Premessa;
questa storia è il prequel di altre due: How to Catch a Comet e La
Cometa del Distretto 12. È il “C’era una volta” della cometa di
Halley, di Katniss, di Gale, dei loro
padri e delle loro famiglie. È come tutto è cominciato. Buona lettura!
The miner saw a comet.
«The boy saw the comet and he felt as though his life
had meaning. »
Caleb
Everdeen amava i sabato sera: erano i momenti in cui
varcava l’uscita delle miniere per l’ultima volta, nel corso della settimana, e
preludevano l’arrivo della domenica, l’unica giornata in cui poteva dedicarsi
completamente alla sua famiglia. Quella sera in particolare si sorprese a
sorridere, mentre sfuggiva al freddo delle strade innevate del Giacimento, per
intrufolarsi in casa, sfregandosi le mani arrossate. Venne accolto da un bacio
sulla guancia della sua primogenita e dal sorriso della moglie, che stava cullando
la piccola Prim, stringendola a sé per farla addormentare.
“Eccole qui, le mie tre donne” esclamò,
accarezzando i capelli di Katniss e chinandosi poi in avanti per baciare la moglie.
Prese poi in braccio la figlia più piccola e si sedette su uno dei due letti,
incominciando a cullarla come aveva fatto la moglie poco prima. Il suo sguardo
si ravvivò ulteriormente, quando Katniss si sistemò di fianco a lui. Sua figlia
aveva l’espressione vivace con cui lo salutava sempre nei momenti in cui lui
rincasava dal lavoro, ma Caleb riconobbe nel suo
sguardo anche un brillio insolito, che di norma catturava i suoi occhi solo
nelle occasioni più speciali, quelle che le stavano particolarmente a cuore:
come la volta in cui aveva preso in braccio sua sorella Prim
per la prima volta o quella in cui, il giorno del suo quinto compleanno, Caleb le aveva insegnato la Canzone della Valle, cantandola con lei per tutto il pomeriggio.
“Sei pronta per domani?” le chiese,
sorridendole orgoglioso: il giorno dopo l’avrebbe portata nei boschi
per la prima volta ed erano entrambi emozionati al pensiero della mattinata che
avrebbero trascorso assieme.
La bambina annuì.
“Ho aiutato la mamma a prepararti
la cena” rivelò poi, appoggiando il capo alla sua spalla e facendo ciondolare
le gambe oltre il materasso. Caleb le baciò la
fronte, continuando, al contempo, a cullare Primrose. “Ho un po’ paura di
andare nei boschi” ammise infine in un bisbiglio la bambina, parlando
all’orecchio del padre. “E se ci vedono?”
“Non ci vedranno” promise l’uomo
con un sorriso, accarezzandole i capelli. “E se mai dovessero trovarci, canterò
per loro una canzone talmente bella che si zittiranno tutti e non ne faranno
mai parola con nessuno”.
“Come fanno le ghiandaie
imitatrici?” lo interrogò la bambina, rivolgendogli un’occhiata affascinata. Caleb annuì.
“Domani le vedrai: canteremo per
loro” le promise, sorridendo del rinnovato brillio negli occhi della
figlia.“Non permetterei mai a nessuno di farti del male, Katniss. Né a te, né a
Prim o alla mamma: lo sai.” aggiunse, appoggiando la
fronte contro la sua. La bambina sorrise, chinando appena il capo.
“Non ho poi così paura” ammise
infine, tornando ad appoggiare il capo contro la sua spalla. Ed era vero: non ne aveva mai, quando suo padre era con
lei.
*
A meno di una cinquantina di metri
di distanza, un altro minatore era appena rincasato dal lavoro. Joel Hawthorne
si passò il dorso della mano su una guancia, per sfregarsi via una macchia di
carbone, ma non fece altro che peggiorare le cose, sporcandosi ulteriormente.
“Ehi, straniero!” lo salutò la moglie con un sorriso, avvicinandosi a
lui con Rory in braccio. Gli strofinò la parte di viso sporca con il pollice,
prima di chinarsi in avanti per baciarlo.
Una mano paffuta interruppe quel momento di intimità, appoggiandosi al
mento di Joel. Rory, in quel periodo,
era particolarmente affascinato dalle facce dei suoi familiari e non
perdeva mai occasione di analizzare con attenzione volti, labbra e capelli.
“Papà!” annunciò allegro,
mangiandosi metà della parola. Joel gli sorrise divertito.
“Buonasera anche a te, discoletto” lo
salutò, arruffando i capelli del secondogenito. “Vick ha ancora la febbre?”
chiese poi rivolto alla moglie, sfilandosi il giubbotto. In quel momento la
voce allegra di Gale raggiunse i due coniugi dalla camera da letto.
“Indovina che cosa ti ha preparato la mamma per cena?” chiese il ragazzino rivolto al padre, raggiungendoli in cucina. Joel registrò subito l’allegria del primogenito e decise di considerarla un indizio. Annusò l’aria, avvicinandosi ai fornelli.
“Sento odore di
coniglio” osservò poi, sbirciando sotto il coperchio di una pentola. “Chi ha
rubato un coniglio al macellaio?”
Gale sorrise
divertito, mettendosi a braccia conserte.
“Sei di nuovo
andato nei boschi da solo, eh?” lo interrogò il padre, dandogli un colpetto
giocoso sotto il mento. Non era arrabbiato e il bambino lo sapeva bene: molti
genitori avrebbero sbarrato gli occhi preoccupati, nello scoprire che il
proprio figlio di otto anni da qualche giorno strisciava sotto la recinzione di
filo spinato, per andare a caccia di conigli. La stessa Hazelle era in
apprensione per Gale, anche se si sforzava di non darlo a vedere, ma non Joel. Lui
provava solo orgoglio, gratitudine ed orgoglio per quel ragazzino così piccolo
che cercava in tutti i modi di aiutarlo a prendersi cura della loro famiglia.
“Ho messo le
trappole stamattina, prima di andare a scuola. Ne ho presi due” rivelò fiero il
bambino, sollevando il coperchio di una delle pentole, per mostrargli in
bottino. “Domani ne cacceremo altri.”
Il sorriso di
Joel sembrò sfumare per qualche istante, e il suo sguardo incontrò esitante
quello della moglie.
“Bel lavoro, ragazzo” dichiarò infine, dando una pacca sulla spalla al figlio. “Sono
davvero orgoglioso di te.”
“E comunque ieri
ho fatto delle modifiche alle nostre trappole” aggiunse Gale, accucciandosi per
essere all’altezza di Rory, che aveva incominciato a giocherellare con i lacci
delle sue scarpe, reclamando attenzioni. “Funzionano: domani ti faccio vedere!”
“Gale…” Joel rivolse una seconda occhiata inquieta alla
moglie, prima di sospirare, passandosi una mano fra i capelli arruffati. “…Domani non possiamo andare
a caccia.”
Il ragazzino gli
rivolse un’occhiata confusa.
“Come no? È domenica”
gli ricordò, scuotendo incredulo il capo: la domenica era il loro giorno. Suo e di suo padre.
Andavano a caccia insieme, preparavano le trappole e aiutavano Hazelle ad
accudire i fratellini.
“Devo lavorare un po’ di più, questo mese” ammise
l’uomo, prendendo in braccio Rory e facendo cenno al primogenito di seguirlo
nella stanza a fianco. “Mi sono fatto assegnare anche le domeniche. Vick non
sta bene, lo sai, e ci servono soldi.”
Gale annuì,
andandogli dietro in silenzio.
“Mi dispiace, ragazzo” aggiunse il padre,
scompigliandogli i capelli. “Lo sai quanto mi piacciano le nostre domeniche.”
Gale annuì di
nuovo, prima di dare una scrollata di spalle.
“Non fa niente. Davvero!” enfatizzò,
mettendosi le mani in tasca. Ciò che a Joel fece più male di quell’immagine fu
il fatto che sembrasse sincero, nonostante la delusione evidente, appollaiata
fra i suoi occhi. Se era triste lo dava a malapena a vedere, e non era giusto:
avrebbe dovuto per lo meno arrabbiarsi. Sbuffare e strisciare i piedi, come un
qualsiasi bambino di otto anni. Gale, però, non l’avrebbe fatto. Sapeva che
Vick aveva bisogno di medicine e non si sarebbe lamentato per tre o quattro
domeniche trascorse senza il padre – anche se i pomeriggi trascorsi nei boschi
assieme a lui erano i momenti della settimana che preferiva.
“Vieni qui, ragazzo” lo richiamò infine Joel,
facendogli cenno di venire a sedersi di fianco a lui. “Voglio raccontarti una
storia, una storia vera.”
Gale aggrottò
appena le sopracciglia, incuriosito, prima di raggiungere il padre e il fratello
minore. Non appena prese posto vicino all’uomo Rory gli balzò in braccio,
facendogli perdere l’equilibrio. Gale rise, lasciandosi cadere all’indietro
sotto lo sguardo divertito del padre.
*
“Che storia è?” domandò
Katniss, portando le gambe sul materasso per stringersi le ginocchia al petto.
Caleb baciò Prim sulla
testolina e la cullò un’ultima volta, per poi alzarsi e depositarla con
delicatezza fra le braccia della moglie.
“La storia di
una cometa“ rispose con un sorriso enigmatico, tornando a sedersi sul letto di
fianco alla bambina. Si distese e Katniss fece altrettanto. “Si chiama cometa di Halley’”.
“Cometa di
Halley” scandì a bassa voce la ragazzina, appoggiando il capo contro il suo
petto. “Tu l’hai mai vista, papà?”
“Non ancora” rispose Caleb, strofinandosi una mano sporca di carbone sui pantaloni e tornando a cingere le spalle della figlia. “Ma tuo nonno Michael sì, ed è sua la storia che voglio raccontarti. Aveva più o meno diciotto anni, la sera in cui lui e Samuel Hawthorne uscirono dalle miniere, dopo aver aiutato un collega a terminare la sua parte di lavoro.”
Katniss
incominciò a giocherellare con i laccetti della divisa del padre, ascoltandolo
incuriosita.
“Era una
domenica, che di solito è giornata di riposo per i minatori, ma di tanto in
tanto capita che ci sia qualcuno che chieda di lavorare un po’ di più, per
racimolare qualche soldo, se ce n’è bisogno…”
*
“…Quella sera tuo nonno Samuel aveva le tasche meno vuote
del solito e il cuore gonfio di una sensazione strana: sentiva che qualcosa
stava per succedergli” rivelò Joel prima di sbadigliare, appoggiandosi al muro
con la schiena. Gale intrecciò le dita dietro la nuca e si sdraiò sul letto, di
fianco a Rory. Il fratellino lo indicò, chiamandolo entusiasta per nome, prima
di posargli le dita sul volto.
“Rory…” lo ammonì pigramente Gale, spostando la mano del
minore dalla sua faccia. “Sta’ buono.”
Rory rise,
premendogli i palmi sulle guance.
Joel li osservò
per qualche istante con aria divertita, prima di proseguire il racconto.
“Samuel era
riuscito a guadagnare un po’ di più, facendo gli straordinari in miniera, e non
vedeva l’ora di mostrare il denaro alla sua fidanzata che aspettava un bambino,
il suo primo figlio” spiegò, voltandosi verso di Gale. “Quel bambino ero io, ragazzo. Era tuo padre.”
*
“Nonno Michael e
Samuel erano appena usciti dalle miniere, quando videro la cometa” continuò a
raccontare Caleb, sorridendo dell’espressione attenta
di Katniss. “Fra la gente del Giacimento se ne parlava da giorni, settimane
addirittura, eppure la stanchezza aveva fatto dimenticare a entrambi che quella
notte Halley sarebbe tornata. Rimasero
di sasso tutti e due, a bocca aperta quasi, quando videro quella codina bianca
nel cielo. Sembravano intontiti, come se avessero appena visto passare la donna
più bella del mondo” le rivelò poi in un orecchio, facendo ridere la bambina. “Ed
era velocissima, quella cometa. Attraversò il cielo rapidissima, come se stesse
correndo, come se avesse fretta; magari era in ritardo per qualcosa, però era
lì: era lì per loro. Ci pensi, Katniss?” mormorò Caleb,
facendo il solletico sulla pancia alla bambina. La figlia si mise a ridere,
rannicchiandosi per sfuggire al suo attacco. “Tutta
quella strada: la cometa aveva fatto tutta quella strada per farsi vedere
proprio da loro due.”
«The boy saw the comet and he felt as though his life
had meaning.»
*
“Che ha fatto
nonno Samuel…” domandò a quel punto Gale, aggrottando
incuriosito le sopracciglia. “…Quando ha visto la
cometa?”
Joel diede una scrollata di spalle
e incrociò le braccia al petto.
“Si sentì strano” rivelò infine, sotto
lo sguardo sconcertato del primogenito. “Gli sembrò quasi di avere paura, tanto
gli batteva forte il cuore. Credo che si sentisse un po’ come ti senti tu,
quando corri nel bosco e sai che non potresti, ma non riesci a farne a meno ed
è quello a rendere quelle corse così belle: proprio alla stessa maniera tuo
nonno Samuel aveva paura. Ma era una paura bella, che lo faceva sentire bene. Continuava
a starsene con il naso all’insù e la bocca aperta per lo stupore” aggiunse,
mimando un’espressione inebetita. Gale abbozzò un sorriso divertito. “Samuel
Hawthorne non aveva occhi che per quella cometa, ragazzo. Gli venne quasi voglia di parlarle e non lo fece solo per
non fare la figura dell’idiota. Avrebbe voluto gridarle qualcosa, qualcosa
come: «Eccomi, sono qui! Sei venuta per
me? Ti aspettavo!»
esclamò con enfasi, facendo ridere il figlio maggiore. Anche Rory rise, contagiato
dalla reazione del fratello.
“Guardando quella strana luce nel cielo, mio
padre si era sentito qualcosa dentro, come una specie di brivido, ma che
nasceva da qui” concluse, bussando due volte sul petto di Gale. “In quel
momento Samuel incominciò a sentirsi improvvisamente leggero come se, assieme
alla cometa, se ne stessero andando anche le cose brutte che portava lì dentro,
nel petto, e che aveva accumulato sin da quando era piccolo.”
«It was more
than just a comet because of what it brought to his life: direction, beauty,
meaning.»
“Che genere di cose?” domandò il
ragazzino, incuriosito. Joel si fissò le mani sporche di carbone con
espressione impensierita.
“Cose come la paura, o la
tristezza, o i sensi di colpa. Le cose che ti schiacciano, sai, quelle che ti
buttano giù.”
“Come le domeniche di caccia senza
di te?” chiese il bambino, portandosi le ginocchia al petto. Joel non disse
nulla, limitandosi ad arruffargli i capelli con aria afflitta. In quel momento
il piagnucolio di Vick si unì alle loro voci, precedendo l’arrivo di Hazelle
nella stanza. Rory cercò di scendere dal letto per raggiungere la madre, ma
Joel lo prese in braccio per tenerlo buono, mentre la donna sollevava il più
piccolo degli Hawthorne della culla, per assicurarsi che stesse bene. Hazelle
prese posto sul letto suo e del marito, per allattare il bambino. Cercò poi di
addormentarlo cullandolo, canticchiando una nenia a mezza voce. Era stanca:
perfino Gale se ne accorse.
“Passalo a me, Haze” propose a quel punto Joel, depositando Rory sul letto. “Ci
provo io ad addormentarlo.”
“Ma se mamma dice che sei terribile a cantare!” lo rimbeccò Gale, inarcando un
sopracciglio. La madre si mise a ridere.
“Ha ragione” commentò poi,
sorridendogli a mo’ di scusa. Joel finse di accigliarsi, aiutando Rory, che
stava cercando di arrampicarsi sulle sue ginocchia.
“Macché! Però, che ti calmavi subito
quando cantavo per te, non te l’ha detto” ribatté, tornando a voltarsi verso il
primogenito. Gale gli rivolse un sorrisetto malandrino.
“Beh, sì, ma ha detto anche che
secondo lei lo facevo solo perché volevo farti stare zitto” rivelò, con
espressione divertita.
Suo padre gli diede un colpetto scherzoso
sulla nuca.
“Smettevi di piangere perché ti
piaceva la canzone. Era una ninna nanna che cantavano le donne ai figli dei
ribelli, durante i giorni bui. Me
l’ha insegnata Caleb Everdeen.
Sai, ha una figlia poco più piccola di te” aggiunse, mentre Gale tornava ad
intrecciare le dita dietro la testa, appoggiando poi il capo al cuscino. “Dice che
è un bel tipetto pure lei…”
*
“ …Dovremmo
farvi conoscere, un giorno” propose Caleb,
accarezzando i capelli della bambina. “Chissà, potreste diventare amici.”
Katniss fece spallucce.
“Sa cacciare?” chiese, tornando ad
accoccolarsi al petto del padre. L’uomo le sorrise.
“Presumo di sì. Mi sa che è anche
molto bravo.”
Katniss soppesò per un po’ le sue
parole, prima di sollevare il capo per guardarlo negli occhi.
“Cosa è successo a nonno Michael,
dopo che ha visto la cometa di Halley?” chiese infine, rivolgendogli
un’occhiata incuriosita.
“Beh…”
incominciò il padre, girandosi su un fianco. “…Quella
cometa doveva proprio avere qualcosa di magico, perché fece qualcosa di strano
a tuo nonno: lo cambiò un po’ dentro, lo rese più ottimista. Ogni sera Michael
guardava il cielo, nella speranza di veder passare di nuovo Halley. Sapeva che non sarebbe tornata
per altri settantasei anni, ma continuò ad aspettarla lo stesso. Perché in quel
momento, nel momento in cui l’aveva vista per la prima volta, il nonno si era
sentito come se l’avesse attesa da sempre, quella cometa. E quando se ne era
andata, lui aveva capito subito che avrebbe continuato ad aspettarla per
sempre, anche da vecchio. Anche se sapeva, in fondo, che probabilmente non
l’avrebbe mai più rivista. E per Samuel fu lo stesso”, aggiunse, sotto lo
sguardo incantato della figlia.
«And when it went away, he waited his entire life for
it to come back to him»
*
“Il mattino successivo, mio padre
raccontò ai suoi colleghi minatori della cometa, e di come lui e Michael si
sentissero cambiati” raccontò Joel, accarezzando il capo di Rory, che aveva gli
occhi socchiusi e sembrava sul punto di addormentarsi. “Diceva di essersi
convinto che tutto sarebbe andato per il meglio; che tua nonna, per quanto
giovane, avrebbe partorito senza complicazioni e che sarebbero riusciti a
mettere da parte abbastanza soldi per il bambino, per farlo crescere sano e
forte. Certe persone pensarono che si fosse un po’ ammattito” aggiunse poi,
picchiettandosi una tempia con l’indice. “Forse, un po’ matto, lo era diventato
sul serio. Ma che importanza aveva? Era felice.”
«There are many who
couldn't understand, and sometimes he walked among them.»
“E poi aveva ragione, no?” chiese
Gale in quel momento, stringendosi le ginocchia al petto. Fece spazio a
Hazelle che li aveva appena raggiunti per sedersi accanto a loro, dopo aver
riposto Vick nuovamente nella culla. “Sei cresciuto sano e forte. Forse sei
pure il più forte fra tutti i minatori del Giacimento!”
Joel si mise a ridere.
“Mi sa che sei un po’ di parte, tu”
commentò, arruffandogli i capelli. “Sai, tuo nonno, prima che nascessi, era
convinto che fossi una femmina. Aveva
deciso che mi avrebbe chiamato Haley: era il nome di sua nonna e
ricordava quello della cometa. Gli ho rovinato un po’ i piani, nascendo
maschio” concluse con un sorriso
divertito, strizzando l’occhio alla moglie.
*
Katniss ridacchiò, stendendo le
braccia sul materasso.
“Mi piace Haley” annunciò poi, abbassando poi subito il tono di voce, per non
svegliare Prim. Osservò la madre mentre adagiava la
bambina nella culla, e poi si rivolse di nuovo al padre. “Sarebbe bello, chiamarsi come una cometa.
Vero, papà?”
Caleb
le sorrise, appoggiandosi al pugno chiuso con la guancia.
“Lo credo anch’io.”
Katniss chiuse gli occhi per un istante,
provando a immaginare una scia luminosa che tagliava il cielo e la strana
sensazione di felicità e leggerezza che dovevano aver provato Michael e Samuel,
nel vederla passare sopra le loro teste. Era bello: avrebbe voluto provare
anche lei qualcosa di simile, un giorno.
“Come finisce la storia della
cometa?” chiese infine, tornando ad aprire gli occhi e voltandosi verso il
padre.
“Il giorno dopo aver visto Halley, nonno Michael trovò per la prima
volta il coraggio di superare la recinzione di filo spinato: lo aveva fatto
solo poche volte in passato, con suo fratello Draidan,
ma era morto cinque anni prima, quando Michael aveva solo tredici anni, e da
allora mio padre non se l’era mai sentita di andare nel bosco senza di lui. Ma
il giorno dopo il passaggio di Halley
lo fece: quella sera, era un lunedì, Michael incominciò a costruire il suo
primo arco, seguendo le istruzioni che Draidan gli
aveva ripetuto più e più volte quando era ragazzino. Ci mise un po’ a finirlo e
dovette allenarsi per parecchio tempo, prima di imparare a usarlo bene, ma entro
la fine del mese era riuscito a cacciare i suoi primi conigli” concluse,
mettendosi a sedere e appoggiando la schiena contro al muro. “Da allora riuscì
a procurarsi della carne per la sua famiglia quasi ogni settimana e non ebbe
più bisogno di dover andare a lavorare la domenica. I suoi compagni minatori si
accorsero che era cambiato: sembrava meno chiuso, più felice, e lo stesso era
accaduto al suo amico Samuel. Tuo nonno raccontò loro della cometa e da quel
momento, qui al Dodici, si usa dire che avvistarne una porti bene.”
“Allora era davvero una cometa
magica” osservò Katniss, stropicciandosi gli occhi con il dorso della mano. Caleb le sorrise.
“Forse sì. Vedi, Katniss, in fondo
tutto ciò di cui tuo nonno aveva bisogno era un po’ di speranza. Qualcosa che
gli suggerisse che alla fine tutto sarebbe andato a posto: che sarebbe stato
bene. E quel qualcosa, per lui e Samuel, fu la cometa di Halley.”
Katniss ascoltò in silenzio le
parole conclusive del padre, aggrottando poi impensierita le sopracciglia.
“E nonno Michael ti ha raccontato
tutto questo quando eri piccolo?” chiese infine.
“Proprio così; allora avevo più o
meno la tua età. E lo stesso fece Samuel con suo figlio, Joel. Io e lui ne
abbiamo parlato più volte, giù in miniera. Da ragazzi ci siamo messi a
calcolare quando sarebbe tornata la cometa di Halley e abbiamo riso, pensando
che per allora saremo stati dei vecchietti. Ma abbiamo promesso che la
aspetteremo comunque insieme, all’ingresso delle miniere” dichiarò con un
sorriso l’uomo, accarezzando il volto della figlia con il pollice. “Proprio
come hanno fatto quella volta Samuel Hawthorne e mio padre.”
Katniss ricambiò il sorriso,
alzandosi a sedere: il suo sguardo era tornato a ravvivarsi, nonostante il
sonno avesse incominciato a gravarle sulle palpebre.
“La guardiamo tornare assieme,
quando passa?” chiese la bambina. Il padre annuì.
“Saremo in prima fila, Katniss”
promise, incastrandole una ciocca di capelli sfuggita a una treccia dietro
l’orecchio. “Io, te, Prim e la mamma.”
Il sorriso della bambina si fece
più esteso, mentre Katniss appoggiava la fronte al torace del padre.
“Papà…”
chiese ancora la ragazzina, in tono di voce d’un tratto più esitante, “ …Pensi che imparerò anch’io a usare l’arco come nonno
Michael?”
Caleb
le sorrise di sottecchi, cingendola con il braccio.
“Io ne sono certo, Katniss” la
rassicurò, accarezzandole i capelli. “Ne sono certo.”
*
“Papà?” mormorò Gale, mentre Joel
sollevava il lenzuolo, per adagiare un addormentato Rory sul materasso.
“Che cosa c’è, ragazzo?”
“Tu ci credi davvero a questa cosa
della cometa?” chiese il bambino, sistemandosi sotto le coperte di fianco al
fratello. Joel analizzò il suo volto con attenzione, prima di annuire, tornando
a sedersi di vicino a lui.
“Sì, certo che ci credo” rispose
semplicemente, stringendosi nelle spalle. Gale si abbracciò le ginocchia e
distolse lo sguardo, assumendo un’espressione d’un tratto pensierosa. Poco dopo
fece spallucce a sua volta.
“Ci credo anch’io” dichiarò deciso,
nonostante la sua espressione sembrasse esitante. Joel si passò una mano fra i
capelli, avvertendo la stanchezza della giornata trascorsa in miniera
incominciare a premergli sulle spalle. Era triste per lui vedere suo figlio di
otto anni lottare come un adulto, per cercare di aggrapparsi a qualcosa di
astratto, come i sogni o i racconti di suo padre.
“Ma se poi non cambia nulla?” lo interrogò
ancora il ragazzino, abbassando il tono di voce, come se non fosse sicuro di
volersi fare sentire da Joel. “Se vedo la cometa, ma non cambia nulla comunque?”
Joel sospirò; scoccò un’occhiata
distratta alla moglie, che stava controllando Vick nella culla, prima di
tornare a voltarsi verso il figlio. Scosse il capo, avvertendo un principio di
rabbia montagli dentro.
“Cambieranno” mormorò infine,
sollevando il mento del bambino con due dita, per poterlo guardare negli occhi;
la collera si acquietò all’istante, calmata dal suono delle sue stesse parole.
“Le cose cambieranno, Gale Hawthorne. Io e te: le cambieremo io e te.”
Joel ne era certo e aveva bisogno
che ci credesse anche suo figlio: potevano togliergli le domeniche e il tempo
da trascorrere con il padre. Ma nessuno avrebbe mai potuto togliere a Gale quel
filo di speranza che ancora gli illuminava gli occhi, quando poteva aggirarsi
libero per i boschi.
“La mia è una promessa e noi
Hawthorne le promesse le manteniamo sempre. Ricordatelo, ragazzo.”
Il bambino annuì, permettendo a un
lieve sorriso di arricciargli le labbra.
«But even in his darkest hours, he knew in his heart
that someday it would return to him, and his world would be whole again.»
*
Quella sera, Gale Hawthorne e
Katniss Everdeen
presero sonno in fretta, sognando
una cometa che non avevano mai visto, ma che da quella sera aveva incominciato
a bruciare dentro di loro, scaldandoli come un fuoco. Ancora non sapevano che
ne avrebbero parlato spesso, nel corso degli anni a venire, né che sarebbe
stata proprio quella cometa a far coincidere le loro strade una seconda volta,
quando ormai erano convinti che si sarebbero persi per sempre. Halley tornò a rendersi visibile per la
gente del Distretto 12 settantasei anni dopo essersi mostrata a Samuel e
Michael, suggellando la promessa di due bambini ormai cresciuti, ma che in
fondo, in quella cometa, non avevano mai smesso di crederci.
Questa però, come si usa dire, è un’altra storia.
_____________
* Le citazioni inserite nella storia sono tratte da One Tree Hill. Anche il titolo
del racconto si ispira a una delle frasi tratte dal libro di Lucas, nella serie
TV: “The boy saw a comet and
he felt as
though his life had meaning”.
Devo
dire la verità: ancora non ci credo di essere finalmente riuscita a scrivere
questa prima parte della serie sulla cometa. L’avevo pianificata da mesi, fin
da quando pubblicai “La cometa del
Distretto 12”, ma come al solito quando non scrivo subito una cosa finisce
nel dimenticatoio e non ci penso più. Questa mattina, però, mi sono svegliata
con il desiderio di riprendere in mano questa cosetta qui e così ho scritto;
come al solito mi sono dilungata all’inverosimile
e la storia è diventata chilometrica. Mi devo anche scusare perché sono
consapevole di aver dedicato molto più spazio alla parte di storia riguardante la
famiglia Hawthorne, che non a quella Everdeen. Ma non
sono riuscita a evitarlo: Gale, Mr. Hawthorne, Hazelle e compagnia ormai per
me sono casa. A forza di scriverci sopra mi sono fatta un’idea mentale di come
potrebbero essere e mi riesce più facile immaginare le loro scene. Con Katniss
e Mr. Everdeen, invece, non ho dimestichezza e ho
fatto molta più fatica, dunque ho preferito non dilungarmi troppo sul loro
conto per non incrementare le mie ciance di andare totalmente OOC <.< Che
altro aggiungere? I nomi Caleb, Joel, Michael e
Samuel sono nomi prodotti dalla mia testolina, e non corrispondo al vero – purtroppo
la Collins non ci ha mai detto i nomi di Mr. Everdeen
e Mr. Hawthorne. Non sono sicura che questa one-shot
abbia senso, se letta singolarmente, perché è stata scritta in funzione del
resto della serie, che è composto da altre tre storie: How to Catch a Comet, che è ambientata poco prima di Hunger Games, La Cometa del
Distretto 12, che è ambientata dopo l’epilogo di Mockingjay
e “Il Ritorno della Cometa” che devo
ancora scrivere e che chiuderà il cerchio. In particolare, in questa prima
parte, ci sono stati diversi richiami a “La Cometa del Distretto 12”, in
particolare si scopre da dove arrivi il nome di Haley. Ringrazio
infinitamente non solo chi è riuscito a leggere fino alla fine di questo mio blablabla che
non manca mai al termine di ogni storia, ma anche chi ha letto le due storie
precedenti a questa, perché alla trilogia della cometa tengo davvero tantissimo
e le vostre parole mi hanno veramente
fatta sciogliere, quindi grazie, grazie mille!
Un abbraccio!
Laura