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Autore: Strega_Mogana    24/03/2014    2 recensioni
Guardarla dormire e pensare alla loro vita insieme
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Storia scritta per la Severus House Cup - mese di Febbraio, indetta dal Calderone di Severus.
Questa storia si basa sulla canzone dei Ligabue - Tu sei lei qui trovate il testo e la traduzione della canzone. Qui il video della canzone.
Nel testo ci saranno delle frase prese direttamente dalla canzone, ma per amore dell’impatto visivo non le ho segnate.


Guardarla

Il sole stava sorgendo pigro, i primi raggi cercavano di entrare dalla finestra nonostante le serrande chiuse. Nella stanza in penombra si potevano vedere lame di pallida luce illuminare il pavimento di legno, cercando di risalire sul leggero lenzuolo bianco che li copriva.
Severus era sdraiato sul fianco, la testa appoggiata mollemente sulla mano, i capelli leggermente più lunghi del solito gli accarezzavano una spalla. Era a petto nudo, quell'afosa estate lo aveva costretto a dormire con addosso il minimo indispensabile.
Era sveglio da una buona mezz'ora, intento a fissare la donna che dormiva accanto a lui.
La sua donna.
Sorrise leggermente mentre si perdeva a fissarne le labbra leggermente dischiuse, mentre il respiro regolare le faceva sollevare il petto coperto da una leggera canotta lilla.
Dopo tutti quegli anni non smetteva di guardarla, a volte ancora a bocca aperta come i primi tempi. Come le prime mattine quando la osservava mentre si rivestiva nella sua stanza ad Hogwarts saltellando per infilarsi i jeans attillati o gli stivali con il tacco alto, semplici abiti Babbani in netto contrasto con l'ambite che la circondava o la bacchetta che nascondeva con la magia nella manica di qualche maglia. Quei tempi lontani, quando non riusciva a capacitarsi che lei fosse lì con lui.
Era passato tanto tempo dal loro primo bacio, dalla prima volta che aveva assaggiato la sua pelle, da quando era rinato nel suo corpo.
Ancora ricordava il giorno in cui la signorina Granger era sparita e al suo posto era arrivata Hermione.
Era una sera primaverile, una delle prime con una temperatura gradevole, una di quelle sere con il cielo limpido e mille stelle pronte a rendere quella serata romantica e perfetta.
Passeggiava per Diagon Alley dove aveva incontrato un amico di vecchia data, uno di quelli che era sparito con il ritorno dell'Oscuro e che era ritornato anni dopo la sua definitiva caduta. Uno dei pochi amici che gli era rimasto a dire il vero, uno di quelli veri, di quelli che se anche non senti da anni quando lo incontri di nuovo è come se non fosse passato un giorno.
Si era preso la sera libera dagli impegni di Hogwarts e aveva deciso di passare la serata con lui, a ricordare i vecchi tempi, prima che il Marchio lo condannasse, prima che la sua vita fosse tinta di rosso sangue.
Era stata una serata piacevole; si era, stranamente, divertito ed era uscito dalla casa dell'amico decisamente brillo, così si era concesso una passeggiata sotto quel cielo limpido per schiarirsi la mente prima di smaterializzarsi per evitare di spaccarsi.
L'aveva vista seduta su una panchina vicino al Ghirigoro. Vestita in modo elegante, la borsetta lucida abbandonata accanto, le scarpe lasciate sole a terra.
Decisamente una versione di Hermione Granger insolita.
Si era avvicinato spinto dalla curiosità e dall'alcool.
Quando la sua ombra l'aveva avvolta, lei aveva alzato la testa.
Ricordava ancora il suo sguardo pieno di collera, le labbra strette come se avesse paura di parlare troppo e dire cose di cui poi si sarebbe pentita.
- Buonasera signorina Granger.
- Fantastico... - aveva borbottato lei abbassando lo sguardo, usando un sarcasmo che non le apparteneva - questa è proprio la ciliegina sulla torta di melassa.
Aveva sollevato un sopracciglio diviso tra il desiderio di andarsene lasciandola con i suoi malumori o riderle in faccia.
Non la vedeva dalla cerimonia dei M.A.G.O. dove aveva presenziato solo come Preside in carica visto che era ancora cagionevole di salute.
Lei aveva provato, quando era in ospedale, a parlargli, ma aveva rifiutato ogni tipo di visita e, alla fine, aveva abbandonato l’idea assurda di essergli amica, impegnata a vivere la sua vita decisamente più interessante rispetto a quella di un moribondo confinato in un letto d'ospedale.
Da allora quello che sapeva su Hermione Granger erano state le informazioni che leggeva sulla Gazzetta del Profeta.
La notizia del suo impiego al Ministero come avvocato delle creature magiche aveva ricevuto un misero trafiletto nascosto sotto una notizia ben più importante e più insignificante. Invece lo scoop della sua rottura con l'eterno fidanzato Weasley, rottura voluta da lui da quanto aveva letto, aveva occupato pagine e pagine del giornale per molti giorni. La Skeeter aveva anche pubblicato un inserto speciale dove raccontava tutti i retroscena di quella storia d'amore finita male.
Era stato utile per alimentare il fuoco nel camino.
- Mi dispiace. - sospirò lei passandosi una mano tra i ricci morbidi – E' stata una serata orribile. Può sedersi se vuole.
Si era accomodato senza dire nulla, lasciando che l'alcool abbandonasse il suo corpo, aveva un lieve capogiro che gli fece capire che era molto più brillo di quello che credeva.
Lei si torturava una perlina lucida del vestito che indossava.
- Sono abituata agli idioti. - aveva borbottato, ma non stava parlando con lui – Sono circondata in ufficio da idioti, ma questo... questo li batte tutti. La prossima volta che Ginny vuole presentarmi un suo collega del Profeta la schianto.
- Cosa si aspettava da uno che si esalta per dieci persone su una scopa intenti a lanciarsi bolidi a vicenda con l'unico scopo di prendere una minuscola pallia dorata?
Si era voltata verso di lui, rossa in volto, con gli occhi sgranati.
- Ho parlato ad alta voce?
- Deve proprio essere stata una serata disastrosa se non si rende conto neppure quando i suoi pensieri sono tutto tranne che silenziosi.
Hermione si appoggiò allo schienale della panchina chiudendo gli occhi.
- Devo sembrare una stupida. Vestita da appuntamento, su una panchina a parlare da sola. Per colpa di un idiota. Non ho neppure cenato e sto morendo di fame.
Era calato di nuovo il silenzio tra di loro. Lei si era messa a fissare il cielo, lui le sue scarpe col tacco alto abbandonate sulla strada.
- Posso offrirle la cena professore? - gli aveva domandato a bruciapelo – Non ho voglia di stare da sola, potrei andare da Ginny e insultarla per avermi presentata quel Troll travestito da mago e...
- …sta morendo di fame. - aveva finito lui ripetendo le sue parole sollevando lo sguardo per guardarla.
- Esatto. - aveva fatto un timido sorriso che l'aveva stupito.
- E' tardi, Granger. Tutti i ristoranti sono chiusi o lo saranno tra poco.
- Il mio appartamento è vicino. Posso cucinare qualcosa. Qualcosa di commestibile.- si era affrettata ad aggiungere – Ma, forse, ha già mangiato e io la sto solo importunando.
L'alcool non era mai stato un buon amico con cui sfogarsi, Severus lo sapeva bene, aveva imparato con gli anni a limitarsi davanti alla bottiglia perché era in grado di fargli fare cose inusuali, probabilmente influenzato dai geni malati di suo padre. Per questo si era alzato e, invece di seguirla nel suo appartamento, l'aveva aiutata ad alzarsi da quella panchina e, stringendola, si era smaterializzato con lei ai confini della scuola.
Lei aveva fissato il castello con lo sguardo sognante, poi l'aveva fissato stupita da quel suo gesto.
- E' sempre bellissimo. - aveva sussurrato con gli occhi lucidi davanti ai cancelli dopo che avevano percorso la breve strada che separava Hogsmeade alla scuola – Mi è mancato tantissimo.
L'aveva portata nelle cucine dove una decina di elfi si affrettarono a preparare la cena per entrambi.
- Lo sa che questo è sfruttamento del lavoro? Potrei citarle mille leggi che la obbligano a dare a questi poveri elfi almeno un giorno libero a settimana. - disse lei con fare professionale mentre un elfo le metteva davanti un piatto di stufato.
- Zitta e mangia, Granger. - aveva ordinato lui mentre il suo piatto veniva riempito di zuppa – Non avevi fame?
Avevano iniziato a mangiare in silenzio, ogni tanto Hermione si guardava attorno. Finito lo stufato aveva iniziato a raccontargli i suoi ricordi legati a quel posto. Le sue battaglie per il C.R.E.P.A., di Dobby e di Winky.
Mentre lei parlava lui non capiva perché si era seduto su quella panchina, perché l'aveva portata a Hogwarts per farla magiare.
Diede la colpa all'alcool e a quella serata di euforia l'amico.
Iniziarono a parlare, di cose prettamente inutili, di sciocchezze che presto avrebbero dimenticato. L'aveva salutata con poche parole e un lieve mal di testa, dovuto un po' all'alcool, un po' alla sorpresa di quella serata.
Catalogando quella strana situazione come incidente. Era certo che la Granger, una volta tornata a casa, alla sua routine, alla sua vita, avrebbe dimenticato quell'incontro o avrebbe fatto finta di non aver passato una serata piacevole con il Preside di Hogwarts, il bastardo unticcio Professor Piton.
Invece si erano incontrati altre volte, iniziando a parlare di cose più serie, a volte di lavoro.
Spesso era lei a cercarlo e a lui faceva, per qualche strana ragione, piacere.
Aveva così scoperto che Hermione non parlava più con Ron dalla loro rottura, che lui l'aveva tradita più volte con donne più semplici e frivole. Che i suoi genitori, dopo aver fatto tornare loro la memoria e riportati a casa, erano distanti, freddi, per la prima volta spaventati dallo loro unica figlia e da quel suo dono che, all'inizio, avevano considerato una benedizione. Avevano capito ed accettato il suo gesto, ma qualcosa si era rotto nel loro rapporto quasi costringendola a trovare un appartamento suo dove non avessero più timore della sua bacchetta.
Aveva continuato a stupirlo, sempre come se non ci fosse mai una fine a quello che lei poteva dirgli.
Aveva trovato un'anima sola, che mascherava la sua tristezza con un finto sorriso di cortesia. Con lui riusciva, per qualche strana ragione, ad essere se stessa, se non voleva sorridere non era obbligata a farlo. Passavano serate a parlare, altre in cui restavano in silenzio. Ognuno nei propri pensieri godendosi ognuno la presenza dell'altro.
Severus sorrise mentre la fissava dormire.
Era stato tutto naturale, così semplice e spontaneo quasi da far paura.
C'erano voluti anni per decidere di andare avanti dopo Lily.
Era stanco della solitudine, del letto vuoto, del buio che lo circondava divorando quello che restava del suo cuore e della sua anima.
Era semplicemente stanco di sentirsi un eremita in balia degli eventi e voleva, desiderava, essere felice.
Sentiva di meritarlo.
Aveva provato ad uscire a dire il vero, di nascosto, in posti irraggiungibili dai pettegolezzi e occhi curiosi. Ma tutte erano spaventate dal suo lato oscuro, dai suoi lunghi silenzi, dei suoi momenti in cui si chiudeva in se stesso, di quegli occhi di tenebra che raccontavano una vita di dolore difficile da accettare e comprendere, delle sue cicatrici che narravano la storia di un uomo che aveva combattuto per tutta una vita. Avevano paura delle sue rughe colme di dolore e rimorso. Avevano paura del fantasma di Lily.
Le sue storie, poche a dire il vero, non erano mai durate abbastanza da innamorarsi.
Quando aveva incontrato Hermione su quella panchina si era, ormai, rassegnato a non essere amato mai più.
Il suo tempo era scaduto, il suo momento per amare era volato via ed era impossibile riprenderlo.
Era un pensiero triste, ma aveva imparato che c'erano cose ben peggiori al mondo.
E poi era arrivata lei. Uragano riccioluto che combatteva per i diritti degli Elfi Domestici.
Aveva portato una nuova aria nella sua vita, aveva portato colore, freschezza, amore.
Lei con i suoi difetti che tentava, ancora oggi, di nascondergli, ma che a lui piacevano tutti senza eccezione e quando provava a dirglielo si tappava le orecchie con un sorriso perché non voleva sentirselo dire.
La prima volta che avevano passato la notte insieme non si erano parlati per un mese intero.
C'era troppo imbarazzo, troppe cose dette tra di loro per catalogare quella serata come un semplice sbaglio.
Entrambi sapevano che voleva dire molto di più, ma nessuno dei due voleva fare la prima mossa.
Erano spaventati dai loro stessi sentimenti.
Hermione si mosse nel sonno, la vide muoversi piano, portandosi una mano vicino al viso, le labbra leggermente discusse in un sorriso.
Gli piaceva guardarla mentre dormiva, mentre sognava e lui stava fuori da quel mondo incantato, cercando di indovinare cosa, chi, stesse sognando.
Era bella quando era completamente abbandonata al sonno.
E dopo tanti anni lei era ancora in grado di scuotere il suo mondo, quando tutto sembra calmo come il mare nelle limpide giornate estive, lei lo guardava con quel suo sguardo serio di chi conosce la solitudine. Di chi l'ha provata con il suo orribile vuoto.
Alla fine era stato lui a muoversi, andando a trovarla nel suo ufficio, cercando di capire se era lei quella di cui si sarebbe innamorato dopo Lily. Se quel tremito allo stomaco che avvertiva quando la pensava voleva dire amore.
E mentre aspettava che finisse di parlare con un collega; vestita in modo professionale con quella camicia bianca che gli faceva intravedere le curve aveva capito che era lei.
Lei la sua seconda occasione per amare e per essere amato.
Era lei, in mezzo a tutta quella gente, e lo era sempre stata, fin da quella sera sulla panchina vicino alla libreria.
Era lei.
- Non mi piace quando mi fissi mentre dormo. - mormorò Hermione con la voce impastata senza aprire gli occhi – Lo sai.
Il mago sorrise chinandosi a baciarle la spalla dove era scivolata una spallina.
- Ma tu non stai dormendo. - mormorò prima di torturarle ancora la pelle.
La corta barba della notte le solleticò la pelle morbida facendola ridere. Si girò sulla schiena permettendogli di baciarle il collo.
- Che ore sono? - domandò accarezzandogli la chioma corvina.
- Presto. - rispose lui sollevando appena le labbra dal punto in cui sentiva pulsare la giugulare.
- Quanto presto?
Si puntellò sulle mani osservandole il volto. Hermione aveva aperto gli occhi. Quegli occhi nocciola che lui conosceva meglio di chiunque altro. Così espressivi e pieni di vita. Li aveva visti oscurarsi di dolore quando era morto Grattastinchi, li aveva visti innamorati, felici, colmi di rabbia quando aveva letto che la Umbridge era uscita da Azkaban. A volte li aveva visti nudi, come se non vi fosse nessun sentimento, erano i momenti in cui pensava ai suoi genitori distanti, oppure quando fissava Teddy con la nonna, privato dell'effetto dei suoi genitori troppo presti. E quando li vedeva così scuri da non vedervi la fine le stringeva una mano, le stava vicino e aspettava che quel momento passasse.
E lei faceva la stessa cosa con lui.
Lo sosteneva nei momenti in cui il suo passato sembrava schiacciarlo, quando si vedeva allo specchio e pensava con orrore a quello che aveva fatto per pagare un suo errore. Lo abbracciava quando piangeva davanti alla tomba di Albus.
Scese a baciarla con amore e passione, mentre con una mano cercava un varco sotto la stoffa color lilla.
Lei gli aveva rubato il cuore e non aveva nessuna intenzione di restituirglielo.
Sorrise sulle sue labbra.
Dopo tanti anni tutto era diventato una normale, piacevole routine, eppure lei era ancora capace di movimentare quei semplici momenti di vita quotidiana come un alito di vento che movimenta le statiche chiome degli alberi in primavera.
Le aveva chiesto di sposarlo subito. Qualche mese dopo il loro ufficiale primo appuntamento. Non aveva nessuna intenzione di aspettare oltre, aveva capito che se l'universo intero li aveva fatti rincontrare qualcosa doveva significare. Lei l'aveva salvato dalla morte che porta la solitudine, l'aveva salvato da una vita grigia e priva di amore. L'aveva salvato tante volte, ogni giorno, da qualche tipo di altra morte, a volte senza che lui se ne accorgesse subito. E lei gli regalava ogni giorno d'amore e di vita vissuta con amore.
Un giorno come un altro. Dove tutto sembra uguale, ma dove per lui è solo l'ennesima conferma che quella vita era vera. Reale. Sua.
Affondò il viso nei suoi capelli riempiendosi del suo profumo.
Amava come il suo profumo fosse ovunque nella loro casa, o nel suo ufficio a Hogwarst. Amava sentirselo addosso, era come averla sempre vicino con la sua dolce voce che gli sussurrava all'orecchio io ci sono e sarò sempre qua.
- Non mi hai risposto Severus. - mormorò lei sfiorandogli l'elastico dei pantaloni che utilizzava per dormire.
- Abbiamo un paio d'ore prima che quei due terremoti entrino nella nostra stanza e inizino a saltare sul letto.
La fissò sorridente, la sua mano aveva sollevato la canotta e le stava accarezzando la pelle levigata del ventre.
Hermione gli sorrise lanciandogli un'occhiata maliziosa in grado di accenderlo, si sollevò e gli sfiorò le labbra con le proprie.
- Bene.
   
 
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