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Autore: Rave_Ross_16194    30/03/2014    0 recensioni
[Coppia Jordana Brewster|Paul Walker]
« La nostra vita girava intorno al condizionale: "Se un giorno ci incontrassimo. Se un giorno ci innamorassimo. Se un giorno ci sposassimo. Se un giorno…" fu il modo peggiore che avevamo di vivere la vita sfrenata e frenetica che ci portò solo a un mare di sofferenza. »
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Passavano i giorni e le mie giornate erano sempre più monotono, ufficio, casa, casa, ufficio. Non avevo la ben che minima adrenalina nel mio lavoro, era molto lineare e noioso, e di certo non era il lavoro dei miei sogni. Durante la pausa pranzo uscivo a bere un caffè al bar dell’altra via, ma la maggior parte delle volte mi trascinavo il lavoro anche lì. Erano passate due settimane  da quando quel ragazzo di nome Paul era venuto nel mio ufficio ad incasinarmi la vita. Cecavo di non pensare a lui mentre facevo contabilità sul mio solito tavolino vicino alla finestra che affacciava sulla strada. Cercavo con tutta me stessa di concentrarmi quando all’improvviso…

“Hei!” una voce maschile, ma allo stesso tempo mi urlò contro e per lo spavento mi fece versare tutto il caffè che stavo bevendo sul vestito.

“Che… genere… di vichingo urla in questo modo a una donna che sta bevendo il caffè?!”dissi alternando le parole ad attacchi di asma e tosse.

“Sono io!” si avvicino.
“Io chi?!” mi sistemai gli occhiali.
“Ciao Jordana, sono venuto a ringraziarti!” disse sedendosi sulla sedia del mio tavolo di fronte a me.
“Se non sbaglio, Paul?!”
“Esatto!” sorrise.
“Ma… ringraziarmi per cosa?” domandai pulendomi il vestito con un fazzoletto.
“Mi hanno preso!  Ho chiamato il manager, ho fatto un colloquio e un provino e mi hanno preso!”  parlava velocemente e si vedeva che era felice.
“Congratulazioni!” risposi fredda, mettendomi il cappotto e prendendo le carte dal tavolo in mano.
“Aspetta! Dove vai? Devo dirti una cosa molto importante!” si alzò in piedi per fermarmi.
“Senti, devo tornare al lavoro e ho solo mezz’ora per andare e tornare a casa a cambiarmi, perciò non ho tempo!”
“Ti posso dare un passaggio?!” era più una domanda che un’affermazione.
“Prenderò un taxi!”
“No, insisto!”
“Ma non c’è ne bisogno! E comunque grazie!” sorrisi lievemente.
“E’ colpa mia  se ti sei versata il caffè addosso, e se l’altra sera hai avuto lavoro in più da fare per colpa mia, perciò insisto ad accompagnarti a casa e riportarti, niente obbiezioni! Andiamo!” questa volta utilizzò l’imperativo e mi accompagnò alla sua macchina, mi aprì la porta da gentiluomo  e la chiuse. Si sedette alla guida e partimmo.
“Dove abiti?”
“Ahm, giusto… in 27 Willow Street!” cercai di concentrarmi sui  semafori.
“Che lavoro fai all’agenzia?” domandò curioso
“Niente di speciale, la segretaria!”
“E ti piace?”
“Un lavoro come un altro!”
“Avrei una proposta da farti, ma credo che dovrebbe essere una cosa da festeggiare, domani sera alle 8?”
“Cosa?” domandai confusa e stupita allo stesso tempo.
“Ti andrebbe di andare a cena con me per parlare e conoscerci meglio?”
“Non credo di voler conoscerti meglio!”
“Beh, dovremmo pur conoscere almeno i nostri cognomi se lavoreremo insieme, non credi?!” mi lanciò un sorriso che mi fece arrossire.
“Brewster, Jordana Brewster!”
“Walker, Paul Walker!” sorrise.
“Posso farti una domanda?” mi girai distogliendo il mio sguardo dai semafori che diventavano tutti rossi a causa anche del fatto che i miei occhi si appannavano per colpa del inalzamento della temperatura del mio corpo.
“Certo! Fino ad ora le domande le ho fatte solo io!” sorrise notando il fatto che non stavo più osservando la strada.
“Avevi programmato tutto dall’inizio?” domandai con tono accusatorio.
“Il fatto che ti avevo portata all’ospedale, e che due mesi dopo sono venuto DA TE a chiedere un biglietto da visita?!” il suo modo in lista di dettare le cose mi fece pensare che l’avesse programmato.
“No, non avevo programmato niente. Quando sei caduta dalle scale io stavo andando a trovare mia sorella che lavorava al 19esimo piano, e l’ascensore era rotto. Due mesi dopo sono venuto perché volevo realizzare il mio sogno.”
“Capisco!” mi rimisi nella posizione di acuta osservatrice di semafori.
“Se continui ad osservarli non diventeranno subito verdi!” mi sorrise in un modo in qui non potevo non ricambiare.
“Gira a destra. La prima casa a sinistra.” Rallentò la macchina fermandosi. Sganciai la cintura, aprii la porta e corsi nel mio appartamento.  Entrai in casa e mi catapultai sull’armadio.

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Ero in macchina sotto la finestra non coperta da tende di casa sua, la vedevo rovistare nell’armadio e buttare vestiti per aria, ma quello che mi faceva più timore era il mio desiderio di lei vedendola in intimo dalla finestra. Il suo corpo esile che saltellava per tutta la stanza, e il suo reggiseno di pizzo nero perfettamente in tinta con le coulotte di pizzo nero. Era una sensazione strana, un momento prima ero io quello che riusciva a non sentirsi imbarazzato e quello che faceva i primi passi, ma ora sentivo le mani sudare e il corpo ribollire. Aprii i finestrini e staccai lo sguardo dalla finestra, anche se ormai lo spettacolo era finito, il vestito metà nero e metà grigio ricordava molto la città in qui ci trovavamo, New York, nera e grigia. Entrò nella macchina legandosi i capelli.
“Possiamo andare?” domandai cercando di mantenere il controllo sul mio comportamento e di mantenerlo uguale a prima.
“Possiamo andare!”
La strada di ritorno fu più lunga della strada di arrivo, perché nessuno dei due osò parlare. Per non farla insospettire ritornai sul discorso della cena.
“Domani ti passo a prendere alle 8?”
“Probabilmente dovrò rimanere in ufficio un’ora in più!”
“Allora un altro giorno?!” chiesi dispiaciuto.
“Un altro giorno!” sorrise lievemente e uscì dalla macchina.
Spinsi la testa indietro sbattendola sul poggia testa.

Cretino, cretino, cretino! Cosa cavolo pretendevi? Non lo vedi che non è interessata?! E poi la storia della finestra non se la beve nessuno, lei ti faceva sentire così da quando l’avevi vista quel giorno portare scatoloni. Smettila di maltrattare la gente e vai a studiarti il copione.

Arrivai al UNIVERSAL  STUDIOS  e lì incontrai il regista che mi aspettava.
“Ragazzino, questa non è una biblioteca aperta a tutti! Sei riuscito a convincere la ragazza a venire a fare un tentativo?”
“Non ancora! Non credevo che fossero cose di qui parlare mentre era al lavoro.” Entrò dalla porta un uomo grande e grosso, ma più muscoloso, che grosso.
“Vin… spiega a questo ragazzo cosa deve fare!”
“Salve, io sono Vincent, ma per tutti Vin!” mi porse la mano e la strinsi.
“Paul, piacere!”
“Ho sentito che sei quello con qui dovrò lavorare di più!” mi fece l’occhiolino “Di che ragazza stava parlando?” chiese dopo che il regista uscì dalla stanza sbattendo la porta.
“Nessuna in particolare!”
“Ti aveva domandato di trovare una per interpretare  Mia?” domandò curioso.
“Sì, ma non è stato facile come me l’immaginavo!”
“Ci scommetto, dovresti leggere prima il copione e poi cercare una ragazza che interpreterà Mia, dato che …” mi fece l’occhiolino “beh, ci siamo capiti!”

“Che cosa intendi?” lo spinsi urlandogli contro

“Non è mica scemo il regista, ti ha concesso quest’opportunità perché lei sarà la tua compagna sullo schermo, ma ragazzo, hai letto o no il copione?!” finì la frase con voce stridula, anche se per il suo timbro di voce era quasi impossibile.

“Scusami, è che non…” mi misi le mani tra i capelli.
“…non sai nemmeno come si chiama il tuo personaggio!” finì lui la frase, e aveva ragione.

Vin iniziò a spiegarmi la storia e io rimasi attentamente in ascolto, anche se pur difficilmente, ogni volta mi tornavano davanti agli occhi le immagini della finestra.






Avevo intenzione di scrivere una FF su Paul (il mio tesoro, pace all'anima sua, il cielo ora ha un'angelo in più <3) da un sacco di tempo, ed ecco qui il secondo capitolo.
Mi manca un casino, è frustrante sapere che il 10 Aprile 2015 non lo vedrò sul grande schermo sfoggiare i suoi bellissimi sorrisi che facevano invidia al mondo intero.
Questa FF faceva parte dei tre mila miei filmini mentali che un giorno ho deciso di prendere carta e penna e buttarli giù. Scommetto che il titolo vi preoccupa, ma i miei filmini mentali anche se complessi e tristi, hanno SEMPRE UN LIETO FINE, e con le lacrime agli occhi vi lascio al prossimo capitolo.

.rave

 
  
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