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Autore: writinglove    03/04/2014    1 recensioni
E se l'apocalisse fosse arrivata?Se il male avesse raggiunto un paesino nello stato dell'Ohio?Se in una giornata qualunque,la vita di una ragazza qualunque fosse stata sconvolta nel peggiore dei modi?
Dalla storia :
L’azzurro si mischiò al nero per un istante interminabile,e quel nero non era l’oscurità della notte nella quale eravamo entrambe avvolte. Io non la stavo guardando e lei non mi stava guardando. La verità era che in quell’istante fermo nel tempo,che in quell’attimo pieno d’infinito e di emozioni,noi stavamo leggendo. […] Prima ancora che potessi capire altro,che un’ennesima certezza mi sfuggisse di mano,smisi di leggere. Ed era troppo quel che avevo visto,era tutto troppo…ogni cosa sapeva di una piacevole ed allettante esagerazione. Ma c’era una cosa che non mi scivolò via dalle mani come fosse semplice fumo,un’unica certezza imprescindibile : in quell’attimo la mia esistenza aveva ripreso ad esistere,ed il mio cuore a battere.
Genere: Drammatico, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Between the hungry

Sottosopra

«Noah Puckerman» affermai,dando un’occhiata rapida alla donna che ci teneva un fucile puntato addosso.

«Santana Lopez» rispose lui,con un sorrisetto canzonatorio.

Lucas fissava la signora dall’aspetto sciatto che continuava a squadrarci sospettosamente. Doveva essere la madre del ragazzo,e sembrava pronta a ficcare ad entrambi una pallottola nel cervello.

«Puoi abbassare il fucile,mamma» disse il ragazzo,facendo un cenno con la mano.

La donna obbedì.

«Sono normali?» chiese la signora Puckerman continuando ad osservarci.

Io e Lucas annuimmo istintivamente.

«Sì mamma,tranquilla. Stavano per essere fatti a pezzi da quelle cose e li ho portati con me».

Un brivido mi scosse a quel pensiero. Eravamo stati fortunati,ma le urla di coloro che venivano divorati erano ancora assordanti,e mi ricordarono di dover mostrare gratitudine al ragazzo che avevamo di fronte.

«Grazie» risposi,cercando di non sembrare troppo forzata «se non fossi intervenuto a quest’ora probabilmente starebbero masticando la nostra carne».

Dio,quant’era stato strano pronunciare quella frase. Un brivido mi scosse di nuovo.

«Figurati» disse lui,posando a terra la mazza piena di sangue scuro e denso «è stato il minimo che potessi fare. Lì fuori è un inferno ; non capisco cosa diavolo stia succedendo. Ho visto il primo di quei cosi mentre ero a casa di un mio amico. In lontananza sembrava solo un vecchio ubriaco,ma poi…» si guardò attorno,scuotendo la testa «poi si è avvicinato e lo ha divorato davanti ai miei occhi. Ho provato ad ucciderlo,» continuò come se stesse cercando di giustificarsi a se stesso «ma i calci ed i pugni lo lasciavano illeso. Quando gli ho sfondato il cranio con un rastrello,era troppo tardi. Andrew era morto,ma non del tutto».

I suoi occhi vagavano in cerca di un appiglio sicuro,di qualcosa di bello su cui soffermarsi,e continuavano a girare stanchi,lucidi e pieni di sofferenza.

Deglutii rumorosamente e sentii l’improvviso bisogno di sedermi. Mi buttai sul divano in pelle rattoppato qua e là,e mi portai le mani sulla fronte. Dannazione,rivedevo ancora Mandy fatta a brandelli,divorata in una pozza di sangue,con l’osso del braccio ripulito,privato dei muscoli,di ogni cosa. Il respiro cominciò a bloccarmisi in gola,sudavo freddo,mi girava la testa. Mi veniva da vomitare,ed un conato mi sovrastò. Mi alzai di scatto dalla superficie morbida e mi portai una mano alla bocca.

«Ti porto in bagno» disse Noah,afferrandomi tempestivamente per un braccio.

Raggiunsi la stanza dalle piastrelle bianche e la muffa sul soffitto,poi il ragazzo sollevò la tavolozza del water e rigettai anche l’anima.

«Lo so,» cominciò Noah guardandomi con compassione «è sconvolgente e dopo tutto quello schifo hai lo stomaco sottosopra».

Mi sedetti sul pavimento e mi passai il dorso della mano sulla bocca. Sentivo freddo,così tanto freddo che sembrava che le mie ossa si sarebbero frantumate da un momento all'altro,congelate. Quando appoggiai la nuca alle piastrelle,la nausea tornò a farsi sentire e fui costretta ad alzarmi di nuovo per raggiungere il water. Noah mi spostò i capelli dal viso ed osservò senza il benché minimo disgusto la scena.

«San» mi chiamò Lucas con le lacrime agli occhi sulla soglia del bagno «stai bene?»

Mi feci forza e mi sollevai da terra. Ero debole,e avevo i muscoli che tremavano come gelatina,per non parlare del pallore che mi faceva assomigliare ad uno di quei malati nella sala d’attesa dell’ospedale. Mi avvicinai al mio fratellino e gli accarezzai una guancia per rassicurarlo. Lui stringeva i denti e continuava a tenere la mano destra sulla spalla lussata. Stava soffrendo ; le sue emozioni erano così palesi,eppure sapevo che cercava di non piangere,pur non riuscendoci,e che cercava di restare forte per me,perché se ne sentiva in dovere.

«Troveremo un modo per sistemare la spalla. Ti fa tanto male?»

Annuì e si morse il labbro superiore in una smorfia di dolore.

«Cos’ha fatto?» chiese Noah preoccupato,dando un’occhiata ansiosa al braccio smorto e penzolante.

«Ha una spalla lussata. Eravamo in ospedale per farla risistemare,quando è scoppiato il casino».

Lucas strinse di nuovo i denti.

«Posso rimettergliela a posto,lo so fare» affermò sicuro il ragazzo dall’insolita cresta.

Lo guardai sorpresa,e dentro di me sentii la gratitudine verso di lui aumentare.

«Puoi?Sei sicuro?»

«L’ho già fatto in passato ad Andr…» si bloccò e prese un grosso respiro «ad un mio amico. Posso farlo,sul serio,ma farà parecchio male».

Guardai Lucas e lui mi fece cenno di sì con la testa.

Lo seguimmo fino in cucina,poi ripulì il tavolo da alcune cianfrusaglie che vi erano sopra,e disse a mio fratello di allungarsi lì.

«Metti questo in bocca» ordinò,passandogli un coltello dal manico di legno preso da un cassetto.

Lucas mi guardò un’ultima volta,e poi obbedì,stringendo tra i denti l'impugnatura dell'oggetto. Era spaventato a morte e le lacrime ricadevano fin sopra la superficie sulla quale si era adagiato.

«Pronto?» chiese Noah,afferrandogli il polso sinistro.

L’altro strizzò forte gli occhi,si lasciò scappare qualche lamento ed io corsi a stringergli la mano del braccio illeso.

«Vado» avvisò il ragazzo.

Alzò il bracciò prima lentamente,ignorando i “no,no,no” di mio fratello,e poi,senza indugi,lo tirò a sé con forza. Lucas urlò qualche imprecazione,forse una bestemmia,e poi si sentì un TAC.

«Fatto!» esclamò Noah mollandogli il polso.

Tolsi il pezzo di legno dalla bocca di mio fratello e lui si morse forte il labbro,asciugandosi le lacrime che gli bagnavano le guance.

«Cos’è che hai detto prima?» chiesi con un’espressione dura.

«Niente!» disse toccandosi la spalla «Non ho detto niente!» continuò a giustificarsi irritato.

Puckerman ridacchiò.

«Vado a prenderti una sciarpa e del ghiaccio. Avrai bisogno di una fasciatura».

Annuimmo entrambi.

«Grazie di nuovo» gli dissi,sforzandomi di sorridere appena.

Lui si limitò a piegare leggermente gli angoli della bocca e a fare un cenno con la testa,poi corse di sopra per prendere l’occorrente.

Lucas mi guardò ancora dolorante e mi cinse le spalle con il braccio buono «San,una volta fatta la fasciatura dovremmo tornare dalla mamma».

Annuii «Sì,hai ragione,ma penso che avremmo bisogno di un piano».

«Quale piano?» chiese Noah di ritorno.

Lo guardai seria,e quello bastò a farmi capire. Lui fece un’espressione arresa,ma nei suoi occhi non c’era un reale disappunto. L’avrebbe fatto anche lui,ne ero certa. In quel disastro che ancora non aveva nome,il pensiero di chiunque sarebbe stato quello di raggiungere i propri cari. Forse era per quello che le persone in strada morivano,così come i loro tentativi e le loro speranze,ma la mia no,non sarebbe morta,così come non saremmo morti noi tre. Era giunto il momento di mettere da parte paura e confusione,di ritrovare la lucidità in quell’abisso colmo di veleno,e di lottare per qualcosa chiamata sopravvivenza.

                                                                              *

«Siete pronti?» chiese Noah,accendendo il motore del fuoristrada.

Guardai prima lui,poi Lucas,ed annuii decisa.

Sapevo che era rischioso avventurarsi lì fuori,anzi,forse era un vero e proprio suicidio,ma dovevamo farlo. Io e Noah avevamo ideato una sorta di piano,anche se probabilmente era carente delle strategie necessarie per restare vivi. Era più che altro una follia,una di quelle che fai perché non hai altra scelta. Ottocento metri,forse qualcosa di più,ed io e Lucas ci saremmo ritrovati di nuovo a casa. Noah aveva portato con sé il fucile e tre coltelli che speravo non sarebbe stato necessario usare.

«Prendete» disse passandomi le due armi dalla lama appuntita «non so se riusciremo ad arrivare fino in fondo alla strada,per cui teneteli belli stretti e ricordate di conficcarli nel cranio ; credo sia l’unico modo per ucciderli».

«Ehi,» dissi sfiorandogli un braccio ed incrociando il suo sguardo tenace e concentrato «non devi farlo per forza. Stai rischiando la vita,lo sai?»

Lui sorrise e rispose «queste sono cose che capitano solo nei videogiochi,tanto vale approfittarne,no?»

Cercava di nascondersi dietro quella leggera ironia,ma i suoi occhi erano in contrasto con il resto del viso. Aveva visto il suo migliore amico morire,ed aveva assistito proprio come me a delle scene inverosimili . Non era felice e probabilmente nemmeno abbastanza pronto a quello che avremmo incontrato là fuori.

La macchina uscì dal garage. Strinsi forte il manico del coltello e chiusi del tutto il finestrino.

Non sarei in grado di descrivere esattamente il caos fuori di lì,e forse neppure me ne rendevo del tutto conto. Le strade erano invase : ce n’erano dappertutto. Sangue sull’asfalto e cadaveri circondati da quelle cose che li divoravano,cibandosene disgustosamente e tornando a scatenare in me quel senso di nausea che in fondo non mi aveva mai abbandonata. Le case,come quella di Puckerman,erano circondate. Loro colpivano goffamente le porte,ringhiando,agitandosi in quella fame che li logorava e li rendeva peggio delle bestie. Lucas mi strinse la mano dal sedile posteriore e Noah mi guardò preoccupato.

«Dammi il coltello» disse deciso.

Lo guardai perplessa «che vuoi fare?»

«Quel gruppetto sfonderà la porta,se non li fermo» affermò,indicando la sua abitazione «mia madre è lì dentro e senza fucile».

Presi un grande respiro e lo assecondai. Lo avrei fatto anch’io.

Noah si richiuse lo sportello alle sue spalle e raggiunse velocemente l’entrata della villetta. Quelle cose smisero improvvisamente di colpire la superficie in legno e si voltarono verso di lui. Erano in cinque,orribili esattamente come tutte le altre che erano in strada. Notai che tremava,che tentennò per un istante,forse ingannato dal fatto che quei mostri un tempo erano stati i cittadini del suo stesso paese,o che indossavano abiti umani,pur non comportandosi come tali. Questione di pochi secondi e si ritrovò circondato,allora sentii la presa di Lucas farsi decisamente più forte.

«Maledizione» biascicai con gli occhi puntati sulla scena.

Mollai la mano di mio fratello e lui mi toccò una spalla «San,che cavolo hai intenzione di fare?»

«Non lo vedi?Lo uccideranno!Devo andare ad aiutarlo».

Noah diede un calcio aprendosi un’uscita dal mucchio e indietreggiò,ma alle sue spalle ne arrivavano altri,e lui non lo immaginava,concentrato com’era a liberarsi di quelli di fronte a sé. Afferrai d’istinto il fucile poggiato sul sedile del guidatore e mi chiesi perché diavolo non si fosse portato con sé quello,anziché un coltello da cucina. Ricordai all’improvviso che c’era un problema : non sapevo sparare. Mi agitai sul sedile chiedendomi cosa diavolo potessi fare. Ero impaurita,scioccata,sì,ma decisa ad aiutare il ragazzo che ci aveva salvato la vita.

«Passami il coltello» ordinai.

«No!» esclamò Lucas isterico.

«Ti ho detto di passarmi il coltello!»

«No!Non voglio che tu muoia!» rispose lui,urlando.

Mi girai di scatto e lo guardai seria,cercando di cancellare ogni debolezza dai miei occhi. Continuavano ad essere lucidi,ed era inevitabile. Lucas resse il mio sguardo per qualche secondo,poi,arreso,mi passò il coltello. Uscii dalla macchina ; ogni secondo era di vitale importanza. Noah ne aveva uccisi due,ma gli altri tre continuavano ad avvicinarsi e lui indietreggiava,inconsapevole che stava per finire in una trappola mortale. Cominciai a correre verso di lui,e quando mi vide sgranò di colpo gli occhi.

«Sta’ attento!» lo avvertii «dietro di te ne stanno arrivando altri!»

Si girò e si immobilizzò,improvvisamente nel panico. Quando fui abbastanza vicina,rallentai. Volevo intervenire,ma non sapevo se sarei stata in grado. Avrei potuto peggiorare la situazione,anziché migliorarla. L’adrenalina mi scorreva nelle vene,mi faceva sentire pronta,ma pronta per cosa? Quella sostanza nel corpo di un uomo non era probabilmente all’altezza di aiutare in una situazione del genere. Il respiro mi si mozzava in gola,il cuore batteva forte,le gambe si muovevano senza che io ne avessi consapevolezza. Una di quelle cose si voltò verso di me e cominciò ad avvicinarsi,allontanandosi da Puckerman. No,forse non ero pronta,forse non lo sarei mai stata. Potevo uccidere? Ne avrei avuto il coraggio? La risposta era semplice : uccidi o verrai ucciso.

«Mandalo a terra e colpiscilo!» mi gridò Noah,mentre conficcava il coltello nel cranio di una di quelle cose.

Non sapevo farlo!Maledizione,io non sapevo uccidere. Panico,solo panico e troppo poco ossigeno che mi annebbiava la vista,che rendeva tutto come in un sogno : sfumato e indefinito. La creatura era vicina,dovevo agire. Strinsi i denti e d’impulso aumentai la presa sul coltello. Uccidere o essere uccisa. Uccidere o essere uccisa,mi ripetei come fosse stato un mantra. Presi un minimo di rincorsa e spinsi a terra il morto con un calcio esplosivo. Erano più deboli di quanto avessi mai immaginato. Non avevano lo stesso equilibrio di un umano,né la stessa forza o la stessa velocità,ma in gruppo sarebbero stati letali. Misi un piede sul petto dell’essere disgustoso che si agitava ed alzava,per quanto gli era possibile,la testa. Mi guardava con quegli occhi velati e quell’espressione inumana,e qualcosa in quella mi spinse ad agire com’era giusto fare. Mi piegai su di lui senza togliere il piede,presi il coltello con due mani,e lo conficcai nella fronte. Il sangue mi schizzò addosso,ma la creatura era morta,morta una seconda volta. Osservai con disgusto la scena,e tolsi il coltello dal cranio dell’essere. Mi tremava ogni singola parte del corpo,e mi costrinsi a respirare a fondo.

«Torniamo in macchina!» ordinò Noah,raggiungendomi ed afferrandomi per un braccio. Gettai un’occhiata al vialetto dell’abitazione e notai i cadaveri inermi a terra. Ce l’avevamo fatta.

Rientrammo nella vettura ed avvertii lo sguardo di Lucas addosso. Forse si chiedeva dove avessi trovato il coraggio di uccidere,come avessi fatto a non farmi sopraffare dalla paura o dal panico,o forse si chiedeva com’era stato infilare la punta del coltello nel cervello di un morto. Forse tutto ciò.

«Sei stata brava» disse Puckerman,premendo sull’acceleratore «per un attimo ho temuto che ti saresti fatta uccidere».

Lo guardai di sbieco «non posso ancora permettermelo».

Le strade erano un disastro. I morti camminavano indisturbati alla ricerca di prede,o di cadaveri già a terra,pronti per essere divorati. Ce n’erano a decine,molti di più delle poche persone che si intravedevano qua e là,nel vano tentativo di restare vivi. Mi chiedevo come avremmo fatto a passare,se quelle creature creavano una sorta di blocco in mezzo alla strada,ma evidentemente Puckerman aveva qualcosa in mente.

«Tenetevi» avvisò,affondando il piede nell’acceleratore.

Il fuoristrada acquistò velocità in un attimo,e cominciammo a mettere sotto quelle cose una alla volta. Lucas sussultò quando la prima finì sul nostro parabrezza,e tornò a stringermi la mano.

«Crepate,luridi bastardi!» esclamò Noah,schiacciando ancora di più il pedale.

Forse avevamo fatto trecento metri,eravamo quasi vicini. All’improvvisò sentii la speranza riaffiorare,e capii di averne davvero bisogno. Mettemmo sotto tre o quattro morti,e allora il parabrezza si crepò. Noah imprecò,ma non rallentò nemmeno per un istante.

«Dovreste dare un’occhiata qui dietro…» disse Lucas con un filo di voce.

«Che c’è?»

Mi voltai e li vidi. Cazzo. Ci stavano seguendo! Erano attratti dalla macchina in movimento. Si allontanavano dalle abitazioni che avevano assediato e si mettevano sulla scia di cadaveri che la vettura lasciava. Per un istante pensai che si fossero arrabbiati,poi abbandonai quella stupida idea e pensai che eravamo fottuti.

«Stanno seguendo la macchina!»

«Cristo…» biascicò Noah allarmato,gettando un’occhiata allo specchietto retrovisore.

«Che facciamo?»

«Ci siamo quasi. Una voltai entrati in casa saremo al sicuro».

Annuii,pur non essendone troppo convinta.

Cominciavo a vedere in lontananza la villetta e notai che davanti alla porta non c’era neppure un morto. Strano,forse sarebbe stato più facile di quanto avessimo pensato. Parcheggiammo di fronte al vialetto in pietra e poi scendemmo. Stringevo ancora saldamente il coltello dall’impugnatura insanguinata,così come faceva Noah mentre sottobraccio teneva il fucile. Ci guardammo attorno : solo creature dappertutto,niente più grida,niente più persone impegnate in delle folli fughe. Sul marciapiede dall’altra parte della strada c’erano quattro di quelle cose che divoravano quel che rimaneva di Cris Armstrong : un ragazzo con la quale avevo trascorso gran parte della mia infanzia costruendo castelli di carte e organizzando gare con le nostre macchinine. Mi venne un groppo in gola che non riuscii a mandare giù. Mi avviai verso la porta e poi bussai un paio di volte con il pugno della mano.

«Mamma,apri. Siamo tornati».

Aspettai qualche secondo,e poi bussai di nuovo.

«Apri,por favor!»

Silenzio. Nessuna risposta.

Bussai forte prima con la mano,poi cominciai a tirare calci con la punta del piede,ma di nuovo nessuno aprì. Mi voltai verso Lucas e mi accorsi che era tornato ad esser pallido come in ospedale ; aveva gli occhi lucidi e la fronte corrugata.

«Spostati» mi ordinò Puckerman.

Prese la rincorsa ed andò addosso alla porta con la parte destra del corpo,ma inutilmente. Strinse i denti,forse per il dolore,e tornò a fare lo stesso. Guardai indietro e li vidi,così come li vedevo anche davanti,avvicinarsi lentamente e numerosi. Dopo qualche altro tentativo e qualche gemito di dolore goffamente soffocato,Noah riuscì a sfondare la porta.

«Svelti,entrate».

Guardai in cucina,in bagno,nella sala da pranzo con Lucas al mio fianco.

«Mamma!» strillai.

Lei non c’era. Salii le scale velocissimamente,con il respiro che mi si bloccava in gola e il cuore che non avrebbe perso presto quel ritmo folle.

«Mamma!» la chiamai di nuovo.

Doveva rispondere,doveva!Immaginavo che sarebbe sbucata dalla sua camera o dalla nostra e che ci avrebbe riabbracciati con le lacrime agli occhi per la felicità di rivederci. Immaginavo tante cose,ma il semplice immaginarle non era abbastanza. Non c’era. Lei non c’era,non era lì.

«No,no,no,no…» dissi disperata,scuotendo forte la testa.

Lei non c’era,e quella era l’unica consapevolezza in grado di risvegliarmi del tutto da quell’incubo mostruoso. Sentii le gambe cedere,la vista annebbiarsi di nuovo,e la testa girare e girare e girare… e poi BUM…nero,tutto nero.


Salve gente!Credevate che vi avessi abbandonata?Ebbene no,non esattamente. Mi prostro umilmente dinanzi alle vostre figure,vi bacio (virtualmente) i piedi, e vi chiedo scusa fino a che la mia bocca non sarà più in grado di articolare una singola parola. Davvero,scherzi a parte...sono incasinata da morire in questo periodo e ho trascurato un po' EFP e la fan fiction. Sperando che mi abbiate perdonata ( ho le mani congiunte come in preghiera in questo momento) , vi faccio una domanda  : che ne pensate? La storia si è sviluppata piuttosto velocemente dall'ultimo capitolo e mi viene spontaneo chiedervi se state apprezzando i capitoli,oppure c'è qualcosa che non vi va giù. Sono ben accetti consigli,pareri,qualsiasi tipo di affermazione costruttiva che possa aiutarmi a portare avanti questa storia nel migliore dei modi...

Beh,detto questo, mi resta solo da dirvi un'ultima cosa : alla prossima!

  
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