Eccomi
qua con l’ennesima yaoi. Mi sono sforzata seriamente
di finire i miei due lunghissimi racconti etero, ma ho fallito!
Quindi
eccovi una Harry-Draco
basata sull’amore unico che una persona riesce a provare solo per il suo
acerrimo nemico. Sinceramente non so dove potrebbe andare a parare questa
storia, nella mia testa il racconto è ancora in corso, quindi forse ci metterò
un po’ ad aggiornare..
Voi
intanto...
Commentateeeeeeeee!!!!! (come al solito!)
Attenzione:
Le parti scritte con caratteri più piccoli sono flashback!!
...E
TUTTO ATTORNO NON CI RIMANE CHE IL BUIO
Solo
una battaglia priva di guerra,
restò
a raccontare il loro amore...
Capitolo
1
Un
suono di una civetta echeggiò lontano. Mentre lei cacciava la sua preda in
quella notte maledetta, la nebbia saliva sotto una luna piena lucente. Il fiero
rapace stanava il proprio avversario nella fitta foresta, non lasciandogli
nemmeno il pensiero della propria morte, indifferente di tornare a casa a spese
di sangue innocente.
La
civetta non era sola quella notte.
Altre
fiere si aggiravano nel buoi in cerca della propria soddisfazione. L’unica cosa
da stabilire durante quell’improvvisata battuta di caccia era chi dovesse
morire, chi sarebbe diventato il cacciatore e chi la preda.
Un
giovane ragazzo moro si sedette esausto dietro un grosso tronco, riposandosi e
attendendo. Inspirò aria dai polmoni doloranti, regolò il respiro mozzato,
strinse a sé la bacchetta, pronta a scattare. La luna splendeva nel cielo,
mentre le bestie sotto di essa si aggiravano guardinghe nella tenue oscurità.
Era tutto troppo luminoso in effetti... il ragazzo avrebbe preferito meno
luce... rendeva i colpi meno precisi e dolenti. Quando riprese tutto il suo
fiato, scrutò le ombre, alzando appena l’asticella stretta nel suo pugno
sudato.
Il
silenzio lo accolse rendendolo sordo. Qualcosa si aggirava in quei rami. Sforzò
il cervello a prestare attenzione ad ogni singolo rumore e ad ogni movimento.
Doveva rispondere prontamente alla minaccia o non avrebbe mai avuto salva la
vita. Un secondo e avrebbe perso tutto. Il martellare incessante del suo cuore
coprì i rumori circostanti. Cercò di controllare il proprio battito per non
cadere vittima della sua stessa paura.
Lui
era vicino.
Lo
sentiva.
Almeno
questo lo percepiva.
Ma
perché si trovava qui?
Non
doveva andare così. Dannazione! Cacciava o veniva cacciato?
Non
importava... Non avrebbe mai perso contro di lui.
Non
contro di lui...
“Harry, cosa c’è?”
“Niente. Perché?”
“Sei pallido.”
“Davvero?” il giovane grifondoro
si scrutò nello specchio del corridoio del quarto piano della scuola. Sembrava
molto sciupato. Non dormiva bene e questo risentiva su tutto il resto. La
giovane e rosata carnagione pareva spenta, solo gli indomiti ricci neri
sembravano non voler crollar sotto il peso della stanchezza. Sotto la chioma,
sulla fronte, vi era impressa una cicatrice, unico simbolo della battaglia dei
suoi genitori contro l’Oscuro Signore. Sotto ancora due magnifici e splendenti
occhi verdi.
La giovane ragazza castana al suo
fianco lo osservò con estrema curiosità. Sarebbe stata una ragazza molto carina
se avesse posato quei libri e si fosse messa il rossetto, ma questo non era
decisamente nei suoi pensieri. Harry scommetteva che quella sua vigile
testolina stava già elaborando una lista di validi motivi del suo malessere.
Purtroppo solo lui ne comprendeva il motivo. Hermione
non si sarebbe mai spinta a tanto. Era intelligente, non veggente.
“Vado un attimo in bagno. Ci vediamo di
sopra.”
“Ti aspettiamo.” Disse Ron. Il suo migliore
amico, che probabilmente aveva più lentiggini che tatto, non comprendeva mai
quando voleva star solo e ultimamente questo succedeva molto spesso.
“Non serve. Ci vediamo nella sala comune.”
“Ma...”
“Andiamo, Ron.” Lo trascinò Hermione. Se Ron non era perspicace, la capacità e
l’intuito di Hermione compensavano a modo loro i
difetti dell’amico, rendendo possibile sopportagli insieme.
I suoi amici si diressero verso la loro
torre e lui rimase solo, sperando di restarci a lungo. Doveva riprender fiato.
Entrato in bagno, si addossò alla
parete. Non ce la faceva più. Il sesto anno era già duro da sopportare senza
che ci si mettessero anche i suoi ultimi sogni. Come se la battaglia contro il
Signore Oscuro non fosse già ardua per tutti, ora c’era qualcosa che rischiava
di farlo impazzire.
Si lavò la faccia con l’acqua del
rubinetto, cercando di far diminuire il mal di testa.
Cosa gli stava accadendo? Questi nuovi
incubi, non erano come i precedenti, non erano ricordi o interferenze di Voldemort. Aveva imparato a conoscerne la differenza. Erano
spaventosi e crudeli ma erano cose reali, successe veramente. In questi suoi
ultimi sogni invece non c’era verità, era solo uno stupido maledetto sogno. Non
che ricordasse gran che la mattina, si svegliava ansante e sudato, con il
batticuore e le immagini raccapriccianti nella sua testa, un volto, un giovane
uomo coperto di sangue che allungava le mani verso di lui, speranzoso, forse,
che lui potesse salvarlo. Che follia! Lui cosa poteva fare? Lui non poteva
salvare nessuno...
Si guardò nello specchio, riconoscendo
i suoi occhi verdi dietro la patina di sporco e vapore. Suo padre era stato un
bel ragazzo da giovane. Aveva successo con le ragazze. Lui invece era un
disastro, non era bello e non era bravo. Era solo discreto a quiddich! Che consolazione!
Per un attimo gli parve di intravedere
un’ombra dietro di sé, ma sapeva che era la stanchezza, l’insonnia.
Il ricordo del ragazzo del suo sogno,
che protendeva le mani bagnate di sangue verso di lui, gli fece accapponare la
pelle.
Perché proprio adesso?
“Hai ancora paura del buio, Potter?”
Si girò di scatto e vide un giovane
ragazzo biondo uscire da un gabinetto. Gli ci volle meno di due secondi per
riconoscerlo e meno di tre per storcere la bocca in una smorfia di disgusto.
Draco Malfoy.
Il ragazzo con un fisico asciutto ed
alto quanto il suo, sfoderava un ghigno mentre si sistemava i capelli
perfettamente in ordine allo specchio accanto al suo. La carnagione chiara e i
capelli di un biondo chiarissimo lo rendevano molto più pallido di lui in quel
momento, ma quello che lo aveva sempre colpito erano i chiari occhi grigi,
sfavillanti nella loro superbia, ma tristi e terribilmente taglienti.
“Che cosa vuoi, Malfoy?”
“Ti ho chiesto se hai ancora paura del buoi.
Stai tremando.”
“Tu sragioni Malfoy,
saranno tutti quegli incroci che combinate nelle famiglie purosangue.”
Pari.
Draco storse la bocca indispettito, ma non rispose.
“Beh, se non vuoi dirmi cosa ti preoccupa
chiederò in giro. Dirò a tutti che ti ho trovato nei bagni che piangevi come
una femminuccia.”
“Fai pure. Non sono io quello che è stato
visto piangere per paura di un ippogrifo.”
Spalancò leggermente gli occhi grigi
per poi ritrovare la compostezza, sfoderando un temibile ghigno e avvicinandosi
di un passo. “Non abbiamo più tredici anni, Potter.”
Il modo in cui disse quella frase non
gli piacque per niente. “Lo so e sembri il solo essersene dimenticato.”
Incassò anche quell’ultimo colpo con
compostezza. Oggi andava proprio bene con Malfoy. Due
a uno! Giorno da ricordare. Se solo non fosse certo che si sarebbe vendicato il
triplo, sarebbe stato un giorno perfetto.
“La pagherai per questo, mezzosangue. La
pagherai.”
Gli lanciò un’occhiata di disguosto prima di andarsene dal bagno imbufalito.
Forse aveva esagerato. La rivincita di
due secondi valeva la vendetta di Malfoy per tutto l’anno?
Forse sì...
Un
refolo di vento spostò qualche ciocca sul suo volto, nascondendo una buona
volta quella maledetta cicatrice. Alzò la mano per spostare i capelli in
disordine, quando la bloccò a mezz’aria. Non poteva permettersi di bloccare la
propria visuale anche solo per qualche attimo. Le tenebre non davano tregua,
quindi perché concedere un inutile vantaggio?
Un
rumore dietro di lui, un refolo alla sua sinistra scosse un albero vicino. Gli
parve di sentire un sussurro...
Era
lui... era lui, lo sapeva.
Lo
stava rendendo pazzo. Si sentì braccato come una preda, senza una via d’uscita.
Non ce l’avrebbe mai fatta a uscire vivo da questo bosco. Lui era troppo
potente per fuggirgli...
Gli
mancò l’aria.
Cercò
di inspirare forte.
Doveva
calmarsi.
Calmarsi...
L’aria
attraverso i polmoni lo placò, ridandogli un po’ di lucidità.
Il
ragazzo fece saettare gli occhi verdi sulle ombre attorno a lui per assicurasi
di esser sempre solo. Sospirò. Si appoggiò di nuovo all’albero, ritornando con
la mente agli incantesimi utili. Perché farlo non lo capiva visto che nel
momento del bisogno avrebbe usato i primi che gli venivano in mente, come al
solito.
Si
voltò verso un movimento sospetto. Qualcuno strascicava i piedi nella sua
direzione, un rumore di passi incespicante a pochi metri da lui.
Si
acquattò contro l’albero, restando immobile.
Non
vide nulla, ma nel fitto bosco di notte non poteva che esser lui. Trascinava la
gamba che lui stesso gli aveva ferita poco prima.
Che
idiota! Si era pure dimenticato di fare l’incantesimo tacente alle scarpe. Si
stava scavando la fossa da solo.
Si
alzò in piedi, stringendo la bacchetta.
Ce
l’avrebbe fatta! Doveva solo attendere che lui compisse gli ultimi metri in
modo da trarlo in un imboscata.
“Potter!”
Harry
si girò verso il richiamo alle sue spalle.
Il
cuore tornò a battere all’impazzata alla vista di una conosciuta sagoma nera.
Merda! Gli aveva buttato una semplice esca e lui aveva abboccato come un
idiota.
Rabbrividì
davanti al volto del vincitore sorridente e della sua bacchetta puntata alla
gola.
“Cosa c’è?” disse l’uomo incappucciato di
fronte a lui. “Hai ancora paura del buio, Potter?”
Si
tolse il cappuccio, facendo scivolare fuori i sottili capelli biondi.
“... o è di me che hai paura?”
Draco Malfoy lo stava aspettando...
Fine
primo capitolo