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Autore: martaparrilla    16/03/2014    9 recensioni
"Non voglio più che mi odi per quello che stai provando. Non voglio più che guardi i miei occhi senza sapere che mi sveglio presto solo per guardarti uscire di casa e prender il tuo cornetto al bar. Che mi piace l'odore dei tuoi capelli. Mi piace il calore della tua mano. E se devi impazzire, voglio che impazzisca con me, non per me".
Una Emma e Regina in una città senza nome, si scontrano come solo loro sanno fare. Ben presto capiscono che il loro odio cela qualcosa di più grande. Ma Regina questo già lo sapeva. Gli occhi di quella bionda erano terribilmente somiglianti a qualcuno che aveva perso e questo la incuriosiva. Emma dal canto suo non riusciva a spiegarsi i brividi che sentiva quando la vedeva.
Regina ed Emma racconteranno sensazioni e sentimenti in prima persona, alternandosi tra i vari capitoli. Non dubitate della mia sanità mentale quando leggerete le stesse frasi in capitoli diversi, il motivo è semplice: una volta sarà Emma a parlare (o ascoltare), una volta Regina.
Riusciranno insieme a superare i traumi passati?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chiudo il forno dopo averci infilato la crostata di mele rosse, la mia preferita. L'arrosto e il riso con le verdure sono pronti e al caldo.

Manca poco più di un'ora all'arrivo di Emma e ancora non ho deciso cosa mettere addosso. Magari niente, per facilitare le cose. Mi sfugge un sorriso. Non riesco a pensare che alle sue mani sul mio corpo. E' diventata quasi un'ossessione...e questi tre giorni lontani da lei mi hanno fatto capire che non desidero altro se non averla vicina. Ma in fondo lo sapevo già. Sarebbe stato lo stesso per lei? Il cuore mi fa improvvisamente male solo al pensiero.

Cucina e salotto sono sistemate, le camere anche, devo solo farmi una doccia e...forse avrei dovuto mettere un pantalone e una maglia...ma sotto il getto della doccia calda cambio idea. Voglio essere bella, sexy, assolutamente desiderabile.

Afferro l'accappatoio rosso fuoco e lo indosso. In camera fisso i due vestiti che mi sono portata. Due tubini, uno nero e uno blu notte. Decido alla fine per il nero e indosso il completino intimo dello stesso colore. Sistemo il vestito e infilo le scarpe. Si, sono pronta.

Finisco di sistemare il trucco e spengo il forno. Sento il motore di una macchina avvicinarsi...è lei. Mi siedo e aspetto che bussi.

Tre colpi riempiono la stanza. Lentamente e col cuore in preda a una frenetica agitazione, mi dirigo verso la porta e la apro.

«Ciao» mi dice meravigliosamente calma.

Rimango incantata e abbagliata dal suo sorriso. In mano ha la confezione di quella che sembra una torta e nell'altra una busta.

«Ciao, entra» dico ricambiando il sorrido. Mi sposto sulla destra per farla passare e chiudo la porta alle mie spalle.

Ha dei pantaloni neri attillati che non lasciano spazio all'immaginazione. Fasciano perfettamente il suo sedere. Ai piedi delle decoltè verdi, abbinate alla maglia, leggermente scollata e...non mi sembra di aver visto il reggiseno. Si avvicina al tavolo e poggia la busta e la torta.

Poi si volta da me.

«Ho il borsone in macchina» dice aggrottando la fronte. In quel momento la sua voce mi fa tornare alla realtà.

«Certo...prima però...» mi avvicino a lei e le prendo le mani.

«Come puoi essere così dannatamente bella?» arrossisce prima di avvicinarsi a me e baciarmi.

Il sapore delle sue labbra.

In quasi due settimane non ho ancora trovato parole che esprimano degnamente quel sapore che solo lei ha. Accarezzo le sue braccia fino a prendere il suo viso tra le mani. Il fiato inizia a mancarmi, il suo profumo fruttato mi fa perdere il controllo. Infilo le mani sotto la sua maglia, carezzo la sua schiena perfetta e muscolosa. Mordo il suo labbro e sento la sua mano premere contro il mio seno.

«Pensi che riusciremo a mangiare quello che ho preparato?» Dico col fiatone tra un bacio e l'altro.

«Solo se non vogliamo ascoltare questo» prende la mia mano e la poggia sul suo petto. Il suo cuore sembra voglia esplodere. La sua bocca scende sul mio petto. Riprendo il suo viso tra le mani per poterlo fissare ancora.

«E' bello averti qui. Questa settimana è stata infinita».

«Non dirlo a me» mi sussurra sfiorandomi la nuca con le dita.

«Andiamo a prendere il borsone...voglio che questa serata sia perfetta e ho tante sorprese per te» le prendo la mano e la trascino verso la porta.

C'è una calma surreale oggi nel mio giardino. Non c'è nulla di diverso dal solito. A parte me. Sono io quella diversa.

Preso il suo borsone dalla macchina, torniamo dentro.

«Fai pure il giro della casa intanto io apparecchio la tavola...fai come se fossi a casa tua» dico infine, senza pensarci.

«Non vuoi una mano?».

«Sei mia ospite, non vorrai mica contraddirmi pure qui spero» faccio un passo verso di lei.

«Altrimenti che succede?».

Conosce i miei punti deboli, maledizione.

«Altrimenti...a letto senza cena» mi volto e prendo i piatti dalla credenza. A lei scappa una risatina e poi inizia a girovagare per la casa. Sistemo tovaglia, bicchieri, piatti, posate. Centrotavola: una candela. Il vino. Dopo cinque minuti torna con una foto.

Il sorriso sparisce dal mio viso.

Ha in mano la foto di Henry.

«Mi dici chi è questo bambino?».

«Non credo di volerlo fare, non ancora». Non riesco a pensare quando si tratta di lui e del dolore che ho provato quando l'ho perso.

«Perché non vuoi condividerlo con me?».

«Perché fa troppo male. Ci sediamo a mangiare?» voglio cambiare discorso.

«Perché non riesci a fidarti di me?».

Quella discussione sarebbe finita male, me lo sentivo.

«Oh per due o tre motivi, e poi è troppo presto per parlare di certe cose».

Il suo viso si contrae in una smorfia, quasi di dolore.

«Se non riesci a fidarti di me che senso ha questo invito? Non voglio essere una delle tante, io voglio qualcos'altro, voglio il tuo cuore, non il tuo corpo e» si interrompe, la voce rotta dal pianto.

«..e se non posso avere il primo...non ha senso nemmeno il resto».

Si avvicina alla porta e riprende il suo borsone.

«Quando e se sarai pronta sai dove trovarmi. Io così, non ci riesco».

Se ne sta andando. Non voglio che vada via, doveva essere il nostro fine settimana perfetto.

«Dove stai andando?» le dico avvicinandomi a lei.

«Non avvicinarti» replica in modo freddo.

«Vado a casa, non c'è un motivo che sia uno per cui debba stare qui. E non è per la foto in se, ma perché non ti fidi e io non ce la faccio così».

Si volta.

«Ma questo doveva essere il nostro fine settimana perfetto, il nostro momento» dico tra le lacrime, poggiandomi al tavolo.

«Evidentemente non lo è».

«Ma noi stiamo bene insieme, noi siamo speciali insieme».

Sembra non sentire. Si mette il borsone su una spalla e percorre gli ultimi due passi prima di arrivare alla porta.

«Per favore non andartene».

«Dammi un fottuto motivo per cui dovrei rimanere Regina, uno!» si volta e urla.

La mente inizia ad annebbiarsi, il respiro si fa corto e di fronte a me le immagini vanno come a rallentatore. Perché la voglio lì? Perché non riesco a parlarle di Henry? Non voglio che mi veda debole, non voglio che sappia quanto posso soffrire, non voglio scoprirmi così. E non mi è mai importato di questo fatto tranne che con lei. Ecco qual è il motivo.

«Perché ti amo!» urlo a mia volta.

Certo che la amo. Questa è l'unica spiegazione logica alla folle paura che ho di raccontarglielo. Non è un'amica. E' esattamente l'opposto, è totalmente diverso e scoprirsi così di fronte a qualcuno che ami come mi sono resa conto di amare lei può essere molto, molto complicato.

Quelle parole mi escono dalla bocca di slancio, con una tale facilità da rendermi ancora più spaventata. La mano che sta per aprire la porta si blocca e scivola nuovamente accanto al suo fianco. Il suo viso, rigato di lacrime, si volta lentamente verso di me e di seguito anche il resto del corpo. Lascia scivolare il borsone per terra e con due lunghi passi mi raggiunge. Affonda la sua bocca sulla mia, con rabbia, tra le lacrime di entrambe. Mi stringe con una tale forza da lasciarmi senza fiato.

Non proferiamo parola ma la passione dei nostri baci ci conducono nella camera accanto. Non servono parole, le mani, i nostri corpi parlano per noi. Sento la sua mano abbassare la zip del mio vestito.

Senza dire niente accarezza la mia pelle con le sue labbra, abbassandosi un po' per sfilare verso il basso quello che una volta copriva il mio corpo. Il letto sembra lontano.

Il desiderio di essere nude ci blocca accanto al mobile. Le stringo forte i fianchi mentre il suo collo diventa cibo per le mie labbra e le sfilo la maglietta, lanciandola la una parte.

Afferra il mio sedere con le mani e con un saltello mi siedo sul mobile.

Le mie gambe la cingono per i fianchi e mentre le nostre labbra non smettono di cercarsi, le nostre mani non smettono di muoversi. I pantaloni sulle sue gambe sono di troppo. Li sgancio nello stesso momento in cui lei fa cadere in terra il mio reggiseno.

Improvvisamente il suo sguardo si fa serio e si ferma. Mi prende le mani per stringerle forte e infilare prepotentemente il suo sguardo dentro il mio.

«Ti amo anch'io» quelle parole risuonano come campane a mezzogiorno nel silenzio della stanza.

La marea di emozioni e pensieri che invadono in quel momento la mia mente sono decisamente troppi. Troppi da decifrare, troppi da esprimere.

Mi libero dalla presa delle sue mani. I suoi capelli sono spettinati, alcune ciocche le ricadevano sul viso e aveva le gote rosse. Di sicuro anche le mie. Devo essere totalmente sconvolta, sia fisicamente che mentalmente.

Lei mi ama. Ho sentito bene le sue parole.

Tiro indietro i suoi capelli con le mani, liberandole il viso su cui è comparso un bellissimo sorriso, sorriso che riserva solo a me. Quello è il mio sorriso. Voglio piangere, sento che le lacrime arrivano agli occhi e la vista per un attimo si annebbia ma decido di fermarle baciandola.

Scendo dal mobile e cercando di non staccare le nostre labbra, la faccio sedere sul letto. La costringo a sdraiarsi spingendola piano con una mano e mi metto a cavalcioni sopra di lei.

Dalla fronte, la mia mano sfiora la sua pelle, scendendo fino ad arrivare ai pantaloni che stanno ancora dove non devono. Infilo leggermente le mani tra il pantalone e la sua schiena, che inarca per facilitarmi il lavoro. Finalmente anche quelli giacciono a terra, lontani da noi.

Con i soli slip a proteggerci dalle nostre nudità, torno su di lei, cercando di fare combaciare ogni centimetro del suo corpo col mio.

La mia bocca si posa per l'ennesima volta sul suo collo mentre incastriamo le nostre gambe. Mi stringe forte a lei mentre mi facilita il lavoro girando la testa da un lato. Le mie mani e le sue mani sembrano non essere sufficienti a essere nello stesso momento sui nostri seni, o sulla schiena, o sul collo o sulle gambe...le sue gambe, mai visto niente di più bello e perfetto.

Tra un bacio e l'altro, con lei che ormai ha capito come farmi perdere il controllo stuzzicandomi i seni con la lingua, la mano scende verso il basso, accarezzando l'interno coscia. Inarca la schiena e mi guarda negli occhi. Le parole sono superflue. Lentamente lascio che le sue mani spostino l'ultimo indumento che abbiamo addosso e io faccio lo stesso.

Le nostre mani indugiano sul basso ventre, incerte, quasi inesperte (lei di sicuro), ma desiderose più che mai.

Niente mai è stato più bello per me.

Niente è stato più eccitante o passionale o dolce, niente.

Niente è paragonabile ai nostri continui baci e al nostro guardarci negli occhi.

Niente in confronto alla perfezione dei nostri respiri, delle mani intrecciate. Nessuno mai è stato tanto intenso per me.

Nessuna bocca tanto eccitante, nessun corpo tanto bello. Ma soprattutto non sono mai stata più felice di stare abbracciata per un'ora intera a lei, quando sfinite, ci lasciamo andare sul letto.
E' questo l'amore? Non lo so. Sapevo solo che le esperienze passate improvvisamente sono diventate insignificanti rispetto a lei.

Lei che ora mi guarda con quei suoi enormi occhioni verdi, che brillano e sorridono. Mi sfiora il viso con una mano prima di toccare ancora una volta le mie labbra con le sue.

«Non so come descrivere quello che ho provato» la sua mano tocca il mio fianco.

«Non farlo. I tuoi occhi parlano da soli».

«Come siamo riuscite ad aspettare?».

«Non lo so...so solo che ne è valsa la pena».

Quella situazione assolutamente perfetta viene interrotta dal brontolio della sua pancia.

Scoppiamo a ridere.

«Amore mio hai fame??» le dico baciandola e continuando a ridere. «Si sarà freddato tutto ormai».

«Dio che vergogna» arrossisce ma ride anche lei.

«Non voglio che muoia di fame, dai alzati, andiamo a mangiare la nostra meravigliosa e freddissima cena».

Mentre mi siedo sul letto mi accorgo che sono nuda. Lo siamo entrambe.

«Ehm....magari dovremo vestirci...» la osservo, perfetta, sdraiata sul letto. Prendo una vestaglia posata sulla sedia accanto al letto e me la infilo.

«Se mi portassi il borsone troverei qualcosa da mettermi» si copre con un cuscino.

«Te la porto subito» esco a piedi nudi dalla camera e afferro il borsone accanto alla porta. E che ci ha messo dentro, quanto pesa!

«Hai messo mattoni per uccidermi? O un fucile? Pesa sei quintali!» dico poggiandola pesantemente accanto al letto.

«Non sapevo che portarmi» fa una faccina triste.

«Ti lascio vestire, vado a scaldare di nuovo tutto...fai presto...» mi abbasso per baciarla e lei rimane lì, con le labbra a coniglietto e gli occhi chiusi, incapace di staccarsi da me.

«Ma quanto puoi essere stupenda?» le prendo le guance pizzicandole «quanto?».

Mi butta le braccia al collo e mi fa cadere sul letto sopra di lei. Scoppiamo a ridere.

I suoi occhi, i suoi meravigliosi occhi sono ridotti a una piccola fessura tanto è felice.

«Non ce la faremo mai a mangiare» inverte le posizioni.

«Non mi serve mangiare oggi...mi serve recuperare il tempo perso fino ad ora» sopra di me, mi slaccia la cinta della vestaglia, scoprendomi. Mi mordo il labbro inferiore, all'improvviso avverto di nuovo molto caldo. Mi tiro su con le braccia, così da avvicinarmi al suo viso.

«Come intendi recuperarlo?» avvicino la bocca al suo collo e lo annuso. Lo piega leggermente, percorsa da un tremito. Bacio piano il suo mento e sfioro il contorno del suo viso, fino a tornare sulla bocca.

«Non credo che oggi riuscirai a alzarti da questo letto» mi dice con voce bassa e seria. Infila le mani sotto la vestaglia, circondandomi le spalle, e la lascia cadere sul letto. Sono di nuovo nuda. E anche lei.

Incantata dal suo sguardo e domata dai suoi baci, mi lascio andare, poggiando nuovamente la testa sul cuscino. La sua bocca raggiunge punti del mio corpo che non credevo volesse raggiungere, non subito almeno, ma evidentemente ho sottovalutato la voglia che aveva di me. Il mio corpo trema per il piacere e solo alla fine mi rendo conto di quanto con lei non abbia nessuna inibizione.

Mi bacia ancora per un tempo indefinito. Quanto è passato da quando giacevo sotto le sue mani, la sua bocca e i suoi baci? Ore? Minuti? Non lo so. So solo che voglio che niente di tutto quello che lei fa finisca. Niente.

«Mi piacciono gli occhi che hai ora dopo aver fatto l'amore. Brillano ancora di più».

Quanti battiti può sopportare un cuore prima di esplodere?

«Brillano perché ti ho di fronte...cercano di adattarsi alla tua bellezza» le sfioro le labbra con le dita. Ho talmente fame che le avrei morse fino a staccargliele ma non mi sembra opportuno.

«Mi sembra che abbia fame» dice trattenendo una risata.

«E da cosa lo avresti capito?» mi allontano un po' dal suo viso con aria curiosa.

«Hai di nuovo quello sguardo da "ti voglio mangiare" che avevi i primi giorni che abbiamo iniziato a parlare».

«In effetti ti voglio mangiare esattamente come in quei giorni.......» non riesco a resistere, mi avvicino e la bacio di nuovo.

«Ora voglio mangiare qualcosa» dice drizzandosi sul letto, coperta solo dai suoi capelli biondi, lasciandomi come una ebete affamata di baci.

«Allora vestiti altrimenti rimani qui per almeno un'altra mezz'ora!».

«Agli ordini signor capitano!» mi prende in giro portandosi una mano alla fronte in segno di saluto e mentre io mi infilo di nuovo la vestaglia, lei inizia a cercare qualcosa nel suo borsone. Prende una sorta di sottoveste color carne...molto corta....con tanto di vestaglia altrettanto corta e la chiude con la cinta. Si mette in piedi con un saltello, mi prende la mano e dice:

«Andiamo a mangiare» mi trascina fino alla cucina.

Fortunatamente la tavola è già apparecchiata, accendo la candela e lo stereo col cd che ho portato per il nostro sottofondo musicale.

«Prego, siediti...faccio subito» prendo il recipiente di terracotta col riso e ne verso un pochino in entrambi i piatti.

«Assaggia» prendo la forchetta e la imbocco.

«Sei geniale anche in cucina, è squisito» dice soddisfatta e sorridente. Meno male che le piace, penso. Mi siedo anche io e iniziamo a mangiare, silenziose e un po' imbarazzate.

«Mi diverte come siamo più imbarazzate a tavola che in camera da letto» le dico mentre cerco il suo piede con il mio, entrambi nudi. Lei risponde facendolo scivolare per tutta la gamba fino al ginocchio e tornando indietro. Poggia le mani sotto il mento.

«Che mi hai preparato per secondo?» abbassa il tono di voce, diventando quasi rauca. Una sensazione di calore raggiunge il mio corpo.

«C'è l'arrosto» dico cercando di mantenere un po' di dignità. Mi alzo lentamente, quasi inciampo sul piede della sedia e lei trattiene una risatina.

Servito anche l'arrosto, mangiamo in silenzio, scambiandoci sguardi più loquaci di qualunque mole di parole. Verso del vino rosso e facciamo tintinnare i bicchieri.

«Posso averne un altro pezzo?».

«Fai come se fossi a casa tua» apro il coperchio della terrina per farle scegliere il pezzo a lei più gradito. Fa il bis del bis, è alquanto affamata e io la guardo estasiata mentre beve e mangia come se non ci fosse un domani.

«Posso assumerti per cucinare questa bontà? Mai mangiato nulla di più buono» dice versandoci altro vino.

«Potrebbe essere interessante, poi decidiamo il compenso però» beviamo insieme.

«C'è la mia torta e la tua crostata...io opto per la seconda, la torta la mangiamo dopo caso mai» mi dice con tono strano.

«Ok »mi alzo e prendo la crostata che è ancora in forno, ne taglio una fetta e la metto su un piattino pulito. Prendo i piatti sporchi e li metto sul lavandino.

«Divento obesa se mangio così tanto ogni volta che ci vediamo» divora anche la crostata alle mele e poggia la schiena alla sedia, esausta. Guardo l'orologio.

«Sai che ore sono???» alzo le sopracciglia «Le 23:30...il tempo è volato....».

Si alza in piedi.

«Vai in camera, prendi il vino e due bicchieri, io porto la mia torta».

«Mi fai paura quando scatti in questo modo» ubbidisco e mentre lei prende la scatola della torta afferro due bicchieri puliti e lo spumante.

La trovo seduta sul letto, con la scatola davanti, mentre da dei colpetti al materasso incitandomi a mettermi accanto a lei. La assecondo dopo aver poggiato lo spumante e bicchieri sul comodino. Una volta sul letto la bacio.

«Allora questa torta?».

«Sei pronta? Aprila».

Afferro i manici della scatola facendo attenzione a non strapparli e delicata abbasso i quattro lati del cartoncino. Un enorme sorriso compare sul mio viso. Non è nemmeno una torta. E? una distesa di fragole con base di pan di spagna e panna e c'è una enorme scritta col cioccolato: "SEI BELLISSIMA".

«Tu sei completamente impazzita» le dico cercando di trattenere le lacrime.

«No, niente pianti» mi ferma subito. Prende una fragola e me la avvicina alla bocca. La mordo. Completamente persa nei suoi occhi, non mi accorgo che con l'altra mano prende della panna. E con quella mi accarezza.

Risultato? Panna ovunque. Si alza dal letto divertita, sembra una bambina.

«Questa me la paghi» prendo tre fragole piene di panna e lei non tenta nemmeno di scappare...si sistema in un angolo della stanza, con espressione finta impaurita.

La raggiungo. Con la prima fragola le sporco i bordi delle labbra con la panna...panna che le porto via con la mia bocca. Le sgancio la vestaglia prima di farle mordere le altre due fragole. Siamo di nuovo serie. Il desiderio prende nuovamente il sopravvento. Con le labbra incollate alle sue arriviamo al letto.

Si lascia guidare in ogni movimento. Sposto la torta, sistemandola sulla sedia accanto al letto. Mi sistemo dietro di lei. Afferro le bretelline della sottoveste con le labbra e le faccio scivolare. Lei è nuda di fronte a me. Sfioro la schiena con le labbra, arrivando fin sopra i glutei perfetti. Le mani circondano il suo bacino. Lei le afferra e intreccia le sue dita con le mie. Tenta di voltarsi ma la tengo ferma.

«Shhhh» le dico all'orecchio. Le mordo il lobo mentre le stringo un seno e lei ruota la testa a cercare le mie labbra. Stavolta le trova, gliele lascio trovare.

Mi sfilo da sola la vestaglia prima di farla mia ancora una volta.

  
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