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Autore: hill22    17/03/2014    2 recensioni
Emma gray è una studentessa eccezionale e un’atleta prodigio. Ma è una ragazza sola: non frequenta nessuno tranne la sua amica Sara. Non è un adolescente come tutte. Si copre bene per nascondere i lividi, per paura che qualcuno possa indovinare quello che succede tra le pareti domestiche. Mentre gli altri ragazzi della sua età si divertono spensieratamente, Emma conta in segreto i giorni che mancano al diploma, quando finalmente sarà libera di andare via da quella casa. Ma ecco che all’improvviso, senza averlo cercato o atteso, incontra l’amore. Un amore intenso e travolgente che entra prepotentemente nella sua vita. E nascondere il suo segreto non sarà più così facile.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mentre io e Sara andavamo alla lezione di giornalismo, notai che quello che era successo a pranzo continuava a ronzarle in testa. Sembrava come incantata, stranita. Camminavo accanto a lei in silenzio, sperando che reagisse.
Appena entrata in classe, andai dritta al computer con il monitor più grande e aprii l’ultima bozza del «Weslyn High Times». Concentrata sullo schermo, relegai in un angolo della testa lo scricchioli delle sedie e il vociare dei miei compagni che prendevano posto. Dovevo mandare in stampa quell’edizione prima della fine dell’ora, in modo che potesse essere distribuita entro la mattinata.
Sentivo appena la signorina Holt che richiamava l’attenzione di tutti per controllare l’assegnazione degli articoli per il giornale della settimana successiva. Non badai a quelle conversazioni. Continuai a controllare la formattazione, a spostare le pubblicità per fare spazio agli articoli, e a inserire le foto che completavano i vari pezzi.
«È troppo tardi per prendere in considerazione un altro articolo per il numero della settimana prossima?».
Quella voce mi distrasse. Non la conoscevo. Il ragazzo aveva parlato senza esitazione, con un tono fiducioso guardavano, cercando di decifrare la mia espressione pensosa.
La voce apparteneva a un ragazzo che non avevo mai visto prima. Lo ascoltai terminare, ma la sua richiesta mi infastidiva. Come poteva uno chiaramente senza difetti pensare di intervistare degli studenti emotivamente vulnerabili affinché rivelassero cosa non gli piaceva di sé, confessando un’insicurezza che probabilmente avevano faticato ad ammettere anche con se stessi? Chi sarebbe stato disposto a discutere apertamente dei propri brufoli, o del fatto di avere una coppa A, o il fisico di un bambino di dieci anni? Sembrava una cosa crudele. Più ci pensavo, più ero irritata. E poi, chi era questo tizio?
Era seduto in fondo all’aula e indossava una camicia celeste con il colletto sbottonato e un paio di jeans che gli stavano a pennello. Aveva le maniche arrotolate e la camicia abbastanza aperta da mostrare una pelle liscia e un accenno di corporatura magra e muscolosa.
La camicia faceva il paio con i suoi occhi verdi, che si muovevano lungo l’aula, fissando il suo pubblico. Sembrava rilassato, anche se tutti i presenti lo stavano osservando. Probabilmente era uno che non vedeva l’ora di stare al centro dell’attenzione.
C’era anche qualcos’altro in lui che non riuscivo ad afferrare perfettamente: sembrava più grande – senza dubbio uno del terzo o dell’ultimo anno – anche se aveva un volto da ragazzino; la mascella prominente si allungava agli angoli degli zigomi, facendo da contrappunto alle sopracciglia e al naso dritto che sporgeva sulle labbra perfettemente definite e due fossette pronunciate ai suoi angoli. Un artista non avrebbe potuto scolpire dei tratti più belli.
Quando aprì bocca, catturò facilmente l’attenzione di tutti. Ovviamente mi costrinse a fermarmi e a prendere nota. Il tono della sua voce mi fece pensare che era abituato a parlare a un pubblico più maturo. Non riuscivo a decidermi se sembrasse distinto o solo arrogante – era così sicuro di sé. Propendevo per l’arroganza.
«Idea interessante…», cominciò la signorina Holt.
«Davvero?», intervenni prima di riuscire a fermarmi. Sentii quattordici paia di occhi spostarsi su di me. Con la coda dell’occhio riuscii anche a cogliere un paio di bocche che si aprivano. Il mio sguardo rimase concentrato sulla fonte della voce. Trovai degli occhi che mi guardavano perplessi.
«Cerchiamo di capirci – tu vuoi sfruttare le insicurezze di un mucchio di adolescenti in modo da poter scrivere un articolo che metta in luce i loro difetti? Non credi sia un po’ distruttivo? E inoltre, noi proviamo a scrivere delle notizie, nel nostro giornale. Possono essere divertenti e spiritose, ma devono comunque essere notizie, non pettegolezzi». Lui alzò le sopracciglia in quella che sembrava un’espressione turbata.
«Non è esattamente…», cominciò.
«Oppure hai intenzione di scrivere un trattato su quante ragazze vorrebbero ingrandirsi i seni o su quanti ragazzi vorrebbero ingrandirsi…», feci una pausa e sentii un paio di sospiri scioccati, «uhm, i muscoli? Le cose superficiali e squallide possono andare bene per i tabloid, o forse altrove eri abituato così. Ma io parto dal presupposto che i nostri lettori abbiano un cervello». Ci furono un paio di risate soffocate. Non feci una piega – continuai a guardarlo severamente negli imperturbabili occhi verdi. C’era una specie di ghigno sul suo volto. Come poteva essere divertito dalla mia aggressione? Serrai le mascelle in attesa del suo attacco.
«Prendo seriamente i miei compiti. Spero che le mie ricerche sveleranno quanto abbiamo in comune, indipendentemente dalla nostra popolarità o dal presunto fascino. Non credo che l’articolo sfrutterà nessuno; al contrario, ci farà capire che tutti sono insicuri del loro aspetto, anche i ragazzi che vengono considerati perfetti. Rispetto la confidenzialità delle mie fonti, e capisco la differenza tra una sciocchezza e una notizia vera». La sua voce era calma e paziente, eppure mi sembrava parlasse con sufficienza. Sentivo le guance avvampare.
«E tu credi di poter avere delle risposte oneste dalle persone? Parleranno davvero con te?». C’era un’acredine nella mia voce che non ero abituata a sentire, e a giudicare dal silenzio nell’aula, era stata una sorpresa anche per tutti gli altri.
«Sono bravo a convincere le persone ad aprirsi e a fidarsi di me», disse con un sorriso pieno di supponenza e narcisismo.
Prima che potessi replicare, la signorina Holt intervenne. «Grazie, Harry». Si rivolse a me con cautela. «Emma, visto che sembri avere delle riserve su questo articolo, in qualità di direttrice del giornale, che ne diresti di permettere al signor Styles di scriverlo e poi tu potrai avere l’ultima parola sul taglio che gli avrà dato?»
«Così può andare», dichiarai con noncuranza.
«Signor Styles, per lei va bene?»
«Non c’è problema. La direttrice è lei».
Oh, quanto era presuntuoso! Non riuscii a sopportare la sua vista un attimo di più. Tornai a guardare il computer.
«Fantastico», rispose la signorina Holt sollevata. Poi si concentrò nuovamente su di me. «Emma, hai finito con il computer? Mi piacerebbe iniziare la riunione di oggi».
«Lo sto mandando in stampa adesso», risposi senza guardarla.
«Meraviglioso. Potete aprire i vostri libri a pagina novantatré, al capitolo “Etica del giornalismo”?». La signorina Holt provò a deviare l’attenzione della classe.
Mi misi a sedere accanto a Sara, sentendo gli sguardi scioccati che continuavano a starmi addosso. Mantenni gli occhi incollati al libro, incapace di concentrarmi.
«Che è successo?», sussurrò Sara, sorpresa. Io scrollai le spalle, senza guardarla.
Dopo quelli che mi sembrarono i cinquanta minuti più lunghi della mia vita, la lezione finalmente terminò. Quando tornammo nel corridoio, non riuscii più a trattenermi. «Ma chi si crede di essere? Come si fa a essere così arroganti?!».
Sara si fermò quando girammo l’angolo, dirette agli armadietti. Strabuzzò gli occhi come se non mi riconoscesse. Senza notare il suo sguardo perplesso andai avanti. «E comunque chi è?»
«Harry Styles», disse la voce di Harry dietro di me.
Mi irrigidii, e guardai Sara, mortificata. Mi voltai lentamente verso la voce, con il volto in fiamme. Non riuscivo a dire niente. Che cosa aveva sentito esattamente?
«Spero di non averti irritato troppo suggerendo quell’articolo. Non era mia intenzione offenderti».
Ci misi un attimo a ricompormi. Sara rimase accanto a me, decisa a non perdere per nulla al mondo un posto in prima fila per quel confronto.
«Non mi hai offeso. Cerco solo di preservare l’integrità del giornale». Provai a sembrare distaccata, come se lo scambio di battute in classe non mi avesse seccato.
«Capisco. È il tuo lavoro». Sembrava davvero sincero, o mi stava di nuovo trattando con condiscendenza?
Cambiai argomento. «Oggi è il tuo primo giorno?»
«No», disse lentamente. Sembrava confuso. «È da una settimana che sono qui. A dire il vero, seguo anche altre lezioni con te».
Fissai il pavimento ed esclamai con voce sommessa: «Oh».
«Non sono sorpreso che tu non mi abbia notato. A lezione sembri molto concentrata. È ovvio che la scuola è importante per te. Non sembri fare molto attenzione a tutto il resto».
«Mi stai accusando di pensare troppo a me stessa?». Lo fulminai con lo sguardo, mentre sentivo che il volto mi andava a fuoco.
«Cosa? No», sorrise divertito dalla mia accusa.
Lo guardai offesa. Lui resse lo sguardo, senza chiudere gli occhi. Era pieno di sé e questo mi disgustava. Scossi leggermente la testa con disapprovazione e mi allontanai. Sara non poteva fare altro che fissarmi a bocca aperta, come se avesse appena assistito a un orribile incidente stradale.
«Si può sapere che ti è preso?», domandò con gli occhi spalancati mentre mi camminava accanto. «Non ti ho mai visto comportarti in questo modo». Non riuscivo a capire il suo stupore. Sembrava quasi delusa.
«Scusa?!», mi misi sulla difensiva, incapace di guardarla per più di un secondo. «È un idiota presuntuoso. Non mi interessa cosa pensa di me».
«Pensavo fosse solo preoccupato di averti offesa a lezione. Credo che potresti anche piacergli».
«Sì, certo».
«Davvero. Lo so che sei estremamente concentrata, ma come hai fatto a non accorgerti di lui prima d’oggi?»
«Cosa? Anche tu credi che penso troppo a me stessa?», reagii, pentendomene un attimo dopo.
Sara alzò gli occhi al cielo. «Lo sai che non è così, quindi smettila di comportarti da stupida. Lo capisco perché ti estranei dal mondo. So quanto hai bisogno di finire le superiori, come se da questo dipendesse la tua vita. Ma capisco anche come ti vedono tutti gli altri. Tutti accettano che sei fatta così, e allora nessuno ci fa più attenzione. Tutti ormai danno per scontata la tua mancanza di…», esitò, cercando la parola giusta, «interesse. Penso che sia fantastico che un ragazzo arrivato qui da neanche una settimana abbia notato la tua concentrazione. È chiaro che ti ha notata».
«Sara, non è così perspicace», replicai. «Stava solo cercando di recuperare dopo il brutto colpo che ha subito il suo ego durante la lezione».
Fece una risatina scuotendo la testa. «Sei veramente incredibile».
Aprii il mio armadietto; poi guardai Sara prima di mettere via i miei libri. «Davvero è qui dall’inizio della settimana?»
«Non ti ricordi quando ti ho parlato di quant’era figo il ragazzo nuovo, lunedì a pranzo?»
«Era lui?», scoppiai a ridere, buttando i libri nell’armadietto e sbattendo lo sportello. «Pensi che sia bello?». Risi come se l’idea che potesse essere attraente fosse assurda.
«Già», rispose lei con enfasi, come se fossi io la pazza. «E come me la pensano tipo tutte le ragazze della scuola. Anche quelle dell’ultimo anno gli vanno dietro. E se provi a convincermi che non è stupendo, ti prendo a schiaffi».
Stavolta fui io ad alzare gli occhi al cielo. «Sai una cosa? Non voglio più parlarne». Ero stranamente stanca dopo la sfuriata. Non perdevo mai il controllo, soprattutto non a scuola, davanti a testimoni.
«Sai che a scuola ne parleranno tutti? “Hai sentito che Emma Gray finalmente ha perso le staffe?”», mi prese in giro Sara.
«Carino. Sono contenta che lo trovi divertente», replicai prima di superarla in corridoio. Lei allungò il passo per raggiungermi; sorrideva ancora.
Per quanto volessi dimenticarmene, non potevo fare a meno di ripensare a tutta la scena mentre ci dirigevamo verso la mensa. Proseguimmo nella sala mensa, dove potevo già sentire i sussurri, e poi uscimmo dalle porte sul retro che conducevano ai tavoli da picnic.
Davvero, che cos’era successo? Perché questo tizio mi infastidiva così tanto? Non avrei dovuto prendermela a quel modo. A essere sinceri non lo conoscevo neanche. E a quel punto la mia reazione eccessiva apparve in tutta la sua chiarezza.
«Sara, sono un’idiota», confessai, sentendomi davvero avvilita. Sara si era sdraiata sulla panchina a prendere il sole, abbassando le bretelle del top per evitare i segni sull’abbronzatura – e attirando l’attenzione di tutti i ragazzi a portata di sguardo. Si mise a sedere incuriosita e si accorse della mia espressione sofferente.«Di che stai parlando?»
«Non ho idea di che cosa mi sia successo lì dentro. Davvero, cosa me ne importa se questo tipo scrive un articolo sulle imperfezioni degli adolescenti? Non posso credere di essermi comportata così e poi di aver fatto quella scenata in corridoio. Sono davvero mortificata». Emisi un lamento e mi nascosi il volto tra le braccia incrociate.
Sara non disse niente. Dopo un attimo, tornai a guardarla, perplessa. «Allora? Non provi neanche a farmi sentire meglio?»
«Scusa, ma non posso farci niente, Em. Ti sei comportata un po’ da pazza là dentro», commentò con un sorrisetto.
«Grazie, Sara!», la fissai negli occhi sorridenti e non potei trattenermi. Scoppiammo a ridere all’unisono. E così forte che al tavolo vicino al nostro smisero di parlare per guardarci. A quel punto sembrava davvero che avessi perso del tutto la testa.
Ci volle almeno un minuto perché mi riprendessi dalla risata isterica. Sara provò a fermarsi, ma le scappavano piccole risatine quando mi guardava.
Si appoggiò a me e abbassò la voce divertita. «Be’, forse puoi redimerti. Sta arrivando».
«Oh, no!», spalancai gli occhi, nel panico.
«Spero che quelle risate non fossero per me». Era la stessa voce sicura e affascinante. Chiusi gli occhi, troppo spaventata per affrontarlo.
Feci un respiro per calmarmi e mi girai a guardarlo. «No, Sara ha detto una cosa divertente». Esitai prima di aggiungere. «Non avrei dovuto prendermela in quel modo con te. Di solito non mi comporto così».
Sara riprese a ridere, probabilmente ripensando alla mia mortificazione di prima. «Scusate, non riesco a fermarmi», disse, senza riuscire a trattenere le lacrime. «Ho bisogno di un po’ d’acqua».
E ci ha lasciati da soli.
Oh, no… ci ha lasciati da soli!
Lui rispose alle mie scuse indirette. «Lo so». Le sue labbra perfette si curvarono in un tenero sorriso e i miei occhi si fermarono ad ammirare quelle libbra così carnose e quelle due fossette che apparirono. Fui sorpresa dalla tranquillità della sua reazione. «In bocca al lupo per la partita di oggi. Ho sentito che sei piuttosto brava». Senza darmi il tempo di rispondere, se ne andò.
Cos’era successo? Cosa voleva dire che sapeva che di solito non mi comporto così? Rimasi a fissare per mezzo minuto il punto in cui prima c’era lui, cercando di capire com’erano andate le cose. Perché non ce l’aveva con me? Non riuscivo a credere di essere così agitata, specialmente per un ragazzo. Dovevo scuotermi e superare la cosa, restare concentrata.
«Se n’è andato? Ti prego, non dirmi che l’hai insultato di nuovo!». La voce di Sara mi prese alla sprovvista. Non mi ero accorta del suo ritorno.
«No, lo giuro. Mi ha fatto gli auguri per la partita di oggi e se n’è andato. È stato… strano». Sara alzò le sopracciglia con un ghigno.
«Oh, e immagino che si possa dire che ha un aspetto decente», mormorai. Il viso di Sara si illuminò con un enorme sorriso.
«È così misterioso, e penso che tu gli piaccia», scherzò.
«Andiamo, Sara. Adesso sei tu la stupida».
In qualche modo finii i compiti per il giorno dopo, nonostante mi guardassi attorno in cerca di Harry ogni minuto. Non riuscii a pensare ai compiti per la settimana dopo. Li avrei fatti nel weekend. Non che avessi molto altro da fare.
«Vado negli spogliatoi a prepararmi per la partita».
«Ti raggiungo tra un minuto», disse Sara, ancora intenta a meditare sulla sua panchina.
Presi i miei libri e attraversai la mensa.
Feci tutto il possibile per guardare dritto davanti a me in modo da non cercare Harry. Ma niente da fare.
 
ALOHA GIRLS! HO VISTO CHE IL PRIMO CAPITOLO NON HA AVUTO SUCCESSO E IMMAGINO ANCHE IL perché, COSì HO DECISO DI METTERVI ANCHE IL SECONDO CAPITOLO!
ABBIAMO VISTO CHE EMMA è MOLTO DECISA A FINIRE LA SCUOLA (POI SCOPRIRETE IL perché?) E QUESTO LA PORTA AD ESTERNARSI DALLA VITA SOCIALE. LO SO AVEVO DECISO ZAYN COME PRESTAVOLTO DI LUI MA POI HO SOGNATO UNA SCENA CHE AVVERRà ED HARRY è PERFETTO…
CHE IDEA VI SIETE FATTE DI HARRY E DI EMMA?
VI LASCIO E SPERO DI TROVARE UNA PICCOLA RECENSIONE…
PS: IL BUNNER L’HO FATTO IO E FA CAGARE QUINDI SE UN’ANIMA PIA ME NE VORREBBE FARE UNO SAREI CONTENTISSIMA 
 
  
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