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Autore: Laylath    31/03/2014    5 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 50. La zia Daisy.

 

Vato era certamente il membro più discreto del gruppo: anche nelle sue dimostrazioni di amicizia o felicità aveva quasi sempre una forma di timidezza e riserbo a cui bisognava fare l’abitudine, tanto era differente dagli altri. Per questi motivi il suo entusiasmo per l’arrivo della zia era abbastanza spiazzante, anche per chi lo conosceva bene come Elisa.
Mentre attendeva che il treno giungesse, seduto nella panchina di legno che dava sulla banchina, il viso era illuminato da un grande sorriso: aveva provato a spiegare ai suoi amici chi fosse zia Daisy e cosa rappresentasse per lui, ma le parole in questo specifico caso non potevano bastare.
Spesso ci si porta dietro il ricordo di qualche figura che ha illuminato le giornate d’infanzia con una particolare magia per tutti i giochi e le attenzioni che ha regalato. Una persona ben diversa dai propri genitori, prima fonte d’amore e sicurezza, ma che riveste un ruolo davvero speciale nella vita di un bambino.
E, stranamente, anche per il maturo Vato Falman esisteva una persona simile, una zia per la quale non provava alcuna vergogna nel venir ancora coccolato in una maniera del tutto speciale.
Come finalmente il treno arrivò, si alzò in piedi con ansia.
“Zia Daisy!” esclamò con gioia, come una donna scese dalla carrozza di mezzo.
“Vato! – lei gli corse subito incontro e lo strinse in un morbido abbraccio – Oh, il mio piccolo pasticcino! Piccolo… diamine, tesoro, sei alto quasi quanto me, ormai: da quanti anni non ci vediamo?”
“Più di cinque, zia – ridacchiò lui, felice nell’averla sorpresa in questo modo – avevo circa undici anni l’ultima volta che sono venuto a New Optain con la mamma. Adesso ne ho diciassette… ciao, zio Max!”
L’uomo scoppiò a ridere e lo sollevò come se niente fosse.
“Ahah, ragazzo mio, sei ogni giorno di più l’immagine di tuo padre.”
“Non è vero – strizzò l’occhio Daisy – guarda, non vedi che sorride? Fortunatamente il mio adorato nipote ha preso da mia sorella in questo e non da Mister Rigidità. Allora, vogliamo andare? Sono ansiosa di riabbracciare il mio piccolo fiore.”
“Andiamo pure, vuoi che prenda una delle valige, zio?”
“No, faccio io, Vato. Nel frattempo raccontaci un po’ di come vanno le cose in paese.”
“A patto che voi mi diciate dei nonni, di zia Alyce e zio Luke e dei miei cugini.”
E il trio si avviò verso casa Falman.
 
Quando aveva conosciuto Vincent, Rosie McLane lavorava nella pasticceria che la sua famiglia gestiva da oltre quarant’anni. Era la seconda di tre sorelle, la più calma e delicata, tanto che tutti in famiglia la chiamavano piccolo fiore.
Lei e Daisy, così come la sorella minore Alyce, erano molto simili nei lineamenti e nei colori, ma Rosie era l’unica ad avere i capelli perfettamente lisci e a restare più minuta. Daisy invece aveva i capelli mossi, un viso più rubicondo e un carattere decisamente più gioviale ed espansivo, tanto che Rosie aveva sempre ritenuto che, anche se magari la sorella era la meno carina tra le tre, aveva il fascino giusto per far capitolare ai suoi piedi qualsiasi uomo.
“Oh, il mio piccolo fiore – esclamò Daisy, abbracciando la sorella con calore – non sai quanto mi sei mancata, tesoro.”
“Sorellona – Rosie lacrimava dalla gioia – non hai idea tu di quanto sia mancata a me.”
Perché nonostante i caratteri così differenti le due donne erano sinceramente legate tra di loro: era stata Daisy a capire i timidi turbamenti della sorella quando si era innamorata di Vincent, era lei che le era stata vicina quando aveva messo al mondo Vato, prendendolo in braccio per prima… era lei che aveva fatto il maggiore sforzo ad accettare Vincent. Ma non perché avesse qualcosa contro la polizia o contro il fatto che lui non fosse benestante all’epoca del fidanzamento. Più che altro perché…
“Sono tornato… ah, siete già arrivati.”
“Ciao, Vincent – salutò Max, con una calorosa stretta di mano – come va, amico mio?”
“Bene, Max, e tu?”
“E fai un sorriso, Mister Rigidità! Ero convinta che dopo oltre dieci anni di lontananza e con questo bel clima un minimo di senso dell’umorismo fosse sbocciato dentro di te.”
“Ciao, Daisy…”
“Simpatico come sempre, non c’è che dire.” Daisy si mise a braccia conserte e sbuffò, un ciuffo dei mossi capelli neri che venne sollevato dalla fronte.
“Come te: lavorare in pasticceria non rende automaticamente più dolci.”
“Vincent!” esclamò Rosie, mettendosi una mano nella tempia nel vedere che i caratteri di marito e sorella erano come sempre cozzanti tra di loro.
“Ah, mi mancavano queste scene.” ridacchiò Max
“Invece indossare la divisa aiuta a mantenere rigidi; ah quanta pazienza ci vuole con quest’uomo. Ma io dico, tesoro mio, eri corteggiata da quel bravo ragazzo così simpatico e gioviale…”
“Daisy…” mormorò Rosie, arrossendo nel ricordare il suo spasimante prima che arrivasse Vincent a farla innamorare di colpo.
“Dai, come si chiamava?”
Il brontolio sordo che uscì dalla bocca di Vincent echeggiò per tutta la stanza.
“Ah, già – continuò Daisy, godendoci un mondo a stuzzicare il cognato – Nath, me lo ricordo. Almeno lui sapeva sorridere. Con Mister Rigidità ci ho impiegato almeno un mese per capire che sapeva fare qualche battuta… ti giuro avevo paura che contagiasse Max a furia di stare con lui.”
“Se la mia presenza ti dà così tanto fastidio, ti riaccompagno in stazione.” si offrì Vincent con un sorriso sarcastico.
“Ma dai – rispose Daisy, andando davanti a lui – e mi pagheresti anche il biglietto, ci scommetto.”
“Senza alcun indugio.”
“Oh, suvvia, basta così – si intromise Rosie, prendendo per il braccio la sorella e allontanandola da Vincent – Daisy, tu e Max sarete stanchi, perché non andate nella camera per gli ospiti a rinfrescarvi?”
“Va bene, piccolo fiore – sospirò lei – non te la prendere, stavo solo giocando un poco con l’uomo dal grande senso dell’umorismo. Dai, hai ragione: è meglio che andiamo a disfare le valige… vieni anche tu, pasticcino? Credo che ci sia un regalo per te.”
“Davvero, zia? Grazie mille.”
“Oh, per il mio adorato nipotino questo e altro – sorrise lei, prendendogli il viso e dandogli un bacio sul naso – dai, sono anche curiosa di vedere la tua camera: scommetto che è stracolma di libri.”
“Ci puoi scommettere.”
“Dopo ti aiuto con la cena, piccolo fiore. Preparerò una delle torte per cui vado famosa in città.”
Come rimasero soli moglie e marito, Rosie sorrise con rassegnazione e poi si accostò a Vincent che ancora stava rigido all’ingresso con l’espressione che la diceva lunga sul suo disappunto.
“Amore – lo abbracciò con una risatina – e dai, non te la prendere. La conosci e sai che ti vuole bene.”
“Sono sicuro che avvelenerà la torta con tutto l’acido che esce dalle sue parole. Ma so che sei felice di averla qui per cui la sopporterò, nei limiti del consentito.
Ma sarebbe stata molto dura.
 
Se non fosse stato per Rosie e Max, Daisy e Vincent si sarebbero odiati a prima vista, senza alcuna possibilità di compromesso. Alla donna non erano mai piaciuti gli uomini seri e compassati come lui e dunque non perdeva occasione per stuzzicarlo. Allo stesso modo al poliziotto non piacevano assolutamente le persone con la battuta pronta come Daisy McLain e sopportava la cognata solo per amore di Rosie, nonostante non mettesse in discussione i sentimenti sinceri che lei provava per la sorella ed il nipote.
E poi c’era la questione di Max che ancora non aveva smesso di bruciare nell’anima del capitano di polizia: il grande traditore, il corrotto dai dolci. Sì, perché Vincent aveva conosciuto Rosie il giorno in cui il suo collega nella polizia Max Maffer l’aveva trascinato nella pasticceria dei McLain… in origine era un poliziotto come Vincent, un membro della sua personale squadra, ma poi, per amore di Daisy aveva abbandonato una carriera promettente per andare ad aiutare la famiglia della sua futura sposa.
E questo era uno smacco che a Vincent bruciava ancora, nonostante con Max riuscisse a parlare senza troppi problemi.
Insomma c’erano tutta una serie di motivazioni per cui tra i due cognati non corresse buon sangue e quei dieci giorni di vacanza che i coniugi Maffer si stavano concedendo lì, approfittando della ristrutturazione della pasticceria, promettevano di mettere a dura prova i nervi del capitano di polizia.
Al contrario di lui, Rosie e Vato erano entusiasti dei due ospiti.
“E così hai la fidanzata, – esclamò Daisy, a pranzo, due giorni dopo che erano arrivati – me la devi assolutamente presentare: scommetto che è una ragazza meravigliosa. Come si chiama?”
“Elisa, zia – arrossì lui – e le ho parlato spesso di te: è ansiosa di conoscerti.”
“E poi voglio conoscere anche i tuoi amici o ti vergogni di presentare una signora vecchia come me?”
“Ma se hai quarantaquattro anni, zia!”
“Ahi, ragazzo! Ricorda che alle signore non vai mai ricordata la loro età. Non sono certo vecchia come tuo padre, no?”
“Ho due anni più di te – sbuffò Vincent, alzandosi dalla sedia e mettendosi la giacca della divisa – e tuo marito ha la mia stessa età, dato che abbiamo preso servizio nella polizia assieme.”
“Scusa tanto, ma in pasticceria non teniamo conto di queste cose: non si sale di grado diventando ammiraglio pasticciere o sergente delle torte.”
“Già, lì l’unica cosa che avanza è la pancia, vero Max?” commentò Vincent, guardando con occhio critico i chili messi su dal suo amico.
“E dai che non è tanta, e poi sono passati quasi diciotto anni  e non ho certo la costituzione magra che hai tu, lo sai bene. Vai a lavoro?”
“Sì, ci sono alcune questioni che richiedono la mia presenza.”
“Buona serata, tesoro, ti aspettiamo per cena.”
“A dopo, buon proseguimento: accidenti è anche tardi, ci siamo prolungati più del previsto con questo pranzo… non disturbatevi, vado io.” disse, sentendo che qualcuno bussava.
Come aprì la porta rimase interdetto nel trovarsi davanti Roy e per un attimo i due rimasero a squadrarsi con sorpresa, non sapendo che cosa dire. Gli occhi scuri del ragazzo si strinsero e istintivamente fece un passo indietro, mentre il volto si induriva in una smorfia di disappunto.
Vedendo quell’aria di sfida, Vincent si riscosse.
“Adesso devo andare a lavoro – disse con voce piatta – entra pure e cerca di capire che quanto ti ho fatto è stato per il tuo bene.”
“Il classico ha fatto più male a me che a te? – rispose Roy, sarcasticamente – Che luogo comune veramente patetico, mi aspettavo di più.”
“Non provocarmi troppo, Roy – lo ammonì – hai visto cosa succede, no?”
“Un giorno si pentirà di avermele date.” sibilò lui con sfida.
“Ti sta per arrivare uno schiaffo, ti avviso.”
“Ma che succede? – chiese Daisy, arrivando alla porta – Uh, un amico di Vato?”
E in quel momento Vincent ebbe un tremendo brivido lungo la schiena: si era appena reso conto che c’era una perversa somiglianza nel sarcasmo di Roy ed in quello della cognata. Era come se quell’incontro avesse appena provocato un grave turbamento delle forze… non poteva venire niente di buono da loro due assieme.
“Ciao, Roy.” salutò Vato, raggiungendoli.
E con un’ultima occhiataccia a Roy, Vincent preferì andare a sommergersi nel lavoro d’ufficio.
 
Quando Rosie definiva sua sorella carica di fascino non scherzava: nell’arco di due giorni aveva conquistato sia gli amici di Vato che le sue amiche strette, ossia Laura ed Angela. Aveva un grandissimo magnetismo e la sua risata era contagiosa: le sue battute erano pronte ed argute e sapeva come trattare le diverse personalità che si trovavano davanti a lei. Per esempio fu molto gentile con Laura e Riza, mentre con Jean ed Heymans si mostrò estremamente di spirito, con sommo divertimento di tutti.
E, come aveva sospettato Vincent, ci volle ben poco che tra lei e Roy si sviluppasse una forte sintonia.
In fondo fu un bene perché fece superare al ragazzo il trauma di andare a casa di Vato e lo aiutò anche a riavvicinarsi a Rosie che, tutto sommato, non aveva colpe nell’avere per marito Mister Rigidità.
Scoprire questo soprannome fu una vera e propria manna dal cielo per il giovane Mustang: far scadere nel ridicolo il suo avversario serviva a privarlo di quella presunta aura di autorità che aveva preteso di far valere su di lui. Gli aneddoti che raccontava Daisy lo facevano gongolare come non mai e ogni notte si addormentava pensando a come poterli utilizzare per un’eventuale vendetta.
“Dovevi vederlo quando prendeva in braccio la cuginetta di Vato: sembrava tenesse in mano un grappolo di serpenti – scoppiò a ridere Daisy un pomeriggio che il ragazzo era andato a casa dei Falman a fare merenda – e quella povera bambina piangeva come una disperata.”
“Ancora quella storia? – sospirò Rosie, servendo the freddo e la torta al limone – Ma perché devi sempre ritirarla fuori?”
“Era troppo divertente, suvvia – strizzò l’occhio lei – ti giuro che all’epoca non pensavo che potesse mai diventare padre. Ma devo dire che mi ha sorpreso con questo meraviglioso e adorabile nipote.”
“Chissà perché Daisy ha sempre stravisto per Vato – spiegò Max – non che non voglia bene ad Ally e Loris, ma per lui ha sempre avuto una predilezione.”
“Dovevo festeggiare: il suo senso dell’umorismo non è certo quello di Vincent. Ha rischiato parecchio ad averlo come padre: pensa se ne usciva fuori un secondo Mister Rigidità.”
“E dai, Daisy.”
Roy dal canto suo quasi si soffocava per le risate all’idea del capitano Falman che teneva in braccio una bambinetta come se fosse una pericolosa bomba pronta ad esplodere. Si riscosse solo guardando l’orologio appeso in salotto e si alzò in piedi.
“Adesso devo andare, scusate.”
“Davvero? E dove?” chiese Vato.
“A salutare Riza: oggi parte con il padre di Kain ad East City.”
“Ah, è vero, aspetta vengo pure…”
“No – lo interruppe Roy – basto solo io, suvvia. Tu hai ospiti.”
“Poi torna a cena da noi – gli disse Rosie – mi farebbe molto piacere.”
Roy soppesò quelle parole con aria dubbiosa: tornare per cena voleva dire aver a che fare con Mister Rigidità e sapeva bene che bastava poco a riaprire le ostilità. Tuttavia spostò lo sguardo su Daisy e intercettò la sua strizzata d’occhio: forse con un’alleata così particolare la cena poteva rivelarsi molto interessante.
“Va bene, signora: tornerò dopo.”
 
“Ha un tutore alla gamba, non ti devi spaventare – stava dicendo Andrew mentre lui e Riza attendevano il treno – è normale che si metta: serve ad aiutare la ferita a rimarginarsi nel modo giusto anche all’interno. Lo dovrà tenere per diverso tempo.”
“E la riabilitazione?” si informò lei, prendendo mentalmente appunti per essere una perfetta infermiera per tutti i sei giorni in cui sarebbe stata lì. Perché alla fine, su proposta di Andrew, aveva accettato di restare di più rispetto agli originari tre giorni pronosticati: non c’erano più gli impegni scolastici a disturbare e sicuramente Kain ne sarebbe stato entusiasta.
“Per ora ne fa poca: giusto per evitare che la gamba si intorpidisca troppo. Ma ci sono ancora i punti di sutura e dunque non vanno fatti molti sforzi: è una fase delicata ed è per questo motivo che è ancora ricoverato. Ma tra una settimana potrà venire in albergo e lo porteremo in ospedale solo per le sedute di riabilitazione.”
“Capisco.”
“Vedrai, piccola mia, sarà bellissimo per lui averti accanto: ieri era estremamente eccitato all’idea del tuo arrivo e anche Ellie non vede l’ora di riabbracciarti. Oh, ciao Vincent, sei venuto a salutare?”
“Non potevo non venire – ammise il capitano, stringendo la mano ad Andrew e accarezzando la guancia di Riza – e tu, signorina, questa volta viaggio regolare, vero?”
“Sì – arrossì lei – oh, la prego, si dimentichi di quella brutta storia.”
Era così imbarazzata che Andrew ridacchiò e la strinse a sé, e anche Vincent si concesse di sorridere.
Non c’erano problemi a perdonare Riza per quanto era successo: si sapeva benissimo chi era stato il vero promotore del viaggio e si sapeva anche del profondo affetto che legava la ragazzina ai Fury. Ed inoltre si aveva la garanzia che Riza questo tipo di lezioni le imparava subito e non aveva problemi a fidarsi degli adulti.
No – sospirò Vincent – la problematica non è lei, ma lui…oh, l’abbiamo evocato, eh?
“Ciao, Roy – salutò Andrew – sei venuto a salutarci pure tu?”
“Sì – borbottò lui, nel vedere anche il capitano di polizia – vedo che qualcuno ha avuto la mia stessa idea.”
In ogni caso, finché il treno non partì dalla stazione, i due rivali si ignorarono completamente, preferendo dedicare le loro attenzioni ad Andrew e Riza. Solo quando il treno sparì in lontananza si degnarono di guardarsi, con Roy che si mise le mani in tasca con aria di sfida.
“Sto tornando in paese – dichiarò Vincent, a braccia conserte – vieni anche tu o sei ancora offeso nel tuo grande orgoglio da quindicenne?”
“Andiamo pure – concesse il ragazzo – del resto non potrei più prendere quel treno: ormai è troppo distante e il prossimo passa tra tre giorni. No, e poi stasera ho un impegno importante.”
“Ah sì? – Vincent rimase serio, ma era in qualche modo contento di quella minima ripresa di dialogo – E quale?”
“Devo venire a cena a casa sua, Mister Rigidità – sogghignò Roy, mettendosi prudentemente fuori dalla portata di Vincent – sua cognata mi sta raccontando così tante cose divertenti…”
Il capitano si irrigidì a quella rivelazione, ma del resto se l’era aspettato: la degenerata alleanza era dunque nata e lui non poteva fare niente per scioglierla. Tuttavia una piccola parte di lui fu estremamente felice perché sapeva che Rosie teneva ormai tanto a quel ragazzo e riaverlo a casa non le avrebbe fatto che piacere, così come a Vato.
 
Mister Rigidità era il soprannome che Daisy aveva affibbiato a Vincent sin dalle prime volte che aveva avuto a che fare con lui e dipendeva dal fatto che quando veniva provocato, l’uomo tendeva ad assumere una posa veramente rigida ed impassibile.
Tale espressione venne mantenuta dal capitano per tutta la cena perché trovarsi di fronte Roy e Daisy in grande spolvero per quanto concerneva le battute nei suoi confronti metteva a dura prova i suoi nervi. Ma mentre per la cognata era un qualcosa a cui era abituato ed in parte rassegnato, per quanto riguardava il ragazzo la mano gli prudeva dalla voglia di dargli un paio di sberle per fargli sparire quel sogghigno sarcastico.
“Sai, Roy, quando Rosie l’ha presentato a casa è stato spettacolare: ti giuro, temevo che ad ogni domanda che gli facevano scattasse sull’attenti o mi rispondesse sissignora.”
“Non sei stata molto gentile in quell’occasione, Daisy – la rimproverò Rosie – e te l’avevo anche chiesto di evitare troppe battute.”
“Lo sa che una volta mi ha detto che stavo opponendo resistenza a pubblico ufficiale?”
“Davvero? A un ragazzino come te? Ah, Vincent Falman, questa me la devo proprio segnare!”
Nel frattempo Rosie si alzò per ritirare l’arrosto e ne approfittò per baciare il marito sulla guancia, cercando di rabbonirlo e consolarlo da quel fuoco incrociato che stava subendo.
“Oh, suvvia – intervenne Max, sentendosi in dovere di difendere l’amico – in ogni caso Vincent è una delle persone migliori del mondo, ve lo posso garantire. Sono sinceramente felice di essere stato nella sua squadra, prima che l’amore per la mia adorata fatina della crema e dello zucchero mi portasse in altri lidi.”
“Max, ti prego non chiamarmi in quel modo – sospirò Daisy – eravate proprio una bella coppiata quando stavi ancora nella polizia: Mister Rigidità e Mister Smielato.”
“Ma alla fine hai ceduto ai miei complimenti.” le strizzò l’occhio lui.
“Mi hai preso solo per sfinimento.”
“I miei genitori quando ti ho presentato a casa ancora un po’ e non ci credevano – ridacchiò e poi si rivolse a Roy – le ho fatto una corte spietata per oltre cinque anni prima che si arrendesse. La costanza paga.”
Il ragazzo sorrise e poi si rivolse a Vato, seduto accanto a lui.
“Non oso immaginare come hanno reagito i tuoi nonni paterni quando tuo padre ha presentato tua madre – bisbigliò con aria complice – non ci avranno creduto che una dolce come lei finisse nelle sue grinfie.”
“Oh no – rispose Vato con lo stesso tono, ma con aria seria – papà non ha più i genitori. Sono morti che lui era ancora bambino.”
A quelle parole qualcosa scattò in Roy e alzò lo sguardo verso il suo grande rivale che lanciava un’occhiataccia alla cognata, mentre questa lo prendeva in giro per qualcosa. Avere quello strano e macabro punto in comune con lui gli diede un profondo senso di vuoto.
E allora perché? – si ritrovò a chiedersi – Lui più di tutti dovrebbe capirmi.
 
Inaspettatamente fu Rosie ad accorgersi di questo turbamento interiore di Roy.
Quando erano tutti ormai seduti in salotto a mangiare il dolce, la donna lo chiamò in cucina, con la scusa di dargli una mano con il caffè ed il the fresco per lui e Vato.
“Allora – chiese, mentre chiudeva la porta e andava a prendere la caffettiera – che cosa ti è successo?”
“Signora?” fece lui, andando a prendere il vassoio sul piano da lavoro ed iniziando a metterci le tazzine.
“C’è qualcosa che ti turba da un certo punto della cena, vero? Non hai smesso di lanciare strane occhiate a Vincent, l’ho notato.”
Di fronte a quella sicurezza, e consapevole che il discorso sarebbe rimasto tra di loro, Roy decise di essere sincero, anche perché erano delle sensazioni che non era sicuro di voler tenere solo per sé.
“Vato mi ha detto che non ha nonni paterni.”
“No – scosse il capo la donna – i genitori di Vincent sono morti di una brutta febbre uno a pochi giorni di distanza dall’altro: lui aveva circa quattro anni e andò a vivere da una zia, mi pare di ricordare.”
La tazzina che Roy aveva in mano quasi cadde sul pavimento e fu solo con un abile gesto che lui la recuperò e la mise illesa sul vassoio. La mano gli tremava così tanto che fu costretto a trarre dei profondi respiri prima di prendere la successiva.
Rosie si accorse di quel gesto e gli andò accanto, accarezzandogli i capelli neri.
“Sì, voi due avete storie abbastanza simili. Sai, mia sorella non fa altro che prenderlo in giro, si ostina a voler vedere sempre il lato serio di lui e forse è quello che stai facendo pure tu.”
“Mi scusi, ma dopo quello che è successo non vedo altri lati di suo marito.”
“Un contraltare, dici?”
“Sì, più o meno.”
“Te ne offro qualche esempio io, se vuoi: ti ricordi quella storia che tutti i bambini piangevano con lui?”
“Perché li teneva in mano come un grappolo di serpenti? – sorrise Roy, a cui quella metafora piaceva in modo particolare – Certamente.”
“Vato non ha mai pianto quando lo prendeva in braccio, anzi, adorava stare con lui. O vogliamo parlare della sua rigidità? Non era proprio rigido quando mi ha abbracciato la prima volta o quando ho pianto perché avevo paura di averlo perso per una sciocchezza e mi ha consolato”
“Perché allora…”
“Roy, forse Vincent ti capisce meglio di qualsiasi altra persona.”
“Ah, mi capisce meglio di qualsiasi altra persona? E invece che ha fatto? – sbottò il ragazzo – Mi ha trattato come un bambino, senza darmi nemmeno modo di spiegare: e nei momenti in cui ho provato ad essere indipendente lui era sempre lì a tirarmi indietro. A dirmi che non ero ancora pronto, a dirmi di non correre… davvero uno strano modo di capirmi.”
“Già, davvero strano. Se però ti soffermassi a pensare un attimo ci potresti arrivare Mister Indipendenza.
Roy si girò di scatto e si irrigidì nel vedere che Vincent era entrato in cucina.
“Io credo che sia il momento giusto per un chiarimento – sorrise Rosie – Tesoro, versi tu il caffè? E’ quasi pronto. Io torno in salotto a mangiare un’altra fetta di torta, prima che sparisca del tutto.”
Roy dovette congratularsi mentalmente con la donna che, inaspettatamente, si dimostrava una stratega e con una tempistica davvero invidiabile. Nell’arco di dieci secondi si trovò da solo con Vincent, imbarazzato da un discorso che in fondo aveva paura di affrontare.
“Allora ti capisco più degli altri, vero? – disse l’uomo, andando a controllare il caffè sul fornello – hai saputo dei miei genitori, presumo.”
“Sì, ho saputo – ammise Roy, senza guardarlo – mi dispiace e sa che lo dico con sincerità.”
“Le nostre storie però sono differenti, Roy, ed è meglio che tu lo sappia. Ti capisco sì, ma non nel modo in cui tu credi: se mi vuoi ascoltare, forse arriverai anche a comprendere il motivo per cui sono così severo con te e ti tratto da ragazzino.”
“Sono tutto orecchi.” rispose lui caustico, mettendosi a braccia conserte.
Vincent fece un rassegnato sorriso a quell’ennesimo gesto di sfida, ma poi tornò a controllare il caffè che iniziava a uscire dalla caffettiera.
“I miei genitori erano persone normali, nessun grado alto dell’esercito o simili: ad essere sinceri eravamo una famiglia molto modesta. Mi volevano bene, per quanto i miei ricordi di loro siano pochi, ma la certezza di essere stato amato è un qualcosa che ti resta nel profondo… forse questo lo puoi capire per tua madre, vero?”
“Sì.” ammise il ragazzo, sentendo l’odore pungente della bevanda che iniziava a diffondersi nella cucina.
“La zia presso cui andai a vivere era una cugina di mia madre, l’unica parente che avessi. Non fu facile, era chiaro che non sapeva che farsene di me… a dire il vero mi avrebbe potuto mandare in un istituto per orfani, ma per una strana forma di pietà non lo fece. Però ti assicuro che capisci benissimo quando non sei gradito in casa: tu in questo sei stato fortunato, Roy. Non è una zia come tutte le altre la tua, ma in senso veramente positivo: ha evitato di mettere una maschera per te ed è sempre stata schietta e sincera. Per questo non hai mai avuto dubbi sulla forma di affetto che ti lega a lei, vero?”
“Mia zia mi ha sempre permesso di essere indipendente…”
“Lei ti ha permesso di fare tutto ma sempre con la condizione che poi affrontassi le conseguenze, è diverso.” lo corresse prontamente Vincent.
“Non ci vedo la differenza.”
“C’è molta differenza, credimi – sospirò l’uomo, prendendo la caffettiera e avvicinandosi a lui per iniziare a versare la bevanda nelle tazzine – Per ottenere l’indipendenza da mia zia ho studiato tantissimo e per il resto del tempo facevo sempre qualche lavoretto in modo da potermi comprare i libri per la scuola da solo; mi sono arruolato prestissimo nella polizia, andando subito a stare nelle caserme: mettevo via ogni risparmio per potermi un giorno permettere un appartamento tutto mio, senza che mi dovessi sentire in colpa per ogni boccone che mangiavo, per ogni bicchiere d’acqua che bevevo, persino per le coperte sotto le quali dormivo… ce l’ho fatta a ventuno anni, quando mi hanno dato uno stipendio decente: vivere in una città non è uno scherzo, credimi.”
“Sarebbe questa l’indipendenza?”
“L’indipendenza degli adulti, sì, almeno per quanto mi riguarda: – sorrise Vincent – è il potercela fare da solo, con le proprie forze. Un giorno la proverai pure tu, ma non con i sacrifici che ho dovuto fare io e non sai quanto questo mi renda felice: nessuno di voi ragazzi dovrebbe mai provare una cosa simile.”
“E allora dove sarebbe che ci capiamo?” chiese con amarezza Roy.
“Se vuoi ti dico le tue motivazioni per il viaggio ad East City, levando quella principale di voler trovare Kain. Volevi avere la situazione sotto il tuo unico controllo, vero? Sentire la libertà da qualsiasi adulto che ti dicesse cosa fare, perché è fantastico, no? Solo tu a decidere, lontano da un posto che inizia ad andarti davvero stretto… avere il controllo, essere padrone della tua vita; dalla tua faccia capisco che non ho sbagliato di una virgola, vero?”
“Allora doveva evitare di darmi quella punizione – sibilò il ragazzo – umiliandomi in quel modo.”
“Fa male, vero? Il grande Roy Mustang, il ragazzo più famoso del paese… a sedere scoperto, sulle mie ginocchia a dimenarsi e strillare come un bambinetto. Azione e conseguenza, proprio quello che vuole tua zia, non ci sono dubbi.”
“La motivazione di mia zia è quella, ma la sua proprio non ce la vedo – sbottò Roy – Perché mi vuole impedire di essere indipendente? Di vivere da grande come è giusto che faccia!”
“Perché hai quindici maledettissimi anni – ritorse Vincent, prendendolo per le spalle – e, nonostante quello che è successo con i tuoi genitori, hai la fortuna di poter vivere un’adolescenza serena, con persone che ti vogliono bene. Non devi aver fretta di crescere, maledizione! Tu non hai idea del rimpianto che resta nell’aver sacrificato tutta l’adolescenza a studiare e lavorare, bruciando tantissime tappe. Ma se per me è stata una necessità, per te non è così, mi capisci?”
“La smetta…” ansimò Roy, terrorizzato alla prospettiva di questi fantomatici rimpianti.
Come quello che hai per tuo padre? Come quello che ti provoca il ricordo di quelle carezze fatte per senso di dovere e non per amore?
“No che non la smetto – lo scosse l’uomo – continuerò a caricarti sulle mie ginocchia e dartele ogni volta che lo meriti, ragazzino. Così come faccio per mio figlio, inizi a capire adesso?”
“Non ho… non ho bisogno di… di un dannato padre!”
“Maledizione, sì che ne hai bisogno se scambi le tue bravate con quella che è realmente l’indipendenza. Ne devi ancora fare di strada per diventare grande, Roy Mustang, ma è giusto così, va benissimo così.”
“Merda…” sibilò Roy, trattenendo le lacrime.
“Sì… proprio merda – sospirò Vincent, facendogli posare la testa sul proprio petto e non incontrando alcuna resistenza – Sei il leader di quella banda di scalmanati e va benissimo. Fai le tue dannate esperienze, impara a pagarne le conseguenze come la punizione che hai subito, ma ricordati che l’indipendenza è un’altra cosa e per quella c’è tempo, ragazzo mio, fidati di me. Tu ne hai veramente tanto a disposizione.”
“Allora, ragazzi – esclamò Daisy entrando – questo caffè lo state bevendo tutto voi alla faccia nost…”
“Adesso arriva.” annuì Vincent, continuando a tenere stretto il ragazzo.
“Lascia, lo porto io – mormorò lei, prendendo il vassoio con le tazzine piene – qui pare che ci sia bisogno di tranquillità. Adesso capisco perché il mio piccolo fiore diceva di avere pazienza, dannazione a te.”
 
Quattro giorni dopo l’esuberante cognata Daisy e marito lasciarono il paese per tornare a New Optain in tempo per la fine dei lavori di ristrutturazione della loro pasticceria.
In stazione a salutare c’era anche Roy che venne entusiasticamente abbracciato dalla donna.
“Beh – sorrise lei – mi fa piacere che anche qui ci sia uno che dia filo da torcere a Mister Rigidità.”
“Ci conti, signora – sogghignò il ragazzo – qualcuno deve pur farlo.”
“Perché lo devi istigare? – chiese Vincent contrariato – ti assicuro che non ha bisogno di incoraggiamenti per farmi perdere anni di vita ad ogni bravata che combina. E tu, non iniziare ad allargarti troppo, ragazzino.”
“Sai, papà – commentò Vato con serietà – devo dire che a volte Roy ti fa pulsare la vena che hai nella tempia allo stesso identico modo di zia Daisy.”
“Già, chissà perché. Vipera e farabutto, proprio una bella coppia.”
“Vincent! Almeno adesso che sta partendo.”
“Stappo una bottiglia di vino appena torno a casa.”
“Fidati che farò lo stesso pure io, cognato: tutta New Optain festeggia ancora per essersi liberata del poliziotto più rigido del mondo.”
“Peccato che debba ancora sopportare la presenza della fatina dello zucchero e del veleno.”
E quello scambio di complimenti durò fino a quando il treno non ripartì.
Solo allora Vincent Falman fece un grande sospiro di sollievo, lieto che nell’arco di poche ore tra lui e la sua grande antagonista ci sarebbero stati centinaia di salutari chilometri di distanza.
“Bene, direi che ho fatto il pieno di lei per i prossimi dieci anni – ammise, prendendo la moglie a braccetto – possiamo tornare a casa. Allora, Mister Indipendenza, posso contare di vederti di nuovo da noi anche ora che mia cognata è andata via?”
“Ho il compito di tenerla impegnata, capitano – annuì con sufficienza Roy – direi che non posso proprio tirarmi indietro. Ehi, Vato, organizziamo un torneo di Risiko con Heymans?”
“Ottima idea – sorrise lui – vediamo anche di applicare il regolamento che ho letto su un libro: c’è una variante molto interessante su come usare le truppe.”
E mentre i due ragazzi discutevano su come affrontare le nuove partite, Rosie si arrischiò a lanciare una timida occhiata al marito e vide che sorrideva soddisfatto. Fra lui e Roy era tornata la pace e forse il ragazzo aveva iniziato a vedere Vincent con occhi del tutto nuovi.
E non per tutti gli aneddoti che aveva scoperto su di lui.





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siccome siete abituati a vedermi postare con frequenza quasi quotidiana, ritengo giusto avvisarvi che dal 3 al 10 aprile non sono a casa e dunque non lavorerò alla fic.
La storia riprenderà con regolarità, si presume, al mio ritorno.
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