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Autore: klabeks_ks    17/03/2014    2 recensioni
Sono trascorsi sei mesi dal giorno in cui Klaus ha deciso di lasciare libera sua sorella, simulando un distacco che non ha mai posseduto nei suoi riguardi. New Orleans è diventata sua, l’ibrido ha finalmente ottenuto tutto quel che avesse mai desiderato, eppure si sente insoddisfatto, perché la parte più importante di sé è scomparsa con l’unica donna che sia mai riuscita a spezzargli il cuore. Nemmeno sua figlia è in grado di attirare la sua attenzione; l’arte è l’unico mezzo attraverso il quale Klaus esterna l’incompletezza della sua anima. Almeno fino a quando Elijah, stanco della situazione, decide di ricongiungere definitivamente la famiglia, mettendosi in contatto con Rebekah…
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Elijah, Hayley, Klaus, Rebekah, Mikaelson
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Capitolo 3

"Se ami qualcuno, devi dirglielo.
Anche se hai paura che non sia la cosa giusta,
anche se hai paura che creerà problemi,
anche se hai paura che potrà rovinare completamente la tua vita,
diglielo.
E diglielo con forza."

Elijah, quasi senza curarsi dell’elegante completo che indossava, si sedette sul marmo freddo di una tomba abbandonata e guardò Hayley dal basso. Le sorrise, ma lei non capì a cosa fosse dovuto quel buonumore.
«Tu sai qualcosa che io non so, vero?»
Quando il vampiro, con un gesto della mano, la invitò a sedersi sulle sue gambe, lei accettò di buon grado e si riempì i polmoni con un profondo respiro. Elijah aveva sempre un buon odore di dopobarba e di pulito, un odore di cui lei ormai non riusciva a fare a meno.
Quasi dimenticò dove si trovavano, tanto era distratta da quell’uomo.
«So tante cose che tu non sai.» La risposta di Elijah la riscosse e lei si scostò di poco per poterlo guardare negli occhi.
Gli aveva circondato il collo con le braccia e aveva inarcato le sopracciglia, in attesa che lui continuasse.
Lo vide aprire la bocca, come se stesse per parlare, e poi richiuderla.
Aveva distolto lo sguardo, per puntarlo su un angelo di marmo che sembrava li fissasse.
La ragazza gli posò la mano su una guancia e gli voltò il capo verso di sé. «Elijah, che succede?»
Il vampiro le prese la mano e la voltò per baciarne il palmo, prima di decidersi a parlare. «Se tu da lungo tempo fossi a conoscenza di una verità su due persone, ma quelle persone invece facessero di tutto pur di nasconderla, cosa faresti?»
Hayley si prese del tempo per riflettere sulla risposta da dare a quella domanda che non si era aspettata.
C’era qualcosa che preoccupava il suo uomo e che, al contempo, lo metteva di buonumore.
Avrebbe potuto vivere per altri cento anni, ma non sarebbe mai riuscita a capire l’umore altalenante dei vampiri.
«Probabilmente rispetterei la loro decisione e penserei agli affari miei.»
«Ma se tu amassi queste persone più della tua stessa vita e vedessi che si stanno rovinando, che soffrono a causa di quella verità taciuta, non cercheresti di aiutarle?» Elijah continuava a pensare a quanto avessero sofferto tutti quanti a causa di una verità che nessuno, nella sua famiglia, aveva voluto ammettere. Qualcosa che andava oltre la natura, oltre le leggi umane, perfino oltre quelle sovrannaturali. Andava oltre ogni cosa. E lei, rammentando stralci di conversazioni origliate di nascosto e di quelle invece avute in prima persona con i componenti della famiglia Mikaelson, cominciò a mettere insieme i pezzi, per comporre nella sua mente un puzzle sconvolgente.
"Penso che quando spendi mille anni con qualcuno e poi decidi di lasciarlo, è come se perdessi una parte di te stessa."

Le parole di Rebekah le ronzavano ancora nelle orecchie e, forse troppo in ritardo, la ragazza ne capì il vero significato.
«Oh cielo, Elijah» Hayley si coprì la bocca con una mano, guardandolo con gli occhi sgranati, mentre il respiro le si era bloccato in gola, «cos’hai fatto?»
Le parole del vampiro, che aveva posato nuovamente lo sguardo sull’angelo marmoreo, suonarono come una condanna non solo per se stesso, ma anche per le persone che lo circondavano.
«Qualcosa che riuscirà a salvare la mia famiglia. O che la distruggerà definitivamente.»

Anche se avesse potuto allontanare la sorellastra con facilità, Klaus non si mosse. Sostenne il suo sguardo, sfregando tra loro i denti.
Era un’aperta sfida quella che Rebekah gli aveva lanciato, ma non sapeva se coglierla o tirarsi indietro. Puntando gli occhi su quelle labbra ferme a pochi centimetri da sé, passò la punta della lingua sulle proprie e le schiuse poi in un sorriso.
«No.»
Senza scomporsi, la vampira chinò il capo di lato, guardando con intensità quel volto tanto familiare.
Era come guardarsi allo specchio, tanto bene lo conosceva. E, a differenza di tutti gli altri, sapeva anche come prenderlo.
Sapeva quale corda toccare per farsi dare ciò che voleva.
«Sei sempre il solito codardo» sussurrò, chiudendo gli occhi per un momento, per puntarli subito dopo su di lui.
Proprio come due fari in grado di scovare e illuminare la verità e i segreti più profondi di un individuo.
«Una volta mi hai detto che non imparo mai dai miei errori, ma evidentemente non sono l’unica.»
«Fare ciò che mi dici, comporterebbe un errore più grave della mia codardia.»
Fissando un’ultima volta le labbra della bionda, l’ibrido si scansò, lasciandola a rimuginare su ciò che aveva appena fatto.
Aveva cercato di costringere Klaus ad ammettere qualcosa che forse aveva solo immaginato. E sperato. Perché dentro di sé sapeva che, per tutta la vita, aveva sperato di scatenare la gelosia di quell’uomo tanto instabile. Si voltò, aprendo e chiudendo il pugno della mano libera e posò con poca delicatezza il bicchiere accanto a quello di lui.
«Perché non vuoi ammetterlo?» gli domandò arrabbiata, la voce che le si alzò di un’ottava.
Klaus afferrò un pennello e la tavolozza dei colori e, con una calma che non gli apparteneva, cominciò a tracciare diverse linee di colore. «Hai mai visto un fratello geloso della sorella?»
Assorto nei giochi di luce creati dai colori sulla tela, trattenne a stento una risata al sibilo frustrato della sorellastra.
«Rispondere a una domanda con un’altra domanda, tipico di Niklaus!» Ormai Rebekah aveva perso la pazienza.
Era agitata, arrabbiata e con pollice e indice si massaggiò le palpebre calate in un gesto che esprimeva tutta la frustrazione che provava.
«Rispondere a una domanda con un’accusa, tipico di Rebekah» cantilenò lui, sporgendosi verso il pianoforte per afferrare il telecomando dello stereo. Un attimo dopo, una malinconica melodia riempì la stanza, ma la vampira si mosse veloce per afferrare bruscamente il telecomando dalla sua mano e lanciarlo contro il muro, lasciando che cadesse sul pavimento in mille pezzi mentre una voce maschile si mescolava alla melodia. Lo guardava furibonda adesso, con il torace che si alzava e si abbassava a ogni respiro veloce sotto la camicetta bianca. L’ibrido, simulando una noia che non provava perché in realtà si stava divertendo più in quel momento che negli precedenti sei mesi messi insieme, roteò gli occhi e le rivolse un sorrisetto condiscendente.
«Ti farebbe stare meglio se lo ammettessi?»

«Elijah, è una cosa disgustosa!» La licantropa scattò in piedi e si portò le mani ai fianchi, non credendo alle proprie orecchie.
«E tu non eri il vampiro nobile e virtuoso? Lo sei così tanto, che a volte tendi a risultare un po’ moralista. E adesso mi dici queste cose?» Stava sognando, ne era certa. Oppure il vampiro che aveva di fronte non era davvero Elijah, ma solo un’allucinazione.
«Anche uccidere è una cosa disgustosa, eppure io lo faccio da mille anni e tu non ti sei ancora lamentata.»
Impassibile, l’Originale si spolverò la giacca scura e strinse le labbra, sperando che la compagna provasse a capire ciò che le aveva detto. Le aveva raccontato tutto o quasi della vita trascorsa insieme ai due fratelli, soffermandosi soprattutto sull’insano rapporto che da sempre legava Niklaus e Rebekah.
«Ma questo è… è illegale, non capisci? E anche parecchio..»
Hayley non trovava le parole e, guardandola, Elijah avvertì un moto di tenerezza.
«Disgustoso? L’hai già detto.»
La ragazza tornò a sedersi sulle gambe del compagno e gli afferrò le mani che ancora stavano spolverando la giacca, «È sbagliato. E tu, come fratello maggiore e capofamiglia, non dovresti permetterlo. Invece li stai aiutando, non riesco a crederci!»
«Anche l’omicidio è illegale, così come costringere le persone a fare qualcosa che non vogliono fare. Eppure noi lo facciamo comunque, uccidiamo e soggioghiamo. Quando sei al mondo da tanto quanto lo sono io, riesci a scorgere delle cose che agli altri invece passano inosservate.» Elijah sospirò stanco e accarezzò una guancia della ragazza.
«Questa storia va avanti da quando eravamo ancora umani e ha distrutto la mia famiglia. I miei fratelli fanno di tutto per detestarsi, perché l’odio è l’unico sentimento che riescono a provare senza rischiare di compromettersi. Il loro rapporto è sempre stato un concentrato di gelosia e possessività e non solo da parte di Niklaus, credimi. È distruttivo per loro e insopportabile per chi, come me, è stato insieme a loro per mille anni.» Il vampiro ricordò i tragici eventi che, in quei mille anni, avevano colpito la sua famiglia.
Un ragazzo cresciuto senza l’amore di un uomo per il quale nutriva affetto e rispetto, e con la vicinanza di una persona dalla quale aveva sempre desiderato più del semplice amore fraterno.
E poi c’era Rebekah, sempre alla ricerca di qualcuno che la amasse; qualcuno cui legarsi anima e corpo, senza però riuscirci appieno perché il suo cuore era già occupato. E per questo, a causa di quelle verità taciute, i suoi fratelli ricorrevano alle recriminazioni, ai tradimenti e –questo però solo Niklaus- ai pugnali.
«A volte, quando la situazione diventava davvero insostenibile, li lasciavo da soli. Questi allontanamenti non duravano molto, ma mi davano la possibilità di liberarmi da quella tensione che si respirava accanto a loro. Quei due invece, nonostante si azzuffassero in ogni momento, non si sono mai separati. Tranne nei periodi in cui Niklaus la teneva inerme con un pugnale nel petto, ma anche in quei frangenti la teneva con sé. Questo potrebbe sembrare inquietante, ma era il suo modo di starle sempre vicino, di proteggerla. L’ha sempre protetta da tutti, ma non ha mai imparato a proteggerla da se stesso.»
Era tutto così complicato e surreale, che Hayley ebbe bisogno di qualche momento di silenzio per digerire ciò che l’uomo le aveva appena detto. Vederlo abbattuto, la fece sentire sconfitta.
Non voleva che Elijah soffrisse a causa dei suoi fratelli. Non voleva che lui soffrisse in generale.
Per lui, Hayley voleva rappresentare una boccata d’aria fresca, qualcuno che ti sta vicino dopo una giornata difficile e ti ascolta senza giudicare. Lei invece aveva giudicato e, nonostante le sarebbe servito un po’ di tempo per accettare quella situazione, non voleva più farlo. Voleva sostenerlo. Per questo motivo gli sorrise e lo abbracciò, per poi posare il capo sulla sua spalla.
«Se tutto questo servirà a renderti felice, starò dalla tua parte.»
«Tu mi doni una grande felicità, Hayley. Ma non potrò mai essere completamente felice se non lo saranno anche i miei fratelli.»
 
«Sì, mi farebbe sentire meglio.» Rebekah lo fissava, con le braccia incrociate al petto e le labbra imbronciate.
Non sopportava essere relegata in secondo piano, soprattutto se a rapire l’attenzione di Klaus era uno stupido quadro.
E proprio le spalle di quel maledetto si mossero come se stesse ridendo silenziosamente.
«Allora credo proprio che non ti dirò nulla.»
Ormai al limite della pazienza, la vampira approfittò della distrazione di Niklaus e si mosse a velocità sovrannaturale alle sue spalle, afferrandolo per la maglietta e lanciandolo contro la parete.
Gli corse poi incontro, sentendo il sangue affluirgli agli occhi e le vene inspessirsi.
«Non prenderti gioco di me!» ringhiò, soffiando tra le zanne e premendogli un braccio contro la gola. L’ibrido non reagì, ma non smise di sorridere. Forse era un completo idiota, ma gli piaceva vederla tanto arrabbiata. E coraggiosa, al punto da averlo messo con le spalle al muro. Se Rebekah fosse stata una ragazzina indifesa e impaurita, non avrebbe mai provato ad attaccarlo.
«E perché non dovrei? Mi sto divertendo!» Aprì e braccia e le accostò al muro, come se stesse chiedendo pietà.
E non aveva smesso di sorridere, perché era vero che quella situazione lo stava divertendo, ma anche perché più lui sorrideva, più lei si arrabbiava. E il gomito premuto contro il suo collo, gli suggeriva che Rebekah era furiosa.
«Mi hai sempre sottovalutata, derisa. Hai fatto di me ciò che hai voluto e adesso vuoi giocare?»
Mentre il suo aspetto tornava a una parvenza di umanità, dentro Rebekah era completamente soggiogata dalla furia.
«Sei solo un piccolo bastardo spocchioso e arrogante.»
Dopo quelle parole cariche di veleno, fu Rebekah ad essere prigioniera di una stretta decisa.
Klaus, in un istante, era riuscito a liberarsi e a farla voltare.
Adesso una mano stringeva forte entrambi i polsi della vampira, mentre l’altra le scostò i capelli dal collo.
Era dietro di lei e Rebekah poté sentirne il respiro veloce infrangersi sul suo collo in una carezza calda.
«Perché vuoi saperlo? Sembra quasi che la tua stessa vita dipenda dalla mia risposta.» La sua voce era un sibilo e la mano che le aveva scostato i capelli, si spostò all’altezza del diaframma della vampira, premendo e costringendola a gettare fuori il respiro che stava trattenendo. Lei alzò il viso e chiuse la bocca, respirando dal naso.
«Perché è stata la tua gelosia a causare la mia infelicità» rispose a denti stretti, strattonando i polsi e cercando di liberarli dalla sua morsa. Klaus però la teneva con troppa forza e, anche se lei non riusciva a vederlo, poté sentire il respiro profondo che aveva fatto.
L’ibrido chiuse gli occhi, tramortito dal buon odore della sorellastra.
I suoi capelli avevano un profumo dolce, come di iris appena colti nei campi in cui erano soliti giocare da bambini.
E la pelle del suo collo, morbida e vellutata, gli ricordava le more succose.
Affondò i denti nel labbro inferiore, per resistere all’impulso di posare le labbra su quel collo tanto invitante.
«Mi dispiace che la mia gelosia ti abbia causato tanta pena.»
La voce gli si era fatta roca, ma non vi badò, preso com’era dalla vicinanza che lui stesso aveva causato.
La mano aperta, si alzava e si abbassava insieme al torace di Rebekah. Ad ogni respiro, ogni parola.
«Quindi ammetti di essere geloso.» Non era una domanda. Rebekah non era concentrata a sufficienza per porne.
La sua mente era completamente immersa in quella stretta decisa e nel respiro di Klaus che gli solleticava la pelle.
"Thought it was me and you, babe. Me and you until the end, but I guess I was wrong."
«Sai, anche io pensavo che saremmo stati solo io e te, fino alla fine» Quella frase lo aveva colpito e adesso Klaus pensava a quanto fosse profonda e veritiera. Continuava a contare i respiri di Rebekah attraverso la pressione della mano, lasciandosi cullare da quel ritmo incalzante. «Ma forse questa canzone dice il vero: mi ero sbagliato.»
La ragazza era rimasta in silenzio, ad ascoltare la canzone che sembrava parlasse proprio di loro. Lei era andata via, senza neppure dirgli addio. Aveva visto le lacrime solcargli il volto, aveva sentito con quanta difficoltà lui l’aveva resa una donna libera.
«Eppure sono ancora qui con te, Nik. Anche se mi hai detto di non tornare mai più.»
«Sei tornata per me?» La domanda venne colta con uno scatto che però provocò una stretta maggiore ai polsi della vampira.
«No, sono tornata per la bambina.»
Quella risposta lo ferì e la pressione sotto il torace di Rebekah aumentò, fino a farle emettere un lamento.
«Non lo so se sono tornata anche per te!» Per quanto la stretta le permise di alzare la voce, lei lo fece, ma subito dopo le si affievolì per la mancanza di aria. «Forse sì, non lo so.»
Klaus, soddisfatto da ciò che aveva appena sentito, chinò il capo e posò le labbra sulla scia di pelle sensibile del collo della vampira.
Le strofinò e premette la punta della lingua sulla vena pulsante, che batteva tanto veloce quanto il cuore di Rebekah. Non si domandò cosa fosse cambiato in quegli ultimi istanti. Erano immersi nel silenzio assoluto, adesso che la musica era terminata.
E Klaus non voleva pensare, stava solo assecondando il proprio istinto.
Con gli occhi chiusi, Rebekah sentì il cuore batterle tanto veloce che poté giurare stesse rischiando di scapparle dal petto.
«Nik» soffiò, tentando di mandar giù il groppo che aveva in gola.
«Vedi quant’è facile farsi dire la verità?» La ragazza era ancora tesa, ma non cercava più di divincolarsi, per questo Klaus sciolse la stretta e le lasciò andare i polsi. «Tu invece l’hai ottenuta solo perché io ho voluto concedertela.»
Rebekah rabbrividì quando la mano dell’uomo le si posò su un fianco, ma non accennò a compiere alcun movimento. Rimase ferma, sotto le carezze del fratellastro i cui comportamenti erano tutt’altro che fraterni.
«L’hai ottenuta grazie alla forza bruta.» Piegò di lato la testa, per permettere che quella dolce e lenta tortura continuasse, come un muto permesso del quale però lui non aveva bisogno. L’aveva attirata più vicina a sé, facendole accostare la schiena al suo petto. Rebekah era completamente appoggiata a lui. Si lasciò andare alle carezze circolari al fianco e a quelle umide e lente al collo.
Klaus era perso nella scoperta di un corpo che desiderava e che non poteva avere; nella conoscenza di una persona che amava e che, per uno strano scherzo del destino, gli era assolutamente proibita.
«Perché sono un bastardo spocchioso, giusto?»
«E arrogante.»
L’ibrido sorrise sulla pelle della ragazza, mentre una leggera risata di gola le accarezzò le orecchie.
Non poté darle torto e per questo, proseguendo con le labbra verso il retro dell’orecchio, Klaus le domandò ciò che più gli premeva.
«Hai trovato ciò che cercavi? Una casa, una famiglia, qualcuno che ti ami.»
«Non mi hai permesso di trovarli.» Gli occhi le si inumidirono, sotto le palpebre abbassate, perché avrebbe voluto dargli un’altra risposta. Voleva mostrargli la sua forza e dimostrare che lui non riusciva ad esercitare più alcun potere su di lei. Una bugia.
«Ma ti ho lasciata libera.»
Era vero, l’aveva lasciata libera di andarsene e di non tornare più. Nei suoi numerosi viaggi, però, Rebekah non era riuscita a trovare ciò che aveva desiderato e che desiderava con tutta se stessa.
A ogni passo che faceva, ogni luogo che visitava, la voce di Nik era sempre con lei a ricordarle ciò che si era lasciata alle spalle con un sorriso e il vento tra i capelli. No, lui non l’aveva lasciata davvero libera.
Le aveva solo dato l’illusione di qualcosa che, in verità, lei non desiderava. Non lontana da casa e dalle persone che amava.
Aveva cercato troppo lontano e troppo a lungo qualcosa che Klaus non le avrebbe mai concesso, perlomeno non davvero. E questo perché era sempre nella sua testa, un pensiero fisso che non la abbandonava mai.
Quando lui le prese il lobo tra i denti, un lungo brivido la colse impreparata. Non avrebbe dovuto provare simili emozioni, sensazioni tanto forti. E lui non avrebbe dovuto continuare.
«Nik, cosa stai facendo?» gli domandò in un sussurro.
«Cosa sto facendo?»
«Fermati.»

Erano trascorsi solo pochi minuti da quando avevano lasciato il cimitero ed erano tornati nel quartiere francese.
Elijah teneva le dite intrecciate a quelle della giovane compagna che era immersa nel suo silenzio.
Non sapeva con certezza cosa la sua decisione avrebbe comportato. Ci sarebbero state ripercussioni su loro due, sulla bambina che era riuscita a portare un po’ di allegria nella loro casa?
O le ripercussioni ci sarebbero state solo su quei due fratelli che lui aveva tratto in inganno? Lo aveva fatto per il loro bene, ma anche per una sottile vena di egoismo che lo attraversava sempre da capo a piedi.
«Stiamo tornando a casa?»
La domanda di Hayley lo strappò alle sue riflessioni e il vampiro le rivolse un breve sorriso che le fece arricciare le labbra.
Elijah si fermò, adocchiando uno dei numerosi turisti che giravano per il quartiere, affascinati dall’alone di mistero e magia.
Si avvicinò all’uomo di mezza età e catturò il suo sguardo, esercitando il proprio potere mentale.
«Sarebbe così gentile da prestarmi il suo binocolo?»
Il turista, soggiogato, annuì e si sfilò il binocolo dal capo, porgendolo al vampiro che lo ringraziò con un cenno del capo, mentre la licantropa alzò gli occhi al cielo.
«Adesso hai anche intenzione di spiarli? Cosa ne hai fatto del mio Elijah?»
«Non li spierò,» guardando dritto davanti a sé, le porse il binocolo, «lo farai tu.»
Sbuffando, la ragazza glielo strappò dalle mani e tolse i coperchi dalle lenti. Non sapeva proprio negargli nulla, dannazione!
Quando si portò il binocolo agli occhi e puntò la casa, proruppe in un lamento alla vista della cameretta vuota. Avevano lasciato la sua bambina da sola, non c’era da fidarsi di quei due. Ed Elijah era anche riuscito a convincerla a fare una passeggiata da soli.
Quando lui gli chiese cosa fosse accaduto, Hayley scosse la testa e tornò a concentrarsi sulla sua opera di spionaggio.
«Oh, wow» mormorò, sentendosi avvampare. Li aveva trovati e non avrebbe dovuto spiare un momento tanto intimo. Se qualcuno avesse spiato lei ed Elijah, sarebbe andata su tutte le furie. Si domandò come quei due fossero riusciti a resistersi per anni, senza rischiare di impazzire. Poi però ricordò che Klaus non era mentalmente stabile e ne capì subito la ragione. Nonostante Hayley fosse a un centinaio di metri di distanza da quella stanza, dentro di sé avvertì il riflesso della tensione che aleggiava tra di loro.
Le mani dell’ibrido ferme sul tessuto candido della camicetta e il volto affondato nel collo della ragazza.
Il capo di Rebekah tirato indietro, le palpebre abbassate e le labbra schiuse.
Fino a pochi minuti prima, Hayley avrebbe affermato che ciò che Elijah sperava per i fratelli fosse sbagliato, disgustoso.
Dopo averli visti, invece, dovette ammettere con se stessa che due persone tanto prese l’una dall’altra non le aveva mai viste.
Fatta eccezione di se stessa e dell’uomo che amava, ovviamente.
Klaus e Rebekah, oltre ad averle provocato un vuoto allo stomaco, inconsapevolmente le avevano donato la visione di una sensualità e di un amore che trascendevano il tempo, lo spazio e perfino i legami di sangue.
Costretto all’attesa, Elijah batté un piede, palesando quella curiosità che lo divorava.
«Stanno cercando di uccidersi? Non riesco a sentire le urla.»
«No, non stanno cercando di uccidersi» Hayley distolse lo sguardo e porse il binocolo a Elijah, che lo riconsegnò al proprietario. L’umano, come se avvertisse dentro di sé una minaccia, si allontanò velocemente e li lasciò soli in mezzo alla confusione.
Per loro due era sempre così, riuscivano a ritagliarsi spazi di totale intimità anche in mezzo alla folla.
«Amore mio» la ragazza riprese a parlare, mentre lui faceva di tutto pur di non posare lo sguardo sulla grande casa dall’altro lato della strada, «capisco che secondo te Klaus e Rebekah si amino molto, ma sono sicura che tu non voglia davvero sapere cosa stiano facendo.»
«Quindi ho sempre avuto ragione su di loro.» Una consapevolezza che lo fece sospirare e gli fece accostare le spalle alla facciata di un negozio di souvenir. Hayley lo guardò e la preoccupazione le strinse lo stomaco.
Artigliò le dita ai risvolti della sua giacca e lo tirò verso di sé, «Sembri pallido… più del solito.»
«Immagino dovrò cominciare ad abituarmi a questa situazione.»
«Ma sei stato tu a farli ritrovare!»
Hayley non capiva, quella situazione era troppo complicata per riuscire a uscirne fuori senza impazzire.
Vedeva Elijah tanto confuso, che non poté fare altro che unirsi a lui nella confusione mentale che li stava imprigionando entrambi.
E dire che avrebbe dovuto essere ormai abituata agli amori impossibili, visto che ne stava vivendo uno!
«Sì, ma immaginare sarebbe accaduto che i miei fratelli…» il vampiro esitò, circondando le spalle della compagna. Le posò un lieve bacio soffiato sul capo e guardò dritto davanti a sé, «è diverso dal sapere che è accaduto davvero.»

Se Rebekah glielo avesse detto con decisione, probabilmente lui avrebbe obbedito e l’avrebbe lasciata andare.
Lei invece gli posò il capo sulla spalla e, a quella piccola vittoria, Klaus sentì il cuore mancare un battito.
«Fermami.»
C’era una frase che a Klaus aveva sempre causato rabbia, perché la trovava priva di logica e totalmente diversa dalla sua concezione del mondo. “Se ami una persona, devi lasciarla andare. E se torna, allora è tua per sempre.”
In quel momento, si rese conto di aver seguito proprio quel consiglio. L’aveva lasciata libera di andare via e, in silenzio, aveva aspettato che lei tornasse. E adesso che lei era lì, immobile tra le sue braccia e con il respiro corto, sapeva che non le avrebbe più permesso di andare via. Una volta era bastata. E quella lontananza era riuscita a renderlo il fantasma di se stesso.
È vero che capisci quanto ami una persona solo dopo averla persa? Tutti quei cliché cominciavano a fargli girare la testa e odiava ammettere che, però, sostenevano la verità.
Se lasci andare due volte la stessa persona, ben sapendo che la ami più di ogni altra cosa, sei un idiota!
A quelle riflessioni, Klaus fermò la mano che non aveva fatto che accarezzare il fianco di Rebekah e le mosse la punta del naso sul collo. Che fosse arrivato il momento, dopo mille anni, di ammettere a voce alta ciò che sentiva? L’aveva invitata a fermarlo, con una punta di sfida nella voce e la speranza che lei non cogliesse quel suggerimento.
Il timore del rifiuto lo catturò quando la mano di Rebekah si posò sulla sua.
E lui tirò un sospiro di sollievo, nel sentire che quella mano non aveva scostato la sua.
Le loro dita si intrecciarono quasi timidamente e la ragazza voltò il capo a guardarlo, mentre la grande mano che per tutto quel tempo era rimasta ferma tra il torace e l’addome, scivolò sulla sua pancia.
«Se non hai trovato ciò che cercavi, è perché lo possiedi già» Entrambi riaprirono gli occhi e Klaus si scostò dal collo della vampira per poterla guardare, «Hai questa casa, una famiglia.»
Sorrise, intensificando la presa sulla sua mano, «Me.»
Rebekah lo guardò negli occhi e capì cosa lui stava cercando di dirle con la sola forza dello sguardo, senza pronunciare neppure una parola di quel discorso che lei era comunque riuscita a comprendere.
«Te?» Con lo sguardo puntato sulla bocca carnosa di Klaus che assentì, lei prese coraggio e si fece avanti.
«Dimostralo.»
Non ebbe il tempo di finire di parlare, che le labbra di lui si schiusero sulle sue in un bacio breve e dolce.
Klaus non aveva mai baciato una donna con la stessa calma che provava adesso, con il cuore tanto pieno e con anche un lieve timore.
E lei, quando le loro labbra si separarono, lo guardò sorpresa. Non avrebbe mai immaginato che lui, un giorno, l’avrebbe baciata.
E di certo non si aspettava che un bacio donato da Klaus potesse essere tanto gentile, come una carezza e un soffio insieme.
Rebekah, con gli occhi incollati a quelli dell’uomo, alzò un bracciò e affondò una mano tra capelli di Klaus e lo spinse verso di sé, per poterlo baciare ancora. L’ibrido le sorrise sulle labbra, mordicchiandole quello superiore e scostandole la mano dalla pancia per accarezzare quel braccio teso che gli teneva ferma la testa.
Rebekah si voltò lentamente tra le sue braccia e giocherellò con i corti ricci di Niklaus, prima di staccarsi da quelle labbra che sembravano esistere apposta per baciare le sue.
«Ho davvero creduto di essere felice della mia libertà» gli disse, accostando la fronte alla sua.
«A cosa ti serve la libertà se non puoi litigare con me?»
La vampira ridacchiò e gli tappò la bocca con una mano, lanciandogli un’occhiata ammonitrice.
«Ti avverto adesso, Niklaus Mikaelson» mostrando una sicurezza che al momento non provava, continuò solo dopo che lui ebbe assentito, «Se provi a deludermi, a ferirmi, a tradirmi o ad avvicinarti a me con un pugnale…» strinse le labbra e mosse piano la testa, trattenendo a stento un sorriso quando gli tose la mano dal viso e lui sbuffò, «io ti ammazzo.»
«Tranquilla, dolcezza» Klaus sogghignò, quando si attirò addosso un’altra occhiataccia assassina, «credo proprio che, quando scoprirà tutto questo, ci penserà Elijah ad uccidermi.»
Rebekah scattò come punta da uno spillo, pensando -per la prima volta da quando era tornata a casa- a quel fratello che, sicuramente, avrebbe dato di matto se l’avesse vista stretta tra le braccia di Nik. Stretta tra le sue braccia e, soprattutto, desiderosa di baciarlo.
Poi però pensò a quanto il fratello fosse felice con la nuova compagna e a quanto lei desiderasse di vivere una felicità tutta sua, con lo stesso uomo che per mille anni l’aveva ferita e che, nell’ultima ora, le aveva fatto toccare il cielo con un dito.
«Che ci provi.» Imbronciata e battagliera com’era sempre stata, e forte e fiera come lui amava vederla, gli tirò i capelli e lui rispose con un sibilo che si tese in un sorrisetto compiaciuto, «Solo io posso avere la soddisfazione di farti fuori.»
Klaus, a quelle parole, si sentì montare dentro un moto di orgoglio che lo sorprese tanto era potente.
Non era normale sentirsi compiaciuti e felici a una minaccia di morte, ma vedere Rebekah tanto seria e letale, gli diede alla testa.
E quando lei gli circondò il collo con le braccia e gli morse un labbro in un bacio forte e possessivo, lui dimenticò ogni cosa.

"Rimarrò sempre accanto a te, Rebekah. Non importa cosa accadrà."
Era trascorso un millennio da quando, in una notte tempestosa, un bambino coraggioso aveva fatto quella promessa a una bambina spaventata. Le aveva donato la piccola statua di legno che aveva intagliato, ed era rimasto a tenerle la mano fino al mattino dopo.
Adesso che Klaus stringeva tra le braccia quella bambina ormai cresciuta, sperò con tutto se stesso che quel momento rasente la perfezione durasse per altri mille anni.
E se fosse durato di più, non si sarebbe di certo lamentato!

______________________________________________

E dopo quest’ultimo capitolo, finalmente siete liberi!
Come sarà il futuro di Klaus e Rebekah?
Magari continueranno ad azzuffarsi, a litigare furiosamente, a prendersi a calci e ad andarsene sbattendo le porte.
Però poi faranno la pace, eh!


   
 
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