Between the hungry
Sottosopra
«Noah
Puckerman» affermai,dando un’occhiata rapida alla
donna che ci teneva un fucile
puntato addosso.
«Santana
Lopez» rispose lui,con un sorrisetto canzonatorio.
Lucas
fissava la signora dall’aspetto sciatto che continuava a
squadrarci
sospettosamente. Doveva essere la madre del ragazzo,e sembrava pronta a
ficcare
ad entrambi una pallottola nel cervello.
«Puoi
abbassare il fucile,mamma» disse il ragazzo,facendo un cenno
con la mano.
La donna
obbedì.
«Sono
normali?» chiese la signora Puckerman continuando ad
osservarci.
Io e Lucas
annuimmo istintivamente.
«Sì
mamma,tranquilla. Stavano per essere fatti a pezzi da quelle cose e li
ho
portati con me».
Un brivido
mi scosse a quel pensiero. Eravamo stati fortunati,ma le urla di coloro
che
venivano divorati erano ancora assordanti,e mi ricordarono di dover
mostrare
gratitudine al ragazzo che avevamo di fronte.
«Grazie»
risposi,cercando di non sembrare troppo forzata «se non fossi
intervenuto a
quest’ora probabilmente starebbero masticando la nostra
carne».
Dio,quant’era
stato strano pronunciare quella frase. Un brivido mi scosse di nuovo.
«Figurati»
disse lui,posando a terra la mazza piena di sangue scuro e denso
«è stato il
minimo che potessi fare. Lì fuori è un inferno ;
non capisco cosa diavolo
stia succedendo. Ho visto il primo di quei cosi mentre ero a casa di un
mio
amico. In lontananza sembrava solo un vecchio ubriaco,ma
poi…» si guardò
attorno,scuotendo la testa «poi si è avvicinato e
lo ha divorato davanti ai
miei occhi. Ho provato ad ucciderlo,» continuò
come se stesse cercando di giustificarsi
a se stesso «ma i calci ed i pugni lo lasciavano illeso.
Quando gli ho sfondato
il cranio con un rastrello,era troppo tardi. Andrew era morto,ma non
del
tutto».
I suoi occhi
vagavano in cerca di un appiglio sicuro,di qualcosa di bello su cui
soffermarsi,e
continuavano a girare stanchi,lucidi e pieni di sofferenza.
Deglutii
rumorosamente e sentii l’improvviso bisogno di sedermi. Mi
buttai sul divano in
pelle rattoppato qua e là,e mi portai le mani sulla fronte.
Dannazione,rivedevo
ancora Mandy fatta a brandelli,divorata in una pozza di sangue,con
l’osso del
braccio ripulito,privato dei muscoli,di ogni cosa. Il respiro
cominciò a
bloccarmisi in gola,sudavo freddo,mi girava la testa. Mi veniva da
vomitare,ed un conato mi sovrastò. Mi alzai di scatto dalla
superficie morbida
e mi portai una mano alla bocca.
«Ti
porto in
bagno» disse Noah,afferrandomi tempestivamente per un braccio.
Raggiunsi la
stanza dalle piastrelle bianche e la muffa sul soffitto,poi il ragazzo
sollevò
la tavolozza del water e rigettai anche l’anima.
«Lo
so,»
cominciò Noah guardandomi con compassione
«è sconvolgente e dopo tutto quello
schifo hai lo stomaco sottosopra».
Mi sedetti
sul pavimento e mi passai il dorso della mano sulla bocca. Sentivo
freddo,così tanto freddo che sembrava che le mie ossa si
sarebbero frantumate da un momento all'altro,congelate. Quando
appoggiai la nuca alle piastrelle,la nausea
tornò a farsi sentire e fui costretta ad alzarmi di nuovo
per raggiungere il
water. Noah mi spostò i capelli dal viso ed
osservò senza il benché minimo
disgusto la scena.
«San»
mi
chiamò Lucas con le lacrime agli occhi sulla soglia del
bagno «stai bene?»
Mi feci
forza e mi sollevai da terra. Ero debole,e avevo i muscoli che
tremavano come
gelatina,per non parlare del pallore che mi faceva assomigliare ad uno
di quei
malati nella sala d’attesa dell’ospedale. Mi
avvicinai al mio fratellino e gli
accarezzai una guancia per rassicurarlo. Lui stringeva i denti e
continuava a
tenere la mano destra sulla spalla lussata. Stava soffrendo ; le sue
emozioni
erano così palesi,eppure sapevo che cercava di non
piangere,pur non
riuscendoci,e che cercava di restare forte per me,perché se
ne sentiva in
dovere.
«Troveremo
un modo per sistemare la spalla. Ti fa tanto male?»
Annuì
e si
morse il labbro superiore in una smorfia di dolore.
«Cos’ha
fatto?» chiese Noah preoccupato,dando un’occhiata
ansiosa al braccio smorto e
penzolante.
«Ha
una
spalla lussata. Eravamo in ospedale per farla risistemare,quando
è scoppiato il
casino».
Lucas
strinse di nuovo i denti.
«Posso
rimettergliela a posto,lo so fare» affermò sicuro
il ragazzo dall’insolita
cresta.
Lo guardai
sorpresa,e dentro di me sentii la gratitudine verso di lui aumentare.
«Puoi?Sei
sicuro?»
«L’ho
già
fatto in passato ad Andr…» si bloccò e
prese un grosso respiro «ad un mio
amico. Posso farlo,sul serio,ma farà parecchio
male».
Guardai
Lucas e lui mi fece cenno di sì con la testa.
Lo seguimmo
fino in cucina,poi ripulì il tavolo da alcune cianfrusaglie
che vi erano
sopra,e disse a mio fratello di allungarsi lì.
«Metti
questo in bocca» ordinò,passandogli un coltello
dal manico di legno preso da un cassetto.
Lucas mi
guardò un’ultima volta,e poi
obbedì,stringendo tra i denti l'impugnatura dell'oggetto.
Era spaventato a morte e le lacrime
ricadevano fin sopra la superficie sulla quale si era adagiato.
«Pronto?»
chiese Noah,afferrandogli il polso sinistro.
L’altro
strizzò forte gli occhi,si lasciò scappare
qualche lamento ed io corsi a
stringergli la mano del braccio illeso.
«Vado»
avvisò il ragazzo.
Alzò
il
bracciò prima lentamente,ignorando i
“no,no,no” di mio fratello,e poi,senza
indugi,lo tirò a sé con forza. Lucas
urlò qualche imprecazione,forse una
bestemmia,e poi si sentì un TAC.
«Fatto!»
esclamò Noah mollandogli il polso.
Tolsi il
pezzo di legno dalla bocca di mio fratello e lui si morse forte il
labbro,asciugandosi le lacrime che gli bagnavano le guance.
«Cos’è
che
hai detto prima?» chiesi con un’espressione dura.
«Niente!»
disse toccandosi la spalla «Non ho detto niente!»
continuò a giustificarsi
irritato.
Puckerman
ridacchiò.
«Vado
a
prenderti una sciarpa e del ghiaccio. Avrai bisogno di una
fasciatura».
Annuimmo
entrambi.
«Grazie
di
nuovo» gli dissi,sforzandomi di sorridere appena.
Lui si
limitò a piegare leggermente gli angoli della bocca e a fare
un cenno con la
testa,poi corse di sopra per prendere l’occorrente.
Lucas mi
guardò ancora dolorante e mi cinse le spalle con il braccio
buono «San,una
volta fatta la fasciatura dovremmo tornare dalla mamma».
Annuii
«Sì,hai ragione,ma penso che avremmo bisogno di un
piano».
«Quale
piano?» chiese Noah di ritorno.
Lo guardai
seria,e quello bastò a farmi capire. Lui fece
un’espressione arresa,ma nei suoi
occhi non c’era un reale disappunto. L’avrebbe
fatto anche lui,ne ero certa. In
quel disastro che ancora non aveva nome,il pensiero di chiunque sarebbe
stato
quello di raggiungere i propri cari. Forse era per quello che le
persone in
strada morivano,così come i loro tentativi e le loro
speranze,ma la mia no,non
sarebbe morta,così come non saremmo morti noi tre. Era
giunto il momento di
mettere da parte paura e confusione,di ritrovare la lucidità
in quell’abisso
colmo di veleno,e di lottare per qualcosa
chiamata sopravvivenza.
*
«Siete
pronti?» chiese Noah,accendendo il motore del fuoristrada.
Guardai
prima lui,poi Lucas,ed annuii decisa.
Sapevo che
era rischioso avventurarsi lì fuori,anzi,forse era un vero e
proprio
suicidio,ma dovevamo farlo. Io e Noah avevamo ideato una sorta di
piano,anche
se probabilmente era carente delle strategie necessarie per restare
vivi. Era
più che altro una follia,una di quelle che fai
perché non hai altra scelta.
Ottocento metri,forse qualcosa di più,ed io e Lucas ci
saremmo ritrovati di
nuovo a casa. Noah aveva portato con sé il fucile e tre
coltelli che speravo
non sarebbe stato necessario usare.
«Prendete»
disse passandomi le due armi dalla lama appuntita «non so se
riusciremo ad
arrivare fino in fondo alla strada,per cui teneteli belli stretti e
ricordate
di conficcarli nel cranio ; credo sia l’unico modo per
ucciderli».
«Ehi,»
dissi
sfiorandogli un braccio ed incrociando il suo sguardo tenace e
concentrato «non
devi farlo per forza. Stai rischiando la vita,lo sai?»
Lui sorrise
e rispose «queste sono cose che capitano solo nei
videogiochi,tanto vale
approfittarne,no?»
Cercava di
nascondersi dietro quella leggera ironia,ma i suoi occhi erano in
contrasto con
il resto del viso. Aveva visto il suo migliore amico morire,ed aveva
assistito
proprio come me a delle scene inverosimili . Non era felice e
probabilmente
nemmeno abbastanza pronto a quello che avremmo incontrato là
fuori.
La macchina
uscì dal garage. Strinsi forte il manico del coltello e
chiusi del tutto il
finestrino.
Non sarei in
grado di descrivere esattamente il caos fuori di lì,e forse
neppure me ne
rendevo del tutto conto. Le strade erano invase : ce n’erano
dappertutto.
Sangue sull’asfalto e cadaveri circondati da quelle cose che
li divoravano,cibandosene disgustosamente e tornando a scatenare in me
quel senso di nausea che
in fondo non mi aveva mai abbandonata. Le case,come quella di
Puckerman,erano circondate. Loro colpivano goffamente le
porte,ringhiando,agitandosi in
quella fame che li logorava e li rendeva peggio delle bestie. Lucas mi
strinse
la mano dal sedile posteriore e Noah mi guardò preoccupato.
«Dammi
il
coltello» disse deciso.
Lo guardai
perplessa «che vuoi fare?»
«Quel
gruppetto sfonderà la porta,se non li fermo»
affermò,indicando la sua
abitazione «mia madre è lì dentro e
senza fucile».
Presi un
grande respiro e lo assecondai. Lo avrei fatto anch’io.
Noah si
richiuse lo sportello alle sue spalle e raggiunse velocemente
l’entrata della villetta. Quelle cose smisero improvvisamente
di colpire la superficie in legno e
si voltarono verso di lui. Erano in cinque,orribili esattamente come
tutte le
altre che erano in strada. Notai che tremava,che tentennò
per un istante,forse
ingannato dal fatto che quei mostri un tempo erano stati i cittadini
del suo
stesso paese,o che indossavano abiti umani,pur non comportandosi come
tali.
Questione di pochi secondi e si ritrovò circondato,allora
sentii la presa di
Lucas farsi decisamente più forte.
«Maledizione»
biascicai con gli occhi puntati sulla scena.
Mollai la
mano di mio fratello e lui mi toccò una spalla
«San,che cavolo hai intenzione
di fare?»
«Non
lo
vedi?Lo uccideranno!Devo andare ad aiutarlo».
Noah diede
un calcio aprendosi un’uscita dal mucchio e
indietreggiò,ma alle sue spalle ne
arrivavano altri,e lui non lo immaginava,concentrato com’era
a liberarsi di
quelli di fronte a sé. Afferrai d’istinto il
fucile poggiato sul sedile del
guidatore e mi chiesi perché diavolo non si fosse portato
con sé quello,anziché
un coltello da cucina. Ricordai all’improvviso che
c’era un problema : non
sapevo sparare. Mi agitai sul sedile chiedendomi cosa diavolo potessi
fare. Ero impaurita,scioccata,sì,ma decisa ad aiutare il
ragazzo che ci aveva salvato
la vita.
«Passami
il
coltello» ordinai.
«No!»
esclamò Lucas isterico.
«Ti ho
detto
di passarmi il coltello!»
«No!Non
voglio che tu muoia!» rispose lui,urlando.
Mi girai di
scatto e lo guardai seria,cercando di cancellare ogni debolezza dai
miei occhi. Continuavano ad essere lucidi,ed era inevitabile. Lucas
resse il
mio sguardo per qualche secondo,poi,arreso,mi passò il
coltello. Uscii dalla
macchina ; ogni secondo era di vitale importanza. Noah ne aveva uccisi
due,ma
gli altri tre continuavano ad avvicinarsi e lui
indietreggiava,inconsapevole
che stava per finire in una trappola mortale. Cominciai a correre verso
di
lui,e quando mi vide sgranò di colpo gli occhi.
«Sta’
attento!» lo avvertii «dietro di te ne stanno
arrivando altri!»
Si
girò e si
immobilizzò,improvvisamente nel panico. Quando fui
abbastanza vicina,rallentai.
Volevo intervenire,ma non sapevo se sarei stata in grado. Avrei potuto
peggiorare la situazione,anziché migliorarla.
L’adrenalina mi scorreva nelle
vene,mi faceva sentire pronta,ma pronta per cosa? Quella sostanza nel
corpo di
un uomo non era probabilmente all’altezza di aiutare in una
situazione del
genere. Il respiro mi si mozzava in gola,il cuore batteva forte,le
gambe si
muovevano senza che io ne avessi consapevolezza. Una di quelle cose si
voltò
verso di me e cominciò ad avvicinarsi,allontanandosi da
Puckerman. No,forse non
ero pronta,forse non lo sarei mai stata. Potevo uccidere? Ne avrei
avuto il
coraggio? La risposta era semplice : uccidi o verrai ucciso.
«Mandalo
a
terra e colpiscilo!» mi gridò Noah,mentre
conficcava il coltello nel cranio di
una di quelle cose.
Non sapevo
farlo!Maledizione,io non sapevo uccidere. Panico,solo panico e troppo
poco
ossigeno che mi annebbiava la vista,che rendeva tutto come in un sogno
:
sfumato e indefinito. La creatura era vicina,dovevo agire. Strinsi i
denti e
d’impulso aumentai la presa sul coltello. Uccidere o essere
uccisa. Uccidere o
essere uccisa,mi ripetei come fosse stato un mantra. Presi un minimo di
rincorsa e spinsi a terra il morto con un calcio esplosivo. Erano
più deboli di
quanto avessi mai immaginato. Non avevano lo stesso equilibrio di un
umano,né
la stessa forza o la stessa velocità,ma in gruppo sarebbero
stati letali. Misi
un piede sul petto dell’essere disgustoso che si agitava ed
alzava,per quanto
gli era possibile,la testa. Mi guardava con quegli occhi velati e
quell’espressione inumana,e qualcosa in quella mi spinse ad
agire com’era
giusto fare. Mi piegai su di lui senza togliere il piede,presi il
coltello con
due mani,e lo conficcai nella fronte. Il sangue mi schizzò
addosso,ma la
creatura era morta,morta una seconda volta. Osservai con disgusto la
scena,e
tolsi il coltello dal cranio dell’essere. Mi tremava ogni
singola parte del
corpo,e mi costrinsi a respirare a fondo.
«Torniamo
in
macchina!» ordinò Noah,raggiungendomi ed
afferrandomi per un braccio. Gettai
un’occhiata al vialetto dell’abitazione e notai i
cadaveri inermi a terra. Ce l’avevamo fatta.
Rientrammo
nella vettura ed avvertii lo sguardo di Lucas addosso. Forse si
chiedeva dove
avessi trovato il coraggio di uccidere,come avessi fatto a non farmi
sopraffare
dalla paura o dal panico,o forse si chiedeva com’era stato
infilare la punta
del coltello nel cervello di un morto. Forse tutto ciò.
«Sei
stata
brava» disse Puckerman,premendo sull’acceleratore
«per un attimo ho temuto che
ti saresti fatta uccidere».
Lo guardai
di sbieco «non posso ancora permettermelo».
Le strade
erano un disastro. I morti camminavano indisturbati alla ricerca di
prede,o di
cadaveri già a terra,pronti per essere divorati. Ce
n’erano a decine,molti di
più delle poche persone che si intravedevano qua e
là,nel vano tentativo di
restare vivi. Mi chiedevo come avremmo fatto a passare,se quelle
creature
creavano una sorta di blocco in mezzo alla strada,ma evidentemente
Puckerman
aveva qualcosa in mente.
«Tenetevi»
avvisò,affondando il piede nell’acceleratore.
Il
fuoristrada acquistò velocità in un attimo,e
cominciammo a mettere sotto quelle
cose una alla volta. Lucas sussultò quando la prima
finì sul nostro parabrezza,e
tornò a stringermi la mano.
«Crepate,luridi
bastardi!» esclamò Noah,schiacciando ancora di
più il pedale.
Forse
avevamo fatto trecento metri,eravamo quasi vicini.
All’improvvisò sentii la
speranza riaffiorare,e capii di averne davvero bisogno. Mettemmo sotto
tre o
quattro morti,e allora il parabrezza si crepò. Noah
imprecò,ma non rallentò
nemmeno per un istante.
«Dovreste
dare un’occhiata qui dietro…» disse
Lucas con un filo di voce.
«Che
c’è?»
Mi voltai e
li vidi. Cazzo. Ci stavano seguendo! Erano attratti dalla macchina in
movimento. Si allontanavano dalle abitazioni che avevano assediato e si
mettevano sulla scia di cadaveri che la vettura lasciava. Per un
istante pensai
che si fossero arrabbiati,poi abbandonai quella stupida idea e pensai
che
eravamo fottuti.
«Stanno
seguendo la macchina!»
«Cristo…»
biascicò Noah allarmato,gettando un’occhiata allo
specchietto retrovisore.
«Che
facciamo?»
«Ci
siamo
quasi. Una voltai entrati in casa saremo al sicuro».
Annuii,pur
non essendone troppo convinta.
Cominciavo a
vedere in lontananza la villetta e notai che davanti alla porta non
c’era
neppure un morto. Strano,forse sarebbe stato più facile di
quanto avessimo
pensato. Parcheggiammo di fronte al vialetto in pietra e poi scendemmo.
Stringevo ancora saldamente il coltello dall’impugnatura
insanguinata,così come
faceva Noah mentre sottobraccio teneva il fucile. Ci guardammo attorno
: solo
creature dappertutto,niente più grida,niente più
persone impegnate in delle
folli fughe. Sul marciapiede dall’altra parte della strada
c’erano quattro di
quelle cose che divoravano quel che rimaneva di Cris Armstrong : un
ragazzo con
la quale avevo trascorso gran parte della mia infanzia costruendo
castelli di
carte e organizzando gare con le nostre macchinine. Mi venne un groppo
in gola
che non riuscii a mandare giù. Mi avviai verso la porta e
poi bussai un paio di
volte con il pugno della mano.
«Mamma,apri.
Siamo tornati».
Aspettai
qualche secondo,e poi bussai di nuovo.
«Apri,por
favor!»
Silenzio.
Nessuna risposta.
Bussai forte
prima con la mano,poi cominciai a tirare calci con la punta del
piede,ma di
nuovo nessuno aprì. Mi voltai verso Lucas e mi accorsi che
era tornato ad esser
pallido come in ospedale ; aveva gli occhi lucidi e la fronte corrugata.
«Spostati»
mi ordinò Puckerman.
Prese la
rincorsa ed andò addosso alla porta con la parte destra del
corpo,ma
inutilmente. Strinse i denti,forse per il dolore,e tornò a
fare lo stesso.
Guardai indietro e li vidi,così come li vedevo anche
davanti,avvicinarsi
lentamente e numerosi. Dopo qualche altro tentativo e qualche gemito di
dolore
goffamente soffocato,Noah riuscì a sfondare la porta.
«Svelti,entrate».
Guardai in
cucina,in bagno,nella sala da pranzo con Lucas al mio fianco.
«Mamma!»
strillai.
Lei non
c’era. Salii le scale velocissimamente,con il respiro che mi
si bloccava in
gola e il cuore che non avrebbe perso presto quel ritmo folle.
«Mamma!»
la
chiamai di nuovo.
Doveva
rispondere,doveva!Immaginavo che sarebbe sbucata dalla sua camera o
dalla
nostra e che ci avrebbe riabbracciati con le lacrime agli occhi per la
felicità
di rivederci. Immaginavo tante cose,ma il semplice immaginarle non era
abbastanza. Non c’era. Lei non c’era,non era
lì.
«No,no,no,no…»
dissi disperata,scuotendo forte la testa.
Lei non c’era,e quella era l’unica consapevolezza in grado di risvegliarmi del tutto da quell’incubo mostruoso. Sentii le gambe cedere,la vista annebbiarsi di nuovo,e la testa girare e girare e girare… e poi BUM…nero,tutto nero.
Salve gente!Credevate che vi avessi abbandonata?Ebbene no,non esattamente. Mi prostro umilmente dinanzi alle vostre figure,vi bacio (virtualmente) i piedi, e vi chiedo scusa fino a che la mia bocca non sarà più in grado di articolare una singola parola. Davvero,scherzi a parte...sono incasinata da morire in questo periodo e ho trascurato un po' EFP e la fan fiction. Sperando che mi abbiate perdonata ( ho le mani congiunte come in preghiera in questo momento) , vi faccio una domanda : che ne pensate? La storia si è sviluppata piuttosto velocemente dall'ultimo capitolo e mi viene spontaneo chiedervi se state apprezzando i capitoli,oppure c'è qualcosa che non vi va giù. Sono ben accetti consigli,pareri,qualsiasi tipo di affermazione costruttiva che possa aiutarmi a portare avanti questa storia nel migliore dei modi...
Beh,detto questo, mi resta solo da dirvi un'ultima cosa : alla prossima!