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Autore: OfeliaMontgomery    24/03/2014    1 recensioni
Cos'hanno in comune Ofelia Montgomery, Rebekah Warner, Arlene Douglas, Georgia Adams, Delia Morton e Nora Day? Il corpo.
Dal primo capitolo:
Il signor Nicholas Hudson, il guardiano del cimitero restò stupito nel vedere Ofelia Montgomery camminare per le strade della città, di notte e da sola.
– Signorina Ofelia che ci fa qui da sola? E per giunta così? – chiese l’uomo indicando l’abbigliamento strano della ragazza, portava ancora la camicia da notte ed era scalza.
– Non so chi sai questa Ofelia, il mio nome è Georgia Adams e sono venuta a trovare il mio defunto marito – parlò la ragazza con voce quasi metallica facendo qualche passo verso l’entrata del cimitero.
Genere: Dark, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4, maggio, 1892
– Delia mi potresti passare l’ortica? Ti ringrazio – chiese la madre, Elizabeth, pestando la portulaca nel mortaio.
Delia e la madre Elizabeth avevano una piccola bottega di erboristeria che tenevano sempre aperta per aiutare gli abitanti in caso stessero male. Usavano solamente piante e oli per le loro medicazioni e medicine.
– Madre dobbiamo andare a raccoglierla perché ne è rimasta pochissima – rispose la figlia consegnandole l’ortica.
Il tintinnio della campanella appesa sopra alla porta le fece girare, si trovarono una donna bassa e grassottella con il viso ricoperto di rughe. Davanti alla bocca portava un fazzoletto nero che usava quando tossiva.
– Signora Underwood – esclamò Elizabeth guardando la donna – Di cos’avete bisogno? – chiese smettendo di pestare l’infuso.
La donna si avvicinò al bancone di legno ed appoggiandoci sopra un sacchetto di stoffa nera parlò – Ho bisogno di qualcosa contro al mio raffreddore, ho provato la medicina che mi ha consigliato il dottore, ma non vuole passare. Avete qualcosa? – tossicchiò portandosi il fazzoletto davanti alla bocca.
– Certamente, mia figlia le preparerà subito la crema – disse Elizabeth sorridendo alla donna poi guardò la figlia e le disse di cominciare a farlo.
Delia iniziò a prendere gli ingredienti: due fusti di portulaca; un piccolo mazzetto di fiori di glicine essiccati; un paio di semi di idraste e una boccetta di olio di pino.
Iniziò a pestare gli ingredienti nel mortaio, prima il glicine, poi i semi di idraste ed infine i fusti di portulaca e ogni tanto metteva delle gocce di olio di pino per ammorbidire il tutto, fino a farli diventare una crema. Iniziò ad utilizzare il pestello con un dolce e costante movimento rotatorio sulle pareti del mortaio e lo lavorò fino a quando non raggiunse una crema omogenea e ben amalgamata. Quando ebbe finito il tutto ne mise una buona quantità dentro ad un vasetto di vetro che consegno poi alla signora Underwood.
– La deve sparlare sotto al collo oppure ne mette una piccola quantità sotto al naso prima di andare a dormire – spiegò Delia sorridendo gentilmente alla signora.
– Vi ringrazio. Vanno bene le monete, è tutto quello che ho per ora? – chiese la donna aprendo il sacchetto e svuotandolo sul bancone.
Delia le contò, erano cinque monete d’oro, – Vanno più che bene signora Underwood – rispose annuendo e prendendole in mano per poi ritirare in una piccola scatola di metallo.
– Grazie davvero, buona serata – ringraziò la donna uscendo dalla piccola bottega, – Salve signora Underwood, buona giornata anche a voi – dissero in coro Delia e Elizabeth.
Quando fu uscita del tutto Elizabeth sospirò – Stiamo finendo quasi tutto, domani mattina dovremo andare a raccogliere un po’ di fiori e piante – dichiarò portandosi le mani nei capelli.
– Va bene madre – disse Delia stringendosi nelle spalle.
Delia e Elizabeth lavorarono tutti il giorno fin quando l’orologio del campanile della cittadina non scoccò otto rintocchi. Erano le otto di sera e le due donne finalmente potevano tornarsene a casa a riposare.
Chiusero per bene la bottega e si diressero verso la loro piccola casetta in mezzo al bosco. Non era molto lontana dal centro della cittadina, ma era isolata. Non c’erano altre case intorno, solo la loro.
Passarono per un sentiero che portava dritte verso la loro casa, appena entrarono, la trovarono vuota. Il padre era ancora a lavoro, faceva il fornaio in una piccola panetteria in città.
Le due donne si andarono a sdraiare un attimo per riposarsi le ossa. Dopo essersi riposate si alzarono entrambe, Delia si mise a leggere un libro sedendosi su una piccola poltrona vicino alla finestra invece la madre scese al piano inferiore, si diresse verso la cucina ed iniziò a preparare la cena. Fece la pasta al ragù, quella che piaceva tanto alla figlia e al marito.
Delia stanca di leggere si mise a guardare fuori dalla finestra, era davvero buio, si faceva persino a vedere il sentiero se non si aveva una con sé una lanterna. La città era illuminata da dei lampioni invece nel bosco non ce n’era neanche uno.
– Delia è arrivato tuo padre, scendi – urlò la madre facendosi sentire chiaramente.
La ragazza si alzò dalla poltrona e scendendo dalle scale facendo attenzione a non cadere si diresse verso la cucina e appena vide il padre gli saltò in braccio.
– Mi sei mancato – sussurrò la ragazza, il padre la strinse forte a sé ed le accarezzò i capelli – Anche tu – ribatté dolcemente lui.
La famiglia Morton mangiò tranquilla, ridendo e scherzando. Quando ebbero finito di cenare andarono a dormire perché la mattina seguente si sarebbero dovuti alzare molto presto.
Le prime a svegliarsi furono le donne che lasciando dormire l’uomo di casa, uscirono per andare a raccogliere l’ortica nel bosco lì intorno.
Non ci misero molto a trovarla perché era ovunque. La trovarono ai fianchi dei sentieri e intorno a molti alberi. Ne raccolsero tantissime, così tante che per almeno due mesi erano sicure di avere la scorta.
– Tesoro ne abbiamo raccolta abbastanza, andiamo al mercato ora – disse la madre pulendosi le mani su uno straccio che portava sempre con sé.
Delia annuì mettendo nella cesta l’ultima piantina – Va bene andiamo adesso, così almeno riusciamo anche ad aprire il negozio per le otto – disse la ragazza incamminandosi verso la città insieme alla madre.
Appena arrivarono al mercato, si trovarono le strade piene di gente, si sentivano gli uomini parlare del loro lavoro, mentre le donne sceglievano il cibo da comprare, dal latte alla frutta. I bambini invece giocavano insieme correndo fra la gente.
Le due donne si diressero subito verso la bancarella del fioraio – Salve signor Osborne – salutò gentilmente Elizabeth guardando i meravigliosi fiori che Alfred Osborne aveva esposto sulla bancarella davanti alla sua bottega. – Salve signora Morton e salve anche a voi signorina Delia – disse gentilmente il fioraio sistemandosi gli occhiali sul naso.
– Salve – rispose la ragazza.
La madre prese in mano una pianta di glicine – Alfred ho un grande ordine da farvi – disse la donna annusando il fiore.
– Ditemi pure – prese un foglio e una penna pronto a scrivere quella che le diceva la donna.
– Allora mi servirebbero una buona quantità di piante di: glicine, portulaca, rafano e l’agrimonia – elencò la donna guardando la figlia che parlò – Non dimenticate il trifoglio, vi ringrazio –.
Elizabeth annuì – Giusto me ne stavo dimenticando, grazie tesoro – disse la donna accarezzando i capelli a Delia.
– Madre vado a fare un giro, torno fra poco – disse la ragazza incamminandosi fra la gente.
Camminò per un paio di minuti fermandosi solamente quando notò un piccolo uccellino ferito che stava annegando dentro alla fontana mentre i bambini rideva indicandolo.
Delia camminò velocemente verso la fontana tirando fuori dall’acqua l’uccellino e scoccando uno sguardo di fuoco ai bambini che corsero via con la coda fra le gambe. Gli accarezzò l’ala ferita e lo asciugò con il suo vestito. Cercando di non farsi vedere da nessuno fece cadere qualche gocciolina di un infuso che teneva come ciondolo dentro ad una boccetta di vetro sull’ala dell’uccellino. L’infuso l’aveva preparato lei qualche giorno prima per provare a creare una nuova medicina. Delia lanciò in aria l’uccellino che sbattendo velocemente le ali riuscì a prendere il volo ed allontanarsi dalle strade tornando nei boschi.
Una donna da lontano vide tutto e facendo passa parola con le sue amiche pettegole ben presto la gente seppe quello che Delia aveva fatto.
Delia poi tornò indietro dalla madre e l’aiutò a portare a casa la merce, insieme a due uomini che lavoravano per il signor Osborne.
Si fece buoi e il padre tornò a casa pronto per cenare con la sua famiglia, ma un frastuono fuori dalla loro casa glielo impedirono.
Elizabeth andò ad aprire la porta preoccupata, si trovò davanti il sindaco della cittadina –Signor Barton cosa ci fate qui? Cosa sta succedendo? – chiese sconvolta la madre. Ben Barton entrò in casa spintonando la donna, fu subito seguito da due uomini belli tozzi che presero di forza Delia portandola fuori dalla casa.
– No, cosa fate! Lasciate immediatamente mia figlia – urlò la donna correndo fuori seguita dal marito.
I due uomini la ragazza facendola cadere in malo modo, la gente della cittadina si mise intorno a lei per non farla scappare.
– Cosa state facendo? Lasciate stare mia figlia – gridò ancora la donna facendosi spazio fra la gente.
– Vostra figlia è stata accusata di stregoneria – disse chiaro e tondo il sindaco Barton.
– Cosa? State scherzando? Mia figlia non è una strega – esclamò furiosa la donna andando ad abbracciare la figlia.
Il padre passò fra la gente spintonandola ed arrivò al centro, dove la moglie e la figlia stavano abbracciate.
– L’ho vista con i miei occhi – disse una donna bassa e molto grassa, dal viso cattivo.
– L’hanno vista Elizabeth, mi dispiace – disse fingendosi dispiaciuto il sindaco.
– Cos’avete visto? Cosa? – chiese urlando il padre.
– Ha guarito un uccellino solamente accarezzandolo –
– Non dica fesserie, è una cosa impossibile. Mia figlia è una comune mortale –
Delia stava tremando fra le braccia della madre che le fu strappata via dalle mani – No! – urlò la donna cercando di riprendersi la figlia, ma entrambi i genitori della ragazza furono fermati dai due uomini al servizio del sindaco.
Delia scalciava e urlava il nome dei suoi genitori mentre veniva legata con delle corde molto resistenti intorno ad un albero. Misero intorno alla ragazza della paglia per far si che il fuoco prendesse subito.
– Madre! Padre! – strillò la ragazza prima che il sindaco ordinò di dare fuoco alla paglia che prese fuoco immediatamente. Il fuoco salì fino alla gonna della ragazza che strillava e si contorceva mentre bruciava. Costrinsero i genitori a guardare in ginocchio la loro figlia bruciare. – Delia! Delia! Basta vi prego – urlava disperata la madre fra le lacrime. Il padre cercò di alzarsi ma fu subito colpito in pieno viso da uno dei due uomini al servizio del sindaco.
– Dio libera questa povera ragazza dalla stregoneria e da Satana – urlò il sindaco guardando la ragazza smettere di urlare e di respirare. Delia si accasciò contro al tronco dell’albero ormai morta e la pelle si era annerita. Un uomo spense il fuoco ed avvicinandosi alla ragazza la sfiorò, facendola sgretolare e diventare cenere per il vento.
I genitori della ragazza urlarono disperati fra le lacrime, la loro adorata bambina, la loro dolcissima Delia messa al rogo per una cosa non commessa.
– Piccola mia ci vedremo nella tua prossima vita e te lo prometto ti proteggerò da ogni cosa e persona – sussurrò la donna fra le lacrime prima di dare un’ultima occhiata all’albero bruciato.

 
  
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