“Signorina! Signorina mi sente?!”
Voci lontane, ma sempre più vicine.
Una sirena, forse di un'ambulanza.
Si sentì scuotere da delle mani robuste.
“Mi sente?!”
Sì che sentiva. Ma non riusciva ad aprire gli occhi, per quanto si sforzasse.
Voci lontane, ma sempre più vicine.
Una sirena, forse di un'ambulanza.
Si sentì scuotere da delle mani robuste.
“Mi sente?!”
Sì che sentiva. Ma non riusciva ad aprire gli occhi, per quanto si sforzasse.
“Lasciami andare”
Spalle contro il muro, i polsi stretti nelle sue mani.
“Lasciami andare”- ripeté.
Sentiva l'alito dell'uomo che aveva davanti puzzare di alcol.
Si era ubriacato un'altra volta. E lei ne faceva le spese, come sempre.
“Dove credi di andare, eh? Tu vai dove dico io”- disse, con la voce impastata.
Cercò di divincolarsi, di avvicinarsi alla porta. Ma lui la teneva stretta, e non riuscì a muoversi.
“Hai bevuto. Allontanati da me, mi fai schifo”- sibilò lei, con un'espressione di disgusto.
Questa storia stava andando avanti da troppo tempo.
L'uomo la guardò bieco, poi la gettò di lato.
Andò a sbattere contro il comodino all'ingresso.
Cadde a terra, tenendosi il fianco.
Lo sentì avvicinarsi a lei.
“Sta' lontano da me!”- gridò.
Lui gli rispose con un calcio. E poi un altro. E un altro ancora.
“Tu, sei una mia proprietà, ed io con te faccio quello che voglio.”- disse, avvicinandosi al volto dell'adolescente, che giaceva per terra.
La afferrò per i capelli, la sollevò un poco da terra.
Ma lei continuava a fissare il pavimento. Non lo guardava mai in faccia quando la picchiava.
“Io non sono una tua proprietà. Io non appartengo a nessuno”
Dopo alcuni secondi la mano lasciò la presa, e lei si ritrovò per la seconda volta con la faccia per terra.
Sentì l'altro andarsene, lo vide sparire dietro la porta del soggiorno.
Lui sprofondò sul divano, bofonchiando.
Lei afferrò la borsa e corse fuori.
Si sedette al volante della sua auto, respirò profondamente.
Non ne poteva veramente più di quella vita.
Sentiva il peso dei lividi, dei tagli che aveva sotto i vestiti.
Guardò l'orologio. Era decisamente in ritardo.
Spinse sull'acceleratore e se ne andò a tutta velocità.
Qualcuno la mise su un carrello, si sentì trasportare via.
Una mano la liberò dalla stretta della borsa, che le impediva di respirare.
Un'altra le frugò nella tasca della gonna.
“Ecco, ho il telefono... chi chiamo?”
“Aspettate... ho trovato il portafogli!”
“Che dice? Come si chiama la ragazza?”
Avrebbe voluto rispondere lei. Ma non riusciva a muoversi, né tanto meno a parlare.
Lasciò che scoprissero la sua identità da soli.
Una mano la liberò dalla stretta della borsa, che le impediva di respirare.
Un'altra le frugò nella tasca della gonna.
“Ecco, ho il telefono... chi chiamo?”
“Aspettate... ho trovato il portafogli!”
“Che dice? Come si chiama la ragazza?”
Avrebbe voluto rispondere lei. Ma non riusciva a muoversi, né tanto meno a parlare.
Lasciò che scoprissero la sua identità da soli.
“Ah, ecco. West, Jade West”
Angolo dell'autrice...
Salve!
Come si dice... un capitolo al giorno toglie il medico di torno!
Forse il detto non era proprio questo, ma fa lo stesso...
Come va? Vi ringrazio tanto per le recensioni che mi avete lasciato anche nello scorso capitolo, spero che gradiate anche questo! Forse è un po' più corto rispetto ai precedenti... Mah...
Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate...!
A presto...
Mel