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Autore: writinglove    18/03/2014    1 recensioni
E se l'apocalisse fosse arrivata?Se il male avesse raggiunto un paesino nello stato dell'Ohio?Se in una giornata qualunque,la vita di una ragazza qualunque fosse stata sconvolta nel peggiore dei modi?
Dalla storia :
L’azzurro si mischiò al nero per un istante interminabile,e quel nero non era l’oscurità della notte nella quale eravamo entrambe avvolte. Io non la stavo guardando e lei non mi stava guardando. La verità era che in quell’istante fermo nel tempo,che in quell’attimo pieno d’infinito e di emozioni,noi stavamo leggendo. […] Prima ancora che potessi capire altro,che un’ennesima certezza mi sfuggisse di mano,smisi di leggere. Ed era troppo quel che avevo visto,era tutto troppo…ogni cosa sapeva di una piacevole ed allettante esagerazione. Ma c’era una cosa che non mi scivolò via dalle mani come fosse semplice fumo,un’unica certezza imprescindibile : in quell’attimo la mia esistenza aveva ripreso ad esistere,ed il mio cuore a battere.
Genere: Drammatico, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Between the hungry

Quasi morti

«Corri!» gridai,voltandomi verso Lucas.

Varcammo la porta dell’ospedale con una velocità impressionante. Mi ci ero buttata addosso per la fretta e mi faceva male la parte destra del busto. Mi guardai indietro,Lucas cominciava a rallentare,gli faceva male il braccio. Aveva il viso umido di lacrime,l’espressione contratta ed ansimava. L’adrenalina scorreva veloce,alimentava i corpi di energia,ma in ugual modo li danneggiava con lo stesso ritmo della nostra folle corsa. Lo percepivo distintamente in ogni fibra del mio corpo,quell’istinto,quello che al momento giusto mi avrebbe trasformata in un’assassina di assassini,quello che avrebbe scatenato la bestia assopita all’interno di ogni sopravvissuto. Mi faceva male lo stomaco e non sentivo le gambe. Continuavo a rivedere la carne di Mandy divorata in quel modo brutale,sconcertante. Era pazzesco,ma non avevo tempo per cercare una spiegazione. Dovevamo andarcene di lì,ed andarcene alla svelta.

«Accelera il passo!»

Mi voltai per controllare quanto indietro fosse Lucas,e lo vidi fermo,in ginocchio,con una mano sulla spalla dolorante e senza fiato. Merda. Si era fermato.

«Lucas,devi alzarti!»

«Fa male!» urlò lui di rimando,strofinandosi il dorso della mano sul viso.

«Andiamo!»

Mi avvicinai e lo aiutai ad alzarsi da terra,poi la corsa continuò. Vedevamo la Volksvagen grigia in lontananza,ma sembrava che la distanza continuasse ad aumentare anziché diminuire. Lucas cominciava a rallentare,così come ero costretta a fare io per trascinarlo con me.

«O mio Dio!No!» gridò qualcuno poco distante da lì.

«Continua a correre verso la macchina e non fermarti,torno subito!»

 Cambiai improvvisamente direzione e mi infilai tra due vetture scure e polverose all’inseguimento di quelle grida che non si affievolivano neppure un po'. Fui veloce,strisciai lungo le automobili di fianco fino a che non mi ritrovai di fronte ad uno spettacolo di cui avrei preferito fare a meno. Le urla erano cessate,ora si udivano solo lamenti,versi animali e mostruosi,il rumore della carne che si staccava di netto dalle ossa. La donna era a terra e di nuovo la scena di poco prima si ripeteva. Lui,o forse lei,le divorava il petto. Le interiora erano sull’asfalto,viscide e piene di sangue.

«Cristo!»

Altre urla,più numerose,più disperate,smorzate ancora più velocemente di quelle precedenti. Quel parcheggio era ormai la terra che ospitava la strage,il massacro. Mi veniva da vomitare e tossii un paio di volte in preda ai conati. Respirai a fondo,chiusi gli occhi e tornai a correre rapida tra le automobili nel parcheggio. Vidi la Volksvagen,vidi mio fratello e avrei potuto giurare che stava tremando. La colonna sonora dell’inizio della fine erano le grida angoscianti delle povere vittime.

«Stai bene?»

Lucas non rispondeva.

«Stai bene?!» ripetei ancora una volta,preoccupata.

I suoi occhi erano pieni di terrore,poi alzò il braccio destro e puntò l’indice esattamente dietro di me. Mi voltai. Erano almeno in dieci. Infilai la chiave nella serratura,ma questa non girò,era come bloccata. La tolsi e riprovai di nuovo,ma il problema si ripeté.

«Santana!» urlò mio fratello in preda al panico.

«Dios,por favor!»

La chiave non ruotava,era vincolata nella serratura. Mi girai e per un istante mi fermai ad osservare quei corpi che si avvicinavano lentamente,emettendo versi terribili,come se per una qualche correttezza,che però non possedevano,fossero stati costretti ad avvisare del loro arrivo. Li contai alla svelta ; erano undici,ma ne potevo vedere altri poco distanti dal loro gruppo. Avevano la pelle bianca,tendente al verdastro,ed un aspetto terrificante. Gli indumenti che indossavano erano sporchi di sangue,così come i loro volti,così come la carne che gli penzolava dalle braccia o quella mancante sul viso. Che esseri erano mai quelli?Da quale inferno erano saltati fuori? Lucas mi guardò con gli occhi sbarrati come a dire : “ed ora cosa facciamo?”. Mi guardai attorno,i lamenti si facevano più forti e la mia disperazione aumentava. Stavamo per morire,io e Lucas stavamo per morire. Le nostri brevi vite avrebbero visto probabilmente la peggiore delle fini su quella terra : saremmo stati dilaniati. Mi portai una mano sul viso,guardai all’interno dell’auto attraverso il finestrino,e poi decisi. Non avevo tempo per pensare,non avevo tempo da sprecare e non avevo nient’altro in mente. Loro si avvicinavano,sempre più numerosi,le persone scappavano tra le grida e il panico regnava.

«Stai indietro!» ordinai a Lucas.

Presi un minimo di rincorsa : quella poca che non mi permetteva di finire tra le braccia dei morti,e diedi un calcio al finestrino. Non si ruppe.

«Ci uccideranno!» strillò mio fratello.

Niente rincorsa,tirai un calcio con tutta la forza che avevo,con tutta la rabbia e la paura che avvertivo nelle vene. Il vetro si frantumò in tanti piccoli pezzi. Strisciai dentro e aprì lo sportello a Lucas che si buttò sul sedile alla svelta. Infilai la chiave,accesi il motore,e quando il primo morto tocco il cofano con una delle sue sudice mani,io schizzai via come un razzo.

 

                                                                                                                           *

Nelle strade regnava il caos. Il tragitto dall’ospedale a casa fu probabilmente il più lungo di tutta la mia vita. Le persone urlavano in strada,correvano inseguite da quegli schifosi mostri,o caricavano le macchine pronte a fuggire. I morti attaccavano le vetture e circondavano le case sempre più numerosi. Le strade di Lima erano intasate,tutti fuggivano,ma loro erano dovunque.

«Stai bene?» chiesi a mio fratello che ansimava sonoramente e aveva la fronte velata dal sudore.

Non rispose immediatamente ; forse era impegnato ad osservare i morti che avevano circondato una delle macchine che avevamo di fronte o ad ascoltare i clacson impazziti.

«Certo,» rispose con la voce che tremava «ho soltanto una spalla lussata e ho appena assistito a dei mostri divorare delle persone vive. No,sul serio,è tutto ok».

Il suo sarcasmo era quasi confortante,ma neppure quello serviva a sdrammatizzare la situazione. La verità era che ero troppo sconvolta per provare a rassicurarlo di fronte all’evidente inferno che si stava scatenando. Ancora non avevo preso completamente coscienza dei fatti,forse ci sarebbero volute ore. Ero concentrata sulla situazione alquanto complicata : noi due bloccati in una macchina con un finestrino rotto,in una città piena di morti che per qualche assurdo motivo si erano rialzati ed avevano cominciato a divorare la gente.

«Merda» borbottai quando una di quelle cose si girò al suono del clacson.

Prima uno,poi due,poi tre si voltarono verso la nostra automobile. Restarono qualche secondo fermi,poi le loro maledette gambe molli cominciarono a muoversi con l’evidente intenzione di aggredirci. La coppia dietro di noi uscì rapidamente dalla vettura e cominciò a correre,forse in previsione della brutta fine che avrebbero fatto se fossero rimasti lì dentro. Per noi era ancora più pericoloso : con quel maledettissimo finestrino rotto alla mia sinistra,eravamo dei bersagli decisamente facili da divorare. Ma che cosa dovevo fare?Che cosa potevo fare in quella situazione a dir poco surreale?Avevo lo stomaco sottosopra,la testa che mi scoppiava,e il cuore che aveva preso ormai da tempo un ritmo inverosimile. Sentivo ancora l’adrenalina nelle vene,così come probabilmente la sentiva Lucas. I due giovani che avevano optato per la fuga a piedi furono rapidamente braccati dalle creature e divorati di fronte ai miei occhi e a quelli di mio fratello.

«Aiuto!» fu l’ultimo grido acuto della ragazza,prima che uno di loro le mordesse il collo e l’atterrasse così come era successo al ragazzo.

«Non guardare» sussurrai a mio fratello,deglutendo a fatica.

Di nuovo i clacson a far compagnia alle urla,e allora si scatenò il disastro. Tre morti si avvicinarono allo sportello di Lucas e cominciarono a colpire il vetro goffamente,posando il viso sfigurato sulla superficie opaca del finestrino.

«Santana!» gridò Lucas,scattando verso di me.

Bloccati. La morte ci inseguiva ancora e la mia speranza non faceva altro che vacillare. Mi tremava ogni singolo muscolo,la vista si era improvvisamente offuscata e l’adrenalina era aumentata così come la velocità con la quale il sangue mi pulsava nelle vene. Stavamo per morire,era giunto il momento. Uno di quei mostri aggirò la macchina e si avvicinò dalla mia parte ; gli altri continuavano a colpire lo sportello destro,con quella loro sorta di ringhio,di verso che faceva venire la pelle d’oca.

«Ti voglio bene Lucas» dissi,stringendo la sua testa al mio petto.

Era la fine. Quelle sarebbero state le mie ultime parole,le uniche di cui non mi sarei mai pentita. Chiusi gli occhi,i lamenti si avvicinavano,rimbombavano nella testa,assorbivano ogni pensiero a sé e lo inglobavano,annullandolo del tutto. Quando già immaginavo il contatto dei denti sulla mia pelle o le unghie a graffiarla,sentii il rumore sordo di più colpi susseguirsi. Sette,forse otto colpi,ma non erano di una pistola. Niente più lamenti vicini,per un istante avvertii il silenzio e non fui mai grata come in quel momento di quella fugace illusione piena di pace.

«Andiamo!Uscite dalla macchina» esclamò qualcuno.

Aprii gli occhi leggermente,pronta a richiuderli se fosse stato necessario. C’era un ragazzo con una mazza da baseball insanguinata in mano,gli occhi sgranati e la bocca aperta per prendere quanto più fiato i suoi polmoni fossero in grado di accogliere. Si era piazzato esattamente di fronte alla vettura e ci guardava aspettandosi una qualche reazione che il nostro shock non ci permetteva di compiere. Lo scrutai meglio,mi era familiare. Era robusto,con spalle larghe,bicipiti sviluppati e degli strani capelli neri con un taglio da moicano. Il resto non riuscivo ad individuarlo con nitidezza,ma quello fu sufficiente per permettermi di riconoscerlo.

«Noah Puckerman?» domandai a bocca aperta.

Il ragazzo scosse la testa scocciato e stralunò gli occhi «vogliamo andare o aspettiamo che un’orda di quei mostri ci divori tutti?Faremo dopo le presentazioni!»

Lucas mi guardò meravigliato e poi aprì lo sportello. I morti erano a terra,con il cranio fracassato,e finalmente privi di vita. Ce n’erano altri poco più in là e le urla non accennavano a smettere.

«Seguitemi!» ordinò sicuro il ragazzo.

Ero confusa.

«Dove?Devo riuscire a tornare a casa…mia madre sarà preoccupatissima».

Lui mi guardò e scosse la testa.

«Non se ne parla!Vi faranno a pezzi prima di arrivare. Abito qui vicino,ma dobbiamo sbrigarci!»

Lo guardai sconvolta. Dovevo raggiungere mia madre!Dovevo farlo!

«Nostra madre è sola in casa,potrebbe essere in pericolo!» esclamò mio fratello.

Lucas aveva ragione. Dio,l’improvviso pensiero di quelle cose che cercavano di entrare,di divorarla…

«Dobbiamo tornare a casa!»

La preoccupazione mi stava corrodendo ogni cellula del corpo,ogni singola emozione era come un acido corrosivo e letale. Il ragazzo impugnò saldamente la mazza in mano e colpi alla testa uno di quei morti che si era avvicinato. Era una scena disgustosa,il sangue era schizzato fin sulla mia maglietta e il cranio era stato fracassato.

«Buona fortuna allora!» esclamò il tipo,cominciando ad incamminarsi.

Guardai Lucas disperata,alla ricerca di un suggerimento sul suo viso,ma l’unica cosa che riuscii a notare fu la sua paura.

«Aspetta!» strillai al ragazzo che si era allontanato fin troppo velocemente.

Lui si girò e mi guardò con fare interrogativo.

«Veniamo con te!»

«Santana!» esclamò sorpreso Lucas.

«Abbiamo bisogno di lui.» sussurrai un po’ troppo ad alta voce «Ha ragione : da soli non riusciremo mai a raggiungere casa».

«Seguitemi,veloci!»

Corremmo fin dove si era fermato e poi proseguimmo per un centinaio di metri fino alla sua abitazione. Lo spettacolo era pazzesco : sembrava un film,uno di quelli con gli effetti speciali e tutto il resto. Non riuscivo ad alzare la testa,continuavo a fissare i miei piedi,a fissare l’asfalto o l’erba,forse perché sapevo che non avrei retto ancora a lungo se avessi continuato ad assistere a quelle scene mostruose.


Salve gente!Come va?

Dovete scusarmi per il ritardo nella pubblicazione,ma ultimamente il tempo sembra passare un po' troppo in fretta e a malapena mi lascia modo di respirare. Comunque,bando alle ciance... la situazione che abbiamo visto nello scorso capitolo si è evoluta e la povera Santana ha rischiato diverse volte di finire tra i denti di quegli schifosissimi zombie,ma...sorpresa delle sorprese : Noah Puckerman la salva da una morte inevitabile. Ci credete se vi dico che è solo l'inizio e che presto coinvolgerò personaggi a noi molto familiari?

Beh,con la speranza che questo capitolo via sia piaciuto,mi auguro che continuiate a seguire la storia.

P.S. Se ne avete voglia,fatemi sapere come vi è parsa la storia finora...sono curiosa di leggere i vostri pareri! :)

  
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