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Autore: Ginevra Gwen White    17/03/2014    6 recensioni
Cosa sappiamo del ragazzo del Distretto 10 che partecipò alla 74esima edizione degli Hunger Games? Poco e nulla: era zoppo e arrivò fra i primi dieci.
In questa one shot, ricorderemo un tributo coraggioso che oltraggiò le 'regole' degli Hunger Games prima di chiunque altro, compiendo un gesto deplorevole e ardito allo stesso tempo.
Gesto che gli Strateghi non tardarono a cancellare dalla storia degli Hunger Games.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri tributi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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La breve vita e l'infausta morte del tributo del Distretto 10




 


I Favoriti erano vicini. Lucas correva a perdifiato. Uno di loro, Cato, l'aveva poco prima ferito alla spalla lanciandogli un coltello. Il taglio era poco più che superficiale, ma bruciava, bruciava come se ci avesse gettato sopra del sale.
Anche le gambe facevano male. Il piede zoppo era ormai inservibile; veniva trascinato con non poca fatica e ogni volta che Lucas lo poggiava a terra, una fitta di dolore lo attraversava tutto. 
Era da almeno mezz'ora che correva senza sosta. Il sole aveva appena cominciato a percorrere il suo arco, comparendo con un brillante luccichio da dietro le colline.
La caccia dei Favoriti era ufficialmente iniziata.
Il ragazzo ansimava per la fatica. Gli pareva di aver attraversato correndo l'intera Arena. Aveva stanziato il proprio campo a quasi due chilometri dal lago. Si era trovato bene.
Aveva preferito non stringere alleanze; pensava fosse ipocrita combattere al fianco di una persona e scontrarsi con essa l'attimo seguente in una lotta all'ultimo sangue. Non l'avrebbe sopportato.
I Favoriti l'avevano raggiunto poco prima dell'alba. Il ragazzo era scattato bruscamente in piedi e, afferrato il suo zaino giallo, era corso tempestivamente nel bosco.
Aveva accumulato un po' di vantaggio, ma temeva che non fosse abbastanza. D'altronde, loro erano tre ragazzoni ben piantati e lui era uno solo, zoppo per giunta.
Non aveva incontrato nessuno lungo il tratto che aveva percorso. Di certo, all'udire tutto il fragore che produceva, ogni tributo si era rannicchiato ancor più nella propria tana, come prede che si nascondevano dal predatore di turno.
Pastorello! — lo apostrofò la voce tonante di Cato, seguita dalle risatine dei suoi compagni. — Dove corri, zoppo? Vogliamo solo fare due chiacchiere! — urlò con tono ironico.
Lucas digrignò i denti. "Pastorello". Come se il Distretto 10 non rifornisse peridiocamente le pance di Panem. Nessuno di quei sontuosi banchetti di Capitol City sarebbe stato possibile senza il lavoro sfiancante di ogni singolo membro del suo Distretto.
Lucas ne sapeva qualcosa. Anni addietro, zia Mallory lo svegliava sempre alle prime luci dell'alba. Badavano insieme alle bestie, preparavano il mangime, pulivano gli impianti e sorvegliavano i pascoli. Per certi versi, quel lavoro era addirittura divertente. Mentre lavoravano, la zia gli raccontava spesso qualche storia tradizionale o lo coinvolgeva in canti vivaci.
Lucas adorava la zia Mallory. Soffrì molto quando morì, lasciandolo solo come un cane in comunità. Aveva tredici anni, all'epoca.
Il ragazzo sospirò mentre si lasciava assalire dalla nostalgia. Era stato un duro colpo diventare orfano per la seconda volta.
In orfanotrofio non si era fatto nessun amico. Era perennemente triste, se ne stava sulle sue più di ogni altro e ciò allontanava chiunque avesse l'ardire di avvicinarglisi. 
Solo una persona era riuscita a far breccia in quell'animo frantumato. Si chiamava Riko. Neanche lui parlava molto; si siedeva vicino a Lucas e aspettava. Non si sapeva bene cosa. Aspettava e basta.
Per Lucas era un sollievo avere qualcuno vicino. Non se ne faceva nulla del compatimento della rettrice dell'orfanotrofio. Le sue parole di incoraggiamento gli entravano da un orecchio e uscivano dall'altro. 
Il silenzio, invece, gli si installava dentro. Nel silenzio di Riko, Lucas leggeva una marea di pensieri e opinioni.
Capitol City è uno schifo, se c'è qualcuno lassù, non ha pietà di noi, la vita è senza senso; questo sembravano dire i suoi grandi occhi neri e Lucas condivideva appieno.
Diventarono complici in un solo sguardo.
"Si vive insieme o si muore soli"*, gli diceva spesso Riko, mostrando una saggezza non comune agli altri quattordicenni.
Ci pensarono gli Hunger Games a separarli. Mentre il biglietto con il nome di Riko veniva letto e il chiamato si dirigeva verso il palco, Lucas fissava il tutto con aria assente, come se stesse assistendo ad un filmato.
Uno sguardo per incontrarsi, uno sguardo per dirsi addio; Riko lo guardò dal palco per tutto il tempo. 
Morì nel bagno di sangue della Cornucopia. Lucas non si aspettava diversamente. Nel Distretto 10 si allevavano animali. Non servivano capacità particolari per farlo. Non ci si allenava con nessuna potenziale arma, come poteva avvenire per i taglialegna del Distretto 7. Quasi nessuno del Distretto 10 aveva mai vinto gli Hunger Games. Ciononostante, Lucas non potè negare che per un attimo, per un debole istante, la flebile scintilla della speranza gli si era accesa in petto, facendogli credere che no, Riko non l'avrebbe abbandonato, non l'avrebbe lasciato nuovamente solo. Forse avrebbe vinto, forse sarebbe tornato.
Quando Lucas apprese della sua morte, lanciò un urlo. Nemmeno la frustata più brutale, non l'agonia più nera avrebbero mai potuto provocare un grido così denso di rabbia, di solitudine e di disprezzo per una società così perversa che permetteva a persone come Riko di morire.
Da quel giorno Lucas si chiuse di nuovo in se stesso e non si aprì più con nessuno. Ogni anno partecipava alla Mietitura con l'amara consapevolezza che due del suo Distretto non sarebbero più tornati. I pochi scampati non potevano che affondare anche loro nella desolazione più nera, piangendo i loro cari fratelli, sorelle o amici i cui nomi uscivano dalla boccia spietata.
Lucas si distrasse quel poco di tempo per inciampare su di una radice sporgente. D'impulso, scoppiò a piangere. Non gli importava più se gli sponsors e il suo mentore ne sarebbero rimasti disgustati. Avvertiva la sua disperazione vivida e palpabile come non mai.
Lui non ce la faceva più: era solo, Riko e Zia Mallory erano morti e i Favoriti erano vicini.
Sentiva già le loro voci animose chiamarlo "pastorello". Avvertiva già la fredda lama del coltello di Clove che gli si insinuava fra le viscere. Udiva già il tonfo che avrebbe fatto la sua bara di legno, la sua prigione di conforto, colpendo il fondo della fossa. 
Aveva già il sentore del silenzio del suo funerale. Non il silenzio denso di parole che l'aveva portato ad avvicinarsi a Riko, ma un silenzio vacuo e vuoto; sarebbe stato il silenzio della solitudine. Nessuno avrebbe reclamato il suo corpo. Nessuno avrebbe pianto ricordandosi di lui.
Lucas chiuse gli occhi quando lo scalpiccio dei Favoriti si fece più vicino. Era finita.
Poi lo sentì. Uno strillo chiaro e netto. La voce era femminile e proveniva da qualche centinaio di metri di distanza. Lucas immaginò che qualcuno fosse caduto dall'albero in cui si trovava.
L'urlo fu sentito anche dai Favoriti che arrestarono la loro corsa e si voltarono in direzione della voce.
Ad un ordine imperativo di Cato, I tre Favoriti cambiarono obiettivo e si diressero verso una preda più succulenta di Lucas.
Il ragazzo del Distretto 10 li guardò correre, incredulo, lontano da lui. Un funesto gioco del destino? A Lucas non importò.
Si ricompose e, alzatosi in piedi come un automa, gemette sottovoce al contatto che ebbe il piede malandato con il suolo.
Zoppicando, si fece strada tra la vegetazione, finché una brezza fresca non lo avvertì che era giunto al lago.
L'immensa distesa d'acqua si aprì dinnanzi ai suoi occhi stanchi. Si trovava nella riva opposta a quella occupata dai Favoriti. Da lì si vedeva, infatti, il ragazzo del Distretto 3 che sonnecchiava accanto un'alta pila di provviste.
Lucas si lasciò cadere a terra e strisciò fino all'acqua benefica. Si spruzzò in viso, si sciacquò la spalla offesa e immerse la gamba zoppa fino al ginocchio, provando un immediato benessere.
Il ricordo del giorno in cui si ruppe la gamba gli balzò davanti agli occhi come fosse un dejavu. Era successo circa due mesi prima della Mietitura.
Aveva appena compiuto diciotto anni; ciò significava che l'orfanotrofio non aveva più alcun potere su di lui. Era maggiorenne. Era libero. Non gli pareva vero. 
Quella mattina preparò Sadie e le montò in sella. Il cavallo, quasi conoscendo i desideri del ragazzo, partì al galoppo per gli sterminati prati del Distretto 10, lasciandosi dietro l'orfanotrofio, abbandonandosi alle spalle il passato.
L'aria che gli sferzava il viso era così vera, talmente pura, da sembrare cosa non terrena.
Galoppò per ore, o per secoli?, fino a che non giunse al confine del Distretto 10. 
Allora il panico lo assalì. Un freddo brivido di terrore gli salì per tutta la schiena. Era proibito arrivare fin là. La libertà doveva essergli andata alla testa, per avergli fatto dimenticare qualcosa di simile entità.
Lucas fece subito dietrofront, ma, fatti neanche tre metri, si udì uno sparo.
Il cavallo si accasciò sullo sterrato, in preda alle convulsioni, e Lucas scivolò giù, toccando terra con un forte impatto.
Il Pacificatore di guardia ai confini, che aveva sparato al suo cavallo, si avvicinò con un ghigno. Aveva in mano una pistola grigia. Lucas sapeva che all'interno di questa si trovavano proiettili in grado di attaccare il sistema nervoso della vittima, impedendole qualsiasi movimento.
Sadie, che ne era appena stata colpita, stava distesa, immobile e sofferente.
— Che ci fai qui, pivellino? — domandò retoricamente il Pacificatore. — Non lo sai che è proibito avventurarsi fin qua? Volevi forse fuggire, disgraziato? — Ad ogni domanda, l'uomo alzava il tono di voce sempre di più.
Lucas si sollevò, stordito. L'ebbrezza della felicità era svanita. Non riusciva a ragionare in modo lucido. Probabilmente aveva sbattuto la testa. Ebbe lieve sentore di ciò che diceva il Pacificatore.
L'uomo grugnì e gli diede un calcio. Poi un altro.
— Dove pensavi di andare, eh? — Un calcio più forte degli altri mozzò Lucas il respiro. — Ti insegno io la lezione, oh sì. Ti faccio passare la voglia di filartela. —
Sebbene Lucas fosse più impostato e corpulento dell'uomo, dovette subire il pestaggio.
Il Pacificatore non ci andava piano. Solo quando il ragazzo sputò sangue, lanciando un urlo lancinante, reputò la punizione degna.
Quella stessa notte, Lucas fu condotto in gattabuia. Aveva il naso e il labbro rotti, la vista offuscata, le tempie pulsavano e una mezza dozzina di altri danni più o meno gravi lungo il corpo.
Ma la cosa che più lo preoccupava era la gamba. Sembrava fratturata. Stimava che sarebbe guarita completamente entro i successivi tre mesi.
Tre giorni dopo l'accaduto, uscì dalla prigione. La prima cosa che fece appena fuori fu dirigersi fra dolori lancinanti a casa della zia Mallory. Era rimasta abbandonata a lungo.
L'acqua del lago attenuò di poco il dolore di Lucas. Però, benché il suo corpo si sentisse rinvigorito, il suo animo cadeva a pezzi.
La voce squillante che leggeva i nomi dei tributi annunciò con baldanza il nome del tributo femmina dei 74esimi Hunger Games.
Tricia Spinnet. Lucas la conosceva solo di vista, ma si dispiacque per lei.
— Lucas Marines. — Il ragazzo smise di respirare. 
Cosa? Doveva aver capito male. Ci doveva per forza essere un altro Lucas Marines da quelle parti. Non poteva essere lui. Lui... aveva diciotto anni. Era l'ultima Mietitura della sua vita, quella.
Non era possibile, doveva esserci un errore. Pensava che la sua vita non avesse potuto andare peggio, ma, a quanto pareva, si sbagliava. 
Lucas si diresse zoppicante verso il patibolo. Il ricordo di quello stesso cammino percorso da Riko gli scorreva tra i pensieri come un flash.
"Si vive insieme o si muore soli". Lucas sentì propria quell'affermazione più che mai.
— I concorrenti del Distretto 10 della 74esima edizione degli Hunger Games! —
Il ragazzo fissò la folla dinnanzi a sé. Avevano tutti un'espressione di pietà mista a sollievo.
Povero ragazzo, povero storpio. Povero giovane costretto a crescere troppo in fretta. A Lucas pareva quasi di udire i loro pensieri.
Oh, se ci fossi tu con me... se ci fossi tu con me, Riko, pensava Lucas. E in mezzo a quella gente, lì nel suo Distretto, il ragazzo si sentì terribilmente solo.
E possa la fortuna sempre essere a vostro favore!
Fortuna? Come no. Lucas aveva smesso di credere alla fortuna già da tempo.
Rabbia. Il ragazzo estrasse il piede dall'acqua e avvertì solo quel sentimento: rabbia. La rabbia aveva dominato la sua vita più di se stesso. 
D'un tratto si rese conto dell'ingiustizia del mondo. Aveva seminato i Favoriti, sì. Ma pensava davvero che non sarebbe morto, alla fine? Nel suo petto era accesa davvero la fiamma della speranza?
Il rendersi conto di non avere alcuna ambizione, alcuna speranza di vivere o vincere i Giochi, lo colpì come un secchio d'acqua gelida.
Sarebbe morto a prescindere. La cosa strana era che quel fatto non lo turbava neanche un po'.
— Morirò. — sussurrò fra sé e sé e il dirlo rese la consapevolezza ancora più grande.
Morirò, si disse di nuovo. E allora?, rispose la coscienza. Non sei forse morto quando zia Mallory ti ha abbandonato? Non sei forse morto quando Riko ti ha lasciato? Non sei forse morto quando hanno estratto il tuo nome alla Mietitura? Tu menti, Lucas Marines - continuò la coscienza - tu eri già morto quando sei entrato in questa Arena.
Il ragazzo si alzò. Aveva finalmente capito ciò che doveva fare. La soluzione era così semplice che gli venne da sorridere per la sua stupidità.
Si mosse tutt'intorno al lago per cercare un grosso masso pesante. Lo trovò. Il piede zoppo non faceva male nemmeno un poco.
Lucas aprì il suo zaino giallo e tirò fuori ciò che ad un primo momento gli era sembrata inutile: una corda. Circondò il masso con essa più volte e fece un nodo stretto. Mentre svolgeva le azioni descritte, mormorava a volte parole sconnesse come "Riko" e "morirò".
Dopo aver avvolto ben bene il sasso, legò il capo libero della corda alla propria caviglia.
Era finalmente giunto alla conclusione. Evitò di sorridere, ma l'intenzione c'era tutta. Poteva predisporre della sua stessa vita come voleva. Si sentiva libero.
— Si vive insieme o si muore soli! — gridò, rivolto al cielo. Sapeva che la zia e Riko lo stavano guardando da lassù.
Prese il sasso fra le mani e questa volta sorrise. Buttò il masso nel lago e si sentì trascinare giù, giù, sempre più giù.
Gli hovercraft non sarebbero mai potuti arrivare lì per prelevare il suo corpo. L'artiglio meccanico non sarebbe sceso, non ci sarebbe stata alcuna bara di legno colma di solitudine, su cui nessuno avrebbe pianto.
Mentre i polmoni gli si riempivano d'acqua, Lucas ripensò alla sua umile e stolta vita.
Vide la zia, Riko e i propri genitori, anche se non li aveva mai incontrati. Sorridevano tutti. Erano fieri di lui. Poté giurare che stessero battendo le mani.
Avvertì con passività il battere sempre più fioco del suo cuore. L'acqua fredda lo attraversò da capo a piedi, facendolo ondeggiare come una marionetta. Lucas abbandonò la testa all'indietro.
Quando la pietra toccò il fondale, il ragazzo era già morto.
Un colpo di cannone.
Lucas non era più solo.
***

Da qualche parte fuori dall'arena, Seneca Crane osservò la scena, agghiacciato.
Taglia! — ordinò nervoso al montatore. — Taglia tutto!
Un suicidio. Non era nelle regole del gioco. Sempre se ci fossero mai state regole e sempre che quello fosse un gioco.
— Cosa devo scrivere nel referto da mandare al Distretto? — domandò una collaboratrice.
Seneca ci pensò un attimo. — Stava facendo una nuotata, ma è affogato. Impossibile recuperarne il cadavere...



*Citazione del telefilm Lost.



Chiappa!
Non penso che qualcuno sia arrivato fin qui, ma se l'ha fatto ben venga!
Sono rimasta affascinata da questo ragazzo che, sebbene zoppo, sia riuscito ad arrivare quasi fra i primi otto. Ho provato a pensare un contesto coerente alla sua storia e ho voluto inserirci il suo suicidio. D'altronde, chissà quante altre cose sono state tenute nascoste dagli Strateghi. Io penso che in televisione mostrassero solo ciò che volevano mostrare.
Grazie di aver letto e un grazie speciale alla mia musa Margaret Brown e alla mia fida socia Diamante.
Baci!
Ginevra

 
   
 
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