Venticinque marzo: dalla padella alla brace.
“Le ultime parole famose, brava”
“Mhm”
“Ma studi comunque?”
“No, uso il libro di anatomia e di fisiologia umana come cuscino”
“Nemmeno quando sei moribonda riesci a reprimere l’ironia?”
“Non sarei tua figlia altrimenti, no?”
L’atmosfera melensa e dolciastra“Mhm”
“Ma studi comunque?”
“No, uso il libro di anatomia e di fisiologia umana come cuscino”
“Nemmeno quando sei moribonda riesci a reprimere l’ironia?”
“Non sarei tua figlia altrimenti, no?”
della malattia gravita sul petto, prepotente e pressante;
cola lattiginosamente sulle membra febbrili,
sui muscoli rilassati, sulle palpebre,
su quell’intricato telaio di capillari venosi
lacerati da nugoli d’incubi alborei.
I brividi percuotono persino i pensieri
slegati, sfibrati, disciolti
in una soluzione troppo acquosa e vitrea;
rimbalzano, fluttuano, scivolano
sulle sottili pareti della stanza, sfuggono dalle dita,
evaporano in ghiacciata condensa contro i vetri opachi.
Il sole cede, timido e stupidamente galante,
il passo all’irriverente pioggia intrepida;
le nuvole espirano, si genuflettono sensuali
e il cielo osserva l’incalzante incedere delle esistenze pullulanti,
auscultando gli atri, i ventricoli gonfi di sangue
e i polmoni saturi di emozioni agglomerate.
“Coperta, due tazze di tè, computer, libri, due magliette,
due felpe, sciarpa; hai bisogno di altro?”
“Sì, delle mie difese immunitarie che compiano il loro dovere in fretta.”
*
Note:
Ho detto ieri che io e il cane ci salvavamo, vero, da questa pestilenza, vero? In questo momento potrei imprecare in tutte le lingue del mondo e ancora non sarebbe abbastanza. E lui se ne sta lì a scodinzolare tutto contento e a mugolare per la passeggiata mancata (e l’espatrio fallito): amoremiobelloseiuntraditore.