire. Stavo per rimediare all’errore commesso tanti anni prima.
Il Principe Abrahel Lancaster, stava per uscire finalmente di scena.
Qualcosa lo salvò.
Qualcuno mi fermò.
Una creatura che finora era rimasta nascosta nell’ombra, da un aspetto orrendo e spaventoso. Non aveva bisogno di presentarsi. Non necessitavo di sentirne il nome. Quando mi strinse forte il collo, facendomi perdere il contatto con il demone, anche l’essere che portavo in grembo si spaventò.
Sollevandomi innanzi al suo volto, un volto per metà in decomposizione, capì chi fosse.
Immediatamente seppi di non poter competere.
Hella, una Dea degli Inferi, sovrana di una parte di essi.
Votata al male dopo millenni trascorsi a fare del bene, così il suo volto si era diviso a metà.
Nella destra vigeva la vita, al contrario la parte sinistra era composto da carne putrefatta.
Aveva avuto la forza di fermarmi, una Dea immune ai miei poteri, era l’unica in grado di contrastarmi.
- Dovete fare attenzione, mio Principe-
Pronunciò la donna mentre Abrahel si reggeva a stento in piedi. L’aria gli era venuta meno, aveva avuto l’impressione che il cuore gli fosse strappato dal petto e l’anima divorata. Fisicamente stava bene ma lo shock subìto dalla psiche lo aveva piegato in due, costretto ad essere sorretto da Alastor.
- Mai sottovalutare i poteri alimentati da una creatura diabolica-
Provai una fitta al petto e non perché Hella mi stesse stringendo la gola.
Abrahel si scostò dal suo servitore, avanzando fra i cadaveri chiedendo alla Dea di essere più chiara.
La sovrana degli Inferi roteò leggermente gli occhi, senza comunque farlo notare. Con molto rispetto, anche se non dovuto nei confronti di un demone a lei così inferiore, esplicò meglio le sue parole.
- C’è una nuova vita in questa ragazza. Qualcosa sta crescendo e non ne sarete entusiasta quando nascerà-
Cadde un attimo di silenzio. Abrahel fissò il mio corpo, l’addome coperto da vesti troppo grandi per me.
- E’ qualcosa di nuovo, che il nostro mondo non ha mai visto. Sia angelo che demone-
Proseguì la Dea, provocando molta preoccupazione negli occhi dell’aspirante erede al trono.
- Quanto…-
Pronunciò Abrahel, con la voce spezzata. Deglutì, cercando di riprendere.
Non lo avevo mai visto così agitato, così spaventato, nemmeno da Nolan. Forse perché, ciò che avrei procreato, sembrava preoccupare pure una Dea degli Inferi.
- Quanto è pericoloso?-
- Non è ancora nato-
Spiegò Hella.
- Ed è già molto più forte di voi, Altezza-
Non trascorsero molti istanti prima che Abrahel diede il suo ordine.
- Uccidilo-
Hella eseguì.
 
Aveva avuto paura.
Potevo sentirlo.
Per la prima volta da quando era stato concepito, il piccolo dentro di me aveva incontrato qualcosa di più forte. Qualcuno capace di incutergli timore.
Aveva avuto paura. Un attimo prima di essere estratto con violenza dal mio ventre.
Caddi sul ponte della Gold, con la pancia squarciata dalle mani di Hella.
Sotto al mio sguardo, la donna lo divorò. Letteralmente. Di lui non rimase nulla, neanche l’anima. Essa venne portata via dalla sovrana degli Inferi e condotta direttamente nell’oltretomba.
Lo vidi. Ci incontrammo, quando lui fu ucciso e il mio corpo straziato mi condusse ad un passo dalla morte. Sul confine con il regno dei morti, ci incontrammo.
Era un maschio, ora lo sapevo.
Sarebbe stato un maschio.
Le ali erano composte da piume, nere. Il primo angelo le cui ali erano divenute nere non in seguito alla caduta. Il volto pallido come quello del padre, gli occhi dello stesso colore. I capelli non li aveva presi da lui, erano castano chiaro come i miei al naturale. Spalancò le ali, prima di entrare nell’oltretomba, in quello che doveva essere un sogno. Doveva esserlo per forza.
Mi fissò dolcemente, salutandomi con lo sguardo.
Avremmo fatto grandi cose insieme. Avremmo potuto fare grandi cose, unendo le forze.
Me lo fece capire prima di svanire. Ma il mondo non era ancora pronto per questo, dovevamo aspettare. I tempi non erano maturi per accogliere una creatura come lui. Mi rincuorò senza parlare, tuttavia dicendomi che un giorno tutto sarebbe cambiato e noi ci saremmo rivisti. Poi mi disse il suo nome, se lo scelse da solo.
 
Mi risvegliai e ciò che vidi fu la donna che aveva ucciso mio figlio, Abrahel e Alastor.
Si parlavano, qualcuno domandava qualcosa e altri rispondevano. Udivo ancora le urla di Elehandro e Hunter oltre la porta di legno sbarrata, probabilmente avevano sentito le mie grida.
Non sapeva che suo figlio non c’era più. Forse si sarebbe sentito rincuorato, oppure triste.
Io, incredibilmente, mi sentivo bene. Se non fosse stata per la buca scavata nel ventre, stavo bene.
Quella incredibile furia che mi aveva pervasa per settimane, era sparita. Non mi sentivo arrabbiata, desiderosa di uccidere non più di quanto già non fossi solitamente. Non avevo la nausea e pensavo lucidamente. Ricordai di aver tentato di uccidere il Capitano e me ne dispiacqui, tremendamente. Avevo provato a strappargli il cuore. Non me lo sarei perdonata facilmente.
Ero stata ad un passo dall’uccidere Nolan. Sarei partita e me ne sarei nutrita se Abrahel non fosse arrivato sulla Gold. Thos era morto e solo allora provai il dolore della sua perdita. Non lo avevo salvato, pur avendo potuto. Non lo avevo ritenuto importante e lo avevo lasciato morire. Hunter doveva odiarmi.
Fissai gli occhi verdi di Abrahel, decidendo che non avrei gettato la spugna nemmeno in quel lago di sangue. Non sarei morta, perché avevo troppe cose da farmi perdonare. 
Tentai di rialzarmi, di ignorare lo squarcio provocato dalla Dea degli Inferi. Il Principe dei Demoni arretrò, fissandomi attentamente. Forse si domandava cosa farne di me, uccidermi o provare a salvarmi e usarmi nella sua guerra. Non si mosse, non diede ordini, probabilmente proprio perché non riusciva a scegliere. I suoi occhi mi seguirono mentre io, non so come, mi alzai in piedi.
Non avevo mai visto tanto sangue sul ponte, ed era tutto mio.
Mi posi una mano sulla ferita, notando solo allora che il marchio risplendeva. Non sentivo dolore, non potevo sentirlo, non con il busto aperto in due.
Fissai l’incantesimo di giunzione con Nolan. Non sarebbe arrivato. Aveva detto chiaramente che non sarebbe potuto venire a salvarmi, non sapevo nemmeno se avrebbe inviato Abaddon.
Abrahel non poteva saperlo e forse si stava preoccupando proprio di questo dettaglio.
In breve, il suo fratellastro avrebbe potuto fare la sua comparsa. Intanto a comparire furono i demoni della Gold, tutti insieme erano riusciti ad abbattere la porta. Troppo tardi però.
Barbas, Hunter, il Capitano e l’ultima parte di equipaggio rimasto in vita ci raggiunsero.
I primi tre, fissarono subito il mio corpo. Notarono le mie condizioni, il sangue, la pancia letteralmente svuotata. Una parte di Elehandro morì in quell’istante. Glielo scorsi negli occhi.
Gli intrusi si erano portati via la vita di suo figlio.
Non gli fece piacere.
In pochi istanti scoppiò la battaglia. I demoni di Hyner si scontrarono con quelli di Abrahel, nella notte e avvolti dal vento fecero risuonare le spade. Scavalcarono, pestarono i corpi di coloro già morti. Ulteriore sangue venne versato ma questo non interessava Abrahel, ancora doveva decidere cosa farne di me. Intorno a noi vidi Hunter si abbattersi su Alastor e Barbas su Hella. L’ultima coppia non poteva distruggersi a vicenda, l’incantesimo del vecchio non funzionava sulla Dea ma impediva comunque alla donna di ucciderlo. Al massimo si sarebbero feriti o mutilati.
Elehandro mi raggiunse, tentando di stringendomi forte. Le sue mani terrorizzate, provavano a toccarmi senza provocarmi ulteriore dolore. Provò ad esaminare la ferita ma non fu facile, nemmeno lui capiva come potessi essere ancora viva.
- Ho ordinato a Hella di bloccare la tua anima-
Spiegò il Principe dei Demoni, notando lo sconcerto del comandante della nave.
- Ti ha riportato indietro dal mondo dei morti. Non hai ancora il mio permesso di morire-
El si interpose fra noi, nascondendomi con la sua figura dagli occhi del giovane principe.
- La tua anima lascerà il tuo corpo già morto, quando io vorrò. Quando Hella la ghermirà-
Allora il vampiro mi strinse, senza paura di ferirmi. L’unica paura che lo pervadeva era quella di perdermi. Mi avvolse forte e mi accorsi di non accusare dolore. Non sentivo niente. Ero insensibile a tutto.
- Non te lo lascerò fare-
Sbottò Elehandro, la sua voce era ferma ma il suo corpo tremava.
- Tu sei?-
Pronunciò Abrahel, con un ghigno.
- Il Capitano di questa nave. La Gold Sea. Sono il responsabile di questa ragazza, incaricato direttamente dell’erede al trono-
Quelle parole non fecero piacere al demone dagli occhi verdi.
- Io sono l’erede al trono!-
Gridò furioso estraendo la spada. Si avventò sul vampiro, impegnandosi in una scontro armato. Io rimasi a guardare, in un corpo già morto, come Abrahel aveva detto.
Mi posi cautamente una mano sul cuore.
Sobbalzai quando lo notai. Non batteva.
Ero morta, ero morta davvero. Eppure il marchio brillava, come se ancora potessi essere salvata. L’incantesimo che collegava l’anima di due persone, percepiva che la mia era appesa ad un filo. Hella aveva le forbici. 
  
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