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Autore: didi93    10/03/2014    3 recensioni
La mano di Maria scivolò sul polso sinistro di Altair. Senza dargli il tempo di capire cosa stesse per fare, fece scattare la lama celata e se la portò alla gola mentre lui sgranava involontariamente gli occhi. Fu la prima volta che vi scorse qualcosa di molto vicino alla paura.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Maria Thorpe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Maria percorreva a grandi passi la balconata di pietra bianca del castello di Saint Hilarion che scintillava sotto il sole cocente di un nuovo mattino. La sua mano destra, macchiata di sangue, stringeva l’elsa della spada che aveva sottratto ad una guardia. Si era sorpresa di quanto fosse stato facile. Nessun soldato, a quanto pareva, si sarebbe mai aspettato di essere pugnalato da un’odalisca. I suoi occhi erano fissi sul viso del principe Shalim che l’aspettava all’altro capo con le braccia incrociate e un sorriso di scherno stampato in faccia. Compresse l’elsa tra le dita con più forza, reprimendo la rabbia. Avrebbe riso ancora per poco, pensò. I suoi piedi si arrestarono quando raggiunse il portico e il suo sguardo non vacillò neppure per un istante rimanendo fisso sul viso divertito dell’uomo.
-A cosa devo la tua visita Maria?- chiese Shalim senza scomporsi.
-Sono qui per ucciderti.-
I suoi occhi scintillarono a quelle parole e scoppiò in una fragorosa risata –Hai fatto irruzione nel palazzo con la stessa inutile teatralità degli Assassini e adesso parli anche come una di loro. Sei soltanto una traditrice senza ideali e, credimi, sarò molto felice di porre fine alla tua vita.-
Maria sollevò la spada puntandogliela contro e gli rivolse uno sguardo infuocato. –Io credevo nella causa. Ma ora so qual è il vostro vero obiettivo, il controllo al solo scopo di acquisire il potere e la ricchezza. Non è per questo che combattevo, non è per questo che combatteva Roberto.-
–Cosa credi di sapere tu!?- rispose l’uomo con la sua stessa intensità -Roberto ha sempre perseguito il nostro stesso fine. Non ci può essere ordine se c’è libertà. La libertà di opinione genera il caos e il popolo ha bisogno di un capo che gli indichi la strada. Questo scopo si può ottenere solo con la forza e accettando delle perdite.-
-E chi sarebbe questo capo?- sputò Maria con un sorrisino di scherno –Forse Bouchart? Se è così preferisco il caos.-
Il buonumore abbandonò di colpo Shalim –Non osare! Non sei mai stata altro che la sgualdrina di Di Sable! Non hai esitato a passare dalla parte degli Assassini dopo la sua morte e pretendi anche di farmi credere di avere degli ideali?- esclamò sguainando la spada -Dopotutto, solo un folle come Roberto avrebbe potuto concedere ad una donna di entrare a far parte del nostro Ordine! E’ stato un bene che sia morto, dovresti ringraziare il tuo Assassino.-
A quelle parole, Maria vide rosso e si gettò contro di lui con un gesto impetuoso e avventato –Sappi che qui non si tratta più di ideali, tra me e te ormai è una questione personale.- sibilò tra i denti mentre le lame delle spade stridevano l’una contro l’altra.
Il principe sogghignò spingendo sulla spada con il peso del corpo e la donna barcollò per un istante prima di fare un passo indietro e riacquistare prontamente l’equilibrio. Il combattimento andò avanti in una danza di fendenti ben assestati e pronte schivate per un tempo che le sembrò interminabile e lasciò i contendenti un po’ provati ma senza un graffio. Si fermarono e si guardarono negli occhi dandosi tacitamente il tempo di riprendere fiato. Poi, successe tutto in un attimo. Shalim sollevò la pesante spada e l’abbatté in direzione del collo della donna, ma lei si abbassò rapida sulle ginocchia e, in una frazione di secondo, lo colpì ad una gamba. L’uomo non riuscì a reprimere un gemito e portò la mano a coprire il taglio. Fu in quell’istante che si sentì strattonare da dietro e perse la presa sulla spada. Un pugnale si materializzò all’altezza del suo fianco destro mentre qualcuno le teneva le mani strette dietro la schiena.
-Tutto bene fratello?- chiese l’uomo che l’aveva immobilizzata rivolto a Shalim. La sua voce la sorprese e ancor di più il viso che riuscì a scorgere con la coda dell’occhio. Ebbe, per un secondo, la sensazione di vedere doppio, poi capì.
-Sto bene Shahar.- rispose il principe mentre si sollevava in piedi. Il cuoio marrone del suo stivale si era macchiato di sangue, ma la ferita non sembrava aver scalfito la sua arroganza. Shalim fece un passo avanti  senza dare segno di avvertire il minimo dolore ma prima che potesse aggiungere altro il suo sguardo fu attratto verso la soglia del portico. Si voltò di scatto e sul suo viso si dipinse un sorriso sadico.
-Bene, bene, non potevi scegliere momento migliore Assassino.- sentenziò calmo.
Maria vide gli occhi di Altair spostarsi da lei a Shalim e lesse nel suo viso l’indecisione.
-Forse, in fin dei conti, servirai a qualcosa.- aggiunse Shalim gettandole una rapida occhiata di sufficienza. –Consegnami la Mela Assassino e magari lascerò vivere questa inutile traditrice.- continuò.
La donna sentì la rabbia e l’umiliazione invaderla e provò a divincolarsi.
-Stà ferma se non vuoi che ti ammazzi.- le sussurrò all’orecchio Shahar mentre la punta dell’arma lacerava in superficie la sua pelle.
Ignorò la fitta di dolore e riportò gli occhi su Altair. Riusciva solo a leggere una tormentata indecisione sul suo volto. Ripensò alla sera prima. L’aveva lasciato lì, con un bacio a metà e una mezza promessa. Sì, forse era solo scappata per l’ennesima volta. Era troppo importante per lei riuscire a fare pace con il suo passato, con la sua vita degli ultimi anni, non era ancora disposta a rinunciare ai suoi piani, non era disposta a rinunciare alla sua idea di libertà per…sposarsi. Quella parola le era sempre sembrata oscura e terribile, eppure, in quel preciso istante, quella stessa prospettiva si presentò in modo diverso ai suoi occhi, le sembrò meno terrificante e quasi auspicabile e, in completa follia, desiderò tornare indietro e dare una risposta diversa. Fu con questo rimpianto che prese la sua decisone.
Guardò Shalim e sorrise con aria di sfida, poi, senza lasciargli il tempo di capire, diede uno strattone. Nello stupore generale Shahar lasciò la presa e Maria cadde sulle ginocchia portando le mani intorno al manico del pugnale imbrattato di sangue che le spuntava dall’addome. Intorno a lei si fece silenzio e le sembrò di essere rimasta sola, come se l’ambiente si fosse svuotato e tutti fossero spariti. Si adagiò su un fianco avvicinando le ginocchia al petto nell’attimo in cui quella calma apparente veniva spezzata dai rumori di un rabbioso duello. I suoi occhi stanchi percepivano a sprazzi le immagini che si proiettavano a pochi passi da lei. Vide Altair scagliarsi contro i due gemelli, poi un vorticare di lame e schizzi di sangue. Non riusciva neppure a capire chi stesse avendo la meglio e chiuse gli occhi celando dentro di sè la propria speranza.
-No!- sentì gridare ad un tratto la voce di Shalim –Me la pagherai Assassino!-
Pensò che Shahar fosse morto, ma Altair non rispose. L’avrebbe confortata un po’ sentire la sua voce, forse. Tutto ciò che seguì fu uno sferragliare di armi, poi di nuovo il silenzio.
Ebbe un sussulto quando si sentì toccare la spalla. Sbattè un paio di volte le palpebre e si sentì sollevata quando mise a fuoco il viso Altair, chinato accanto a lei. La sua tunica era schizzata di sangue e il suo viso teso. Aveva preso a fissare la ferita con occhi terrorizzati e le sembrò che non avesse il coraggio di dire una parola.
Si sollevò a sedere a fatica, con un gemito involontario.
-L’archivio è sotto il palazzo.- gli disse con un filo di voce –E’ lì che troverai Bouchart.-
-Bouchart?- disse l’Assassino come se sentisse quel nome per la prima volta alzando lo sguardo e scuotendo la testa con decisione –No, non posso lasciarti qui. Bisogna curare quella ferita subito o morirai.- e, con queste parole, fece per aiutarla ad alzarsi.
Maria gli strinse il polso bloccandolo –Se non vai adesso, lui fuggirà. Hai solo questa possibilità.-
-No, è fuori discussione, non posso.-
-Me la caverò, sono già sopravvissuta a ferite del genere.-continuò la donna facendo appello a tutte le forze che le erano rimaste e sforzandosi di non cedere al dolore e allo sfinimento, poi gli si avvicinò con cautela e gli avvolse un braccio intorno al collo, per posargli un bacio sulle labbra –Devi andare.- aggiunse subito dopo con la voce rotta.
Lesse nei suoi occhi che anche lui sapeva di non poter sprecare quell’occasione e sperò di averlo finalmente convinto.
Altair si alzò in piedi senza dire una parola e, gettatole un ultimo sguardo disperato e colpevole, scomparve verso l’interno dell’edificio.
Maria crollò sulla schiena. Sentiva le palpebre pesanti e, prima che potesse rendersene conto, fu avvolta dalle tenebre.
 
 
 
Riaprì gli occhi ancora frastornata e portò una mano alla testa dolorante mentre si guardava attorno circospetta. Era adagiata su un tappeto rosso ricamato d’oro, con la schiena appoggiata ad un mucchio di morbidi cuscini. Provò a tirarsi su e subito sentì i punti tirare all’altezza dell’addome. Abbassò lo sguardo. Indossava un paio di pantaloni neri a sbuffo e una camicia di seta bianca. Ne sollevò un lembo e scoprì la fasciatura macchiata di sangue in corrispondenza del fianco destro. Il ricordo di quello che era successo, che le appariva come perso in un sogno confuso, cominciò a riaffiorarle alla mente.
-Si è svegliata!- sentì esclamare una voce femminile.
Si voltò in direzione della ragazza che era comparsa sull’uscio e, in un lampo, le fu chiaro dove si trovasse, o meglio, dove i suoi abiti da odalisca l’avessero condotta. La cortigiana si avvicinò a lei e si inginocchiò sul tappeto.
-Come ti chiami?- le chiese.
-Maria.- rispose con la voce ancora impastata.
-Poverina, cosa ti è successo?- disse la ragazza posandole benevolmente una mano sulla spalla -Io sono Inaam. Io e le altre ti abbiamo trovata ferita al castello e ti abbiamo portata con noi. Hai dormito per una settimana, di tanto in tanto riaprivi gli occhi, ma ti limitavi a farfugliare qualche parola senza senso prima di sprofondare di nuovo nel sonno.- aggiunse leggendo la confusione sul suo viso.
 Come se dai suoi occhi si fosse sollevato un velo, Maria rivide il pugnale conficcato nel suo fianco e ricordò il buio che l’aveva avvolta subito dopo.
Una piccola folla di ragazze si era addensata sull’uscio. Tutte la guardavano incuriosite e parlottavano tra loro.
-Era vestita come una di noi, ma io non l’avevo mai vista.- sentì dire da una.
-Chiediamole chi è. Dopotutto ci deve una spiegazione.- fece eco un’altra.
-Oh insomma, lasciate che riprenda fiato! Sono convinta che ci spiegherà a tempo debito.- esclamò Inaam rivolta al piccolo corteo.
Maria rimase in silenzio, mentre la nebbia nella sua testa si diradava gradatamente -Vi ringrazio di tutto.- disse riacquistando pian piano la voce –Ma non posso spiegarvi nulla.-  continuò tirandosi in piedi a fatica.
Mosse qualche passo incerto e si fece strada ancora barcollante ma decisa fino alle scale e poi alla porta d’ingresso mentre una marea di occhi colorati si puntavano ancora più curiosi su di lei.
-Aspetta! Dove vai? Non sei ancora guarita del  tutto.- protestò inutilmente Imaan.
Forse avrebbe dovuto mostrare più gratitudine verso coloro che le avevano salvato la vita, pensò quando l’aria umida della notte la investì, ma la sua mente non era mai stata più lontana dai convenevoli come in quel momento. Pian piano tornò padrona di un certo equilibrio. Sapeva bene dove andare e, nonostante il dolore e la spossatezza, un piccolo e ingenuo sorriso le si dipinse sulle labbra.
Era arrivata quasi nei pressi della dimora quando vide Altair che le veniva incontro con il cappuccio calato sul viso. Al vederla sgranò gli occhi e si bloccò.
Senza sapere perché, Maria si voltò e prese a correre, come in un assurdo gioco infantile. Il dolore le sembrava, d’un tratto, sparito e raggiunse in poco tempo la scala che portava ai camminamenti sulle alte mura della città sentendo dietro di sé i passi di Altair. In un batter d’occhio, aveva raggiunto la torre ad est, aprì la porta e si fiondò all’interno.
L’Assassino comparve sulla soglia e la guardò con l’aria di chi vede un fantasma, poi le si avvicinò e, senza aspettare neppure un attimo, la baciò.
-Pensavo che fossi morta.- le disse in un sussurro al termine di quel lungo bacio –E per colpa mia.-
-Non sarebbe stata colpa tua.-
Lui scosse la testa –Scusami. Non avrei mai dovuto lasciarti lì. Non riuscirò mai a perdonarmelo.-
-Non ha più importanza.Piuttosto ho qualcosa da dirti.-
-Cosa?- chiese esaminando la sua espressione.
Maria tirò un sospiro -Io ti amo e…la mia risposta è sì.-
 






NOTE
Eh si, melodramma allo stato puroXD la mia mente provata dallo studio riesce a produrre solo cose del genere-_-

Comunque, l’attesa è stata lunghissima, ma, in un modo o nell’altro, eccoci arrivati alla fine.
Spero che il finale vi sia piaciuto e ci rivediamo, mi auguro a breve, con l’epilogo.

Grazie a tutti voi che mi avete supportato e sopportato fino a qui.
Un bacio.
A presto;)
  
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