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Autore: Laylath    10/03/2014    3 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 38. Tra due fuochi.

 

Una delle conseguenze più soddisfacenti della festa, a parere degli adulti, fu che i ragazzi si dimostrarono felici e spensierati come era giusto che fossero alla loro età. In particolare Andrew aveva visto Heymans di nuovo propenso al gioco e allo scherzo e si era augurato con tutto il cuore che fosse l’inizio di un periodo di relativa calma che lo aiutasse a sbollire. Un altro genitore molto soddisfatto era Vincent, anche se in questo caso il suo sollievo era per Roy: finalmente aveva superato l’esigenza di rendersi utile a tutti i costi e si dedicava a cose tipiche di un quindicenne.
A fare un’attenta analisi, Roy era quello che era maggiormente cambiato negli ultimi mesi: una volta Jean aveva detto a suo padre che finalmente stava iniziando a scendere dal piedistallo, ed era vero. Non si preoccupava più di tenere un atteggiamento di superiorità nei confronti di quelli che ormai erano i suoi amici, il suo gruppo: la sua leadership era venuta fuori naturalmente, senza che dovesse imporla. Probabilmente non si era nemmeno accorto che, almeno di fatto, era il capo di quella strana ed eterogenea combriccola, ma se avesse fatto più attenzione, avrebbe notato che gli altri si riunivano dove c’era lui e non viceversa.
Ma quando si tratta dei tuoi amici smetti di far caso a queste cose e ti preoccupi di più per loro.
E fu questa nuova pretesa a creare il disastro.
 
Era passata una settimana dalla festa e il ragazzo era intento ad osservare Kain che, durante l’intervallo, stava mangiando un tramezzino che Rebecca gli aveva appena offerto (la ragazza si era dimostrata di parola e ormai ogni giorno portava le sue opere culinarie, sebbene oltre a Jean ne approfittassero anche loro).
Studiò con attenzione il viso infantile, il sorriso dolce e timido, gli occhi scuri e pieni d’ingenuità…
Ora, lui era particolarmente affezionato a quel piccolo gnomo dall’intelligenza fuori dal comune: certo, era forse troppo titubante e indeciso e aveva delle notevoli paure, ma Roy era convinto che, con un determinato addestramento, si potesse superare tutto quanto.
La problematica di Kain era che veniva troppo coccolato, non tanto da Riza (se c’era un rapporto dove Roy non voleva mettere il naso era quello tra la sua amica ed il bambino), ma da sua madre. Aveva già avuto il sentore che il bambino fosse estremamente attaccato alle sottane di Ellie sin da quando era andato a casa sua per la prima volta, ma alla festa ne aveva avuto la conferma.
Insomma, come fai ad abbracciare tua madre in quel modo ad undici anni? Io me ne vergognerei a morte! Quella donna è decisamente la causa di tutti i suoi problemi, mi aspetto solo che lo vesta da femminuccia e l’opera sarà completata… perché non scodellava una bambina se aveva tanta voglia di vezzeggiare qualcuno? A undici anni quel ragazzino si deve dare una svegliata.
“Che guardi?” fece Riza, accostandosi a lui.
“Niente di particolare – scosse il capo – senti, Riza, com’è la madre di Kain?”
“La signora Fury? Oh, è adorabile: è sempre così gentile e premurosa con me; hai presente il vestito della festa? Era suo e ha voluto che la mamma di Heymans lo adattasse a me. E poi mi ha insegnato un sacco di cose in cucina e anche…”
“No, non intendevo questo. Parlavo del suo rapporto con Kain.”
“Beh, mi pare tutto normale – ammise lei con un’alzata di spalle – si vogliono molto bene.”
“Si… uhm… coccolano?”
“Intendi dire baci, abbracci e carezze? Sì, naturalmente: Kain non è per niente timido per queste cose, ma anche con me è molto affettuoso; scusa, dove vorresti arrivare?”
“Niente di particolare, è che alla festa mi è sembrato così obbediente nei confronti dei genitori.”
“Lui è obbediente – corresse Riza – e non ci vedo niente di male.”
“Ehi, Riza, vieni ad assaggiare anche tu.” la chiamò Rebecca.
Forse, se avesse indagato oltre, si sarebbe accorta di cosa frullava nella mente di Roy e avrebbe fatto di tutto per evitarlo, ma era una cosa veramente inconcepibile… un po’ come lo era stata la caccia al fantasma.
Il problema era che Roy Mustang non lo riteneva per niente inconcepibile, anzi aveva appena deciso che era il caso di staccare Kain da sua madre con un po’ di sana disobbedienza maschile.
 
Roy era il grande eroe di Kain: da sempre era stato il ragazzo più inarrivabile della scuola e ad inizio anno scolastico era impensabile che si potesse accorgere di lui, figuriamoci parlargli e diventare suo amico. Il fatto che fosse successo non aveva minimamente intaccato l’aura di sacralità di cui il bambino aveva circondato il ragazzo e di conseguenza continuava a pendere dalle sue labbra come un cagnolino.
Dunque non ci pensò due volte ad uscire di casa quel pomeriggio, quando Roy venne inaspettatamente a chiamarlo, anzi ne fu veramente estasiato.
“Stai uscendo, pulcino? – fece Ellie dalla cucina – Dove vai?”
“A fare un giro, mamma, sono con… con Roy.”
Al ragazzo grande non sfuggì quell’esitazione e la interpretò come un punto a suo favore: era chiaro che Ellie Fury stava soffocando lo spirito ribelle di suo figlio e dunque era necessario intervenire.
“Oh, Roy, hai portato la bicicletta!” esclamò con gioia.
“Sali in fretta, dai: prima che tua madre inizi a farne un dramma.”
Il bambino annuì e salì agilmente sul sellino, lasciandosi andare all’ebbrezza dell’alta velocità.
Non sospettava minimamente che Roy avesse intenzione di fargli compiere il suo primo atto di disobbedienza. A dire il vero era una cosa molto leggera: aveva semplicemente intenzione di fargli fare più tardi del previsto: distrarlo con la bicicletta era un buon modo e passò il pomeriggio a girovagare per le campagne, insegnandogli anche i primi rudimenti per andare da solo (un po’ difficile, considerato che era troppo basso per arrivare ai pedali).
“Roy – mormorò Kain ad un certo punto – io devo tornare a casa, si sta facendo tardi.”
“Tardi? Che cosa vuoi che sia: a undici anni non è che devi presentarti sempre puntuale a casa, no?”
“Ma la mamma si preoccupa.” scosse il capo lui, ben consapevole dei preconcetti che Ellie aveva nei confronti del suo amico. E poi, oggettivamente, non gli piaceva far preoccupare sua madre.
“E’ una femmina – spiegò Roy, con l’aria di chi la sa lunga – è normale che si preoccupi: tra dieci minuti andiamo, va bene?”
Kain annuì con aria mogia, sperando che la cosa non indispettisse troppo sua madre, ma del resto Roy gli aveva garantito che erano solo dieci minuti: era una soglia di tolleranza accettabile.
Alla fine, tuttavia, il ritardo accumulato fu di quasi venti minuti e quando Kain entrò a casa aveva l’aria molto colpevole.
“Kain, tesoro – arrivò immediatamente Ellie – si stava facendo tardi.”
“Oh, mamma, scusa – mormorò il bambino abbracciandola – non me ne sono reso conto… non si ripeterà più, promesso.”
Ellie in quei giorni era di buon umore e si era anche ripromessa di essere più accondiscendente con l’amico di suo figlio: alla festa, del resto, si era comportato bene, senza fare niente di pericoloso. Ed inoltre era giusto diminuire piano piano la sua ansia per il figlio. Dunque non le passò per la mente di sgridarlo: del resto Kain era molto obbediente e dunque non c’era da preoccuparsi se qualche volta non si accorgeva del tempo che scorreva.
“Va bene, caro: scommetto che eravate impegnati a giocare, vero? – sorrise, arruffandogli i capelli – Adesso vai a lavarti le mani, da bravo, è quasi pronto in tavola.”
 
Quell’incidente sarebbe passato nel dimenticatoio senza troppi problemi, ma nell’arco di due settimane si ripeté con notevole frequenza: ogni volta Kain cercava di tornare a casa in orario, ma Roy si dimostrava irremovibile nel farlo tardare.
“Finiscila di lamentarti come una femminuccia e dimostra di essere un vero maschio: devi piantarla di preoccuparti se fai un po’ tardi.”
Ma al decimo ritardo Ellie perse la pazienza e mise il bambino in punizione e di conseguenza, quando Roy il giorno dopo si presentò, trovò Kain che lo attendeva affacciato alla finestra della sua camera.
“Roy!” chiamò, controllando che la madre non fosse in cortile.
“Ehilà, gnomo – salutò lui – scendi?”
“Non posso – sospirò il bambino – sono in punizione: mamma si è arrabbiata per i continui ritardi e mi ha detto che non posso uscire per tutto il finesettimana che sta iniziando.”
“Tutto qui? – sorrise Roy, intuendo che il momento era buono per fare un ulteriore passo avanti – Beh, non c’è problema, esci di nascosto.”
“Che? Ma sei impazzito? – scosse il capo l’altro, impanicandosi alla sola idea – Mamma questa non me la perdonerebbe mai.”
“Te l’ho detto, deve smetterla di essere così rompiscatole: e anche tu devi piantarla di essere così obbediente. Sei sempre attaccato a lei, vuoi deciderti a crescere?”
“Ma Roy…”
Il ragazzo nemmeno lo ascoltava, aveva notato che c’era un albero i cui rami si sporgevano nella tettoia davanti alla finestra della camera di Kain. Con un’agilità degna di nota, impiegò solo pochi secondi ad arrampicarsi e a saltare sopra il piano di tegole blu scuro.
“Fai attenzione – ansimò il bambino, sorpreso davanti ad una simile prodezza – è pericoloso!”
“Ma finiscila, non è pericoloso per niente – dichiarò Roy, mettendosi comodamente a sedere sul davanzale – fammi capire, non sei mai evaso da camera tua? Nonostante questa perfetta via di fuga?”
“Ma io sono in punizione, non posso… e poi è pericoloso.”
“Gnomo, tu sei decisamente troppo pauroso, ma è il momento di finirla. Avanti: scavalca questo davanzale.”
“Che? – indietreggiò lui – Ma io…”
“Forza – tese la mano Roy – ti aiuto io la prima volta. Ti fidi?”
Il bambino valutò quella mano che gli veniva offerta e tutti i rischi annessi a quella pericolosa evasione. Tuttavia, come aveva ben intuito Andrew, il magnetismo che Roy esercitava su di lui era troppo forte e l’ultima cosa che voleva era che il suo amico si facesse una cattiva opinione di lui. Di conseguenza il suo corpo si mosse quasi involontariamente verso quella pericolosa prova.
“Bravo, gnomo – sorrise l’altro, estremamente orgoglioso di quella vittoria – adesso scavalca e vieni con me: la tettoia è praticamente piatta e non rischi di cadere.”
“Mh… però mia mamma se viene e non mi trova…”
“Un po’ di sana disobbedienza da parte tua la aiuterà a diventare meno ansiosa; forza… il ramo è questo: usa quell’altro per tenerti con le mani.”
“Va bene – annuì il bambino con voce tremante, volendo con tutto il cuore tornare dentro la sua sicura cameretta – mi tieni, vero Roy?”
“Certo tranquillo: anzi, aspetta che vado avanti io, così ti aiuto. Bravo, gnomo, mi stai rendendo davvero fiero di te.”
“Davvero?” riuscì a sorridere.
“Certamente, sei proprio…”
“Kain!” la voce di Ellie interruppe quel momento.
Abbassando lo sguardo i due ragazzi videro la donna che aveva fatto cadere a terra un cesto di biancheria pulita e si era portata le mani sul viso in un gesto d’angoscia.
“Mamma – chiamò il piccolo, impanicandosi – aspetta, non spaventarti, scendo subito.”
“No, tu non scendi!” lo bloccò Roy.
“Piccolo mio, fai attenzione – ansimò Ellie, sapendo bene che suo figlio mai si era cimentato in simili imprese – è così alto.”
“Roy, fammi scendere – protestò Kain – la mia mamma è preoccupata!”
“Roy Mustang, fallo scendere!” esclamò Ellie.
“Devo scendere!”
“Mamma mia, quanto siete uguali, voi due – si esasperò Roy, ma prese Kain per la maglietta e abbassò il tono di voce – sai che c’è? Come scendi e quella si calma finirai nei guai…”
“Sono già nei guai, non lo capisci? Peggioro solo le cose.”
“Possiamo tentare di fuggire e…”
“Dai, Roy – supplicò Kain – lascia stare, per favore.”
E al grande non restò che fissare quegli occhi neri così ansiosi ed annuire.
“Va bene, se vuoi continuare a fare il frignone, vai pure a beccarti la tua punizione.”
“Come io vado da lei, tu prendi la bici e vai via.”
“Che c’è? Hai paura che metta pure me in castigo?” fece con sarcasmo.
“No – sospirò Kain, mettendo il piede su un ramo – vorrei evitare che iniziasse a punirmi davanti a te.”
Almeno quel minimo di dignità voleva salvarlo, specie davanti al suo eroe.
 
La mattina seguente, domenica, una Riza totalmente ignara di quanto era successo decise di fare un’improvvisata a casa Fury.
Passò dal cortile sul retro, trovando la porta della cucina aperta e così si affacciò.
“Buongiorno, signora – sorrise, vedendo Ellie intenta a scrivere sul libro di ricette – come sta?”
“Ciao, tesoro – salutò la donna, posando la penna – vieni pure.”
“C’è Kain?”
“E’ in camera sua in punizione, ci resterà per tutta la prossima settimana: uscirà solo per andare a scuola e per i pasti.”
Riza si sorprese: non aveva mai sentito il tono della donna così severo nei confronti del figlio e anche una punizione così pesante non era da lei.
“Ma che è successo?”
“E’ successo che ha disobbedito una volta di troppo – dichiarò Ellie, fissando con severità davanti a sé – l’avevo detto che Roy non era una buona compagnia per lui ed ecco il risultato.”
“Roy? – si sorprese la ragazzina, iniziando a ricordare che nelle ultime due settimane i due si erano visti molto spesso – Non pensavo che avesse combinato qualche guaio. Posso… posso parlare con Kain?”
“Sarebbe in punizione…”
“Per favore, solo dieci minuti – supplicò Riza, prendendole le mani – è importante.”
“Va bene – acconsentì Ellie – ma solo dieci minuti.”
Annuendo Riza si catapultò su per le scale, bussando alla porta della camera di Kain.
“Ehi, Kain, sono Riza: sto entrando, va bene?”
“Mamma lo sa o sei venuta di nascosto?” chiese il bambino con tono preoccupato.
Era sdraiato prono sul letto a sfogliare il suo quaderno: forse aveva dormito fino a poco prima perché il lenzuolo era tirato a coprirlo fino a metà schiena.
“Certo che lo sa – disse, andando a sedersi accanto a lui – stavi riposando?”
“Per il lenzuolo dici? – arrossì lui – No è che… fa troppo male per tenere calzoni e boxer alzati, ma un minimo lo devo coprire.”
“Scusa?”
“Non me ne parlare – sospirò, affondando la testa nel cuscino – e ogni sera per tutta la durata della punizione, prima di andare a letto, mamma me le suonerà. Non l’ho mai vista così furiosa…”
“Posso sapere che ha combinato Roy?”
“Ha tentato di farmi evadere dalla finestra e adesso credo che mi consideri un debole… Riza, devo aver fatto un disastro: adesso non c’è proprio possibilità che mamma accetti Roy, ed è tutta colpa mia.”
“No, dai non piangere – lo consolò lei, inducendolo a posare la testa nel suo grembo ed accarezzandogli i capelli – quanto a tua madre, sono sicura che ti perdonerà, stai tranquillo.”
“Non è assolutamente bello andare a letto con un suo sguardo irato invece che col bacio della buonanotte.”
“Suvvia, le passerà: adesso pensa a stare buono e a non disobbedire più, almeno durante il resto della punizione; ma si può sapere che cosa voleva che facessi Roy?”
“Ha detto che dovevo smetterla di essere così attaccato a mia madre, perché un vero maschio non si comporta in questo modo – ammise lui – io… io non so se ha ragione, ma non capisco perché devo farla preoccupare così tanto.”
E così raccontò a Riza di quelle sventurate due settimane passate in balia dei capricci di Roy, inconsapevole della gara che aveva ingaggiato con sua madre. La ragazza iniziò a capire come fossero andate le cose e sentì una grande rabbia montarle dentro: tra tutte le cose che poteva fare Roy questa era stata la più sconsiderata.
“C’è tuo padre? – chiese alla fine – Vorrei vederlo.”
“Sì, è nel suo studio.”
“E con lui come è andata?”
“Beh, ieri mi ha sculacciato di santa ragione anche lui, ma a questo giro è più arrabbiata mamma: lui si è limitato a dirmi di non osare mai più farla preoccupare in questo modo. Riza… me lo fai un favore?”
“Certo – annuì lei, mentre si alzava per uscire dalla stanza – dimmi pure.”
“Cerca di convincere mia madre a non essere più così arrabbiata con me: a te sicuramente ascolta.”
“Non ti prometto niente, ma ci proverò. Ci vediamo domani a scuola, va bene?”
“Va bene.”
Come uscì dalla stanza, chiudendo con delicatezza la porta, dovette fare alcuni profondi respiri prima di andare verso le scale: si sentiva in dovere di risolvere quella crisi familiare. L’idea che Ellie fosse così furiosa con Kain per colpa di Roy la faceva sentire profondamente a disagio.
Così, facendosi forza, bussò discretamente alla porta dello studio di Andrew ed entrò.
“Riza? – si sorprese lui, alzando la testa dal libro che stava consultando davanti alla libreria – Non sapevo fossi qui, piccola mia.”
“Signore – si avvicinò lei – sono venuta a sapere del disastro che ha combinato Roy. Ho parlato con Kain ed è così disperato: vorrei garantirle che il mio amico non è pericoloso, sul serio! E’ che a volte… ha idee un po’ strane, ma forse dipende dal fatto che è molto indipendente e…”
“Ehi, signorina – la bloccò lui, posando il libro e mettendole una mano sulla spalla – prendi fiato e riordina le idee. Anche se penso di aver già capito la situazione.”
“Per favore, non sia arrabbiato con Kain.”
“Non lo sono, infatti, ma – la bloccò, vedendo che stava per ribattere – sono perfettamente d’accordo con la punizione che Ellie gli sta infliggendo. Ha commesso una disobbedienza molto grave: era in castigo e ha tentato di fuggire in un modo estremamente pericoloso.”
“E’ pentito, ne sono certa.”
“Sta tranquilla, piccola Riza, non c’è niente di grave in quello che sta succedendo tra lui ed Ellie. Vedrai che già da stasera o domani le cose andranno meglio, fidati di me.”
“E per Roy?”
“Lui è un altro discorso…Ellie non l’ha mai visto di buon occhio come compagno di Kain. Fra voi ragazzi è certamente lui quello che tende a mettersi maggiormente nei guai, vero?”
“Si riferisce alla storia della caccia al fantasma?”
“A quella e a tante altre piccole cose che dai racconti di Kain ho intuito.”
“Non è cattivo, lo dovrebbe sapere.”
“Certo che lo so: lo conosco abbastanza bene ed è un bravo ragazzo, ma a volte tende ad avere degli sprazzi troppo vivaci per metterla in tono gentile. E decisamente metterci in mezzo Kain non è stata una buona idea: Ellie ora non si fida minimamente di lui.”
“Senza possibilità di cambiare idea?”
“Diciamo che Roy, senza volerlo, è andato a toccare un rapporto madre – figlio molto particolare. Ci vorrà molto tempo prima che mia moglie si dimentichi di questa storia. Sai qual è il difetto di Roy?”
“E’ troppo indipendente?”
“Anche, ma più che altro a volte crede che, siccome lui non ha più i genitori e dunque è maggiormente libero da quelle che considera costrizioni, allora anche gli altri debbano esserlo. E dato che Kain è particolarmente docile e legato ad Ellie ha deciso di sfidarla.”
“Non l’ha fatto con cattiveria…”
“No, nel suo modo di pensare lui credeva di fare un favore a Kain, proprio come quando dice a te di lasciar perdere tuo padre… ma se nel tuo caso posso essere d’accordo, per quanto riguarda mio figlio direi di no.”
“Io potrei fare tutto quello che voglio senza dire niente a mio padre – ammise Riza, abbassando lo sguardo – non se ne accorgerebbe nemmeno. A volte mi chiedo cosa mi impedisce di stare tutta la notte fuori o di non tornare a casa per i pasti.”
“Perché sei responsabile, Riza – le spiegò Andrew con gentilezza, prendendola in braccio – evidentemente tua madre è stata davvero presente negli anni passati assieme a te. Ecco perché Ellie si fida tanto di te: ti considera la sorella perfetta per Kain, e anche io.”
“Le importa che io non stia fuori la notte, vero?” si trovò a chiedere lei, arrossendo leggermente.
“Certo che mi importa, sarei preoccupatissimo e così Ellie. Mi prometti che non lo farai mai?”
“Va bene.” e come poteva dire di no a quell’uomo così meraviglioso?
Dannazione, perché non sei tu mio padre?
“Brava, piccola mia, mi sento molto più tranquillo adesso.”
“Parlerò con Roy, domani stesso… gli dirò di non far più cose simili, promesso.”
“Beh, non ti posso impedire di tentare, ma la questione tra lui ed Ellie si dovrà risolvere da sola. Adesso vai da lei, sono sicuro che sarà felice di prepararti qualcosa per merenda.”
 
“Va bene, va bene, andiamo a mangiare i tuoi tramezzini.” sbuffò Jean.
“Li ho fatti con le uova strapazzate – sorrise Rebecca, prendendolo per mano – spero che ti piacciano.”
“Uova strapazzate? Beh, almeno ti ricordi i miei gusti.” annuì il biondo, senza evitare quel contatto.
“Io non ci voglio credere – scosse il capo Heymans, con un sorriso incredulo – vuoi vedere che ce l’ha davvero fatta a farlo diventare il suo fidanzato?”
“Rebecca ha un gran potere persuasivo.” ridacchiò Riza, restando sola con il rosso.
“Lei o i suoi tramezzini?” strizzò l’occhio Heymans.
E così si ritrovarono soli a incamminarsi verso i soliti alberi dove stavano gli altri.
“Ti vedo un po’ arrabbiata, è successo qualcosa?”
“E’ che Kain è nei guai per colpa di Roy… credo che oggi resterà in classe.”
“Sì? – si bloccò Heymans, preoccupato per il suo piccolo amico – Che è successo?”
Riza esitò qualche istante, ma poi ritenne che confidare anche a lui il fattaccio potesse essere una buona idea: poteva servirgli una spalla per far mettere giudizio a Roy e decisamente Heymans era il più indicato.
E così gli raccontò la vicenda a sommi capi.
“Oh, cavolo – sospirò alla fine il rosso che, chiaramente, aveva una visione più completa della situazione e poteva immaginare le difficoltà di Kain ad opporsi al carisma dell’amico – non doveva farlo: l’ultima persona che Kain vuol far stare in pensiero è sua madre. Non doveva spingerlo a questo… dannazione, adesso il nano sarà in piena crisi. Vado da lui.”
“Aspetta! – lo bloccò Riza, prendendolo per la manica – Tu sai qualcosa che io non so, si capisce: ti prego dimmela, se riguarda Kain è importante, lo sai.”
“Rimanga tra di noi, va bene? Nemmeno a Roy, giuramelo.”
Riza annuì.
“E’ che Kain è nato molto debole e per i primi quattro anni ha rischiato spesso di morire ed era sempre malato. Ecco vedi, sua madre… non può avere altri figli e considerato quanto ha passato è molto legata a lui. E allo stesso modo Kain non vuole più farla preoccupare, capisci?”
“Io… io non lo sapevo che fosse stato così male…”
“Febbri reumatiche mi pare che si chiamino, mi ha raccontato che erano davvero dolorose e che sua madre stava sempre a vegliare su di lui. Senti, adesso vado a parlargli.”
“Sì, va bene – annuì Riza – Heymans, grazie per avermelo confidato.”
“Gli vuoi bene, ragazzina, e quella famiglia sta diventando molto importante anche per te – scrollò le spalle lui – era giusto che sapessi.”
Come il rosso si fu allontanato, Riza corse verso il cortile: adesso era davvero furente con Roy. Non aveva tenuto conto di niente, né dei sentimenti di Kain, né di quelli di Ellie.
“Ehilà, Riza – la salutò lui – oggi siamo soli, non vedo gli altri in giro”
“Perché diamine dovevi obbligare Kain a disobbedire a sua madre?”
“Eh?”
“Andiamo, rispondimi!”
“Hai parlato con lui? Era solo per smuoverlo un po’ – scrollò le spalle – dopo gli chiedo scusa, credo sia stato punito da quella donna. Tanto carina quanto irritante… lo lasciasse in pace e…”
Lo schiaffo di Riza troncò la frase.
“Tu sei solo un’idiota! – pianse la ragazza – Non hai la minima idea di che persona splendida sia… del suo rapporto con Kain… perché non ti fermi mai a pensare a queste cose?”
“Non… non volevo farti piangere.” balbettò lui, spiazzato da quella reazione e da quelle lacrime.
“Lascia in pace Kain e sua madre, capito? E ora scusa tanto, ma vado da lui.”
E con queste parole, qualsiasi proposito di cercare di risolvere la questione svanì dalla sua mente: adesso le premeva solo stare vicino al suo piccolo amico.
Come può? Come può? Io darei l’anima per far parte di quella famiglia e lui cerca di rovinare i rapporti in questo modo!
 
“E’ bruttissimo – ammise Kain – in genere è papà quello severo, mentre mamma mi perdona già la sera stessa. Vederla arrabbiata con me per così tanto tempo è… è tremendo. Ho combinato un disastro: avrei dovuto essere più insistente e non dare retta a Roy.”
“Coraggio, Kain – lo consolò Heymans – sono certo che tua madre già da stasera sarà meno arrabbiata.”
“Non l’avevo mai fatta infuriare così, capisci? L’ho delusa e ho deluso anche Roy. Ora mi considererà un vigliacco.”
“Finiscila, non devi colpevolizzarti.”
“Non devo più stare con Roy: è quello che mi ha detto – confessò il bambino, alzando gli occhi su Heymans in cerca d’aiuto – non posso disobbedirle su una cosa simile dopo quanto è successo. Che cosa devo fare?”
“Obbedire a tua madre – rispose lui senza indugi – almeno fino a quando la situazione non si calma. E sono sicuro che Roy capirà la situazione, ci pensiamo io e Riza a parlare con lui.”
“Sono mortificato…”
“Vedi tutto nero perché tua madre è furiosa, ma passerà, vedrai. Lei ti adora, nanetto: sei solo spaventato perché l’hai fatta arrabbiare più del previsto. Fidati che già stasera andrà meglio.”
Lo disse con una strana forma di sollievo, sentiva che almeno per quella questione non ci sarebbero stati problemi: il rapporto tra il bambino e sua madre non rischiava di subire scossoni per via di Roy, era chiaro. Avrebbe voluto che le cose si potessero risolvere così facilmente anche per lui, ma purtroppo non era possibile: di conseguenza consigliare e confortare il figlio di Andrew gli diede un minimo di soddisfazione.
 
“Quella strega dice che non deve più frequentarmi e dovrei darle anche retta?” chiese Roy con incredulità, credendo che Heymans lo stesse prendendo in giro.
“Non è una strega, in primis, e poi dovresti lasciare che le acque sbolliscano: hai già messo Kain nei guai, perché devi peggiorare la situazione?”
“Ma che ha di tanto speciale questa Ellie Fury? – il moro assunse un tono esasperato: odiava quella donna per il potere che aveva sui suoi amici – E’ solo una madre eccessivamente apprensiva.”
“Perché ti dà tanto fastidio che Kain sia così legato a lei? Che diamine ci guadagni a spingerlo a disobbedire? Non dimenticare che ha undici anni, è più piccolo di noi.”
“Tuo fratello ha undici anni lo stesso, ma almeno ha più spirito d’iniziativa, si capisce che tua madre non è apprensiva come quell’altra e…”
“Non metterti a parlare di cose che non conosci – lo bloccò Heymans con voce gelida – né per me né per Kain, capito?”
“Benissimo, dato che siete tutti dalla parte di miss mamma dell’anno, tenetevela stretta.”
E con quelle parole, Roy girò le spalle e andò via dal cortile della scuola: non gli importava niente se erano in pieno intervallo e ci fosse ancora metà mattinata da passare tra i banchi. Odiava quella donna e tutto il magnetismo che esercitava su Kain, Riza ed Heymans… possibile che non si rendessero conto di quanto in realtà fosse una vera e propria arpia?
Che se la tengano stretta, allora. Col cavolo che andrò a parlare con lei… rimani pure un frignone, Kain. La tua preziosa mammina continuerà a dartele anche a vent’anni.
Ellie Fury era la sua nemica numero uno.
  
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