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Autore: Lexie94    03/04/2014    9 recensioni
dal primo capitolo:
È questione di un attimo.
Abbassa la testa in modo da potermi vedere meglio senza dover guardare attraverso le lenti scure. Due occhi azzurri bellissimi mi guardano.
La mia bocca si ammutolisce, il mio cuore inizia a pulsare all’impazzata, le gambe mi tremano, sembrano cedermi da un momento all’altro. Il vinile dei Pantera mi cade dalle mani per schiantarsi a terra.
L’uomo appena si accorge della mia reazione tira su immediatamente la testa per poi voltarsi di nuovo di spalle.
Troppo tardi: l’ho visto. L’ho riconosciuto. È lui, non ci sono dubbi.
Ma come cazzo è possibile?

ciaaaaaaao. è la mia prima ff, siate clementi con me çç
se vi va di leggerla ve ne sarò molto grata.
vi dico solo che la storia è nata da un sogno che ho fatto una notte, la mattina mi sembrava un'idea carina per una fanfiction, e così ho iniziato a buttarla giù.. fatemi sapere se vi piace ^^
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 27 - capitolo musicale:

 
«Ale…?» chiamo la mia amica.
«Sì?» mi risponde quella dalla cucina.
«Io volevo chiederti ancora scusa  per la crisi dell’altro giorno, quella di… di “Unholy Confessions”» dico incerta, entrando nella stanza.
«Oh no, non ti preoccupare tesoro» mi risponde sorridente mentre cucina.
«Grazie. Che fai di buono?» domando.
«Pasta zucchine, gamberi e zafferano. Sto aspettando che l’acqua bolla, ma non si sbriga!» dice spazientita.
«Ma sì, calma! Non c’è fretta!».
Suona il campanello.
«Chi cazzo è all’ora di pranzo di domenica?!» chiede Ale incazzata.
«Tua madre?» azzardo.
«No, dai… È impossibile» dice storcendo il naso.
Il campanello suona di nuovo.
«Puoi andare tu?» mi chiede.
«Certo!» rispondo.
Alzo il ricevitore, «Sì?» domando.
«Pizza» dice una voce che con il citofono vecchio risulta alquanto metallica.
«Pizza?!» chiedo con fare interrogativo.
«Pizza» mi risponde quello.
«Red, hai ordinato la pizza?» chiedo alla mia amica.
«Cosa?! No! Cristo, ci sto mettendo ore con ‘sti gamberi, non voglio la pizza!» mi risponde irritata.
«Guarda, qui non abbiamo ordinato nessuna pizza!» dico educatamente nel citofono.
«Pizza» dice nuovamente quello dall’altra parte.
Cristo, mi sto incazzando.
«No! Non abbiamo ordinato la pizza! Capisci?!» urlo nel ricevitore.
«Pizza».
«Okay, mi hai rotto le palle. Portale su, ma sia chiaro che non le pago!» grido nel ricevitore.
«Blue, che cazzo succede?» mi urla Alessia dalla cucina.
«Ma boh, un coglione al citofono continua a dire “pizza”!» rispondo seccata.
«E nessun’altra parola?» chiede.
«No, solo “pizza”!» dico entrando in cucina.
«Cristo che nervoso!» dice Ale tagliando via la testa di un gambero molto sadicamente. Rabbrividisco.
Suona di nuovo il campanello, ma questa volta è quello della porta di ingresso.
«Ale, vai tu, sto litigando con il gambero. Non vuole decapitarsi!» mi dice facendo roteare in aria il crostaceo.
«Sì, sì. Vado io. Tanto sarà quel coglione della pizza. Però se c’è da litigare devi correre, eh!» le dico.
«E c’è da dirmelo? Ovvio che corro!» mi rassicura facendomi l’occhiolino.
La lascio alla decapitazione dei gamberi e mi dirigo alla porta di ingresso.
La apro e rimango senza parole.
«Pizza?».
Chiudo immediatamente la porta e il campanello suona di nuovo.
Ale arriva in soggiorno come una furia.
«Ma che cazzo vuole quel coglione?» urla agitando il coltello con cui tagliava la testa ai gamberi, credo non si sia accorta che lo sta tenendo ancora in mano.
Si gira verso di me che sto di fianco all’ingresso, pallida come un lenzuolo.
«Ale, perché quella faccia?» mi chiede senza avere risposta.
Il campanello suona una terza volta.
«Cristo, lo uccido! Lo uccido! Non le voglio le tue fottutissime pizze!» urla ancora prima di aver aperto la porta.
«NON LE – apre la porta – …voglio». Si blocca, rimanendo di sasso.
«B… B… Bri- Brian» balbetta Ale diventando completamente bianca.
«Vi ho portato le pizze» dice quello mostrando tre cartoni di pizza da asporto.
«No, grazie» dico secca.
«Sì, entra» gli dice Alessia.
L’ha fatto entrare? Le tiro un’occhiataccia furente.
Brian non fa in tempo ad entrare in casa che Ale butta per terra il coltello rischiando di infilzarsi un piede e gli salta addosso, quasi soffocandolo in un abbraccio.
“Almeno qualcuno di felice qui c’è…” penso.
Brian dopo un po’ che Ale lo sta stringendo cerca di liberarsi: «Hey! Sono lieto di conoscerti anche io, Red, ma potresti lasciarmi andare adesso? Non respiro!».
«Ehm, sì, scusa…» dice Ale lasciando andare il collo di Brian e raccogliendo il coltello da terra.
«L’hai chiamato tu, Ale?» urlo.
«No!» mi risponde quella sulla difensiva.
«Non ci credo! Che cazzo ci fai qui?» domando a Brian.
«Non sapevo dov’eri, né come stavi. Ero in pensiero per te. Così ho fatto rintracciare il tuo cellulare e l’indirizzo della tua amica» dice indicando Ale.
«Ma sei uno stalker del cazzo!» esplodo.
«Ci sarà un motivo se me ne sono andata, no? Devi lasciarmi in pace, Brian!» gli urlo in faccia.
«Dovevo sapere come stavi!» mi risponde con occhi e un tono di voce alquanto ansiosi.
«Sto bene, grazie» dico brusca.
Ale si fa scappare un colpo di tosse. Le lancio un’altra occhiataccia furente.
«Sicura di star bene come dici?» mi chiede Brian con tono preoccupato. Si è lasciato crescere la barba, direi che non la taglia da circa tre settimane e gli da un aspetto così disordinato e “sporco”.
«Sì, sto bene. Ora che lo sai puoi anche andartene e tornartene ad Huntington Beach» sbotto seccata.
«Non sono venuto fino a qui solo per un saluto e per sapere che stai bene. Non voglio tornarmene ad Huntington Beach a mani vuote» dice serio.
«A mani vuote?» domando non capendo cosa intenda.
«Senza di te…» mi risponde abbassando lo sguardo. Per un attimo rimango senza parole.
«Ah no? Beh, hai preso un granchio. Io non torno» gli rispondo bruscamente.
Brian si sporge in avanti cercando di prendermi il polso destro con la mano sinistra. Più velocemente di lui piego in alto l’avambraccio così da sfuggire alla sua presa.
«Alex…» dice tentando nuovamente di afferrarmi.
«No Brian, lasciami stare. Non toccarmi! No, non -» troppo tardi. Brian mi ha afferrato il polso, mi da un paio di strattoni non troppo forti per farmi calmare, poi appena mi distraggo, in un attimo fa scivolare insù la sua mano. Le sue dita si intrecciano alle mie. “BORO” sta stringendo le mie dita, così con le braccia piegante all’insù.
Inizio a tremare come una foglia, bloccandomi.
«Bene, io me ne vado a buttare la spazzatura» dice Ale prendendo gli occhiali da sole e l’iPod e facendomi l’occhiolino prima di uscire dalla porta.
«Dove va?» mi chiede Brian.
«Era un modo carino per dire che si toglieva dalle palle» dico sorridendo. Il primo vero sorriso che faccio dopo più di tre settimane.
Continuo a guardare la sua mano che sta stringendo la mia, le sue dita perfette  sono intrecciate alle mie e io non so nemmeno cosa dire. Solo ora mi accorgo dei calli che ha sulle punte a furia di suonare e schiacciare le corde, ma nonostante tutto, rimangono le mani maschili più belle che io abbia mai visto. Ora capisco perché una  mia amica le chiamava “porn hands”.
«Perché sei qui, Brian?» gli chiedo seria in volto.
«Per riprenderti su con me…» mi risponde altrettanto serio guardandomi fisso negli occhi. Quegli occhi color nocciola devo ammettere che mi sono mancati in queste tre settimane.
«Brian, non posso venire…» gli rispondo.
Il suo viso ha prima un’espressione di stupore, poi si contorce in una smorfia di sofferenza.
«Io… Uhm…» si interrompe e inizia a mugugnare. Scioglie la sua mano dalla mia per poi passarsele entrambe prima sul volto e poi portarsele tra i capelli.
«Tutto bene?» chiedo vedendo la sua espressione più che preoccupata.
 «Avete una chitarra?» mi chiede. Questa domanda mi ha spiazzato.
«Sì» rispondo non capendo il perché di quella domanda assurda.
«Puoi prenderla, per piacere?».
«Certo…».
Vado in camera di Alessia a prendere la sua chitarra acustica, poi torno in soggiorno a vedo che Brian nel frattempo si è seduto sul divano.
Rimano lì a fissarlo con la chitarra in mano.
«Posso?» mi chiede allungando un braccio come per prenderla.
«Ehm, sì, certo. Credo che ad Ale faccia solo piacere sapere che Synyster Gates ha preso in mano la sua chitarra» rispondo accennando ad un sorriso.
Brian scoppia a ridere, mi avvicino per dargli la chitarra, lui la prende e inizia a strimpellare.
«Dici che si arrabbia se la suono?» mi chiede.
«Non credo proprio!». Conosco abbastanza bene Ale, quando le dirò che Syn ha suonato la sua chitarra, come minimo ci dormirà assieme la notte per il resto della vita.
«Uhm, è scordata» nota Brian, e inizia a stringere le chiavi fino a che non arriva ad ottenere un suono abbastanza perfetto.
«Meglio di così non posso fare, queste corde sono vecchie e non si tirano più bene» dice.
Inizia a fare qualche accordo a casaccio e io rimango lì a guardarlo in piedi di fronte a lui mentre gioca con la chitarra. È venuto fino a qui per suonare?
«Bria-» non riesco nemmeno a finire di pronunciare il suo nome. Ha iniziato a suonare accordi che conosco bene. Rimango di sasso.
Non può essere…
Non avrà intenzione di suonare quella canzone, vero?
Continua a suonare guardando fisso la chitarra, cosa rara visto che quando suona accordi così semplici non guarda mai la chitarra, ma il pubblico che ha di fronte. Stavolta però come pubblico ci sono solo io, evidentemente preferisce guardare la chitarra che me. Finisce l’intro della canzone e inizia a cantare.
 
Hello there the angel from my nightmare 
The shadow in the background of the morgue 
The unsuspecting victim of darkness in the valley 
We can live like Jack and Sally if we want 
Where you can always find me 
And we'll have Halloween on Christmas 
And in the night we'll wish this never ends 

We'll wish this never ends 

I miss you, I miss you 
I miss you, I miss you 

Where are you and I'm so sorry 
I cannot sleep I cannot dream tonight 
I need somebody and always 
This sick strange darkness 
Comes creeping on so haunting every time 
And as I stared I counted 
The Webs from all the spiders 
Catching things and eating their insides 
Like indecision to call you 
and hear your voice of treason 
Will you come home and stop this pain tonight 
Stop this pain tonight 

Don't waste your time on me you're already 
The voice inside my head
Don't waste your time on me you're already 
The voice inside my head

 
I miss you, I miss you”
 
Sono impietrita, non riesco a muovere un muscolo che sia uno, sono letteralmente scioccata.
«Ehm… piaciuta?» mi domanda leggermente imbarazzato mentre appoggia la chitarra sul divano per poi alzarsi in piedi e rimanere fermo proprio di fronte a me.
Lo guardo senza rispondere; non saprei davvero cosa dirgli. Sono senza parole.
«Alex?» mi chiama con un’espressione preoccupata.
Continuo a non rispondergli e a guardarlo con una faccia stupita.
«Alex, ho fatto qualcosa che non va? Io… oddio, scusami. Non volevo. Mi dispiace, è solo che -» si sta agitando.
«Perché quella canzone?» gli domando interrompendolo.
«Perché?» mi domanda a sua volta spaesato e storcendo il naso.
«Sì, perché?» chiedo calma.
«Perché… perché mi manchi» mi risponde abbassando la testa.
«Brian…» inizio a parlare, ma mi fermo da sola perché non so proprio cosa dire.
Brian continua a tenere la testa bassa.
«Alex, io volevo chiederti scusa. Volevo chiederti scusa per essermi ubriacato così tanto ad Halloween da aver fatto quel che ho fatto; ma non sono tornato con lei, nel modo più assoluto e volevo che tu lo sapessi. Volevo chiederti scusa per averti fatto finire nei casini con la polizia. Volevo chiederti scusa per essermi comportato da coglione quel giorno in piscina. Volevo chiederti scusa per averti trascinato in quel ciclone che sono il gruppo e la vita degli Avenged Sevenfold. Volevo chiederti scusa per quella volta che ho fatto esplodere il tostapane, se ti avessi dato retta non sarebbe successo. Volevo chiederti scusa per quella volta che eri su Skype con Red e io ho fatto apposta a venire lì in mutande. Volevo chiederti scusa per averti preso per il culo per come canti, in realtà non sei malaccio. Volevo chiederti scusa per averti sempre cacciato in malo modo dalla sala degli strumenti. Volevo chiederti scusa per averti fatto soffrire con la storia che la band si scioglieva. Volevo chiederti scusa per le mutande che avevi trovato nella poltrona il primo giorno, le avevo messe lì apposta poco prima che arrivassi, perché sono un coglione e un bastardo. Volevo chiederti scusa per essermi comportato da stronzo a casa di Jimmy mentre ero in bagno, non è vero che non ti avevo vista, anzi, sei stata la prima che ho notato entrando in cucina, ancora prima di Jimbo. Volevo chiederti scusa per averti detto di scoparti Arin, non so nemmeno da dove mi sia uscita una cosa simile. Insomma, volevo chiederti scusa perché sono un emerito coglione e mi sono accorto solo con la tua assenza quanto io ci tenga a te, nonostante mi sia sempre comportato male con te».
Alza lo sguardo e mi fissa dritta negli occhi.
«Brian… Io…». Se prima ero senza parole, adesso lo sono ancora di più. Non so proprio cosa rispondergli.
«Alex, non ho finito…» dice piano.
Mi guarda senza però dire nulla, evidentemente si aspetta una risposta da me, ma sono troppo scioccata per poter mettere insieme una frase di senso compiuto.
Vedendo che non gli rispondo riprende a parlare: «Volevo anche ringraziarti. Volevo ringraziarti per aver sempre mantenuto la calma con me e non aver mai perso le staffe. Volevo ringraziarti per avermi fatto superare la crisi, perché è grazie a te e alle belle parole che mi hai detto se i Sevenfold non si sono sciolti. Volevo ringraziarti per avermi fatto incontrare Jimmy, di questo non ti sarò mai grato abbastanza. Volevo ringraziarti per aver sempre creduto in me, anche quando neppure mio padre lo faceva. Volevo ringraziarti perché da quando ci sei tu la mia vita ha preso un senso, prima era tutto così confuso, tu hai portato ordine; hai portato una ventata di novità e freschezza. Ah, volevo anche ringraziarti per aver nascosto quel biglietto di… di Michelle. La donna delle pulizie l’ha trovato nella spazzatura di camera tua e me l’ha portato. Ho apprezzato davvero tanto il tuo gesto. Volevo anche ringraziarti per aver accettato la nostra offerta di venire ad Huntington Beach, non avevi molta scelta, lo so, però è stato carino da parte tua accettare e soprattutto mantenere il segreto per tutto questo tempo. Volevo ringraziarti per quella chiacchierata nella cucina di Jimmy, te la ricordi? È stato lì che ho deciso di portarti con me, non so, ma mi avevi colpito particolarmente. Insomma io… volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me e per la band. Posso sembrare patetico, lo so, ma è la verità. Ora ti prego, torna a casa con me, mi… mi manchi davvero. Non è più la stessa cosa senza di te, è tutto più triste e più cupo. Perfino Zacky sente la tua mancanza! Non sono bravo con le parole, ti chiedo scusa anche per questo, ma spero di averti dato una motivazione valida, o per lo meno un motivo per cui tornare a casa con me. Ti prego Alex…».
Ogni volta che lui apre bocca, io rimango senza mezza parola da poter dire.
Direi che è stato abbastanza convincente, ma con i ringraziamenti ha anche esagerato, non me li merito tutti, i Sevenfold non si sciolti mica grazie a me!
«Brian, io… ehm… Cristo, non so davvero cosa dire!» dico diventando rossa dall’imbarazzo.
«Dì di sì…» mi risponde tranquillamente.
Sorrido al suono di quella frase scontata da film, anzi, mi viene proprio da ridere.
«Ho detto qualcosa che non va?» mi chiede Brian notando che sto cercando di trattenere le risate.
«No, figurati!» dico ancora ridacchiando.
«Allora?» mi chiede facendosi serio.
«Allora cosa?».
«Ci vieni a casa?» mi chiede.
«Con “casa” intendi Huntington Beach?». Ma che domanda idiota, complimenti.
«Sì, cioè… intendo casa mia. Se vuoi può essere anche ufficialmente casa tua».
Quasi mi soffoco.
«Sì» rispondo senza nemmeno pensarci.
Un sorriso bellissimo esplode all’improvviso sul suo viso. Un sorriso così bello che nemmeno si può descrivere.
«Da…davvero?» mi chiede emozionato con gli occhi che brillano.
«Sì, davvero» rispondo sorridendo a mia volta.
Non faccio in tempo a finire di parlare che Brian, come una furia, mi travolge in un abbraccio.
«Grazie mille, Alex! Ti voglio bene, davvero» mi dice ad un orecchio mentre mi stringe così forte che faccio fatica a respirare.
«Anche io…» gli rispondo mentre ricambio il suo abbraccio e sorrido come un’ebete.
 
 
“In my dreams it's me and you”
(“Betrayed” – Avenged Sevenfold)









Angolo di Alexis:
bonjour mes amours! eccomi di nuovo con un nuovo capitolo! quello scorso ha ricevuto 7 recensioni, record insieme al primo! non potrei essere più felice ahahahah :')
allora, prima che iniziate a sclerare lasciatemi puntualizzare una cosa: non stanno insieme e non ci sono dichiarazioni d'amore. ecco.
quindi state calme ahahaha comunque Brian si è fatto millemila ore di volo per andarla a riprendere e aw. non ho niente da dire :3
fetemi sapere cosa ne pensate che mi interessa moltissimo!!
un bacione care!! <3
aggiorno presto, promesso! c:

 
  
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