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Autore: monalisasmile    04/07/2008    2 recensioni
La Corsara è la prima parte della trilogia di Eär Lindë (Il Canto del Mare).
Jill è una Corsara del regno di Umbar che ha assistito impotente alla distruzione della sua città per mano dell'Oscuro Signore. Raccolta da Gandalf e condotta a Isengard in qualità di apprendista dei due stregoni, è costretta alla fuga a causa del tradimento di Saruman. Ferita e confusa, bramosa di vendetta e di trovar risposta alle molte domande che l'assillano, intraprenderà un lungo viaggio attraverso la Terra di Mezzo alla ricerca di se stessa.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14

Non ci fu il tempo di tergiversare: un nuovo nugolo di Goblin s’avvicinava.
Gandalf disse a Legolas di issare la ragazza sul dorso di Huan e l’Elfo eseguì rapidamente, sciogliendo la sua presa dalla spada e sollevandola con facilità sulla schiena dell’animale.
- Ce la fai a reggerti? – le chiese ad alta voce, al di sopra del frastuono proveniente dalle profondità delle miniere.
Lei annuì debolmente, gli occhi sempre chiusi, stringendo le dita al pelo folto del Lupo. Legolas raccolse Carcharoth e la rinfoderò al fianco della ragazza.
- Ho imparato che senza la tua spada mostruosa non vai da nessuna parte, piccola Corsara. – le sussurrò in un orecchio.
Lei mise il broncio, probabilmente per l’appellativo. Ma non sollevò le palpebre e lo liquidò con un gesto della mano, facendogli segno di andarsene e non scocciarla.
Lui sghignazzò, restando però al fianco del Lupo.

Gandalf li incitò a seguirlo e la Compagnia lasciò la stanza. Tornarono nell’immenso salone, correndo a perdifiato attraverso la foresta di colonne.
Jill teneva il capo appoggiato al collo di Huan. La fronte le bruciava e le mani erano coperte di sudore freddo.
“ Fantastico!” pensò fra sé, cullata dai movimenti dell’animale e per un attimo dimentica della situazione “L’ultima volta che ho avuto un febbrone simile era a otto anni e me ne sono stata una settimana a letto, maledicendo la mia sfortuna. Avessi saputo che mi sarebbe tornata in queste asfissianti miniere pullulanti di Orchetti mi sarei goduta di più le coperte e le tisane!”
Poi la corsa del Lupo s’arrestò bruscamente e Jill corrugò la fronte, socchiudendo gli occhi.
Un attimo dopo desiderò di non averli aperti: uno sciame di Goblin si calava lungo le colonne, sparpagliandosi nella sala. Erano a centinaia, se non a migliaia, e li avevano completamente circondati.
Storse la bocca, disgustata.
“ Ma che bel formicaio.”
Huan ringhiò minaccioso e gli Orchetti serrarono i ranghi, senza però arretrare. Con la coda dell’occhi notò gli occhi di Legolas saettare in ogni angolo della sala, percorrendo le file nemiche in cerca di una soluzione.
“ Inutile.” pensò la Corsara con un filo di amarezza nella mente delirante e perciò non perfettamente conscia della situazione “Moriremo tutti.”

Ma ad un tratto il silenzio cadde nel salone. I membri della Compagnia si guardarono attorno sbigottiti.
Gli Orchetti squittirono terrorizzati, agitandosi. Un secondo dopo le creature nere sciamarono in tutte le direzioni, una miriade di formiche terrorizzate. Si arrampicarono nuovamente sulle immense colonne e scomparvero tra le ombre.
Jill sbatté le palpebre perplessa, mentre una calda luce si profilava all’altro capo del salone, spandendosi fino al soffitto.
“ E ora che succede?”
Un tuono risuonò dalle profondità della terra. Solo allora s’accorse che il Lupo teneva ancora il pelo ritto, le zanne scoperte mentre gli artigli raspavano la roccia.
“ Huan? Che succede?” gli accarezzò il collo, avvertendo la tensione vibrare nei suoi muscoli d’acciaio.
“ Sarebbe meglio tu non lo scoprissi, sorella.”
Il pensiero di Huan non era mai stato tanto carico d’autorità e di timore. Jill rabbrividì, senza però riuscire a focalizzare un pensiero coerente.
La voce di Gandalf la giunse come un eco lontano.
- È un Barlong…un demone delle ere antiche… -
Nella sua mente confusa comparve per un attimo l’immagine del vecchio manoscritto nella biblioteca di Saruman.
“ Fiamme…”

Legolas spalancò gli occhi alle parole dello stregone. Un Barlong, aveva detto lui, un demone delle ere antiche. Ma aveva dimenticato una precisazione: l’incubo più terrificante degli Elfi.
Il principe di Bosco Atro era piuttosto giovane, se considerato coi parametri della sua razza, e la sua gente non aveva notizie di Barlong da diverse generazioni. Ma aveva letto da cima a fondo i manoscritti della biblioteca di corte relativi alla storia delle epoche passate e ne sapeva quanto basta per capire che non avrebbe mai voluto affrontarne uno. Perché contro un Barlong non c’erano speranze di vittoria nemmeno per il più abile dei guerrieri elfici. Solo la magia poteva contrastarlo.
Rabbrividì, al ricordo delle descrizioni riportate dagli storici e per la prima volta da mesi si chiese se non fosse stata la peggiore delle follie unirsi a quella compagnia. Ma con la coda dell’occhio individuò una figurina accasciata sul dorso di un enorme Lupo e l’Elfo accantonò istantaneamente i pensieri di pochi istanti prima.

La fuga della Compagnia riprese. Correvano come se avessero la Morte alle spalle. E forse era proprio così, ragionò Jill, o quanto meno dovevano essere inseguiti dal più terrificante dei boia.
Fuggivano attraverso corridoi e scalinate sospese nel vuoto, evitando le frecce di qualche Goblin appostato tra le ombre, prontamente abbattuto da Legolas. Jill avrebbe voluto correre come i suoi compagni: non le pareva giusto che lei potesse starsene comodamente accasciata sul dorso di Huan. Ma non tentò neppure di protestare, poiché sapeva che le sue gambe non avrebbero retto a lungo quel ritmo e che la sua mente annebbiata le avrebbe impedito di accorgersi per tempo delle rocce sconnesse e dei precipizi.
“ Certo che i Nani avevano un bel gusto per l’avventura, a vivere in posti tanto pericolosi!” sbiascicò nella sua mente delirante.
Aveva caldo: la fronte ardeva dalla febbre e i vestiti bagnati di sudore erano appiccicati al suo corpo. Teneva gli occhi socchiusi e le forme s’agitavano indistinte sotto il suo sguardo annebbiato.
Attorno a loro il fuoco divampava, ruggendo minaccioso. Per un attimo la Corsara credette di udire delle parole, pronunciate in una lingua arcana, a lei del tutto incomprensibile.
Un attimo dopo Huan si lanciò in una folle corsa su uno stretto ponte di pietra. Sporgendosi a guardare in basso, Jill rabbrividì: il precipizio sottostante si perdeva nell’oscurità, apparentemente senza fine.
Guardò alle sue spalle e vide la Compagnia arrancare più in fretta possibile, in fila indiana. Ma dov’era Gandalf?

Quando lo stregone emerse dalla porta, Jill tirò un sospiro di sollievo, che tuttavia rimase intrappolato nella sua gola: Gandalf era tallonato dal Barlong.
“ Corri, Gandalf!” pensò sconvolta “Corri!”
Ma non era giunto a metà del ponte, quando si voltò ad affrontare il mostro. La Corsara sgranò gli occhi, sconvolta, e la Compagnia s’immobilizzò terrorizzata.
Il Barlong si eresse in tutta la sua altezza, rivelando l’orrendo corpo di braci ardenti avvolto dalle lingue di fuoco. Il suo ruggito era un tuono assordante e nella sua bocca crepitavano le fiamme dell’Inferno. Gli occhi erano due tizzoni ardenti di pura malvagità, luminosi e oscuri al tempo stesso. Il suo potere era immenso, quasi palpabile nell’aria infuocata.
“ No, Gandalf…”
Tentò di focalizzare la sua mente intorpidita sulle parole dello stregone.
- …e reggo la fiamma di Anor! –
Il Grigio sollevò il bastone e il suo corpo venne avvolto da una sfera di luce candida. Il violento attacco del mostro rimbalzò sulla sua difesa, ma la cupola si dissolse come una bolla di sapone.
“ Gandalf!” balzò giù dal dorso di Huan.
Ma due braccia si serrarono attorno al suo corpo, bloccandola nella loro presa ferrea.
“ Lasciami!” si dimenò inutilmente nella stretta dell’Elfo “Io so usare la magia! Io posso aiutarlo!”
“ No.” la riprese lui, con un tono che non ammetteva repliche “Non puoi.”
Un tuono la fece voltare e Jill constatò che il Barlong avanzava inesorabilmente verso il suo maestro, facendo schioccare una lunga frusta di fiamme.
Lo stregone sollevò il bastone sul suo capo, i tratti gentili del volto rugoso contratti in una maschera di forza e decisione.
- TU – ruggì l’Istari – NON PUOI – l’aria vibrava del potere delle sue parole – PASSARE! –
Il bastone dello stregone venne piantato sul ponte di pietra con forza e un’onda d’energia s’espanse nell’aria. Il Barlong non indietreggiò, portandosi invece avanti di un altro passo, pronto ad attaccare nuovamente. Ma in quel istante la roccia si sgretolò sotto il suo enorme peso e il mostro cadde nel vuoto, ruggendo di rabbia.

Col fiato mozzo per la fatica, Gandalf diede le spalle al baratro.
Una lingua di fuoco schioccò nell’oscurità sottostante e l’estremità della frusta si legò alla sua caviglia. Lo stregone perse l’equilibrio e la presa sul bastone, scivolando oltre il bordo del ponte. Le mani trovarono un appiglio su una sporgenza rocciosa e s’ancorarono con la forza della disperazione.
I compagni gridarono, alcuni tentarono di raggiungerlo, subito trattenuti dagli altri. Jill non si mosse, impietrita al suo posto, ancora stretta nelle braccia di Legolas, gli occhi fissi sul Grigio, la mente improvvisamente lucida e leggera.
Lo vide stringere i denti, tentando inutilmente di contrastare la forza con cui la creatura immonda lo trascinava verso il basso. Le labbra della Corsara si mossero, pallide, pronunciando una parola silenziosa.
“ Maestro…”
Gli occhi chiari dello stregone erano fissi su di loro.
- Fuggite, sciocchi. –
E cadde.

Si sentì strattonare e corse, le urla dei compagni ridotte a un debole ronzio. Seguì l’Elfo che ancora le stringeva la mano, attingendo a una misteriosa fonte d’energia. Si sentiva leggera, la mente priva di pensieri e i movimenti meccanici.
Correva, balzando su nuove rampe di scale, aggirando rocce e colonne crollate, schivando le frecce dei Goblin. Avvertiva la presenza di Huan alle sue spalle, ma non lo vedeva. A dire il vero non vedeva quasi nulla, limitandosi a farsi guidare come un automa da quel braccio dalla stretta ferrea. I contorni si facevano sempre più indistinti, le forme tremolavano liquide di fronte ai suoi occhi.
Quando uscirono all’aria aperta quasi non se ne accorse.

Il sole splendeva nel cielo azzurro e l’aria frizzante accarezzava i loro volti. Il terreno era una distesa di rocce grigie e nere, costellate da morbidi prati di muschi dalle mille tonalità di verde. Un ruscello scorreva allegro poco più in basso. Una foresta si profilava in lontananza.
Eppure anche tutto questo le sembrava estremamente…liquido.
La sua mano scivolò dalla stretta dell’Elfo, improvvisamente divenuta debole. Jill alzò il volto al cielo terso, lasciando che i raggi del sole pomeridiano le lambissero il volto rigato dalle lacrime.
Si guardò attorno: la Compagnia era distrutta dal dolore. Pipino e Merry piangevano abbracciati su una roccia, Sam in disparte. Lo sguardo di Legolas vagava senza meta, come un marinaio privato del suo faro-guida. Gimli imprecava, trattenuto a stento da Boromir, smaniando di potersi gettare nuovamente nelle miniere a cercare…
“ Cosa?”
Già, cosa poteva mai fare il Nano per riportare Gandalf da loro? Cosa aveva creduto di poter fare lei, per impedirlo?
“ Nulla.”
Era quasi spaventoso quanto i suoi pensieri fossero lucidi ora, sebbene la sua fronte non avesse smesso di scottare. Per un attimo si chiese se lo stregone sarebbe ricomparso, così come era avvenuto dopo lo scontro con Saruman.
Ma, ovviamente, non era possibile. L’aveva visto precipitare in quel baratro senza fine insieme al Barlong. Anche fosse sopravvissuto alla caduta, avrebbe poi dovuto far i conti col mostro e senza il suo bastone. Questa volta, non ci sarebbe stato alcun truschino in grado di salvarlo e di riportarlo da lei, da loro tutti.

Aragorn rinfoderò la spada, levando o sguardo sulla Compagnia. La Corsara notò come il dolore avesse inciso nuove rughe sulla sua fronte.
- Dobbiamo rimetterci in marcia. – annunciò con tranquillità.
Boromir protestò: nessuno era in grado di proseguire, i cuori attanagliati dalla sofferenza.
Ma il Ramingo non volle sentire ragioni.
- Questa notte le colline pulluleranno di Orchi! Dobbiamo allontanarci prima che cali l’oscurità. –
Mentre Aragorn, Legolas e Boromir aiutavano gli altri a sollevarsi per riprendere la marcia, Jill cercò con lo sguardo il Portatore dell’Anello.
Lo scoprì in piedi su una roccia che dava sulla vallata sottostante, le spalle rivolte alla montagna. Gli si avvicinò e l’Hobbit si voltò lentamente a guardarla.
Piangeva in silenzio, come lei. La rossa gli porse una mano: avrebbero proseguito insieme.

La marcia proseguì silenziosa. Nessuno aveva nulla da dire e per una volta Jill non sentì il suo difetto come un limite.
La febbre era progressivamente scesa, complici il sole, l’aria e l’acqua fresca. Aragorn le aveva preparato degli infusi con l’Atelas, altrimenti detta Foglia di Re. Non aveva un sapore particolarmente buono, ma lei non aveva neppure storto la bocca.
Quando si lasciarono gli altopiani alle spalle, stava di nuovo bene. Eppure una parte di lei credeva che non lo sarebbe mai più stata veramente. Mentre i suoi piedi si rincorrevano in una placida cadenza, la sua mente vagava lontana.
Quante cose avrebbe voluto cambiare del suo passato: a partire dalla distruzione della suo città, l’uccisione di suo padre, il tradimento di Saruman, la sua mutilazione, la scomparsa di Gandalf. Eppure s’accorse che non avrebbe mai potuto cambiare il corso degli eventi. Perché per quanto coraggiosa e abile spadaccina, era pur sempre solo…
“ Una donna.”
Una Corsara, certamente, ma cosa poteva fare di fronte al compimento del destino? Che la distruzione della Terra di Mezzo fosse inevitabile quanto quella della sua città? Che non ci fosse più speranza?
Non voleva credere che un giorno non lontano tutto ciò che aveva imparato ad apprezzare sarebbe scomparso, che di quelle splendide terre e di quei coraggiosi popoli non sarebbe rimasto che cenere e macerie.
E aveva domande, moltissime domande che l’assillavano. La scomparsa dello stregone avrebbe forse voluto dire che non vi avrebbe mai trovato risposta?
Ma scacciò con decisione quel pensiero: ora non poteva permettersi di soffermarsi sul suo maestro, sulla sua guida, su colui che l’aveva salvata, accolta e protetta, come…
“ Come un padre…”
Solo ora si rendeva conto di quanto la figura del Grigio fosse stata importante per lei. Certo non paragonabile al fabbro, diciamo piuttosto simile a un nonno benevolo e infinitamente saggio. Un nonno forte e impavido, con un gran senso dell’umorismo anche nelle situazioni più grigie.
Sentì il cuore stringersi in una morsa che aveva imparato bene a conoscere, ma s’impedì nuovamente di cedere ai sentimenti: erano ancora in un territorio potenzialmente ostile e pericoloso. Un errore avrebbe potuto costare la vita a tutti loro.
Era stufa di fuggire, i suoi piedi imploravano una pausa non di un paio d’ore ma di una settimana intera. Tuttavia sul suo volto inespressivo non comparve una sola smorfia e lei proseguì, allungando il passo, come a voler mettere più spazio possibile tra lei e i suoi pensieri.

Huan avanzava accanto alla Corsara. Gli occhi dorati saettavano di tanto in tanto sulla rossa, qualche volta all’Elfo che avanzava poco più dietro, senza che lei badasse minimamente alla sua presenza. Lui teneva lo sguardo fisso su di lei, lei su un punto impreciso di fronte al loro cammino. Lui era preoccupato per lei, ma lei non vi badava, persa nei suoi foschi pensieri.
Il Lupo riportò lo sguardo sulla donna e pensò a quanto sembrasse triste. Una roccia, certo, ma battuta dal freddo mare del Nord.
Si chiese quanto ancora avrebbe resistito, prima che un’onda più grande e violenta corrodesse le sue ultime difese, trascinandola con sé negli abissi.
E si chiese se lei avrebbe mai accettato, orgogliosa com’era, l’aiuto di qualcosa…
“ O qualcuno…” pensò tra sé, facendo saettare nuovamente gli occhi sullo sguardo preoccupato di Legolas.

Continua…


  
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