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Autore: Rosmary    25/03/2014    9 recensioni
Novembre 1996.
In seguito a un litigio con George, Fred si allontana dal loro negozio per un paio d'ore, recandosi a Hogsmeade, dove l'attende un incontro dai risvolti inaspettati.
“Allora, Weasley, che ti è successo?” chiese con finto disinteresse Hermione, nascondendo il viso dietro al menu.
A Fred sfuggì un ghigno. “Bell’approccio, Granger, altri avrebbero iniziato con il banale come va!”
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cormac McLaggen, Fred Weasley, George Weasley, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Dedicato a tutti coloro che mi seguono, con le scuse per questo terribile ritardo





“Sai che circolano scommesse su di te?”
 
Era impossibile per lei riuscire a concentrarsi sui complessi esercizi di Aritmanzia con quella domanda retorica che le attanagliava i pensieri: stupido, stupidissimo Seamus. Non era nella sua indole dare peso a dicerie e pettegolezzi, ma iniziava a sentirsi troppo chiacchierata, come ai tempi della Skeeter e dei suoi articoli al veleno, e la cosa non le piaceva, non le piaceva affatto.
Controvoglia, rilesse per l’ennesima volta quella serie di numeri da decifrare: aveva le mani ai lati del viso con le dita che sprofondavano nei capelli ribelli, i gomiti poggiati sul tavolo della biblioteca e la schiena curvata in avanti; Hermione Granger era distrutta e non avrebbe mai creduto che a distruggerla potessero essere dei rilassanti compiti, per giunta di Aritmanzia. Ah, ma lei lo sapeva, qual era il vero problema! Il vero problema erano quei sussurri indelicati che le perforavano i timpani ad ogni angolo del castello: ‘chi è il matto che spedisce una rosa rossa al giorno alla Granger?’ dicevano alcuni, ‘secondo me se le spedisce da sola’ commentavano altri; un circolo infinito di malelingue, le quali, a essere onesti, provenivano quasi totalmente dalla parte femminile della scuola, e dai Serpeverde naturalmente – figurarsi se i Serpeverde si lasciavano sfuggire un’occasione per prendersi gioco dell’amichetta del cuore di Potter! Fatto era che se Hermione aveva trovato divertenti, e anche un po’ lusinghiere, le attenzioni scherzose di Fred, già dalla terza rosa mattutina aveva iniziato ad averle in antipatia, poiché detestava essere al centro dei discorsi dei pettegoli e, a dirla tutta, detestava ancora di più che in molti reputavano assurdo che un ragazzo avesse tali attenzioni nei suoi riguardi, assurdo che lei avesse avuto il tempo di trovarselo, un ragazzo. Non erano commenti carini e per una diciassettenne, anche se rispondeva al nome di Hermione Granger, erano un’ottima fonte da cui attingere interrogativi e complessi al gusto di insicurezze e nulla autostima.
 
“Ci rinuncio.”
 
Uno sbuffo stremato accompagnò quelle parole, seguito dal tonfo del librone di duemila pagine che si chiudeva. Neanche le importò di disturbare qualcuno, anche perché in quella biblioteca c’erano lei, Madama Pince e altri due o tre studenti, considerando che la gran parte del popolo studentesco era ad agghindarsi per recarsi a Hogsmeade, proprio come ogni sabato.
 
“Più delicatezza, Granger.”
 
Hermione sollevò lo sguardo verso il ragazzo che le era dinanzi e prim’ancora d’arrivare al volto storse il naso: sciarpa verde e argento, non prometteva nulla di buono. Ciononostante, le sopracciglia s’inarcarono del tutto in un’espressione infastidita solo quando i lineamenti del viso di lui – sfortunatamente attraenti ed eleganti – le chiarirono l’identità dello scocciatore.
 
“Non ho proprio tempo,” celiò lei, alzandosi e riempiendo la borsa con i propri libri e pergamene.
 
Il Serpeverde accennò una smorfia indecisa, a metà tra l’irritazione e il lieve divertimento. “Inutile che ti scaldi, non sono qui per sprecare del tempo con una come te, mi manda…”
 
“Zabini, l’eleganza delle tue parole delizierebbe il nostro caro Lumacorno.”
 
Quell’intervento inaspettato, dal tono pomposo e, invero, molto sprezzante, spezzò il discorso di Blaise Zabini e annunciò la neopresenza di Cormac McLaggen. Hermione saettò lo sguardo dall’uno all’altro, incredula d’essere dinanzi a ben due campioni di idiozia. Aveva fatto bingo.
 
“McLaggen, non so chi frequenti, ma ti ripeto per l’ennesima volta che non mi piace essere interrotto.”
 
Hermione, suo malgrado, incurvò gli angoli della bocca in un sorrisino solidale, perché Cormac aveva effettivamente l’orrido vizio di interrompere chiunque, a lui non interessavano i discorsi degli altri, bensì che gli altri ascoltassero lui. Un pavone in piena regola, ma che riscuoteva molto successo tra le ragazze, soprattutto se di uno o due anni più piccole di lui.
 
“Zabini, hai davvero creduto per un solo istante che a me interessi cosa piaccia o non piaccia a te?”
 
Il tono del Grifondoro trasudava sconcerto. Insomma, Blaise davvero credeva che Cormac potesse avere interesse a conoscere le preferenze di qualcuno che considerava a malapena un conoscente? Inaudito!
Hermione avrebbe volentieri trascorso lì l’intero pomeriggio, in fondo quei due trogloditi erano spassosi, ma s’era ripromessa di terminare quei maledetti esercizi di Aritmanzia e l’avrebbe fatto – in camera sua, n’era certa, avrebbe trovato la giusta concentrazione. Per nulla intenzionata a scoprire cosa il Serpeverde aveva da dirle, tentò di sgattaiolare via.
 
“Non così in fretta, Granger,” esordì Blaise, disinteressandosi completamente da Cormac. “Lumacorno ci vuole nel suo studio domani dopo pranzo.”
 
“Ma domani è domenica,” obiettò d’istinto lei.
 
“Acuta osservazione, davvero: complimenti,” commentò con tono asciutto e canzonatorio Zabini, che, ignorando i perché non vuole anche me? accalorati di Cormac, andò via dalla biblioteca.
 
“Tutti insopportabili questi Serpeverde.”
 
“Ben detto, Granger! Anzi, ora che se ne è andato, e prima che io esca di senno per la faccenda di Lumacorno, cosa ne pensi di fare un giro a Hogsmeade con me?”
 
“Come?”
 
“Avanti, Hermione, non avere vergogna. Lo so che è un sì, come so cosa c’è dietro le sei rose di questa settimana.”
 
“Lo sai?” chiese con tono sempre più sconcertato, e intanto impallidiva: che la spiasse?
 
“Ma certo! Lo so da quando ci siamo visti da Madama Piediburro! Segnali per me, no? Per farmi capire che non aspettavi altro che un mio passo avanti! E quegli stupidi dei nostri compagni che scommettono su di te e Weasley o, peggio, su di te e Potter. Non hanno occhio, non hanno capito! Allora, principessa, sono qui per realizzare il tuo sogno!”
 
Hermione non seppe in quel momento se fosse più offensivo declinare semplicemente l’invito, dargli del matto o scoppiare a ridere. Tra le tre optò per la variante più originale, e accettò l’invito. Non avrebbe saputo dire se a convincerla fosse stato l’atteggiamento assolutamente tronfio e presuntuoso del ragazzo – che aveva molti aspetti comici, in verità – o l’idea di zittire le malelingue che la immaginavano chiusa nella sua stanza a recapitarsi rose perché non si pensasse a lei come a una brutta oca secchiona – testuali parole della dolcissima Pansy Parkinson. Ma Hermione accettò, e vide colorarsi di un leggero porpora le gote di Cormac, un particolare che la stranì piacevolmente, con quell’espressione sembrava addirittura un ragazzo normale.
Percorse silenziosa il tragitto che la conduceva ai dormitori, subendo il carattere logorroico del ragazzo ch’era con lei, e gli sorrise incerta prima d’addentrarsi nel reparto femminile. Una volta nella sua camera, tirò via i libri dalla borsa e li sistemò con cura nella piccola biblioteca improvvisata – erano tre mensole fitte di libri – e smise velocemente la divisa scolastica in favore di un semplice jeans e di un maglioncino. Fu infilando il giubbino che lo sguardo le cadde sulla sottospecie di vasetto con le sette rose e una strana sensazione, che somigliava alla speranza, s’attorcigliò attorno alle sue caviglie, arrampicandosi vorace, strizzando ben preso tutto il corpo. Cacciò via quegli strani tumulti interiori, o meglio tentò di tenerli a bada, si diede della stupida senza un reale motivo e uscì dalla stanza, tornando da Cormac.
 
“Sei bellissima,” disse lui non appena la vide.
 
Hermione distolse imbarazzata lo sguardo, non era abituata a certe attenzioni e Cormac, nonostante tutto, aveva quel tipo di fascino che riusciva a generare soggezione in una ragazza, era un fascino sicuro quello di McLaggen, molto diverso da quello misterioso di Viktor, letteralmente opposto a quello insopportabilmente dolce e un po’ maldestro di Ron, ma, se ne rese conto con tanto sconcerto, simile in molti aspetti al fascino esercitato dall’altro, da Fred. Per quanto fossero diversi i due ragazzi, li accomunava la convinzione d’essere attraenti, piacevoli e quindi ‘ideali’ sopra ogni cosa. La considerazione la fece ridacchiare quand’oramai erano giunti a Hogsmeade. Cormac colse quel ridere come una conseguenza ovvia dell’essere con lui: Hermione era felice, e come darle torto!
Non ci volle molto prima che alcuni studenti, più che altro dell’anno di Hermione, notassero la coppia, con la conseguenza che nel giro di una mezzora Cormac fu eletto ‘misterioso spasimante’ e lei fu eletta ‘ragazza di McLaggen’. Un’accozzaglia di frottole che Hermione accolse con uno sbuffo e la sempiterna domanda su quanto fossero infantili e sciocchi i suoi compagni di scuola; iniziava anche a temere di poter incontrare Ron – che, per inciso, non le rivolgeva più la parola. Era geloso marcio a detta di Fred – o Harry, nel remoto caso in cui Piton gli avesse concesso uno ‘sconto’ sulla punizione. In antitesi ai dilemmi di lei, c’era Cormac ch’era di tutt’altro avviso: lui adorava essere al centro dell’attenzione e profittò della situazione per stringere maggiormente la presa sui fianchi della ragazza che gli camminava accanto.
 
“Non respiro,” commentò indelicata Hermione, obbligandolo a mollare la presa. “Andiamo da Rosmerta?”
 
“Scherzi? Andiamo da Madama Piediburro!”
 
“McLaggen, quanta fretta!”
 
No. L’onore di interrompere un discorso avviato non fu di Cormac quella volta, ma di un altro ragazzo, un ragazzo alto, dal fisico asciutto e robusto, dal volto sbarbato e i corti capelli rossi, dall’espressione perennemente irriverente e il sorrisetto sghembo tatuato sul viso. L’onore fu di Fred Weasley.
 
“Fred?”
 
“Non fingere di confondermi con George, bimba!”
 
“Non abbiamo tempo, Weasley,” affermò con malcelata irritazione Cormac.
 
Ma Fred, esattamente come una settimana prima, non fece una piega, si limitò a fare un cenno del capo al sapore di vieni con me a Hermione, ignorando bellamente l’altro. Hermione, la cui speranza aveva ripreso a strizzarle il corpo assieme all’aspettativa, tentennò per alcuni istanti, tentando di analizzare molto rapidamente la situazione: c’erano due ragazzi che non erano Harry e Ron – e già questo era strano –, uno di loro l’apostrofava ‘principessa’ e l’altro ‘bimba’, uno di loro aveva inspiegabilmente, almeno per la ragazza, un palese interesse nei suoi confronti e non lesinava a farlo capire, mentre l’altro era un gigantesco punto interrogativo che voleva con molta probabilità divertirsi un po’, uno di loro l’aveva invitata a Hogsmeade – e lei aveva accettato –, mentre l’altro s’era presentato senza invito, portando con sé una bella faccia da schiaffi. Inutile girarci intorno: l’analisi poneva chiaramente Fred in una situazione di netto svantaggio; inoltre, sarebbe stato oltremodo ineducato lasciare solo Cormac…
 
“Cormac, io l’avevo dimenticato,” esordì. Cormac non faticò ad accigliarsi. “Avevo appuntamento con lui.”
 
“Ma…”
 
“Benissimo! Situazione risolta! McLaggen, tanti cari saluti a te e a tutta la famiglia, eh, ora levati di torno!”
 
Hermione non fece in tempo a replicare, a vomitare la valanga di scuse che aveva in mente, a pestare i piedi a Fred, a… Non fece in tempo proprio a fare un bel niente, che venne assalita dalla nauseante sensazione della Smaterializzazione sotto agli occhi di uno scioccato Cormac, per poi ritrovarsi a toccare terra all’esterno di una bettola: la Testa di Porco.
 
“Mi spieghi cosa ti è saltato in mente? Sei tutto matto.”
 
“E tu sei tutta scema! Io scherzavo su quel deficiente di McLaggen, e ora vieni, che ti offro una Burrobirra come non se ne bevono da nessuna parte!”
 
Fred non volle perdere altro tempo e spinse Hermione all’interno della Testa di Porco. La ragazza s’avviò silenziosa a un tavolo che sembrava meno sporco degli altri e vi si accomodò con in viso una chiara espressione dispiaciuta e ricca di sensi di colpa. Non l’aveva capito, cosa le era preso in quella frazione di istanti, non avrebbe dovuto mentire a Cormac e trattarlo a quel modo. Certo, non era un suo grande amico McLaggen e neanche le interessava, ma si era dimostrato gentile e, cosa più importante, lei aveva accettato di passare con lui il pomeriggio. Si era comportata male.
 
“Cosa pensi?” le chiese Fred, sedendole accanto.
 
“Mi sono comportata male, da stupida. Non so neanche in che modo scusarmi, sono stata imperdonabile.”
 
Erano serie le parole di Hermione, che mai s’era comportata in modo così stupido e istintivo. A ben vedere, in quel periodo aveva accumulato talmente tanti comportamenti stupidi e istintivi che avrebbe dovuto iniziare a meravigliarsi del contrario, ossia d’avere un modo di fare decoroso e assennato.
Era tutta colpa di Ron.
Con lui era iniziato tutto: la gelosia, l’irritabilità, la stoltezza… tutto. A causa di Ron e della sua assurda relazione con Lavanda, Hermione percepiva la propria quotidianità sgretolarsi man mano, perché a barcollare e a cascare nel vuoto erano sin troppe certezze. Stava cambiando tutto e lei non faceva in tempo a star dietro ai mutamenti, che veloci la beffeggiavano.
In un periodo del genere, Fred era stato una scoperta, una distrazione, una novità; qualcosa di strano e di diverso. S’era ritrovata ad aspettare ogni mattina la sua rosa e il suo messaggio, nonostante le chiacchiere, nonostante le domande sempre più invadenti di Ginny e persino di Harry, che dalla ritrosia dell’amica era arrivato a ipotizzare che il ‘misterioso spasimante’ fosse Draco Malfoy – d’altra parte, era noto che in quel periodo Harry vedeva Draco Malfoy ovunque, a momenti lo vedeva anche sotto al letto, ma quella era un’altra storia.
 
“Hai intenzione di startene zitta tutto il pomeriggio?” chiese con ironia Fred, spezzando il flusso di pensieri della ragazza.
 
“Perché sei qui?”
 
“Volevo vederti.”
 
“Perché?”
 
“Perché sì.”
 
Perché sì non è una risposta.”
 
“Per te, per me lo è.”
 
“Hai di nuovo litigato con George?”
 
“No, ma mi ha preso in giro quando ha saputo che avrei passato il sabato con te.”
 
“E perché gli hai detto una bugia?”
 
“Non gli ho detto una bugia, io non mento mai a George.”
 
“Ma non dovevi essere con me, non avevamo un appuntamento.”
 
“Eppure siamo qui!”
 
“Se non fossi stata a Hogsmeade?”
 
“Impossibile: volevi rivedermi.”
 
“Sciocchezze: sono qui solo perché me l’ha chiesto Cormac.”
 
“Sì, continua a ripetertelo.”
 
“E se non mi avessi trovata?”
 
“Mi avresti trovato tu.”
 
“Smettila.”
 
“Di fare cosa?”
 
“Di… di fare questo! Smettila! Sembra quasi…”
 
“Quasi?”
 
“Quasi che… ma sì… che ci provi un po’… con me…”
 
“Leva il sembra e il quasi, bimba.”
 
Hermione rimase a bocca aperta e boccheggiò anche un paio di volte, guardando Fred come si guarda un poveretto uscito di senno. Un ‘eh?’ sussurrato fu tutto ciò che riuscì a dire e il ragazzo, in risposta, ridacchiò irriverente, spostandole una ciocca di capelli dalla fronte.
 
“Dai, Prefetto! Fatti una risata, sto scherzando!” affermò insolente. Hermione rise, ma fu una risata, per qualche ignota ragione, forzata. “Ecco le Burrobirre! Bevila tutta, Hermione, che questa qui ha un sapore speciale!”
 
Lei, seppure ancora un po’ intontita, seguì il consiglio e sorseggiò la bevanda, dovendo ammettere che Fred aveva ragione: la Burrobirra della Testa di Porco era molto più buona di quella che normalmente beveva. Non la ricordava così gustosa, colpa del fatto che l’ultima volta ch’era stata lì aveva ben altro a cui pensare.
S’accorse dopo alcuni minuti ch’erano in silenzio e che Fred aveva smesso di bere per osservarla. Smise anche lei di bere e poggiò il boccale sul tavolo in legno, incrociò le braccia al petto e ricambiò lo sguardo indiscreto del ragazzo con un’espressione spazientita.
 
“Ti sei ricordata che ci sono anch’io?” chiese immediatamente lui, cogliendo al volo l’occasione.
 
“Non l’ho mai dimenticato.”
 
“Perché mi ignori, allora?”
 
“Fred, sei estenuante! Io non ti ignoro. Semplicemente, non ti capisco, e poi non riesco a smettere di pensare a McLaggen, sono stata terribile.”
 
Sbuffò lui, scuotendo il capo con aria di rimprovero. “Granger, Granger, Granger… ma quanto sei cervellotica?! Cosa c’è da capire? Ci siamo scritti per tutta la settimana, mi sono divertito con te sabato scorso e mi ha fatto piacere continuare a essere in contatto con te. Cosa c’è da capire in questo? Riguardo al deficiente…”
 
“Si chiama Cormac McLaggen.”
 
“Peggio per lui, perché ha proprio la faccia di uno che si chiama deficiente!” ribatté celere, facendo ridere Hermione. “Dicevo, riguardo a quello, che ti importa? Voleva solo mangiarti la faccia!”
 
“Ti prego! Che immagine nauseabonda!”
 
“Non fare tanto la schizzinosa, che Ron ha la stessa tecnica,” aggiunse malizioso.
 
“Smettila,” affermò arrossendo Hermione. “E poi tu che ne sai della tecnica di McLaggen? Sei il suo ex fidanzatino?”
 
L’ironia sprigionata dalla domanda provocatoria di Hermione portò Fred a tossicchiare due o tre volte, perché il riso aveva costretto il sorso di Burrobirra a prendere la direzione sbagliata. “Questa è bella, te lo concedo!” disse quando si fu ripreso. “Il punto è che i tipi come lui usano tutti lo stesso approccio.”
 
“E tu che approccio usi?”
 
Il quesito, invero posto da Hermione senza malizia, ma sull’onda della conversazione scherzosa, provocò in Fred un’espressione che di malizioso aveva tutto, dall’umettarsi con sfacciataggine le labbra all’avvicinarsi a lei. Hermione, che in quel brevissimo lasso di tempo aveva messo in moto il suo ingegnoso – e quasi mai fallace – cervello, impallidì prima e lasciò poi al suo viso l’onere di tingersi di un delizioso rosa intenso, poiché finalmente conscia di cosa aveva chiesto.
 
“Non pensare male!” si difese a quel punto, abbandonando il boccale e irrigidendosi alla vicinanza di Fred.
 
“Male? Io sto pensando molto bene! Non sono molto bravo con le parole, ma se vuoi posso mostrartelo, il mio approccio…”
 
Le parole del ragazzo morirono letteralmente contro le labbra di Hermione. Le sfiorò soltanto, le sfiorò con delicatezza, senza schiudere le proprie, senza forzarla in nessun modo, solo la mano destra azzardò un piccolo tragitto, tuffandosi tra i capelli ribelli di lei, stringendo con garbo qualche ciocca tra le dita. Hermione aveva gli occhi sgranati dalla confusione, occhi che miravano prima alle labbra di Fred, poi al suo naso, poi cercavano d’osservarne l’intero viso e, infine, arrestavano il loro frenetico lavoro sullo sguardo di lui. S’accorse con sorpresa che anche Fred non aveva rinunciato alla vista, aveva anzi uno sguardo vivo e, si meravigliò nel constatarlo, caratterizzato da sprazzi di paura che s’alternavano all’eccitazione. Sembrava che anche lui si stesse chiedendo quale mossa fare, se allontanarsi o avvicinarsi ancora. Lei cosa avrebbe voluto? Non lo sapeva. Era però certa che le piaceva sentire il proprio respiro confondersi con quello di lui, percepire il rassicurante calore generatosi in quei pochi centimetri che li separavano… le piaceva avere il cervello spento, fuso, interdetto, le piaceva non aver desiderato neanche per un istante che la tonalità d’azzurro di quegli occhi divenisse più chiara e che quel naso s’allungasse appena.
Dopo alcuni istanti, si sentì qualcuno deglutire e con sorpresa d’entrambi s’accorsero che quel suono in genere figlio del nervosismo proveniva da Fred, che abbozzò un sorrisetto incerto e poggiò la propria fronte contro quella di lei. Una parte di lui gli suggeriva di baciarla; dopotutto, lui era abituato a seguire la sua personalissima legge ‘se qualcosa ti piace, prendila’ e Hermione gli piaceva: gli era piaciuto trascorrere quelle ore con lei una settimana prima, gli era piaciuto ascoltarla parlare di ogni argomento, gli era piaciuto poter ridere con lei e al contempo poterle confidare i propri tormenti, gli era piaciuto persino vederla alzare gli occhi al cielo sulla parola ‘Quidditch’, perché era divertente dirle ‘non capisci un tubo!’ e vederla arrossire dall’indignazione per poi spiegare con minuzia il motivo per cui non le piaceva il famoso sport. Era stimolante stare con lei ed era stato stimolante scriverle per l’intera settimana. Era stato tutto così naturale: lui le inviava la rosa con un breve messaggio sarcastico dove si faceva beffe di Ron e dei pettegoli, erano sì e no tre righe – quando andava bene, s’intende – e lei gli rispondeva la sera, in genere dopo la ronda, e gli raccontava dei nuovi pettegolezzi e dell’indignazione ad oltranza di Ron. Era tutto così naturale.
 
“Quanto pensi di poter resistere?” provocò Fred.
 
“E tu?” ribatté lei con un filo di voce, intenzionata a tenergli testa.
 
“Bella risposta.”
 
Hermione non ebbe tempo di compiacersi, poiché sentì qualcosa affondare nel suo labbro inferiore e non faticò molto a capire che gli intrusi erano gli incisivi di Fred. Le scappò un sorrisetto imbarazzato, un sorrisetto che ebbe la colpa di costringere la sua bocca a schiudersi e a permettere ai denti di Fred di affondare il colpo, come se fosse stato un predatore che da troppo tempo bramava la stessa difficile preda.
Fu la fine
La fine delle inibizioni, delle domande, del raziocinio, dei comportamenti assennati. Fu anche la fine dell’immobilità di Hermione, che affondò la mano tra i capelli di Fred, avvicinandolo a lei, atteggiamento che per il ragazzo fu una sorta di autorizzazione a procedere. Così, dimentico persino d’essere in un locale pubblico, la trasse a sé e abbandonò l’intento di morderla in favore di un bacio. Forse, non era giusto. Forse, non era sano. Quasi certamente non era normale, eppure erano lì, in quell’angolo della Testa di Porco, dove ogni cliente faceva un po’ quel che voleva e tutti fingevano di non vedere e non sentire, a scambiarsi un bacio così carico di trasporto che sembrava impossibile esistere tra due ragazzi che s’approcciavano l’un l’altra per la prima volta.
Hermione non pensò in quel momento che un’altra valanga di certezze stesse andando in pezzi. Probabilmente, se di lì a un paio d’ore le avessero chiesto cos’era successo lei avrebbe risposto con una sola parola: inatteso.

 
   
 
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