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Autore: Phoenixstein    01/04/2014    5 recensioni
La battaglia è finita. Adesso è tempo di pulirsi le ferite, insieme.
// SPOILER per chi non ha visto la 4x11 //
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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It’s you I’m fighting for

 

 

 

 

«Sono così fiero di te, Mick.»

L’altro annuì, col sangue secco che gli tirava la pelle e una nota di orgoglio che gli tirava il cuore, più forte che mai. Gli ultimi sprazzi di adrenalina crepitavano ancora nel sangue, le membra indolenzite erano solo la realizzazione di una vittoria guadagnata.

«Vuoi che ti aiuti?» si offrì Ian, reggendo un panno umido e allungando la mano verso il viso del suo ragazzo.

«No, è…» Mickey scosse la testa senza riuscire a smettere di fissare il proprio riflesso nello specchio di casa Gallagher. Ian era al suo fianco; due maschere di sangue che, sotto il violento impatto di quel rosso, mostravano occhi brillanti di una nuova speranza, nuova vita.

«Sì, ok.» disse alla fine perché, cazzo, voleva lasciarsi cullare da quelle mani e adesso non c’era un singolo e remoto motivo che glielo impedisse. Non aggiunse “fa’ piano” o “sta’ attento” o niente del genere, perché sapeva che Ian l’avrebbe pulito con cura e delicatezza. Si fidava di lui, del suo tocco. L’aveva sempre fatto, in fondo. Era solo stato un coglione a volerlo nascondere.

Ian strinse il panno nel palmo solo per poi scagliarlo nel lavandino. «Ho un’idea migliore.» sorrise, accarezzando i capelli di Mickey, ciocche scarmigliate impastate di neve sporca e sangue. «Spogliati.»

Le gambe dell’altro furono scosse da un tremito di familiare aspettativa. Lasciò cadere i vestiti ai propri piedi, osservando Ian fare lo stesso. Il bruno entrò per primo nella vasca e fu lui ad aprire l’acqua non appena il rosso ebbe richiuso la tenda di plastica dietro di sé. Ian gli prese il viso fra le mani, tracciando con le dita carezze gentili per aiutare il getto dell’acqua a cancellare i segni di quella battaglia. Mickey si sentì dannatamente felice, dannatamente giusto e dannatamente pulito; sentiva tutti gli errori che aveva commesso con Ian scivolare via nello scarico, insieme al sangue, insieme alla paura. Riaprì gli occhi quando gli mancò sulla pelle il contatto di quei polpastrelli e «No, lasciami fare.» disse, impedendo a Ian di pulirsi da solo. Toccò la sua faccia, vide le labbra del rosso socchiudersi, l’acqua palpitare lungo quel viso che tanto amava. Palpitava l’acqua, sì, ma non quanto il suo cuore. Mickey chiuse il getto, osservò come le gocce impigliate nelle ciglia di Ian gli ricadessero sul petto non appena lui sbatteva le palpebre. Era una sequenza quasi ipnotica. Di sicuro, una delle cose più belle avesse mai visto.

Erano ebbrezza, sconsiderato senso di trionfo, felicità tanto densa da far male nei polmoni. Le loro labbra si incontrarono a metà di un groviglio sciolto di pensieri. La presa di uno salda sul corpo dell’altro, i piedi che s’incastravano nello spazio di un bacio stretto, petto contro petto, schiena al muro. Mickey percepiva il freddo delle piastrelle fra le scapole ed il contrasto netto con il calore che si schiudeva nella sua bocca, il respiro che tremava quando si trattava di sollevare lo sguardo. Non perché si sentiva smarrito incontrando quello di Ian, semplicemente perché quegli occhi erano troppo, soltanto troppo, troppo tutto insieme. Lo sapeva, lo amava. Sentiva quei sentimenti adagiarsi morbidamente su ogni sua angoscia, ogni suo rimorso. Lasciò scivolare le dita fra quei capelli rossi mentre faceva leva contro di lui, invertendo le posizioni. Si mosse forte nelle spalle, assalendo il mento di Ian e il collo e qualsiasi cosa l’altro gli offrisse. Sfiorò il tatuaggio con le dita, attento a non schiacciargli le costole.

Niente gli era mai sembrato più reale. Niente più perfetto. Avevano l’intera nottata per leccarsi le ferite. E un’intera vita per dimenticarle.

 

 

 

 

 

 

 

Poche righe, purtroppo niente che possa esprimere come vorrei la mia felicità nel vedere i nostri bambini arrivare così lontano. Spero tuttavia di avervi strappato un sorriso e che queste parole siano state un piccolo “di più” alla gioia collettiva.

   
 
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