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Autore: RoccoElia    12/03/2014    2 recensioni
ecco come sono andate le cose tra vernon e petunia...se siete fan come me di questa coppia insolita non potete perdervi il loro curioso primo stravagante incontro...spero vi piaccia :)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Petunia Dursley, Vernon Dursley | Coppie: James/Lily, Petunia/Vernon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Altro contesto, Contesto generale/vago
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                                 Capitolo uno.
Steso su un prato all’ombra di un albero di mele in una giornata primaverile di marzo, Vernon osservava i ragazzi come lui giocare nel parco: due giocavano a palla ridendo fra di loro, una ragazza reggeva un aquilone che librava nell’aria e un gruppetto di fanciulle si acconciavano i capelli fra di loro; tra queste vi era una ragazzina di circa dodici anni, capelli color castano con sfumature che ricordavano l’oro del miele, un vestitino color cipria che svolazzava nell’aria fresca mattutina, un sorrisino divertito e felice e due occhi verdi come lo smeraldo, che ti tolgono il respiro e ti rapiscono per poi riportarti alla realtà con quel qualcosa di più che rende la tua giornata unica nel suo genere.
La fissava da ore ormai, era lì sotto l’albero che guardava incantato quella ragazza cosi naturale e cosi libera che non riusciva a toglierle lo sguardo di dosso; ci aveva provato ma ogni volta si ripeteva nella mente che non aveva alcun senso perdersi quel momento di estrema bellezza per far placare quella vocina interiore che ripeteva “sei cotto, ormai!”.
Vernon lo sapeva, era davvero cotto, anzi stava bruciando d’amore, ma non voleva ammetterlo perche convinto che una ragazza cosi non avrebbe mai badato al grande e grosso Vernon Dursley, tanto impacciato con le ragazze e tra l’atro anche un po’ bruttino, colpa della pubertà, diceva, con tutti quei brufoli e quelle imperfezioni sul viso.
Non sapeva neanche il suo nome, ma già sapeva che sarebbe diventato il suo preferito.
Non smetteva di guardarla, si godeva ogni momento di quello spettacolo della natura da cui distoglieva lo sguardo solo quando credeva che lei avesse intuito del misterioso osservatore nascosto tra i cespugli ogni mattina in quella calda primavera, cosi insolita ma altrettanto ben accolta da tutti gli abitanti di Londra.
Era giovedì, ma soprattutto era un giorno molto importante per Vernon: il compleanno della ragazza dal sorriso misterioso, cosi l’aveva soprannominata!
Aveva deciso di regalarle un tulipano verde e di dedicarlo ai suoi magnifici occhi! Si era tutto agghindato: aveva messo la camicia bianca delle feste e il papillon che non aveva mai avuto il coraggio di mettere ma che adesso vedeva come un punto a suo favore alla vista della sua amata; il profumo invadeva ormai tutta la stanza e il gel per capelli teneva a bada la chioma nera come la pece.
“Ciao, mi chiamo Vernon…”
“Piacere, il mio nome è Vernon…”
“Ehi, tutto bene? Io sono Vernon…”
Ripeteva di continuo frasi del genere da ormai cinque giorni davanti allo specchio, era diventato una sorta di rituale ormai: ogni volta che vedeva il suo sguardo riflesso in qualcosa, doveva provare il metodo di approccio che avrebbe usato con la ragazza a momenti. –Cosi non arriverò impreparato e non sembrerò impacciato- si diceva.
Erano le 10:00, doveva andare, raccolse il cardigan dalla poltrona e lo indossò, nascose, dietro la schiena, il tulipano rubato dal bouquet di fiori della mamma e si diresse verso l’uscita della stanza, scese le scale e con un ultima occhiata allo specchio del soggiorno avvisò la madre che stava per uscire.
Uscì da casa e si chiuse dietro la porta.
Era una giornata perfetta: il sole era alto nel cielo e non vi era nessuna nuvola che oscurava il quartiere, molti ragazzi come lui avevano approfittato del bel tempo per passeggiare con le loro bici e per divertirsi con i compagni.
Arrivato al parco, Vernon cercò con lo sguardo furtivo la ragazza dal sorriso misterioso ma non la trovò: non era vicino l’altalena dove di solito chiacchierava con le amiche; non stava neanche vicino lo scivolo dove si divertiva a percorrere al contrario il passatempo, sfidandosi con le altre a chi riusciva ad arrivare prima senza cadere; non la trovò neppure vicino la fontana con la quale schizzava le compagne per poi riderci su.
Dopo venti minuti di perlustrazione dell’intero parco e dintorni, la vide appartata su una panchina nascosta dietro un enorme cespuglio di more selvatiche in compagnia di un giovane ragazzo: sembrava più grande di loro, aveva capelli molto scuri e ribelli, di quelli che neanche due tubetti di gel riescono a domare; riusciva a stento a intravedere i suoi occhi: scuri anch’essi e profondi, incorniciati da uno sguardo attraente e misterioso, uno sguardo dove ci si può rifugiare ogni qualvolta che ne si ha il bisogno.
Ed era quello che la ragazza dagli occhi misteriosi stava facendo: era avvolta dal suo braccio e appoggiava la sua testa al suo petto come un neonato nelle braccia della madre;
Chiacchieravano e di tanto in tanto si scambiavano baci affettuosi e sorrisi di complicità.
 
 
Lei era felice; lui la rendeva felice!
 
 
 
Vernon, alla visione di quei due rimase impietrito come da un secchio di acqua gelata che lo aveva riportato da una fantasia romanzesca alla crudele realtà.
Corse via per più di quindici minuti e raggiunse di nuovo il fulcro del parco dove prese posto su una panchina.
Si sentiva in contrasto con il mondo.
Il caos di ragazzi che davano sfogo alla loro voglia di divertirsi, faceva a pugni con la necessità di assoluto silenzio che il cuore di Vernon chiedeva; il suo sguardo mirava lontano senza alcuna meta, come se volesse evadere da quel posto ma qualcosa lo stesse trattenendo li, su quella fredda panchina con il viso immobile e il tulipano verde in grembo.
Un gruppetto di ragazze lì vicino saltavano la corda e una di loro, evidentemente stanca,si separò dal gruppo e andò a sedersi sulla panchina di Vernon lasciando tra di loro lo spazio necessario ad altre due persone.
La ragazza vide Vernon pallido e immobile e pensando ad un malore gli rivolse la parola:
-Ti senti male?-
Gli domando con la testa inclinata dalla sua parte.
-Mhm- fu l’unico suono che Vernon riuscì ad emettere.
-Sicuro di star bene?- replicò la ragazza.
Come venuto da un altro pianeta Vernon concepì di essere sempre su quella panchina, nel parco del quartiere e nelle sue orecchie, al posto del suono ovattato del silenzio, tornarono le urla dei ragazzi e i suoni della natura che lo circondava; e insieme a loro anche la voce della ragazza di fianco a lui.
Si volto e vide una ragazza scarnita, con i capelli sopra le spalle e ondulati di un colore castano spento e gli occhi celesti che tendevano al grigio. La sua voce era fredda e squillante come un clacson ma allo stesso tempo aveva la capacità di farti sentire a tuo agio. Sembrava molto alta e indossava un vestito color cipria che sventolava nell’aria.
 
 
Lo stesso della ragazza dal sorriso misterioso.
 
 
-Si, sto bene!-
Con queste parole si senti più libero e meno scoraggiato dall’accaduto che adesso capiva, essere stato una delusione di una storia avvenuta solo nella sua testa.
-Il mio nome è Petunia- disse la ragazza.
Un nome insolito, pensò Vernon, ma interessante, era la prima volta che lo sentiva nominare ma già non poteva più smettere di ripeterlo nella sua testa, come un tormentone di cui non ti riesci a liberare.
-Il mio nome è Vernon! Bel vestito!-
-Me l'ha prestato mia sorella, a lei sta meglio però!- rispose Petunia.
A quella risposta Vernon inquadro bene la ragazza e scovò moltissime somiglianze con la ragazza dal sorriso misterioso ma non volle rivelare il suo debole per lei per non far scappare la nuova ragazza.
-Sono sicuro che tu lo indossi meglio di lei-affermò Vernon.
Vide Petunia distogliere lo sguardo, arrossire e sorridere maliziosamente.
Voleva assolutamente scoprire il nome della ragazza che aveva amato da mesi e che aveva spiato ogni giorno senza mai avere il coraggio di rivolgerle la parola. Ma non voleva sembrare scortese agli occhi dell’unica ragazza che finora gli aveva rivolto parola.
-E sono sicuro che anche il tuo nome sia più bello del suo!- concluse!
-E no, qui ti sbagli! Lei ha un nome bellissimo: si chiama Lily!-.
 
 
Lily.
 
 
Aveva immaginato ogni tipo di nome per quella ragazza dal sorriso misterioso ma tutti li erano sembrati solo dei diminutivi a tutta quella bellezza che la avvolgeva; ma Lily era perfetto.
 
 
Lily.
 
 
Un nome semplice ma allo stesso tempo incredibilmente meraviglioso, com'era lei d’altronde: una ragazza che con la sua naturalezza riusciva a conquistare l’attenzione di chi la circondava, facendoli sognare in quel luogo magico che erano i suoi occhi.
-Ehi, tutto ok?- chiese Petunia al ragazzo che sembrava paralizzato.
-Si si- rispose, un po’ scosso, Vernon.
Guardò l’orologio e decise di tornare a casa per il pranzo e alzandosi dalla panca si ricordò del tulipano verde che aveva sulle gambe; ci pensò su qualche secondo e si convinse a regalarlo a Petunia poiché non avrebbe avuto senso riportarlo a casa.
-Tieni, questo è per te!- dichiarò Vernon.
Di nuovo Petunia arrossì e non disse nulla, prese il fiore e lo porto al naso per annusarne il profumo.
-Penso che si abbini benissimo al vestito che indossi! Ora devo andare, ci vediamo domani!- Concluse Vernon dirigendosi verso l’uscita del parco che portava sulla strada di casa sua.
-A domani- disse Petunia, più a se stessa che a Vernon, e annusò di nuovo il tulipano immaginando già una storia d’amore con il ragazzo che le aveva regalato quel fiore cosi profumato e pensando alla reazione della sorella, molto più bella e più corteggiata di lei, alla vista di quel gesto di affetto cosi romantico e gradito.
Vernon quella sera non riuscì a dormire, nella sua testa era una guerra di pensieri: ripensava alla sconvolgente vista di Lily con un ragazzo dietro il cespuglio, l’incontro con la sorella di Lily, Petunia, cosi dolce e affettuosa nei suoi confronti ed era combattuto dai sentimenti; decise di organizzare i pensieri e arrivò alla conclusione che Lily, cosi bella e contesa, non l’avrebbe mai scelto e non si sarebbe mai accorta di lui, mentre Petunia era stata la prima ragazza a farle quello strano effetto nello stomaco, una sensazione di movimento involontario che vuole farti capire che è il momento di cogliere l’attimo e scegliere una svolta radicale nel tuo cammino.
 
 
 
 
 
  
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