Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Acinorev    29/03/2014    10 recensioni
"A quel punto Harry rise. Rise con le fossette accentuate ai lati della bocca e facendo un passo indietro, con una mano tra i capelli e gli occhi praticamente chiusi. «Ragazzina», esclamò affievolendo la risata. «Ragazzina, rallenta», ripeté.
Ed Emma assunse un’espressione un po’ più seria, mentre sentiva l’eco di quelle parole nella sua testa.
Ragazzina.
«Ascolta», ricominciò Harry, frugando nella tasca dei suoi pantaloni stretti e tirandone fuori un contenitore di metallo sottile dal quale estrasse una sigaretta, probabilmente confezionata da lui. Continuò a guardarla, però, senza lasciarla libera nemmeno per un istante. «Apprezzo l’intraprendenza, ma andiamo… Mi sentirei una specie di  pedofilo», aggiunse, scuotendo di nuovo la testa mentre una ciocca di capelli gli ricadeva sulla fronte."
Spin-off di "It feels like I've been waiting for you", da leggere anche separatamente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Little girl'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 

Capitolo dodici - Asshole
 

 

Alle cinque del pomeriggio stava ancora nevicando. Per tutta la notte erano caduti dal cielo grossi fiocchi di neve, di quelli che attecchiscono al terreno senza troppi complimenti e che ricoprono tutto ciò che sfiorano di una patina bianca e soffice: Emma si era stupita di trovare il giardino di casa innevato, soprattutto perché era convinta che la temperatura fosse eccessivamente bassa per qualcosa del genere, ma non se ne era dispiaciuta.
Anche allora, con il cappello di lana in testa per proteggersi da quel cadere leggero di fiocchi, non riusciva a disprezzare il rumore dei suoi stivali sulla neve fresca o quello delle ruote delle auto che sfrecciando per la strada la macchiavano di grigio e sporco. In un certo senso non vedeva l'ora di tornare a casa ed aiutare la piccola Fanny a creare un pupazzo di neve: solo per il divertimento della sorella minore, ovviamente.
Prima di quella piccola distrazione, però, aveva altro da fare.
L'interno del Rumpel la accolse come al solito con un leggero scampanellio e con un calore che le recò sollievo: gli occhi di Ty, dall'altra parte del bancone, sorrisero ancor prima delle sue labbra, mentre lui sventolava una mano in aria per salutare la nuova arrivata che non vedeva da qualche tempo.
Emma rabbrividì leggermente, dandosi una veloce e distratta occhiata intorno - Harry era lì - prima di andarlo a salutare.
«Guarda un po' chi si rivede» esclamò Ty continuando a lavare un bicchiere da birra.
«Ti sono mancata?» Scherzò lei, togliendosi i guanti in lana e posandoli nella tasca della sua giacca.
«E me lo chiedi?» Ribatté l'altro nascondendo l'ennesimo sorriso. «Senza contare che sono rimasto indietro con qualsiasi cosa tu e quel relitto stiate combinando» continuò, indicando con un cenno del capo qualcuno oltre la figura di Emma. Ovviamente sapevano entrambi a chi si stava riferendo, di preciso.
Lei alzò le spalle ed un sopracciglio, distogliendo per un attimo lo sguardo. «Sta solo facendo il difficile» gli assicurò. Era una piccola bugia, o forse no, ma non avrebbe mai ammesso che in realtà le speranze di avere Harry nel modo che desiderava si stavano affievolendo sempre di più.
«E scommetto che tu non molli» ammiccò Ty scuotendo la testa divertito.
«Cos'è che non molli, ragazzina?»
La voce di Harry la scosse più per la sorpresa che per il suo tono, o almeno così avrebbe voluto credere. Le era arrivato di fianco senza che se ne accorgesse, con i gomiti nudi appoggiati sul bancone ed i capelli disordinati che gli davano fastidio, dato il modo in cui cercò di rimetterli a posto. Aveva gli occhi puntati su qualcosa che Ty stava già prendendo, qualcosa che poi si rivelò una semplice Sprite.
«La presa» rispose Emma senza esitazione e cercando di non soffermarsi troppo sulle spalle di Harry, messe in risalto dalla t-shirt bianca che indossava.
«Su cosa?» Indagò lui, prendendo la bottiglietta dalle mani del barista e aprendola in fretta per berne un sorso. Emma fece per rispondere sinceramente, nonostante non fosse la cosa migliore da fare, ma fu nuovamente interrotta.
«Anche io prendo sempre il solito, perché-»
«Ho sempre e solo due mani, Walt» rispose Ty senza lasciar finire di parlare il suo interlocutore.
Emma si voltò alla sua destra, trovando Walton nella stessa ed identica posizione di Harry: i suoi occhi neri erano fissi su di lei, nonostante stesse ancora borbottando qualcosa riguardo le differenze tra il servizio a due clienti teoricamente uguali. Quando sorrideva, il suo viso scavato e non esattamente piacevole alla vista si illuminava a tal punto da rendere i difetti molto meno appariscenti.
«Qual buon vento ti porta qui, comunque?» Domandò Harry, attirando di nuovo l'attenzione su di sé.
Questa volta il contatto visivo non mancò, tanto che Emma lo percepì fin quasi ad odiarlo, mentre malediceva la ridotta vicinanza che stavano condividendo.
«Sbaglio o hai detto che sono libera di fare ciò che voglio? Be', ti ho preso in parola» spiegò lei con aria soddisfatta. Non che volesse continuare ad insistere riguardo i limiti che Harry aveva ben evidenziato tra di loro, ma in fondo non le andava nemmeno di abbandonare tutto ed allontanarsi da lui definitivamente: egoisticamente parlando, non ne sarebbe stata capace, perché le piaceva fin troppo e perché arrendersi non era una sua prerogativa; altruisticamente, era l'unica a sapere di quel lato di Harry che a nessun altro era concesso di vedere, quindi era anche l'unica ad avere una certa responsabilità a riguardo. Non sapeva dove la sua decisione l'avrebbe condotta, ma sentiva l'impellente bisogno di avere Harry vicino, in un modo o nell'altro: non avrebbe più preteso niente, l'aveva promesso a se stessa.
«Touché» fu la risposta di Harry accompagnata da un sorriso sghembo, mentre lui beveva ancora un po' di Sprite senza smettere di guardarla negli occhi. Emma non poteva evitare paragoni tra le iridi che aveva davanti e quelle della sera prima: probabilmente era in cerca di un indizio che potesse suggerirle un cambiamento di stato d'animo o qualsiasi altra cosa, come se fosse stata in grado di carpirlo così facilmente.
Si rese conto, però, che una domanda diretta avrebbe potuto avere più successo. «Come stai?» Domandò semplicemente rendendo più seria la propria espressione, nonostante intorno a loro ci fossero i battibecchi allegri di Ty e Walton.
Harry sbatté le palpebre ed il fondo della bottiglia sul bancone. «Alla grande» rispose inumidendosi le labbra, mentre la sua espressione manifestava l'ilarità di quelle parole.
Emma non ebbe quasi il tempo di riflettere su tutti quei dettagli, perché Walton tornò a disturbarli con la sua esuberanza. «Allora, andiamo?» Bofonchiò infatti, sporgendosi oltre lei per rivolgersi al suo amico e pulendosi la bocca con il dorso della mano. La bottiglia di birra nell'altra.
«Va bene, basta che la smetti di rompere» sbuffò Harry, cercando nella tasca dei jeans neri i soldi da lasciare a Ty. La ragazza si chiese di cosa stessero parlando, pronta a nascondere al meglio la leggera delusione derivante dalla consapevolezza di non poter godere della sua compagnia per chissà quale caso del destino.
«Ci sei anche tu?» Domandò Walton senza che Emma si accorgesse che si stava rivolgendo proprio a lei. D'altronde, però, non aspettò nemmeno una risposta, come se fosse stata scontata. «Contando anche lei staremo un po' stretti in macchina, ma è ok. Quel coglione di Parker conosce metà dei poliziotti della città, nel caso ci fermassero» continuò, rendendola improvvisamente ed inaspettatamente partecipe dei loro programmi.
«Devi smettere di fare affidamento su Parker. Ricordati che c'è anche l'altra metà di poliziotti, in giro» lo mise in guardia Harry, con un sorriso divertito sul volto. Non aveva detto nulla riguardo la piccola intromissione di Emma: gli faceva piacere? Gli era indifferente?
«E tu devi smettere di portare sfiga. Giuro che se ci beccano ti metto sotto prima ancora di sentire le loro stupide voci» gli assicurò l'amico rendendo l'espressione un po' più minacciosa, o almeno provandoci.
Harry alzò gli occhi al cielo e si allontanò, dirigendosi verso il tavolo intorno al quale erano raggruppati altri loro amici dal viso familiare. Prima di arrivarci, però, si voltò per dire qualcosa. «Sicura di voler venire? Walton non distingue il freno dall'acceleratore» scherzò rivolgendosi ad Emma, mentre il suo viso si rilassava per quella piccola presa in giro, alla quale il suo amico rispose con qualche imprecazione.
«Tu non hai la macchina?» Chiese lei, leggermente preoccupata da quel piccolo imprevisto. I tragitti in auto non le piacevano, questo era appurato, ma una guida spericolata non avrebbe di certo aiutato: in un certo senso avrebbe preferito affidarsi ad Harry, quasi si fosse adattata in un brevissimo lasso di tempo ad ogni sua abitudine al volante.
«Oggi no» rispose semplicemente, stringendosi nelle spalle.
«Sul serio, non lo ascoltare: so guidare perfettamente. È che deve sempre rompere il cazzo» si intromise Walton, con un tono di voce che sembrava riflettere il malcelato imbarazzo dinanzi ad una sconosciuta, causato proprio da un suo amico.
«Ti piace talmente tanto la parola "cazzo" che se non ti conoscessi abbastanza penserei che tu sia gay» commentò Harry, facendo schioccare la lingua sul palato come a rimarcare quell'insinuazione. «Dai, muoviti» lo spronò prima di lasciargli continuare il battibecco, voltandosi per raggiungere il tavolo ed infilarsi il maglione di un verde scuro.
Emma rimase a guardarlo per qualche istante, osservandolo in ogni movimento mentre Walton lo malediceva senza troppi complimenti. Quando realizzò con una maggiore consapevolezza di dover effettivamente andare con loro da qualche parte, diede retta alla curiosità che la stava stuzzicando voltandosi per chiedere qualche informazione in più a Walton: non aprì bocca, però, quando lo trovò a fissarla piuttosto insistentemente, quasi stesse studiando qualche strano essere vivente.
«Ma tu, esattamente» cominciò lui, assottigliando gli occhi piccoli, «chi diavolo sei?».
 
La macchina di Walton somigliava più ad una scatola trasandata, di un blu metallizzato che stonava con il cerchione bianco della ruota anteriore destra e diverso da tutti gli altri. Non sapeva come avrebbero fatto ad entrare tutti lì dentro, ma a quanto pare non era la prima volta che succedeva qualcosa del genere, quindi non se ne preoccupava particolarmente.
«Non ho ancora capito dove andiamo» ammise Emma rivolta ad Harry, mentre entrambi aspettavano che Walton aprisse l'auto.
«Al Buco» rispose lui alzando le spalle.
«Dovrei conoscerlo?» Ribatté Emma, strofinandosi le braccia con le mani per proteggersi dal freddo.
«Magari ci sei anche già stata, è a dieci minuti da qui» fu la breve spiegazione. Intanto Brett si era accomodato accanto ad un Walton perennemente in vena di proteste inutili: era una ragazzo grassoccio ed estremamente silenzioso, con gli occhi verdi sottili più delle sue sopracciglia dello stesso colore dei capelli biondi. Non si erano nemmeno presentati, ma le aveva tenuto aperta la porta del bar mentre usciva.
«Non saprei, il nome non mi dice niente» confessò Emma, camminando lentamente verso lo sportello dell'auto. Nei sedili posteriori avevano già preso posto Parker e Lip, nonostante avessero prima discusso su chi sarebbe stato accanto al finestrino. Il primo aveva i capelli neri lunghi fino alle spalle, scompigliati e lisci solo fino alle punte, che si arricciavano leggermente: a parte la pettinatura alquanto buffa, rideva in continuazione e giocava costantemente con il piercing al labbro inferiore. La carnagione più chiara di quella di Emma stessa era spezzata dal nero delle sue iridi grandi e dal naso sporgente. Lip, invece, era più o meno il suo contrario: reduce da chissà quante lampade abbronzanti, aveva i capelli corti e di un castano scuro, che richiamava quello dei suoi occhi sempre attenti, ma difficilmente partecipi per davvero. I suoi bicipiti, incoraggiati da un fisico statuario, non invitavano nessuno a provocarli.
«Perché non è il suo nome» continuò Harry sedendosi nell'ultimo posto libero tra quelli posteriori. L'abitacolo era davvero troppo piccolo per le sue gambe lunghe: lui e gli altri due stavano già stretti anche senza di lei. Battendo una mano sulla propria coscia, Harry invitò Emma a sedersi sulle sue gambe, quasi ad offrirle una soluzione a quella sua osservazione mentale. «È stato Brett a chiamarlo così, una sera».
Emma inspirò profondamente e strinse nella mano destra la cinghia della sua borsa, leggermente umida per la neve che continuava a scendere, poi si decise ad accogliere l'invito appena ricevuto. Con un po' di difficoltà riuscì ad infilare le gambe in uno spazio vuoto - o quasi - tra quelle di Harry e quelle di Parker, mentre si sforzava di tenere il capo basso per non colpire il tettuccio dell'auto. Sentiva il profumo di Harry fin troppo intensamente, ma in fondo avrebbe potuto aiutarla a distrarsi: non sapeva dove mettere le mani, perché una poteva tenerla sul sedile di Walton per mantenersi in equilibrio, ma l'altra doveva necessariamente toccare Harry in un modo o nell'altro.
«Brett, ricordi quella sera? Quando eri talmente fatto che ci hai costretti ad ascoltare le tue pippe mentali sull'universo?» Esclamò Lip allegro, cogliendo il discorso dell'altro suo amico.
«"Questa merda di parco è un buco di culo in confronto a quanto è grande l'universo, vi rendete conto?"» Lo imitò Parker sghignazzando subito dopo, mentre Brett non reagiva minimamente a quei ricordi se non con un cenno del capo.
«Ah, ora si spiega tutto» commentò Emma lanciando uno sguardo divertito ad Harry, che stava sorridendo per la sua reazione. Averlo a quella distanza non era una novità, ma allo stesso tempo era in qualche modo diverso: le piaceva avere il suo viso così innocentemente vicino, così come le piaceva sentire le sue gambe sostenerla, nonostante fossero tanto magre da essere quasi spigolose.
Quando Walton lasciò il parcheggio nel quale si era infilato non molto cautamente, Emma strinse istintivamente le palpebre e la stoffa che ricopriva il sedile del guidatore, anche se solo per un piccolo istante.
«Che c'è?» Le chiese Harry, che evidentemente quell'istante non l'aveva lasciato scappare.
Emma si concentrò per qualche secondo sulle sue iridi verdi e tranquille, sperando di poter rubare loro un po' di quiete. «Niente» rispose testarda.
«Guarda che non te lo chiedo di nuovo» la ammonì lui, alzando un sopracciglio.
«Guarda che non voglio che tu me lo chieda» ribatté lei mentendo solo in parte.
Harry non rispose oltre, limitandosi a guardarla serio.
«Come si arriva a questo Buco?» Chiese Emma dopo qualche istante, sperando che quel trucco funzionasse: solitamente il fatto di sapere il percorso da seguire per arrivare a destinazione la aiutava a placare il disagio che la invadeva, nonostante fosse pressoché impossibile farlo scomparire. Perché doveva avere una paura così stupida ed insensata?
«Dalla South Born Street, perché?» Indagò l'altro corrugando la fronte.
Lei scosse la testa e distolse lo sguardo.
Non parlarono più.
 
Emma uscì dall'auto pestando il piede di Parker per sbaglio e precipitandosi fuori come se avesse appena visto cinquecento sterline a terra. Erano stati i dieci minuti più lunghi degli ultimi tempi e le sembrava quasi di non avere abbastanza ossigeno per riempire i polmoni. I ragazzi erano simpatici, è vero, ed Harry aveva davvero un buon profumo, ma Walton confondeva sul serio il freno e l'acceleratore e quel tragitto era stato un vero e proprio inferno.
«Soffri il mal d'auto per caso?» Insistette Harry arrivandole di fianco. Aveva smesso di nevicare, ma era comunque rilassante paragonare ogni particolare del suo viso con il candore della neve ancora fresca.
Per tutto il tempo, in macchina, l'aveva osservata mentre lei soffriva in silenzio: stoicamente aveva mantenuto la promessa di non chiederle più niente, ma evidentemente era difficile trattenersi.
«No» lo liquidò Emma, voltandosi per sbirciare il famoso Buco. Era una specie di largo piazzale con qualche panchina: in un certo modo le ricordava il Findoys, ovvero il luogo dove lei ed Harry si erano baciati per la prima ed ultima volta. Era un po' isolato e non si riusciva a capire se e quanti spazi erbosi ci fossero, dato che era tutto ricoperto da uno spesso strato di neve.
«Allora perché sembravi sul punto di urlare lì dentro?» Fu l'ennesima domanda.
Emma sospirò aggiustandosi il cappello sulla testa: c'era qualcuno a diversi metri da loro, un gruppetto di ragazze.
«Ragazzina?» La richiamò Harry, infastidito dal non aver ricevuto alcuna risposta.
«Ho paura delle auto, ok?» Sbottò lei voltandosi per fulminarlo con lo sguardo. «Non mi piace l'idea che qualcuno possa portarmi in qualsiasi posto, magari diverso da quello in cui devo andare. Contento? Ora prova a dire qualcosa a riguardo e ti taglio la lingua» continuò velenosa, cercando di rendere il suo sguardo minaccioso, nonostante fosse più spaventato. Confessare un timore così futile agli occhi degli altri non era di certo facile per lei, senza contare il fatto che non si era nemmeno spiegata al meglio.
Harry alzò le sopracciglia e sorrise lentamente. «Non c'è bisogno di passare alle minacce» esclamò mettendo le mani nelle tasche della giacca nera. «E dire che pensavo che il problema fosse la mia macchina» ridacchiò subito dopo, cercando una sigaretta nei suoi pantaloni. Allora si era già accorto del suo disagio.
Emma lo osservò in attesa di una presa in giro o di qualcosa del genere, pronta a difendersi a spada tratta, ma non ce ne fu bisogno. «Abbandona i tuoi istinti omicidi» disse infatti Harry, con la sigaretta tra le labbra e l'accendino che faceva il suo dovere dinanzi al suo viso concentrato. «Avresti potuto dirmelo prima che ti trascinassi sempre dentro una macchina» continuò, allungando una mano per accarezzarle giocosamente i capelli coperti dal cappellino in lana. Lei si morse le labbra per nascondere un sorriso di sollievo, ma fallì miseramente, costretta ad allontanarsi solo perché il capellino le stava finendo sopra agli occhi e lei voleva vedere Harry ridere.
Il momento dopo furono interrotti da qualcuno.
«Perché dovete sempre arrivare in ritardo?» Esclamò una voce femminile, accompagnata dal rumore della neve schiacciata dai passi di più persone. Emma si voltò, così come Harry, e osservò le tre ragazze che si stavano avvicinando parlottando allegramente tra di loro. C'era anche Denice.
Le altre due ragazze passarono letteralmente in secondo piano, quasi fossero state semplicemente uno scenario inutile, perché tutta l'attenzione di Emma si concentrò sulla presenza della persona che aveva la possibilità di avere Harry, in un modo o nell'altro. Serrò i pugni e la mascella, respirando piano per non lasciarsi sopraffare dalla gelosia e dalla rabbia, mentre si soffermava sulle sue gambe magre coperte da jeans scuri e sul suo corpo esile protetto da una giacca di pelle nera che chissà se era abbastanza pesante: man mano che si avvicinava Emma aveva l'opportunità di carpire particolari in più che la aiutavano - purtroppo - a vedere quanto fosse effettivamente graziosa nel complesso.
«Non potete nemmeno lamentarvi, dato che di solito siete voi a farci aspettare anni» precisò Walton, accedendosi una sigaretta senza nemmeno guardarle negli occhi. Ormai erano a pochi passi da loro ed Emma ne soffriva particolarmente, anche se non voleva darlo a vedere.
Istintivamente si voltò verso Harry, quasi avesse potuto rimproverarlo con un solo sguardo, e si stupì di trovarlo a guardarla: perché non le aveva detto che ci sarebbe stata anche Denice? Era un modo per divertirsi? Un modo per sbeffeggiarla ancora un po'?
«Devi toglierti il vizio di mentire costantemente» lo rimproverò una delle ragazze alzando un sopracciglio fine. Aveva la fronte coperta da una frangetta dritta e mora, mentre il resto dei capelli le arrivava poco più giù delle spalle: lo sguardo di ghiaccio contrastava con l'espressione allegra, sebbene marcata da lineamenti spigolosi.
Emma cercò di studiare anche l'altra ragazza, ma notò Denice avvicinarsi ad Harry con un sorriso sincero sulle labbra: gli circondò il busto con un braccio e lo baciò velocemente sulla bocca sussurrandogli qualcosa all'orecchio, qualcosa che fece rabbrividire l'osservatrice di troppo, che si stava letteralmente mordendo la lingua per non manifestare il suo fastidio. Harry, a sua volta, le baciò il collo e tornò a seguire il discorso pressoché senza un significato profondo dei suoi amici, evitando lo sguardo di Emma.
«Piacere, Olly» le si presentò qualcuno, distraendola dai suoi pensieri attenti. Emma sbatté più volte le palpebre e per qualche istante rimase ferma a studiare la mano tesa verso di lei: la terza ragazza di quel gruppetto le stava davanti con un sorriso gentile sul volto, mentre i suoi centimetri di altezza in più la facevano sentire davvero piccola. Purtroppo, per ciò che le stava passando per la testa e per tutta la cieca gelosia che stava provando, non riusciva ad essere al massimo delle buone norme comportamentali con gli estranei, ma il viso tondo che stava osservando sembrava privo di qualsiasi difetto o traccia di antipatia. Gli occhi grandi e neri come la pece riprendevano in qualche modo il rossetto scurissimo sulle labbra sottili ed i capelli dello stesso colore, mossi e lunghi fin oltre il seno. Era così bella da farla sentire una nullità, oltre che bassa.
«Emma» rispose lei, stringendole la mano e sforzandosi di non guardare Harry al suo fianco: non avrebbe fatto alcuna scenata di gelosia, come gli piaceva chiamarla, ma avrebbe tenuto la testa alta ed il cuore al proprio posto. Non doveva scomporsi, solo resistere.
«Non ti ho mai vista prima» continuò Olly facendo tintinnare i pochi bracciali che teneva al polso destro.
«Sì, ero al Rumpel e Walton mi ha coinvolta senza nemmeno conoscermi, quindi...»
«Fa così con tutte, che ci vuoi fare?» Sorrise l'altra, stringendosi nelle spalle. Chissà se si sarebbe dimostrata meno cordiale nel sapere che quella piccola intrusa nutriva qualcosa per il ragazzo con il quale Denice si divertiva. «Dai, andiamo» la spronò a seguirla, mentre anche gli altri si incamminavano verso il centro del piazzale. «E non farti spaventare dalla prima impressione su questa banda di stupidi, in fondo sono buoni» scherzò, con una chiara espressione ricca d'affetto sul volto.
Emma avrebbe voluto dirle che non erano di certo loro a spaventarla, ma si trattenne dal farlo e si limitò a seguirla in silenzio. Harry era a pochi metri da lei, con Denice stretta al proprio corpo ed il cuore di Emma stretto nelle mani, sebbene non ne fosse pienamente consapevole.
 
«Allora, a che scuola vai?» Domandò Audie tenendo le mani tra le cosce per riscaldarle e restando seduta sulla panchina. Era la ragazza con la quale Walton aveva iniziato il battibecco poco dopo essere arrivati ed era anche la più spigliata tra le sue amiche.
«Alla Haltow High School» rispose Emma gentilmente, ma anche stancamente. Era passata poco più di un'ora e lei stava velocemente arrivando al limite di sopportazione: non ne poteva più di evitare le effusioni tra Harry e Denice, non ne poteva più di chiedersi perché lui si ostinasse a non guardarla nemmeno o a non chiederle neanche scusa per quel piccolo tranello in cui l'aveva coinvolta. Non ne poteva più di non avere il controllo sui propri sentimenti, infiammati da quel trambusto al quale non voleva sottoporsi.
«Davvero? Conosco un paio di persone che la frequentano. Come hai conosciuto gli altri?» Continuò Audie.
«Walton ha di nuovo fatto il cascamorto al Rumpel» intervenne Olly, sfruttando l'informazione ottenuta poco prima.
«In realtà ho conosciuto Harry proprio al Rumpel qualche settimana fa» si spiegò meglio: non le andava di passare per quella che si era fatta rimorchiare dal primo passante al triste bancone di un bar.
«Ah sì?» Chiese Denice guardandola attentamente, ma senza perdere il sorriso incuriosito.
Emma annuì e si finse indifferente, sistemandosi meglio sulla panchina sulla quale si erano sedute per osservare i ragazzi prendersi a palle di neve proprio come dei bambini: Brett era decisamente in svantaggio, mentre Lip sembrava invincibile, forse grazie a tutti quei muscoli che gli facevano da scudo. «E voi? Come li avete conosciuti?» Indagò, sperando di ottenere qualche informazione in più.
«Be', Denice ha fatto conoscenza con i pantaloni di Harry ed il resto è venuto da sé» scherzò Olly, guadagnandosi un leggero pugno sulla spalla dalla diretta interessata. Emma trattenne per un attimo il fiato a quelle parole.
«Non dire idiozie» la ammonì Denice con le guance leggermente arrossate. Poi si rivolse alla nuova arrivata, seduta alla sua sinistra. «È in parte vero quello che ha detto, ma non è andata esattamente così» continuò buttando benzina sulla già accesa curiosità di Emma, che la guardava in trepidante attesa.
«Insomma, Harry le ronzava intorno da qualche tempo quando lei ha finalmente deciso di notarlo» si intromise Audie, in piena modalità gossip. «Per sfortuna del nostro povero Styles, però, una storia seria non era nelle sue intenzioni, quindi ha dovuto accontentarsi di qualche scappatella nel suo letto» concluse. Evidentemente si divertiva a raccontare sfacciatamente il susseguirsi delle vicende.
«Così sembra che io sia la peggiore delle stronze!» La corresse Denice. «Non si è accontentato, l'abbiamo deciso insieme: anzi, a dirla tutta è stato lui a proporre questa cosa e ne sembra anche piuttosto soddisfatto» precisò lei.
«Non credi che possa volere di più?» Emma si stava deliberatamente impicciando di affari che la riguardavano solo e remotamente in modo indiretto, eppure non riusciva a tenere a bada la lingua, perché la voglia di sapere era troppa.
Denice scoppiò a ridere, seguita dalle sue amiche: la loro non era una presa in giro, anzi, erano cristalline nel parlare di ciò che le riguardava. Evidentemente quella possibilità era più assurda di quanto lei credesse. «Stiamo parlando dello stesso Harry? No, a lui va bene così. E comunque, se anche volesse di più, dovrebbe andare a cercarlo da un'altra, perché io non ne voglio più sapere di storie anche solo lontanamente serie» spiegò incupendosi leggermente, come se fosse stata appena minacciata da un ricordo ancora pungente.
Emma iniziò a rimuginare su quelle informazioni, fino a quando Olly annunciò l'inizio della fine. «Ah, ecco: parli del diavolo e spuntano le corna».
Tutti gli sguardi si soffermarono sulla figura di Harry che si avvicinava a loro, ricoperta da residui di palle di neve e con le guance arrossate per il freddo: era così bello da fare un po' male, ma solo un po', perché il resto era dovuto al modo con il quale si rapportava con Denice, alla semplicità e alla disarmante confidenza con cui la baciava o si lasciava accarezzare. Tutto per cosa? Un'allegra scopata da dimenticare il giorno dopo?
«Hai una sigaretta?» Le domandò, tirando su con il naso e scrollandosi di dosso un po' di neve.
«Sì, ma te la scordi, e sai anche perché» rispose Denice, con un sorriso beffardo che in qualche modo ricordava quelli di Harry. Si alzò dalla panchina e si sporse in avanti per sfiorargli le labbra con divertimento, mentre lui mormorava un: “E dai, non rompere".
A quel punto per Emma fu davvero troppo da sopportare: si mise immediatamente in piedi, raccogliendo la borsa dalla panchina e tenendo lo sguardo su qualsiasi cosa che non fossero i capelli di Harry o le sue labbra occupate da altre. «Ho dimenticato di dover sbrigare una commissione, devo andare. Grazie della compagnia» si congedò alla velocità della luce, voltandosi subito dopo ed ignorando le domande stupite delle ragazze, che le stavano pesino offrendo un passaggio a casa. Le sarebbero state simpatiche, se si fosse trattata di una situazione completamente diversa.
Ai ragazzi sorrise semplicemente, rivolgendo anche a loro la scusa che aveva usato solo poco prima, mentre si dirigeva verso il marciapiede pronta a camminare per un bel po' solo per tornare finalmente a casa.
Era inutile rimanere lì, si sarebbe solo resa ridicola a se stessa e agli occhi di Harry. Lo stesso Harry che la raggiunse a passi veloci non appena lei svoltò in un'altra via che nemmeno conosceva.
La bloccò con una mano sul polso, ma senza dire niente.
Emma si divincolò con una decisione che stupì persino se stessa. «Devo andare» ripeté meccanicamente.
«Non sapevo che ci sarebbe stata anche lei» esclamò Harry con un tono serio, mentre la osservava attento.
«Certo, come no» sospirò lei distogliendo lo sguardo.
«È la verità: non ci teniamo aggiornati su ogni spostamento che facciamo» insistette lui quasi stancamente. Era stato il primo a cercare un confronto, quindi perché ora le parlava in quel modo?
«Ma se vi stavano aspettando!» Lo contraddisse Emma, infastidita dal suo mentire e dal suo modo di porsi.
«Avranno parlato con Walton! Io non sapevo che ci sarebbero state».
Emma sbuffò e serrò la mascella. «Va bene» si limitò a dire prima di voltarsi di nuovo. Che senso aveva starne a parlare se tanto si udiva chiaramente il rumore delle unghie di Harry mentre si arrampicava su specchi invisibili? E se anche fosse stato sincero, a cosa sarebbe servito? Ancora una volta era stata lei a sbagliare, ma diversamente dalle altre non se la sarebbe presa con lui: solo con se stessa.
«Fermati, santo cielo» la richiamò Harry sfumando il tono in un rimprovero.
«Si può sapere cosa vuoi?» Sbottò Emma tornando a guardarlo. Se solo l'avesse lasciata andare senza inutili parole, forse lei avrebbe smesso di sentire quello strano peso all'altezza del petto, mentre le immagini di lui e Denice vicini si susseguivano nella sua mente.
«Io? Sei tu che te ne stai andando come se-»
«E questo cosa ha a che fare con te?» Lo interruppe Emma, iniziando ad alzare la voce proprio come la sua stava facendo. «Ti ho chiesto di seguirmi? Non mi sembra».
«No, ma è evidente che tu sia incazzata con me per questa storia! Ti ho già detto che non sapevo di Denice e se proprio vogliamo dirla tutt-»
«Non dirmi che è stata una mia scelta e che devo accettare le conseguenze delle mie decisioni, non osare dirlo. Lo so perfettamente, infatti ho accettato tutte le vostre stupide effusioni senza dire niente: ora però devo proprio andare a casa, perché non ho più intenzione di farlo» stabilì fiera di se stessa. La gelosia la stava ancora divorando, nonostante Denice fosse lontana e lui fosse lì con lei, e doveva trovare un modo per metterla a tacere.
«Ok, allora vai» acconsentì Harry, più per rabbia che per altro. La sua espressione contratta non manifestava tranquillità ed era evidente che volesse dire dell'altro. Emma lo guardò solo per un ulteriore istante prima di voltarsi e riprendere a camminare: stava ribollendo per la stizza e per la voglia di urlare un po' di più solo per sfogarsi anche in minima parte.
«Anzi, sai una cosa?» Ricominciò lei subito dopo, tornando velocemente indietro e cogliendo Harry alla sprovvista, che la stava ancora osservando con lo stesso sguardo negli occhi. «Non è solo colpa mia. Magari tu non sapevi che ci sarebbe stata anche Denice, ma non ti sei fatto nemmeno uno scrupolo nello stare con lei davanti ai miei occhi. Ti sei divertito a sbaciucchiarla per bene mentre mi avevi a nemmeno un metro di distanza? Ti sei sentito appagato?»
«Continui a parlare senza sapere un cazzo! Sai cosa ha fatto appena siamo arrivati? Mi ha chiesto di fare sesso nel primo vicolo qui vicino: perché credi che le abbia detto di no?» Ribatté Harry, alterandosi un po' di più mentre lei rabbrividiva al solo pensiero.
«Dovrei ringraziarti per questo? Avrei preferito che ve ne foste andati, piuttosto che avervi davanti per tutto il tempo!» Confessò Emma, nonostante non fosse pienamente sicura di quelle parole. Probabilmente rimanere con loro in ogni minuto non era stato privo di vantaggi, dato che le aveva concesso di sapere esattamente cosa stavano facendo.
«Scommetto invece che se ce ne fossimo andati mi avresti urlato contro di essere uno stronzo insensibile! Mi avresti rimproverato di non aver avuto nemmeno un minimo di rispetto per te!»
Forse aveva ragione? Non era neanche quello il problema.
«Il punto è che io non voglio niente di tutto questo!» Precisò Emma, avvicinandosi un po' di più. Era ad un passo da lui e per una volta era più forte di quella misera distanza. «Pensavo di farcela, di poter resistere un po' di più e di vedere a cosa avrebbe portato, ma io non voglio accontentarmi. Non voglio accontentarmi delle briciole come hai fatto tu con Denice!»
«Come f-»
«E soprattutto non voglio dover sopportare questa situazione, quando tu sei bloccato in una relazione che non ti porterà da nessuna parte e che non ha nemmeno senso: sono stata una vera stupida a pensare di potercela fare, ma ora ho capito che sarebbe inutile».
«Non osare parlare di qualcosa che non conosci» la ammonì Harry facendosi ancora più vicino. Le stava respirando velocemente sul viso.
«Forse la tua Denice non dovrebbe parlarne con dei perfetti estranei» rispose lei, sostenendo il suo sguardo senza indietreggiare di un solo millimetro.
«Vai a casa, ragazzina» le ordinò lui a denti stretti.
«Stavolta, però, non fermarmi».
«Non ci penso neanche».
 
Quando Emma aprì la porta di casa con il mazzo di chiavi che finalmente i suoi genitori le avevano affidato, non ebbe il tempo di fare un passo o di inspirare ancora un po' d'aria, perché Fanny le si catapultò direttamente tra le braccia esclamando qualcosa di irriconoscibile.
«Aspetta, hey! Così mi fai cadere» la ammonì Emma, sorridendo mentre la sorella la obbligava a mettersi in ginocchio solo per abbracciarla meglio.
«Dove sei stata? Sei in ritardo!» La rimproverò Fanny senza un vero nervosismo. La sua era infantile ed irrefrenabile impazienza: aveva già indossato il giaccone più pesante in suo possesso, compresi i guanti da neve ed il cappellino in lana rosa che si intonava alla sua carnagione chiara.
«Sono in perfetto orario» ribatté lei, allontanandola un po' dal proprio corpo per poterla guardare in faccia. I suoi occhi color nocciola stavano letteralmente brillando per ciò che li avrebbe emozionati da lì a poco.
«Saresti stata in ritardo anche se fossi arrivata alle tre: è tutto il pomeriggio che va in giro così» intervenne Melanie dal divano sul quale era sdraiata, mettendosi a sedere.
«Melanie Clarke che sorride? Di' un po', non eri in fase "odio chiunque mi respiri vicino e anche me stessa"?» Domandò Emma, incuriosita dal viso radioso di sua sorella maggiore. Come sempre aveva scelto un approccio discutibile, ma il suo interesse era sincero, nonostante non tutti lo capissero.
«Non esattamente: tu sei ancora tra le persone che non sopporto, soprattutto quando sei così simpatica» borbottò Melanie alzando gli occhi al cielo, ma senza un vero e proprio risentimento. Era tornata quella di sempre: che avesse chiarito con quel relitto umano di Zayn? Emma non sapeva se esserne felice o meno.
«E dai, andiamo?» Si lamentò Fanny, saltellando sul posto.
Forse aiutarla a fare un pupazzo di neve avrebbe aiutato lei a togliersi Harry dalla testa.





 


Hello!
Dai, sono anche leggermente in anticipo :) come state fanciulle? Spero abbiate passato una buona settimana!
Passando al capitolo, non so nemmeno come definirlo: innanzitutto si nota la decisione iniziale di Emma di non abbandonare definitivamente Harry, per i motivi che lei stessa spiega. Ho introdotto gli amici di Harry (scusate per le numerose descrizioni ma non potevo farle mancare! e scusate anche per il linguaggio che usano, ma voglio che siano realistici!), anche se Walton lo conoscevate già un pochino! Riguardo Denice, lascio a voi tutti i commenti: ho voluto svelarvi una briciola del loro passato (in cui evidentemente Harry faceva la parte di Emma e Denice la sua), dato che è lo stesso che fa capire qualcosa ad Emma. Lei non vuole finire come loro, accontentarsi di qualcosa che non ha un senso né uno scopo: anche qui, ditemi cosa pensate della piccola - ennesima - discussione con Harry! Sono curiosa di sapere quali siano le vostre opinioni e previsioni per questi due :)
Ah, visto che mi è stato chiesto, ho deciso che alla fine di ogni capitolo dirò anche a che punto siamo in "It feels..." così chi la seguiva può orientarsi un po' di più! Questo capitolo è ambientato al giorno dopo il capitolo 22 :)

Spero davvero che vi sia piaciuto, anche se non succede niente di eclatante! In qualsiasi caso fatemi sapere i vostri pareri! E grazie infinite per tutto, davvero!

Vi lascio tutti i miei contatti:
ask - facebook - twitter 

Un bacione,
Vero.

Ah, nuova one shot :)
"Phantom limb"
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Acinorev