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Autore: Stella cadente    31/03/2014    4 recensioni
"In quell’orfanotrofio degli Stati Uniti, in una piccola stanzetta, giocava una bambina pallida. Era una bambina dal corpo esile parzialmente ricoperto da lunghi capelli corvini, che le ricadevano vaporosi sulla sua schiena magra. Una bambina che si sentiva messa da parte, oppressa, imprigionata tra quelle pareti spoglie, scrostate e di un color bianco sporco, quasi grigio."
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"E non era colpa sua.
E lei avrebbe preferito incastrarsi in una dannazione eterna, piuttosto che vivere una vita vuota."
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La storia di una bambina come tante, eppure così diversa.
La storia di una bambina innocente che voleva solo un po' di affetto.
Lei voleva solo essere ascoltata.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Samara Morgan
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ring - Samara Morgan'
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Capitolo 6
Buio
 
 
 

Se non riesco a rimandarti indietro, che cosa succederà?
Dopo la gara Anna le era sembrata sempre più come la donna dello specchio e sempre meno come la madre affettuosa che era stata fino al giorno prima. Avevano passato il resto della giornata lontane, perché aveva una forte emicrania ed era rimasta tutto il tempo chiusa nella sua stanza. Samara sentiva di non riuscire già più a tollerare la sua assenza.
Se non riesco a rimandarti indietro, che cosa succederà?
Mamma...
Un cavallo le sfrecciò accanto. Era un cavallo nero, un cavallo furibondo, gli occhi rotondi e umidi che straripavano rabbia.  Un cavallo che cadeva, andava giù nel mare, un cavallo che la guardava con odio, con una collera che non aveva mai visto. L’animale era come impazzito, si dibatteva, si dimenava, senza smettere di guardarla.
Hai visto.
C’era del sangue, dappertutto. Nel buio la macchia si allargava sempre di più, toccandole i piedi candidi con uno sgradevole calore e un odore acre che le colpì repentino il naso, insinuandosi fino al cervello. Il mare si era macchiato di sangue. Lei lo vedeva, lei lo sentiva.
Affogava in un mare nero e senza fine, senza via d’uscita, senza uno spiraglio di luce che venisse in qualche modo a confortarla. Nero, solo nero. Il freddo e il buio erano di nuovo da lei, ma non poteva farlo vedere a nessuno. Gridava aiuto, ma era un aiuto inascoltato, un aiuto che nessuno oramai le riservava più.
Si lasciò cadere nel posto buio e freddo.
E poi, il nulla.
Se non riesco a rimandarti indietro, che cosa succederà?

 
****
 
 
– Samara...
Nei suoi occhi c’era il buio più profondo. L’unica cosa che le dimostrava di essere ancora in vita era il suo stesso cuore, che palpitava come impazzito.
Mamma...
– Samara...
Aprì gli occhi, e lentamente mise a fuoco il viso di Anna che la guardava sconcertato, gli occhi colmi di preoccupazione misto ad un terrore incontrollato. Vide i capelli neri che le incorniciavano morbidi il viso, le labbra serrate in un’espressione di dolore.
Era mattina.
La notte era passata.
– Mamma... – sussurrò, con le poche forze che le erano rimaste in corpo. Sentì la sua voce somigliare più ad un flebile sussurro, mentre Anna le toccava le braccia.
– Samara, ma che cosa hai fatto... – sussurrò Anna stravolta, guardandola negli occhi.
Provò a svegliarsi da quello stato di torpore. Che cos’era successo?
– Che cosa, mamma?
Anna la guardò in modo strano, come se volesse scavarle nell’anima, e la bambina si sentì ribollire. Sentiva che il posto buio voleva riemergere, ma non voleva che lei lo vedesse. Non dopo quegli anni in cui era riuscito a tenerlo a bada.
Strega, mostro!
Sapeva che per lei non ci sarebbe mai stato nessuno, che quello che la perseguitava era qualcosa di troppo grande e nascosto per essere capito. Era qualcosa che doveva essere rimandato indietro.
Se non riesco a rimandarti indietro, che cosa succederà?
Cosa succederà?
Samara abbassò gli occhi per vedere e trasalì, mentre i suoi occhi scuri si allargavano in un’espressione sconvolta, piena di terrore. Quella paura ferrea, che intrappola in una morsa di angoscia, che stringe lo stomaco, quella paura dalla quale capisci che non puoi scappare.
Le sue braccia erano coperte di ustioni.
 
 
 
 
 
 
Anna non capiva. Non capiva che cosa stesse succedendo, com’era che il suo sogno di avere una famiglia perfetta le sembrasse ormai infranto.
Samara, una bambina di appena otto anni, si era procurata lesioni.
Trattenne a stento le lacrime; non aveva fatto nulla di sbagliato, verso di lei. Aveva sempre cercato di essere una buona madre, di darle tutto quello di cui aveva bisogno. Sin dal primo giorno aveva capito che era una bambina molto fragile – sembrava aver costantemente paura di qualcosa, anche se faticava a capire cosa – e lei si era comportata di conseguenza.
Che cosa ti è successo?
Restava lì impietrita, a guardare quelle piccole braccia così martoriate. E quando sollevò gli occhi capì che non era stata lei.
Non era stata Samara a volerlo e lei, come madre, non aveva fatto nulla di sbagliato. Eppure quei segni erano impossibili, anormali. Come aveva fatto a procurarseli?
Guardò sua figlia, e nei suoi occhi vide la paura, una paura enorme, mentre grosse lacrime le solcavano il viso.
Fu come se qualcosa le si fosse acceso nel cervello.
Doveva porre un rimedio, al più presto.
 
 
 
****
 
 
– Sì, deve essere aiutata... la mia bambina deve essere aiutata... – diceva Anna al telefono.
Samara fece capolino dallo stipite della porta, cercando di afferrare altri frammenti di conversazione. La sua mamma sembrava così preoccupata per ciò che era appena accaduto. Ammirò la sua figura avvolta dalla camicia da notte; camminava per tutta la stanza, apprensiva, ingenua.
Non sapeva che cosa sarebbe successo, da lì in poi.
Samara lo sapeva, in fondo. Sapeva che sarebbe tornato. Eppure fino a quel momento era come se non avesse voluto crederci, come se avesse voluto vivere nell’illusione che anche lei avrebbe potuto stare bene.
Si era illusa che i Morgan potessero scacciare anche lui.
Il Buio.
Ma il Buio tornava sempre. Era di nuovo lì, adesso.
 
 
 
****
 
 
 
– Allora, tu devi essere Samara.
Si trovava davanti ad una signora che avrà avuto circa l’età di Anna, dai lucenti capelli biondi.
– Ehm... – tentennò, incerta. – Sì.
Indugiò per un attimo, scrutando quel viso sconosciuto.
– Ma chi è lei? – chiese la bambina, spaesata. – Perché sono qui? Io devo tornare dalla mia mamma.
L’ansia aveva cominciato a serpeggiarle nello stomaco di fronte a quella donna. Le immagini avevano ripreso a scorrere.
Vorresti raccontarmi cosa è successo davvero?
Samara, tu ti senti coinvolta in tutto questo?
Perché, secondo te, i tuoi compagni hanno paura di avvicinarsi?
Le immagini non si fermavano.
– Samara, la mamma non starà qui con te, ora.
La voce della donna era piatta, e sebbene avesse un timbro caldo e rassicurante, era diventata così gelida da farla rabbrividire.
Allora, tu devi essere Samara.
– Come faceva, lei, a sapere il mio nome?
– Sono il medico dell’isola. Conosco tutti qui. Tua madre ti ha portata da me perché vuole che io capisca che problema hai.
Samara non capiva. Medico? Problema?
Perché, secondo te, i tuoi compagni hanno paura di avvicinarsi?
Nessuno doveva saperlo, altrimenti sarebbe stata la fine.
Lui l’avrebbe uccisa se qualcuno lo avesse saputo, ne era certa. E non poteva permetterlo.
– Ma io non ho nessun problema, signora – disse candidamente. Mentiva, quello era certo. Ma doveva preservare il Buio, doveva trattenerlo. Altrimenti si sarebbe impossessato anche di altri.
La donna la squadrò con attenzione, come a cercare di penetrare i suoi pensieri. Il cielo plumbeo e cupo di Moesko Island la faceva apparire quasi spettrale, con quei capelli talmente chiari da sembrare bianchi e gli occhi scuri come due pezzi di carbone.
– Vedi Samara, io sono qui per aiutarti. Non voglio farti del male.
Sì invece, pensò la bambina. Nessuno poteva capire che cosa sarebbe potuto accadere se avessero provato a chiamare il Buio. Perché era questo quello che il medico voleva fare: tirarlo fuori, tirare fuori il Buio.
Ma Samara sapeva che non ce l’avrebbe fatta già in partenza. Lui aveva messo i suoi artigli troppo in profondità perché avesse anche solo qualche possibilità di farcela.
Ormai era diventato parte di lei.
– Lo so. Mi fa piacere che lei mi voglia aiutare, – sussurrò –  ma non può farlo. Nessuno può farlo.
Il medico la guardò con curiosità.
– E perché? – chiese.
Samara fissò intensamente la donna negli occhi.
– Perché  lui mi ha presa, dottoressa.
– Lui chi?
Si guardò intorno, spaventata. Aveva paura di dirglielo, di rivelarle tutto.
Non poteva rimanere in silenzio, però.
Dovevano capire il Buio.
Dovevano capirlo tutti.
 
 
 
 
Ellie Grasnik rimase interdetta. Sembrava che quella bambina avesse paura, paura di qualcosa che, evidentemente, era sfuggito al suo occhio attento di medico.
Ma stava a lei parlare. Doveva rispondere alle domande che le venivano fatte, anche nel caso in cui le risposte fossero state prive di senso.
Così aspettò.
E aspettò.
E aspettò.
Passò qualche secondo in cui si guardarono in silenzio. Samara ostentava una sicurezza che le incuteva timore, come se in quello sguardo non ci fosse una bambina di otto anni, ma qualcos’altro di cui non sapeva spiegare la presenza.
Anna le era sembrata molto preoccupata, al telefono. Le aveva detto che la bambina aveva bruciature sulle braccia. La cosa la inquietava profondamente, ma in qualità sia di psichiatra che di psicologa aveva curato molti pazienti con istinti autolesionisti, e sperava di poter fare altrettanto con la tanto amata figlia di Anna Morgan.
Aspettò ancora.
– Samara – la chiamò. – Dovresti rispondermi, adesso.
Notava che la bambina rimaneva immersa nel mutismo più totale.
Si lasciò cadere sulla sedia, sospirando. Forse doveva procedere con più calma, forse non le avrebbe mai risposto. Almeno per ora.
Ma poi, la sentì.
Quella voce.
Quella voce che non avrebbe mai scordato.
Di tutti i pazienti che aveva avuto in cura, Ellie Grasnik possedeva ricordi più o meno vaghi.
Ma quella voce.
Era come se, nel momento in cui uscì dalla bocca piccola e rosea della bambina, le si fosse artigliata al cervello.
Una voce pura, infantile, dolce, ma che in quel momento suonò alle sue orecchie orribilmente sinistra.
– Il buio, dottoressa. Il buio.
 
 


 
Udite udite, sono tornata alla carica con questa storia!
Dopo più di un anno, una One Shot e la conclusione di altre due long che avevo in corso, mi sono finalmente degnata di riprenderla.
Adesso che è la mia unica long non ancora completata, posso dedicarmi solo a lei (se Dio vole, come si dice dalle mie parti).
Sono felice, ho tante idee :3
Dunque, come vedete adesso iniziamo ad entrare nel vivo della FanFiction. Gli eventi sono più cupi,
adesso l'atmosfera si fa più dark e ci stiamo calando nell'horror.
Inoltre, da ora in poi la storia sarà vista anche con gli occhi degli altri personaggi, per dare un'idea ancora più ampia delle vicende e dei vari, per così dire, "attori".
Il mio obiettivo con questa storia è di creare il pathos tra le righe, l'ansia, la tensione, come una storia horror che si rispetti,
e di caratterizzare i personaggi in modo non banale.
Ma ovviamente dovrete essere voi a giudicare ciò che scrivo, perciò non vedo l'ora di leggere i vostri commenti.
Spero vivamente di non aver lasciato gente per strada.
Alla prossima ^-^
Stella cadente
  
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