Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: rainicornsan    22/03/2014    1 recensioni
[Storia scritta per il contest Dodici distretti, dodici pacchetti di Dragone 97]
Si avvicinò, e raccolse alcune bacche nel palmo della mano.
Sarebbe semplicemente sembrato un suo errore, non ci voleva molto.
Si guardò intorno un'ultima volta, portò la mano alla bocca e ingoiò.
Per la prima e ultima volta nella sua esistenza, il cielo si aprì, luminoso più che mai.
La sua gente le sorrise teneramente, nel momento in cui il sole calò.
...
Chi ha lasciato Finch per andare nell'arena?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Faccia di Volpe, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa fanfiction è stata scritta per il contest Dodici distretti, dodici pacchetti... (Hunger Games contest) - EFP
indotto da Dragone 97 (link del giudice sul forum).
Il pacchetto che ho usato è quello del Distretto 5- Power.
Beh, che posso dire... Enjoy :D
_____________________________________________________________

#1 Allenarsi.

La bimba rise davanti alla smorfia buffa della sorella maggiore, la quale le chiese di smetterla immediatamente.
Vedendo che non accennava a fare quanto richiesto, sibilò:

"Finch, no! Smettila di ridere. Guardami. Un giorno ti potrà salvare la vita.
Basta, guardami! La zia è morta là dentro. Vuoi fare quella fine?".

La piccola alzò la testa rossiccia e la scrutò intensamente, diventando seria in un secondo.

Sonsierey sapeva della sua camaleontica capacità di cambiare l'espressione del volto in un secondo.
Così come era perfettamente a conoscenza del fatto che, sotto sotto, la sorellina era stabile come la stella polare.
Intendeva sfruttare questa sua qualità al meglio per addestrarla.

Sonsierey ripeté: "Non devi ridere, piangere o arrabbiarti.
Devi essere invisibile. Capito? Invisibile.
Meno ti farai notare e più sarai allenata, più sarai letale. Non penseranno che sei un pericolo, ti ignoreranno. 
Potrai sopravvivere tranquillamente mentre si ammazzano fra di loro, guardandoli dall'alto. Alla fine, se sarà necessario, ucciderai.
Ricorda una cosa, anche se hai solo otto anni.
Tienilo sempre in mente.
Usa la testa. Sempre e solo quella e sempre e solo la tua. 
Almeno in questa faccenda, sii furba e sveglia. Devi esserlo. 
Abbiamo altri quattro anni per aiutarti. 
La vita è questa. Lavora, studia, sottomettiti e allenati. Ricominciamo. Ed è solo l'inizio.".

Finch non sbuffò, tornando verso l'albero. Ormai non lo faceva più da tempo.

Osservando i suoi occhi azzurri, così giovani e ancora ingenui, Sonsierey quasi scoppiò in lacrime.

Erano così simili a quelli che erano stati i suoi.

Doveva vederli cambiare, osservarli lentamente diventare quelli di una giovane donna pronta a difendersi, uccidere e sopravvivere in un'arena.
E doveva essere lei a mutarli nei propri, che a soli ventitré anni erano già gli specchi di una lunga esistenza.

Osservò la sorellina incidere il tronco con una spillatrice.

"Perfetto. L'incisione è giusta. Brava. Per oggi con la foresta abbiamo finito.
Il cervello è tutto nell'arena; combattere è solo per i codardi che uccidono i più deboli.
Sii leale e solo alla fine codarda, per salvare la tua vita.".

Spesso odiava parlarle così, come un replicante senza sentimenti, ma doveva farlo.

Finch non capiva sempre quello che sua sorella diceva, ma lo ascoltava.

Era certa che fossero i consigli giusti da seguire.


#2 Influenza.

Finch voltò la testa, dolorante.
Odiava ammalarsi.

Sentiva caldo ovunque; desiderava solo liberarsi con un calcio di tutte le soffocanti coperte che la avvolgevano, ma, come al solito,
sua sorella e suo cugino Tom le avevano tarpato le ali.

A volte era certa di odiarli.

Erano loro, che, dopo la scuola, l'avevano privata dei divertimenti con i pochi amici che aveva per allenarla a turno, da un paio d'anni a quella parte.

Era da loro che era cominciato tutto.

Non era vero, ma non le importava: a volte una bambina spaventata preferisce dare la colpa a chi ama e non a chi la impaurisce.

Ancora due anni, e sarebbe stata anche lei a rischio.

Ad interrompere il flusso dei suoi pensieri ci pensò proprio il cugino, sedendosi sul suo letto.

Appoggiò la mano sulla sua fronte.

Alzando appena gli occhi, Finch la osservò.

Era grande, callosa per il suo incarico alla fabbrica.
Tom aveva passato indenne il periodo della Mietitura, andando a spaccarsi la schiena ogni giorno.

Lei lo adorava. Quando era piccola la faceva sempre giocare.

Anche nel presente passava molto tempo con lei, spiegandole tante cose.

Probabilmente era grazie a lui che era nato il proprio interesse e la propria curiosità morbosa verso tutto ciò che la circondava.

"Niente, ancora calda." borbottò sconfortato dopo una manciata di secondi.

Le accarezzò lentamente la chioma rossiccia, ordinandole burbero:

"Piccola, è meglio se rimani a letto ancora un po'.".

Lei annuì, facendo internamente le fusa come un micetto.
Adorava quando la chiamava in quel modo. La faceva sentire amata e protetta.


3# Solstizio.

Finch osservò intensamente le fronde dell'albero a cui sottostava.

I suoi occhi azzurri non persero di vista il fremito delle foglie.

Poteva vederlo -o vederla?- chiaramente, nonostante il sole fosse tramontato da abbastanza tempo.
Era una figura minuta, slanciata.

Poteva dedurre che la pelle, brillante sotto i primi raggi lunari, fosse bianca come la neve.

La ragazza non sembrava essersi accorta di nulla, così Finch si sedette fra le grosse radici dell'acero, in silenzio.

Ragazza perché aveva lunghi capelli biondi.

Vedeva un po' meglio grazie alle torce in lontananza.

La festa per il Solstizio d'Estate veniva celebrata sempre, che nevicasse, ci fosse il vento che portava via i tavoli e le vivande oppure che piovesse.
Tutti nel suo villaggio erano estremamente tradizionalisti.
Anche i suoi genitori, stando a quanto le raccontavano, lo erano stati.

Sua sorella e suo cugino un po' meno, ma per fare contenti gli anziani bisognava certamente perpetuare quella celebrazione.

Era abbastanza lussuosa, rispetto al livello degli altri abitanti della periferia.

Una colletta con versamenti generosi permetteva molto cibo e liquore di prugnolo, dei gazebo vicino al mare e talvolta dei tappeti provenienti da una costosa fabbrica del Distretto Otto, che conservava la tecnica usata dai persiani migliaia e migliaia di anni prima.

Finch trovava inutile tutto quello spreco di denaro che avrebbero potuto consegnare alla beneficenza o sicuramente usare in modo migliore.

E poi a cosa serviva un tappeto persiano per sedersi su della dannatissima sabbia?
Qualche uomo non aveva già da tempo inventato le sedie?

I suoi pensieri navigarono verso il laboratorio in cui lavorava, così bisognoso di fondi. 

Di certo non era l'unica giovanissima ad essere associata ad al campo medico. 
Buona parte dei suoi coetanei usciva da scuola alla sua età con una preparazione eccellente.

Ma lei era un po' diversa. A tredici anni, era più che brillante.

Nessuno avrebbe potuto usare un altro termine.

Era questa la forza del Distretto Cinque: l'intelligenza precoce.

Un rumore, come di schianto, la fece sussultare profondamente, penetrando nella sua mente con forza.

Scattò in piedi, voltandosi.
Rimase a bocca aperta.

Lei era lì.
Si era rialzata subito, senza una smorfia di dolore.

Brillava di una bellezza sorprendente, pura e gentile.
I lineamenti del volto erano duri, ma conservavano un'espressione di fredda cortesia, come quella di una regina.
Gli occhi, al contrario dei propri, erano grandi e dolci come quelli di un cerbiatto. La pelle sembrava proprio di marmo, liscia e vellutata.

Poteva dire di esserne affascinata.

Sembrava una creatura venuta dalla luna, solo per soggiogarla in quella notte d'estate con il suo argenteo incanto e prenderla come schiava.

Richiuse le labbra, chiedendo:

"Chi sei?".

Il suo tono non era aggressivo, ma faceva chiaramente trasparire tutta l'ammirazione.

L'altra non rispose, si limitò ad osservarla per un po'.

Infine si voltò e se ne andò.

Finch non ci fece caso, ancora impegnata a fissare il punto dov'era scomparsa.

Si limitò a scuotere la testa e andarsene a sua volta, accompagnata da un po' di amarezza.
Dopo due passi, sentì un tonfo.

Si girò.

Fra l'erba bagnata di rugiada era caduto un piccolo oggetto a forma di goccia.
Era di un blu opalescente, con qualche lattiginosa sfumatura argentea in vari punti.

Ne rimase incantata.

Tornando indietro alla festa, tutti la fissarono con stupore.

Subito dopo, circondata da un capannello di persone, una donna sulla cinquantina iniziò a raccontare la leggenda dello spirito dell'Estate.

Finch rimase in silenzio tutta la sera, ignorando tutto e tutti, rigirandosi la pietra fra le dita.


4# Giorno libero.

Per quanto somiglianti a dei gerarchi nazisti durante i suoi allenamenti, Tom e Sonsierey conservavano un po' di umanità nei loro cuori.
Le domeniche erano i suoi giorni liberi.
E intendeva passarli tutti al meglio.

Adorava Charlize. Aveva un bel rapporto con la sua amica.
Non era l'unica, certo, ma era la migliore.

Poteva definire gli altri quasi solo conoscenti.

Gli altri... Gli altri non erano così.
Gli altri non si dicevano tutto. Pensieri, preoccupazioni e sogni.
Loro sì.

Sembravano separate dalla nascita: erano sempre appiccicate come due cozze ad uno scoglio.

Potevano essere classificate come le tipiche migliori amiche che si conoscono dall'infanzia.

Riflettendoci, non era poi un così grande sforzo aspettarla sotto al portico, anche se era in ritardo di ben quarantacinque minuti!

Avrebbe aspettato tutta una vita per lei, così come Charlize, ma questo non toglieva il fatto che odiasse aspettare -e soprattutto rispettare- i suoi ritardi.
Non erano che una parte del suo carattere allegro, sconsiderato e un po' disordinato.

Finch sbuffò, appoggiandosi con la testa alla colonna candida della scuola.
Si davano sempre appuntamento lì.
Era come se, anche ora avevano concluso gli studi, l'edificio esercitasse un richiamo irresistibile, dolceamaro e antico.

Finalmente la vide.

Finch si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo, osservando le guance rosse che spiccavano sulla bella faccia 
-che in quel momento avrebbe voluto prendere a schiaffi- della sua amica.

La quale, appena arrivata, le cadde addosso, sbuffando come una locomotiva.

"Con calma, eh!" ironizzò Finch.

Il sorriso era tornato sulle sue labbra: non riusciva a tenerle il broncio neanche per un secondo.

"Non hai idea di quello che mi è successo!" disse tutto d'un fiato l'altra, appena ripresa aria nei polmoni.

Osservando i suoi grandi occhi verdi diventare lucidi per la mancanza d'ossigeno, Finch scoppiò a ridere, un po' anche per la sua espressione offesa e un po' pregustando le cose stupide che le avrebbe detto e le risa acute che ne sarebbero conseguite.

La abbracciò  delicatamente, stampandole un bacio sulla guancia.

Charlize fece tanto d'occhi. Non era da lei.

Con un gran sorriso, Finch le annunciò: "Ti voglio tanto bene!".

L'altra la osservò come se fosse stata un alieno, decidendo infine di lasciar perdere e raccogliere l'imprevista sdolcinatezza.

Normalmente non avevano bisogno di dirselo, qualunque momento dell'anno fosse.

Poco importava che la Mietitura fosse prevista da lì a poche ore, era loro abitudine non parlare di quel giorno, neanche quando ci erano dentro fino al collo.

"Dove andiamo?" disse esitante Finch dopo una manciata di secondi.

Il più lontano possibile da qui.



5# Ti ricordi?

Finch frugò dentro lo zaino, cercando l'acqua.

La sua gola era ruvida come carta vetrata.

Ma le sue dita, invece della fiaschetta di plastica azzurra, toccarono un oggetto rotondeggiante, liscio.
Era la Goccia d'Acqua che le aveva dato lo spirito.
Dicevano che portava fortuna, ma solo per poco tempo.

Trovò anche un piccolo, morbido orsetto dorato con il naso rosa a forma di cuore.

Lo strinse convulsamente fra le dita, mentre due lacrime scivolavano lungo il musetto del peluche.

Era il regalo -l'ultimo- che aveva ricevuto da Charlize.

Ricordava il modo spaventato in cui i suoi occhi, già enormi e lucidi per le lacrime, si erano allargati, facendoglielo scivolare in tasca nel poco tempo a loro disposizione.

Infine, dopo un bacio e un abbraccio strettissimo, se ne era andata.

L'avrebbe mai più rivista? Finch non era stupida, e sapeva quale era la più probabile risposta.

Versò altre lacrime, pensando a lei, a sua sorella e al cugino, e persino a quella strana e bellissima divinità che era stata il suo sogno durante quella notte d'estate.

Ricordò vagamente il dolcissimo sorriso della madre prima di morire dal cancro e quello uguale,
forse un po' più burbero e arruffato, del padre il giorno dell'esplosione della fabbrica nucleare.

Al solo pensiero tossì, come ultimamente le capitava sempre più spesso.

Si asciugò con il polso il rivolo di sangue che le era colato sul mento.

Sperò intensamente di non morire, di tornare a casa propria e lasciare il mondo lì,
fra le tenere braccia di chi amava e quelle letali delle radiazioni, e non in quella fredda arena con un coltello nelle scapole.

Sentì dei passi.

Chi camminava doveva essere ferito o immensamente privo di grazia.

Oppure obeso, avrebbe aggiunto Charlize con un risolino.

Osservò il ragazzo biondo, quello del Distretto Dodici. 

Sì, doveva essere abbastanza tonto; quelli erano i morsi della notte, e li stava raccogliendo.

Li appoggiò su alcune foglie e si allontanò di pochi passi, probabilmente per andare a prendere qualcos'altro.

Finch sbuffò.

Un sorriso amaro le si dipinse sul volto, seguito da un conato di vomito.

Mentre la nausea la prendeva lentamente, scorse dell'altro sangue mischiato al puzzolente liquido giallastro.

Tutto urlava 'non ti rimane che un mese di vita'.

Osservò le bacche un'altra volta.
Distolse lo sguardo, disgustandosi da sola per il fugace pensiero che le aveva attraversato la testa in quel momento.

Andiamo, chi voleva prendere in giro?
Non desiderava altro che far cessare tutta quella sofferenza e tutto quel dolore.

Si avvicinò, e raccolse alcune bacche nel palmo della mano. 

Sarebbe semplicemente sembrato un suo errore, non ci voleva molto.

Si guardò intorno un'ultima volta, portò la mano alla bocca e ingoiò.

Per la prima e ultima volta nella sua esistenza, il cielo si aprì, luminoso più che mai.

La sua gente le sorrise teneramente, nel momento in cui il sole calò.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: rainicornsan