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Autore: Inathia Len    29/03/2014    1 recensioni
Sono passati cinque anni dalla creazione degli Hunger Games, quando il giovane John Watson viene selezionato alla Mietitura del suo Distretto.
Dalla storia:"-Hai ragione tu, sono i Favoriti quelli da eliminare, che ci potrebbero causare più problemi. Sally e Anderson hanno avuto fortuna, ma senza le tue bombe non sarebbero andati da nessuna parte. E poi, se non gli diamo subito la caccia, si sentiranno al sicuro e magari saranno loro a fare un passo falso.-
-Questo sì che si chiama pensare- commenta Sherlock.
-Quindi è deciso. Dove pensi si siano nascosti?-
-Dove ti rifugeresti tu, se fossi un Favorito e la altre due alleanze si stessero scontrando nei vicoli?-
-Lontano dai vicoli- mormoro, arrivandoci dopo. –In piazza, alla Cornucopia- rispondo poi e a Sherlock brillano gli occhi."
Mio primo cross-over, quindi siate clementi. Anche se le recensioni fanno sempre piacere e aiutano a migliorarsi :-)
Genere: Avventura, Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO9
 
Passiamo la notte alle rovine del 221B, ma Mycroft non ci manda più nulla. Forse le cose si sono fatte troppo costose persino per lui, oppure disapprova il fatto che Sherlock stia ancora con me, sia ancora un mio alleato anche se potrebbe farci tutti fuori nella notte e tornarsene a casa domani.
Così finiamo per dividerci l’ultima pagnotta mentre in cielo compare il volto di Molly, seguito da quello di Greg e Mary. Quando scorgo il suo sorriso, realizzo che questa è davvero l’ultima volta che la vedrò. Anche nel caso in cui dovessi riuscire ad andarmene vivo da qui, l’avrebbero già seppellita. E allora la sua figura sorridente, quella che conserverò per sempre nei ricordi, quella della ragazza che mi ha sorriso alla Mietitura, che mi ha incoraggiato durante gli allenamenti, che mi ha strizzato l’occhio prima che questi maledetti giochi cominciassero, quella ragazza dolce e gentile che, in un’altra vita, avrei persino potuto amare, si tramuta nel fantoccio pallido e sanguinolento che era quando è morta. È come quando ho visto Kitty morire, con la differenza che adesso mi viene da piangere e mi si strappa il cuore dal petto.
-Sherlock- sussurro nella notte. So che non sta dormendo. È avvolto nella coperta assieme a me, ma di sicuro non dorme.
-Cosa?- mi risponde, infatti, dopo poco.
-Adesso andiamo a cercare i Favoriti e mi sta bene. Hanno ucciso Mike. Ma poi, giuramelo, subito dopo scoviamo Sally e Anderson e gliela facciamo pagare. Giuramelo- dico, la voce che mi trema.
-Te lo giuro.-
E finalmente mi addormento, cullato dal ritmo del suo respiro.
 
È un annuncio poco prima del sorgere del sole a svegliarmi. La voce di Claudius Templesmith si diffonde per tutta l’Arena, facendomi prendere un colpo. Sherlock, invece, accanto a me, non ha dormito di sicuro, anche se non sembra minimamente stanco. Mi chiedo come faccia.
-Buongiorno tributi e ben svegliati!-
Lancio un’occhiata a Sherlock, ma lui non mi sta guardando. È concentrato a sentire quello che sta dicendo Claudius.
-Che giornata si prospetta! Siete rimasti in sei, i miei complimenti ai valorosi. Ma solo uno di voi può vincere, questo lo sapete. Vi abbiamo osservato e siete divisi in tre alleanze. Molto intelligente davvero, molto intelligente. Ma da questo momento in poi, sono da considerarsi nulle, inesistenti. Tutti contro tutti- conclude allegramente, mentre i miei occhi incrociano finalmente quelli di Sherlock. Non l’ho mai visto spaventato e non mi piace.
-Non ho intenzione di ucciderti- dico velocemente, mentre lui fa lo stesso. E scoppiamo a ridere.
-No, dico davvero. Adesso ognuno se ne va per la sua strada, perché non ho alcuna intenzione di doverti uccidere, Sherlock.-
-Non possono obbligarti. Siamo già qui dentro, che altro ci può succedere?-
Sospiro guardandolo negli occhi. Non voglio davvero alzarmi, prendere la mia roba e andare ad uccidere qualcuno. Vorrei rimanere qui per sempre, anche se nell’Arena, solo per i suoi occhi e per il modo in cui mi guarda: come se non avesse mai avuto davvero un amico, come se fossi la cosa più importante per lui al mondo, come se non volesse mai più lasciarmi andare.
-Sei tu quello che deve vincere- mormoro, prendendo fuori la pistola. Piano. Senza interrompere il contatto visivo.
-John, che stai facendo?- chiede allarmato, notando i miei movimenti. Che scemo, io credevo davvero di poter nascondere qualcosa a Sherlock Holmes?
-Se io muoio, sarete in cinque. E non mi dire che non saresti in grado di liberarti di quei quattro fessi- continuo, puntandomi la pistola alla tempia. –Torna a casa, Sherlock.-
-Non dire idiozie e smettila di fare il melodrammatico. Nessuno di noi due morirà. Non qui, non adesso. Mi avete sentito?- comincia ad urlare, rivolto al cielo, correndo in strada. –Non ucciderò John Watson!- sillaba. –E non sarete voi a costringermi a farlo- grida, prendendomi la pistola e buttandola per terra. –E tu, non fare più una cosa del genere- dice, guardandomi fisso negli occhi e abbassando la voce. –Anche se siamo qui, non vuol dire che dobbiamo fare tutto quello che ci dicono, d’accordo?-
-Quindi siamo ancora alleati?- chiedo, confuso.
-In un certo senso. Solo che ci dobbiamo dividere. Io cerco la Adler e Moriarty, tu ti occupi di quegli altri.-
-Un’alleanza a distanza- commento.
-Abbiamo i walkie-talkie. Se uno dei due ha bisogno, chiama e l’altro arriva.-
Gli sorrido e anche lui fa lo stesso. Più o meno. Fa quello quanto di più simile a un sorriso riesca a Sherlock Holmes.
-Allora ci si sente- butto lì.
-Spero di no…- è la sua risposta e dentro c’è tutto quello che non riesce a dirmi. C’è il “non voglio che ti succeda niente di così grave da costringerti a cercare il mio aiuto”, c’è il “vorrei che potessimo vincere entrambi”, c’è il “saremmo potuti davvero essere amici, fuori da qui”, c’è il “sei stato il mio unico amico”. C’è il “avrei potuto amarti e, forse, in un’altra vita l’ho davvero fatto”.
Faccio un lungo sospiro. In realtà sto prendendo tempo perché non voglio che se ne vada, che mi volti la schiena e diventi solo una voce alla ricetrasmittente se sono in punto di morte.
-Quindi, ci siamo?- chiedo, cercando di non incontrare i suoi occhi, anche se so che lui mi sta guardando fisso.
-William Sherlock Scott Holmes.-
-Come, scusa?-
-È il mio nome per intero. Per quando cercherai un nome per i tuoi figli- borbotta.
Adesso si che mi farà piangere, questo scemo.
-C’è un’altra cosa- riprende, guardandomi fisso negli occhi. Dopo un po’, il mio sguardo scivola in basso. Non so perché ci stiano dando tutto questo tempo, non è normale, ma non mi interessa. Qualsiasi cosa per non doverlo guardare allontanarsi.
-John, c’è una cosa che dovrei dirti, che avrei sempre voluto ma non ho mai detto. E quindi, dato che è improbabile che ci incontreremo ancora, tanto vale che te la dica ora- mormora, facendo poi una pausa che mi obbliga a incrociare di nuovo i suoi occhi. –Sherlock, in realtà, è un nome da donna.-
-Non è vero- lo contraddico, cercando di non scoppiare a ridere.
-Ci ho provato- dice lui, l’ombra di un sorriso sul volto.
-Non chiamerò i miei figli come te, maschi o femmine che siano. E sai perché, William-Sherlock-Scott-Holmes-Sherlock-è-un-nome-da-donna? Perché tu ce la farai, uscirai di qui e la metterai nel sacco a tutti quanti.-
-Io non…- comincia, ma io lo interrompo, abbracciandolo.
-E adesso stai zitto- dico, stringendolo forte. –Stai zitto e basta.-
Rimaniamo allacciati fino a quando Sherlock non si allontana leggermente, appoggiando la sua fronte sulla mia.
-Vai e falli secchi, John Watson.-
  
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