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Autore: Laylath    22/03/2014    5 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 45. L’amicizia è…

 

Uno dei tanti libri che Vato aveva nella sua libreria era relativo alla diplomazia e ai comportamenti da tenere quando si fa da paciere o ambasciatore, in tutte le situazioni.
Negli ultimi giorni si era convinto che l’autore non capiva assolutamente niente e quel libro poteva essere buttato (non l'avrebbe fatto perché sempre di un libro si trattava e dunque, nel bene o nel male, era una forma di sapere… sebbene sbagliato, ma bisogna conoscere gli errori per non farli più): quel tizio poteva anche vantarsi di aver partecipato alla stesura di grandi trattati tra le varie nazioni, ma sicuramente non aveva mai avuto a che fare con due persone ostinate ai limiti dell’impossibile come erano Jean e Roy.
“Eh certo! Perché io devo andare a scuola per evitare che si scateni la guerra del secolo! – disse sarcasticamente prendendo la tracolla ed uscendo fuori dalla stanza – L’amicizia è la base della materia della diplomazia, che grandissima cavolata! L’amicizia è il trattenersi dal mandarli a quel paese entrambi!”
“Vato!” sua madre alzò lo sguardo sconcertata.
“Scusa – borbottò lui – mi è scappato. Io vado a scuola, o meglio ad una nuova mattina in trincea.”
La porta si sbatté con notevole forza e Rosie lanciò un’occhiata al marito che non aveva fatto nessun commento per quello sfogo così strano del figlio.
“Problemi con gli amici?”
“Problemi tra i suoi amici, è diverso – corresse lui, finendo di bere il caffè – e sapendo di chi si tratta non posso che dargli tutta la mia solidarietà. Beh, adesso vado pure io: ci vediamo a pranzo, amore.”
“Buona giornata.” salutò lei, baciandolo.
“Se senti un’esplosione dalla parte della scuola è nostro figlio che scopre di non essere un buon diplomatico – sghignazzò aprendo la porta – ma sono sicuro che anche oggi ne uscirà vivo.”
 
“Perché mi sembra di essere tra due fuochi?” chiese Roy con sarcasmo mentre Vato e Riza lo attendevano fuori dal locale di Madame. Le loro facce agguerrite parlavano chiaro: anche oggi volevano cercare di far riappacificare lui e Jean, ma sarebbero rimasti a bocca asciutta.
“Perché teniamo a te e a Jean e il vostro comportamento sta iniziando a seccarci.” disse Riza senza mezzi termini: adesso che era tornata a casa poteva occuparsi di queste problematiche tra i suoi amici con maggiore intensità. Uscita dal mondo incantato della famiglia Fury aveva scoperto quanto questa storia, che ormai si stava prolungando da troppo tempo, le provocasse un notevole malumore.
“Se vi seccate così tanto allora lasciate stare – scrollò le spalle Roy – e oggi dov’è la terza giustiziera? Non viene a scuola la tua fidanzata?”
“No, ieri sera le è venuto un forte mal di testa: forse era stanca di sentirmi lamentarmi di voi due.”
“Potresti trovare argomenti migliori quando sei con la tua ragazza.”
“Io inizio a seccarmi davvero! – Vato si irrigidì, iniziando a pensare che sarebbe esploso anche prima di arrivare a scuola – E non provare a dire cose sul mio rapporto con Elisa perché io…”
“Oh, ma quello è Heymans!”
I tre videro il rosso uscire dalla via laterale dove stava casa sua: aveva la tracolla e questo voleva dire che, dopo più di una settimana, aveva deciso di tornare a scuola.
Riza e Vato sorrisero e corsero verso di lui, mentre Roy fece una leggera smorfia e finse indifferenza, preferendo restare indietro.
“Finalmente torni a scuola – esclamò Riza, abbracciando il rosso con gioia – sono così felice, ero tanto preoccupata per te e la tua famiglia.”
“Oh, tranquilla biondina – sorrise Heymans, ricambiando con affetto quell’abbraccio – stiamo tutti bene. Sono felice di poterti rivedere, sul serio. Ehi, Vato, come stai? Ti devo ancora ringraziare: l’ultima volta che ci siamo visti non ero messo molto bene e non ero in grado di dirti quanto sia grato a te e tuo padre.”
“Ma finiscila – Vato gli strinse con calore la mano, arrivando anche ad abbracciarlo – sono davvero felice che tu torni a scuola. Vuol dire che le cose vanno meglio a casa, vero?”
“Sì, decisamente.”
“Ne sono felice…” commentò Roy con una punta di sarcasmo raggiungendoli.
A quelle parole Heymans si irrigidì leggermente, ricordandosi di tutto quello che si erano detti quella fatidica mattina: non era stupido, anche se Jean non gli diceva quasi nulla sapeva benissimo che la situazione era ai ferri corti.
Per quanto gli riguardava era anche disposto a passare sopra quelle parole dette all’apice della furia, del resto gli aveva risposto a tono. In fondo conosceva Roy abbastanza bene per sapere che non pensava davvero quelle cose di sua madre, per quanto fossero state frasi davvero pessime. Ma non aveva nessuna intenzione di lasciare Henry in balia della sua furia, se ancora ne aveva: stava riprendendo a dire qualche parola, mangiava di più ed i periodi di coscienza diventavano più frequenti. Quella mattina era riuscito persino a sorridere di nuovo tanto che si era convinto di poter tornare a scuola.
Non avrebbe permesso a Roy di distruggere questo faticoso percorso che aveva fatto: Henry poteva essere stato un piccolo teppista, ma la maggior parte dei suoi atteggiamenti erano condizionati dalla strana forma di pressione che Gregor esercitava su di lui. Già da mesi aveva smesso di essere turbolento e l’episodio con Kain non era da annoverare tra le cattiverie gratuite… persino Andrew Fury e la sua famiglia avevano capito la situazione.
“Ti ringrazio.” rispose in tono piatto.
Ripresero a camminare verso scuola con Riza e Vato che si posero strategicamente in mezzo e continuarono a parlare con Heymans, raccontandogli delle ultime novità che erano successe mentre lui era via. Roy rimase in silenzio per tutto quel tempo, ignorando quella strana forma di felicità che provava nel rivedere Heymans parlare con tranquillità.
 
A scuola era ovvio che si parlasse del suo ritorno: quello che era accaduto sarebbe stato per molto tempo l’argomento principale dei pettegolezzi del paese ed ora Heymans era visto come una strana creatura da cui si doveva stare lontani o rivolgere a malapena la parola. Era il figlio di una donna separata e dunque non certo una persona perbene.
Ma questa cosa non lo turbò minimamente: fu ricoperto di così tante attenzioni dai suoi amici che non ebbe nemmeno il tempo di vedere quelle facce tra l’ostile e l’imbarazzato. A lui non importava: c’erano gli abbracci e le moine di Janet che, durante l’intervallo, rimase appellicciata a lui, le battute di Jean, le parole di Vato e Riza e anche Rebecca era felicissima di rivederlo, in barba a quanto le poteva aver detto sua madre a proposito di evitare contatti con lui.
Solo Roy se ne stava in disparte, non riuscendo a partecipare a quella felicità, nonostante fosse innegabile che lui stesso era contento. Non ci fosse stata la questione di Henry non ci avrebbe messo due secondi a mettere una pietra sopra quelle brutte parole che si erano scambiati.
Ma c’è e non riesco a perdonare.
“E’ tornato e tu devi lasciarlo in pace, mi sono spiegato?”
La voce sibilante di Jean lo fece riscuotere dai suoi pensieri e se lo ritrovò a nemmeno un metro da lui, gli occhi azzurri carichi di astio nei suoi confronti.
“Non ha bisogno della balia, stupido.”
“Non provocarmi, Mustang, in questi ultimi giorni mi sono accorto di avere molta rabbia da sfogare.”
“Quando vuoi, Jean Havoc – rispose lui nel medesimo tono – anche io ne ho da vendere.”
“Già mi tocca ad aver a che fare con quelle brutte streghe pettegole che non sanno farsi gli affaracci loro, mi ci manchi solo tu con la minaccia per quel povero fesso di Henry!”
“Ah, lo ammetti che è un fesso!”
“Non è pericoloso, capito? Non più. Ha chiesto anche scusa al padre di Kain, geniaccio. Mettiti l’anima in pace: sei l’unico ad avercela ancora con lui.”
A quelle parole Roy si infuriò e maledisse Andrew Fury: se aveva accettato le scuse di quel pivello, lo metteva totalmente fuori dalla sua portata. Vendicarsi avrebbe voluto dire indisporre anche lui ed era l’ultima cosa che il ragazzo voleva.
“Benissimo!” disse, mettendosi a braccia conserte.
“Benissimo!” lo imitò Jean con aria torva, mentre l’aria tra di loro si riempiva di carica elettrica.
“Jean, tesoro – esclamò Rebecca, arrivando di corsa e prendendogli il braccio – vieni: dobbiamo mangiare la torta che ho preparato. Dobbiamo festeggiare il ritorno del tuo miglior amico a scuola e non devi mancare.”
“Sì, arrivo…” borbottò lui, arrossendo leggermente per quel gesto di confidenza così plateale.
“Vai pure a mangiare la tortina, Jean – sorrise Mustang con sarcasmo – l'ha fatta con le sue manine.”
“A te ti ammazzo, stai tranquillo.” sibilò il biondo mentre si allontanava.
La classica goccia che fa traboccare il vaso stava arrivando con estrema velocità.
 
“La maestra ha detto che per domani dobbiamo fare un pensierino su cosa è l’amicizia.”
“Sono sicuro che il tuo sarà il migliore di tutta la classe, Janet.” sorrise Heymans arruffandole la testolina bionda.
“Ci dovrò pensare tanto – ammise la bambina – oh, ma come? Non vieni con noi fino al bivio?”
“Non posso, devo tornare a casa presto oggi. Temo che per un po’ di giorni dovrete fare a meno di me sia all’andata che al ritorno, ma ci vediamo a scuola.”
Janet si incupì lievemente a quella scoperta, ma poi il buonumore per il ritorno del suo fidanzatino prese il sopravvento e sorrise. Si strinse un ultima volta a lui e si fece prendere in braccio, approfittando per dargli un bacio sulla guancia.
“Allora a domani.” salutò mettendola a terra e facendo un cenno a Jean.
“A domani.” risposero in coro i due fratelli.
Guardandoli allontanarsi Heymans sospirò di sollievo: era bello poter di nuovo godere della loro compagnia dopo tutto questo tempo; non ci si rende conto di quanto siano importanti determinate persone fino a quando non si è costretti a separasi da loro.
Mettendosi le mani in tasca si avviò verso il paese.
Nel percorso era normale incontrare altri ragazzi della scuola, ma tutti fecero finta di niente e ben presto si ritrovò isolato: non ci avrebbe fatto caso in condizioni normali, ma sapendo cosa stava accadendo alla sua famiglia si rese conto del vuoto che si era creato attorno alla sua persona. Persino i suoi compagni di classe che in genere gli rivolgevano sempre un saluto questa volta fecero finta di niente.
“Ehi, Breda!”
Una voce familiare gli fece capire che non tutti preferivano mostrare indifferenza.
E’ chiaro: quando vedi il nemico in difficoltà ne approfitti.
“Che c’è, Denny? – chiese fermandosi e girandosi a guardare il suo vecchio avversario e non fu sorpreso nel vedere che c’erano anche altri volti noti del periodo d’oro in cui lui e Jean avevano uno scontro più o meno una volta alla settimana – Ma guarda, non vi vedevo tutti insieme da tempo.”
“Come sta mammina?”
“Non ti riguarda.”
“I miei genitori ne hanno dette un sacco su di lei – sogghignò facendosi avanti con tutti gli altri – e se è vera solo la decima parte allora non capisco perché non sia al locale delle prostitute.”
Heymans era pronto a scattare, ma si concesse un sorriso sarcastico.
Aspetti la mia reazione quando sono uno contro dieci? Mi credi davvero così idiota?
Doveva gestirla: non c’era Jean ed era chiaro che quegli scemi stavano giocando su quel momento difficile per la sua famiglia per prendersi delle rivincite a distanza di più di un anno. Si fosse trattato solo di tre o quattro non si sarebbe tirato indietro, ma erano oggettivamente troppi anche per lui.
“Il locale dove dovrai andare perché non troverai mai uno straccio di ragazza?”
“Dove andava sempre anche tuo padre.”
“Sì, ci andava, ma ora non più: è stato bandito dal paese – scrollò le spalle con noncuranza – e allora?”
C’era un perverso gusto nel lasciarli a bocca asciutta, non rispondendo a quelle provocazioni. Ma sapeva bene che presto sarebbero passati all’attacco e la sua mente iniziò a individuare gli elementi deboli da mettere fuori combattimento subito.
“E il tuo fratellino quando torna a scuola? – continuò un altro – E’ vero che non parla più? Sono curioso di vedere se a furia di calci gli ritorna la parola.”
“Tocca mio fratello e ti arriverà un solo calcio, ma dritto nelle palle, coglione. E’ un avviso e tu sai bene che quando metto sull’avviso qualcuno mantengo sempre quanto dico.”
“Perché non ci provi adesso?”
“No, mi annoiate. Tornatevene a casa, da bravi: i vostri genitori vi aspettano per raccontarvi altri pettegolezzi sulla mia famiglia. Si vede che non hanno di meglio da fare.”
Girò loro le spalle e riprese a camminare, pronto a dare un colpo di tracolla al primo che gli avesse messo le mani addosso: avrebbero provato l’ebbrezza dei libri di storia, letteratura e matematica con rispettivi quaderni sulle loro teste vuote.
Ma i suoi occhi grigi si strinsero leggermente ed un sorriso sghembo gli apparve sul riso.
“Ciao Heymans, che si dice?”
“Niente Roy, due chiacchiere con vecchie conoscenze.”
“Qualcosa di interessante? Vi ho visti parlare e sono tornato indietro apposta… se sono così tanti deve essere qualche argomento divertente.”
Innegabilmente era una grande soddisfazione vedere le facce sgomente di tutti loro: Roy Mustang che scendeva in campo non era cosa da tutti i giorni, figuriamoci poi vederlo insieme ad un altro indipendente. Dieci contro due: avevano ancora la superiorità numerica, ma la sorpresa di trovarsi davanti quell’altro avversario era stata troppa e così il gruppetto si disperse con mormorii e borbottii.
“Mi ero dimenticato di quanto fossero noiosi: tornare a casa senza prima andare al bivio comporta anche questi strani incontri. Grazie per l’intervento: ci sarebbe stato uno scontro e ne sarei uscito male, ma avrei avuto la soddisfazione di mettere fuori combattimento un paio di loro.”
“Sei molto realista.” commentò Roy, mentre si riavviavano verso il paese.
“Sopravalutare se stessi è dannoso quanto sottovalutare gli avversari: si impara con l’esperienza.”
“Hai sottovalutato tuo padre o sopravalutato te stesso?” Roy lo chiese con sincera curiosità, senza però girarsi a guardarlo, gli occhi neri fissi sul sentiero.
Heymans non la prese come provocazione, ma si concesse di pensarci sopra.
“Entrambe le cose, forse – ammise alla fine, sistemandosi meglio la tracolla – ma era una situazione in cui dovevo fare qualcosa a prescindere. Sono stato fortunato, inutile negarlo: i grandi mi hanno salvato il culo.”
“Mi dispiace per quello che è successo a tua madre, sul serio.”
“Lo so, il problema non è mia madre, ma mio fratello, vero? Sai bene come la penso, Roy ed intendo restare fedele a quanto ho detto: toccalo e te la vedi con me.”
Roy questa volta si fermò in strada e si girò a guardarlo con il volto contratto in una smorfia di disappunto.
Heymans resse quello sguardo senza alcuna esitazione fino a quando l’altro non parlò.
“Sei andato a trovare Kain?”
“Conto di farlo in questi giorni, l’ho promesso anche a suo padre.”
“Lui l’ha… perdonato, vero?”
“Sì, l’ha fatto. Ma il rapporto tra la mia famiglia e la sua è molto particolare: è il miglior amico di mia madre sin dall’infanzia, praticamente un secondo fratello… diciamo che ha vissuto da vicino tutti gli eventi della mia storia. Adesso puoi iniziare a capire la situazione?”
“Mi fa rabbia solo che Kain sia in quelle condizioni, mentre tuo fratello resterà impunito.”
“Roy – sospirò il rosso – Henry sta già pagando un prezzo molto alto. La violenza all’interno della propria famiglia è una cosa davvero difficile da mandare giù e su di lui mio padre è stato davvero spietato perché gli ha voltato le spalle dall’oggi al domani senza che lui ne capisse il motivo.”
“Ma Kain…”
“Kain guarirà, ne sono certo. E’ più forte di quanto tu creda, fidati di me che conosco molto meglio la sua storia. Lui non ha bisogno della tua vendetta, non gli cambia di certo la situazione.”
“Merda! – sibilò Roy – Non hai idea di quanto abbia voglia di prendere a pugni qualcuno.”
“Tu e Jean ci state arrivando a questa rissa, eh? Non mi ha detto niente ma si capisce che siete ai ferri corti per causa mia, ma conto che risolverete.”
“Se vuole parlarmi io sono qui, ma dovrà essere molto convincente.”
“Mh – sogghignò il rosso – temo che lui la pensi allo stesso modo. E anche se ora faccio pace con te lui non seppellirà l’ascia di guerra.”
“Vuoi davvero fare pace? – chiese Roy con sospetto – Il tuo grande amico lo vedrà come tradimento.”
“No. L’amicizia è rendersi conto che le situazioni brutte si possono superare con un po’ di buona volontà e uno che prenda l’iniziativa. Riza e Vato ci stanno morendo pur di farvi riappacificare e mi pare giusto fare la mia parte: nessun rancore Roy?” e tese la mano.
“Lo fai solo per Riza e Vato?”
“No, lo faccio perché, nonostante tutto quello che ci siamo urlati contro, ti considero mio amico. Ti va bene messa in questo modo?”
“Sì, direi di sì.” annuì Roy con un sorriso, stringendo senza più esitare la mano che gli veniva offerta.
“Per quanto riguarda Jean, sono sicuro che troverete un modo per sfogare la vostra rabbia.”
“Non ti offendere se lo riempirò di pugni.”
“Non mi offenderò nemmeno se lo farà lui con te.”
E Roy non poté fare a meno di sorridere.
 
“La famiglia Havoc al completo che scende in paese, quale onore!” scherzò James quel pomeriggio mentre guidava il carro per il sentiero che conduceva verso il centro abitato.
“Andiamo fratellone, aiutami! – supplicò Janet – Non trovo un pensierino sull’amicizia, mi paiono tutti stupidi e sicuramente i miei compagni ne faranno di molto belli.”
“Ma che cosa ne so! – protestò Jean, leggermente contrariato di aver dovuto cedere il suo posto in cassetta alla madre, per stare dentro al carro con la sorellina – Non stressarmi con i tuoi compiti e… ma quella è la mamma di Kain! Ehi, signora Fury, come sta?”
“Buon pomeriggio a tutti – salutò Ellie, facendosi da parte nel sentiero – come state?”
“Ciao signora mamma di Kain! – salutò Janet con entusiasmo – Stai andando in paese?”
“Sì, tesoro – sorrise la donna, mentre James fermava il carro – Devo fare alcune commissioni e ne approfitto per godermi un paio di ore d’aria.”
“Allora che ne dice di farsi il resto del viaggio con noi? – propose subito Jean – Venga, dai! La aiuto a salire.”
“Ma sì, Ellie – annuì Angela – Sali che così chiacchieriamo un po’. E’ da tanto che non ci vediamo.”
E così, davanti a quelle insistenze, la giovane donna si trovò seduta nel carro con Janet che subito si accoccolò al suo grembo. Era la prima volta che si concedeva un’uscita da quando Kain stava male: si era sempre rifiutata di lasciare il capezzale del bambino e le commissioni le aveva sempre sbrigate Andrew o anche Riza. Quel pomeriggio, proprio su insistenza del marito, aveva deciso di concedersi per la prima volta un po’ di tempo per se stessa: si era fatta un bel bagno rigenerante, messa un abito fresco e si era incamminata godendosi il piacevole tepore del pomeriggio di maggio. E adesso, l’incontro con la rumorosa e divertente famiglia Havoc le faceva completare quel tragitto in gran bellezza.
“Pensavo di andare a trovare Laura come finisco le commissioni.” ammise mentre chiacchierava con Angela.
“Ci pensavo pure io: purtroppo non è che possa scendere spesso in paese e mi devo fidare di quello che mi dice questo furfante di figlio.”
“Che hai ora contro di me?” protestò Jean.
“Niente, lascia stare… e vedi di non fare danni quando siamo in paese.”
“Ma io dico, che è questa sfiducia nei miei confronti?” borbottò lui con aria estremamente offesa, suscitando le risate degli altri.
 
Proprio in quel momento Laura accarezzava i capelli di Henry.
“Allora, la mamma adesso esce per una ventina di minuti: deve andare a comprare alcune cose che si è dimenticata. Heymans non c’è, ma torna presto: te la senti di restare da solo?”
Il ragazzino, seduto nel pavimento di camera di Heymans con diverse biglie davanti a lui la fissò con aria smarrita. Era chiaro che l’idea di restare per la prima volta solo lo innervosiva e dovette fare uno sforzo per annuire debolmente: le sue dita corsero alle palline di vetro, iniziando a disporle in fila.
“Sarò di ritorno prima di quanto tu creda, Henry. Stai tranquillo.” sorrise la donna.
Come uscì di casa trasse un profondo respiro e si fece coraggio: non aveva dubbi che avrebbe incontrato persone che avrebbero fatto dei commenti su di lei, ma non poteva stare chiusa in casa. Era come dargliela vinta e lei non voleva: ora che si era affrancata da Gregor, recuperando una libertà di cui non godeva da ormai quindici anni, non aveva nessuna intenzione di rinunciare alla sua vita.
Certo, avrebbe voluto avere la forza di suo fratello per poter reagire meglio alle provocazioni, ma…
“Signora Breda!” una voce la chiamò e lei si girò preoccupata, pensando che i suoi tormentatori iniziassero la loro opera da subito. Ma poi vide che si trattava della moglie del capitano Falman.
“Signora Falman – sorrise timidamente, ricordandosi di quanto fosse stata gentile con lei, prendendosi cura anche di Henry nei primi tragici momenti dopo l’arresto di Gregor – buon pomeriggio.”
“Non l’avevo più vista e mi chiedevo come andassero le cose: Vato oggi mi ha detto che suo figlio Heymans è tornato a scuola.”
“Sì, è un nuovo passo verso la normalità.”
“E il piccolino? Povero caro, era così sotto shock quel giorno.”
“Piano piano si sta riprendendo anche lui – annuì Laura, felice di poter parlare con una persona amica – e suo marito come sta?”
Fu incredibilmente spontaneo come si presero a braccetto ed iniziarono a chiacchierare, mentre si dirigevano verso i negozi. Rosie non aveva molte amiche strette, probabilmente dipendeva dal fatto che lei e Vincent non erano originari del paese, ma si erano trasferiti per il lavoro di lui; Laura le era piaciuta da subito, nonostante l’avesse conosciuta in circostanze non proprio felici. E poi suo figlio era buon amico di Vato e lo trovava davvero simpatico ed educato.
Negli ultimi giorni le era spesso capitato di sentire frasi sgradevoli su Laura e c’era rimasta molto male: più di una volta era stata tentata di ribattere, ma un po’ per timidezza e un po’ per paura di mettersi contro tutte quelle persone, aveva fatto finta di niente. Tuttavia, quando aveva visto Laura non aveva potuto fare a meno di andarle incontro.
“Perché dopo non viene a casa mia a prendere un the?” propose Laura, mentre entravano nel negozio.
“Volentieri, è da un po’ che…”
“Ehi, tu, poco di buono, non dovresti mettere piede in questo posto!”
Queste parole interruppero la serena conversazione e videro che a parlare era stata la proprietaria del negozio, circondata da un discreto numero di donne dagli sguardi ostili.
“Scusi?” fece Rosie.
“Signora Falman, lei non dovrebbe accompagnarsi ad una simile persona: ha un decoro da mantenere in quanto moglie del capitano di polizia.”
La mano di Laura che stringeva il braccio di Rosie si allentò, come se la rossa volesse allontanarsi per evitare di contaminarla con la sua difficile situazione. Ma se Rosie aveva esitato prima, a questo punto prese coraggio e consolidò la stretta sull’amica.
“Con chi mi accompagno è affar mio e lei è una persona perbene.”
“E’ una donna separata, non capisce? Quale vergogna…”
“Signora Falman – mormorò Laura – non deve…”
“Vergogna è vedere delle donne che invece di essere solidali…” continuò Rosie con voce pacata ma decisa.
“Non si può essere solidali con una sgualdrina! Perché è quello che è… poco di buono, sei un oltraggio per noi donne perbene.”
“Patricia Mott, tappati quella bocca perché hai più scheletri negli armadi tu di tutti gli altri!”
Laura e Rosie si girarono interdette e videro Angela sulla soglia del negozio con Ellie dietro che aveva l’aria notevolmente imbarazzata. Mani sui fianchi, sguardo irritato, la signora Havoc squadrò con attenzione tutte le sue avversarie prima di fare dieci passi, superando Rosie e Laura, e andare davanti a loro.
Ellie, silenziosa, si accostò a Laura e la prese per il braccio libero.
“Tutto bene?” le chiese.
“Sì, però…”
“Angela Astor, come ti permetti?”
“Per te sono Angela Havoc, Patricia! E se ti pesco a dare ancora fastidio alla signora Laura ti assicuro che me la paghi cara: lei è mia amica, hai capito bene?”
“Adesso capisco da chi ha preso quel maleducato di tuo figlio…”
“Non osare parlare di mio figlio, disgraziata! Mi ha raccontato della tua grande abilità nel muovere la tua linguaccia acida! Proprio come a scuola: se non seminavi zizzania non eri contenta.”
“Come osi!”
“Hai fregato il ragazzo ad Allison, credi che non me lo ricordi? E ci hai anche provato anche con James quando era già il mio fidanzato, credi che non lo sappia? Crescendo sei diventata ancora peggio… e queste oche starnazzanti attorno a te sono la tua degna congrega!”
 
Proprio fuori dal locale stava c’era James con Janet in braccio che sentiva tutto e si faceva grosse risate.
In quel momento passò anche Vincent, attratto da tutto quel rumore e pronto ad intervenire per riportare l’ordine in caso di necessità.
“Che succede?” chiese con aria preoccupata.
“Niente, mia moglie si sta semplicemente facendo valere. Che spettacolo di donna, adoro quando fa così!”
“Ma c’è anche mia moglie là dentro!”
“Si calmi e si goda la scena, capitano – lo bloccò James – che ne vale la pena.”
“La mamma ora gliene canta quattro.” annuì Janet con convinzione.
 
“Brutta villana!” disse Patricia.
“Sta zitta, strega da quattro soldi! Te la prendi tanto con lei, ma lo sappiamo tutte che tu, che tanto ti professi casta e pura, quando avevi sedici anni te la sei fatta con il fratello di Tom Derson!”
A quell’affermazione ci fu un mormorio di stupore, mentre l’interessata arrossiva.
“Non è vero!”
“Ma se te ne sei vantata per settimane! Che poi cosa ci abbia trovato in te è un mistero considerato che già da allora eri acida e velenosa come una serpe!”
“Almeno ho avuto il buonsenso di non restare incinta.”
“Già e meno male! Povero bambino chissà come ne sarebbe venuto fuori con una madre come te!”
“Chissà come cresceranno i tuoi figli allora: Jean è già un maleducato e l’altra…”
“Dì qualcosa sui miei ragazzi e non risponderò più delle mie azioni. Le donne come te mi fanno rivoltare lo stomaco: un sabba di streghe, Jean vi ha proprio definito bene. E se lui e Janet prendono da me, ne sarò felicissima: saranno sempre in grado di riconoscere le persone idiote e retrograde come voi!”
“Che donna impudente, non capisco proprio come tuo marito ti possa sopportare.”
“Io ho due figli e tu nemmeno uno… rivoltiamo la questione: forse è tuo marito a non sopportarti e a voler star lontano dal te perché ha paura di morire avvelenato. Comunque, care le mie pollastre, se avete qualcosa da dire alla signora Laura, venite a parlarne quando ci sono pure io e vediamo.”
“Signora Fury, dica qualcosa… lei è così perbene.”
“Da donna perbene non posso che confermare ogni parola detta dalla signora Havoc.” sorrise candidamente Ellie, posando con disinvoltura la testa sulla spalla di Laura in un gesto d’affetto.
“Mi accodo a quanto detto dalla signora Fury.” annuì Rosie.
“La merce di questo posto è avariata, ragazze – si girò Angela – andiamo da un’altra parte.”
E così le quattro donne uscirono vittoriose dal negozio, accolte da un sogghignante James ed uno perplesso Vincent.
“Rosie…”
“Lascia stare, caro – alzò le spalle lei, accarezzandogli il braccio – questioni tra donne.”
“Ah, gallinella mia – James sollevò tra le braccia Angela e le diede un bacio entusiasta – adoro quando arruffi le piume in questo modo.”
“Ahah! Era da tanto che non mi divertivo così –ammise la donna – stupide pettegole, pensavano di essersi liberate di me, ma si sbagliavano. Adesso bisogna proprio andare a festeggiare signore, che ne dite?”
“Proponevo un the a casa mia.” disse Laura con un gran sorriso, circondata dalle sue amiche.
“E sia! Ci vediamo dopo, signori. Vieni, Janet, anche tu devi festeggiare con noi!”
 
Proprio mentre Angela si scontrava con le altre donne, mostrando tutto il suo caratterino, Jean e Roy si squadravano con astio con Heymans e Vato in mezzo a loro: si erano incontrati per caso e sembrava che ormai non ci fosse niente che potesse rimandare lo scontro.
“Non azzardarti ad aprire quel libro sulla diplomazia o ti ammazzo.” avviso Jean.
“E chi lo apre… tanto non mi dareste mai ascolto.” ammise Vato con stizza.
“Non sono arrabbiato perché avete fatto pace – continuò, rivolgendosi a Roy – sono furioso perché sei una persona ostinata e testarda… ho tanta rabbia dentro di me che non puoi immaginare!”
“Perché io no? – esclamò Roy, affrontandolo – Non hai idea di quella che ho io dentro di me: ti ho sopportato per tutti questi giorni in cui hai fatto l’offeso, ma sono proprio al limite. Se non mi sfogo giuro che esploderò!”
“Heymans Breda! Eccoti qua!”
“Ancora loro? – sbuffò Heymans, girandosi e guardando i suoi avversari – Oh, addirittura in dodici. Che succede? Avete ancora problemi con la mia famiglia?”
“Stamattina hai avuto fortuna, ma non credere che… uh…”
Jean e Roy si erano appena voltati verso di loro con gli sguardi furenti.
“Io sono veramente incazzato…” mormorò Jean.
“Se non picchio qualcuno…” continuò Roy.
“Sapete, ragazzi – ammise Heymans, mentre i due si affiancavano a lui – ora che ci penso mi sento molto arrabbiato pure io e ho bisogno di sfogarmi: perché non testiamo la forza di tre indipendenti contro un branco di idioti?”
“Ragazzi… - iniziò Vato con preoccupazione – non credo che…”
“Al diavolo la diplomazia!” gridò Jean buttandosi a capofitto verso i suoi avversari.
Quale modo migliore di sfogare finalmente tutta questa rabbia repressa?
 
Circa venti minuti dopo Heymans aprì la porta di casa per far entrare i suoi amici di soppiatto.
“Bene, sembra che mamma non sia ancora tornata e…” la sua frase fu interrotta da delle risate che provenivano dalla cucina, risate chiaramente femminili.
“Merda – sibilò Jean – questa è la risata di mia madre: andiamo via prima che…”
Ma quasi a farlo apposta la porta della cucina si aprì ed uscì Laura.
“Heymans! Quell’occhio nero… oddio ragazzi, ma che…”
Tutte le altre donne uscirono e rimasero interdette nel vedere i ragazzi pieni di sporco e lividi.
“Vato! – Rosie si precipitò accanto al figlio  – Ma che cosa hai fatto?”
“Ho… ho partecipato ad una rissa – ammise lui sconvolto – e credo… credo di avere un forte mal di testa.”
“Ma quello a cui hai dato il tuo libro in testa ne ha molto di più, fidati – disse Jean, battendogli una pacca sulla spalla – Ah, ragazzi, mi sento molto meglio: tutta questa rabbia da sfogare proprio mi stava dando fastidio.”
“A chi lo dici – annuì Roy – meno male che quegli scemi si sono offerti volontari.”
“Roy, fatti vedere – Ellie si fece avanti – pazzo furioso, guarda che lividi. Laura, hai ghiaccio?”
“Tutti in cucina – sospirò la donna – andiamo a fare la conta dei danni, le spiegazioni a dopo.”
“L’amicizia è… venire coinvolto in una rissa…” sospirò Vato.
“Buona definizione, amico – disse Heymans – dovresti dirlo all’autore di quel libro. Guarda come hanno risolto i loro problemi Roy e Jean.”
“Mi piace questa idea: penso che lo scriverò come pensierino.” disse Janet, seguendo quella strana truppa.

 
 
  
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