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Autore: Inathia Len    04/04/2014    1 recensioni
Celia Stebbins è una ragazza qualsiasi, ma nasconde un segreto.
Celia sogna.
Celia ricorda.
Di un tempo in cui un uomo che viaggia in una cabina blu più grande all'interni rispetto all'esterno l'ha salvata dalla morte, quando era solo una bambina. Ma Celia non sa la verità, non sa che la donna che chiama madre non lo è davvero, non sa chi lei sia.
Quando i sogni si colorano di rosso e Celia ricorda di un pianeta andato distrutto, sa che deve scoprire la verità. E sa anche che c'è un solo uomo che la può aiutare: Sherlock Holmes.
Primo cross-over tra Doctor Who e Sherlock, ambientato tra la seconda e la terza stagione del primo e dopo la terza del secondo. Fatemi sapere che ne pensate :-)
Genere: Angst, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You are dreaming your past

 

L’uomo era già sulla soglia, alto e scuro nel suo cappotto nero, e con gli occhi sbirciava all’interno dell’appartamento.

-Signor Holmes- balbettò confusa Celia, aprendo la porta e facendolo accomodare. Improvvisamente, mentre lui entrava a passo sicuro nella stanza e si toglieva la sciarpa lasciandola cadere sul divano, si sentì inadeguata come poche volte nella sua vita, con il suo vestitino della festa e la nuova tinta.

-Il piano era scritto sul campanello e qualcuno aveva lasciato la porta aperta, nel caso in cui se lo stesse domandando- disse con la sua voce profonda, togliendo anche il soprabito e rimanendo in giacca nera e camicia viola. Celia non poté impedire al suo cuore di avere un guizzo.

-Può mostrarmi la casa?-

Celia rimase un attimo interdetta. Fuori pioveva in un modo assurdo, come faceva quell’uomo a non essere nemmeno umido?

-Celia…?-

-Oh, la casa, certo. Per di qua- farfugliò, lisciandosi la gonna bianca e dirigendosi verso il corridoio.

Casa sua le era sempre piaciuta. Ci abitava da quando era molto piccola, erano sempre state lei e Roona, suo padre non lo aveva mai conosciuto, e quell’appartamento era pieno di cose loro. Si sentiva un po’ in imbarazzo a mostrarlo a uno sconosciuto –per quanto maledettamente attraente-. In cucina, per esempio, sua madre aveva lasciato i disegni di quando era bimba appesi sul frigorifero; in bagno, invece, il piano accanto allo specchio era caoticamente pieno di prodotti femminili più o meno imbarazzanti; la sua camera da letto, per quanto l’avesse riordinata appena sveglia, era la stessa di quando era una teen-ager, con ancora poster di band assurde e attori sconosciuti ai più, ma belli da morire, appesi alle pareti. Non si era mai vergognata della sua stanza, era la sua in fondo, ma provò ad immaginare come dovesse sembrare agli occhi di Holmes e si fece piccola piccola dietro la sua schiena.

-È tutta qui?- chiese lui, quando ritornarono in salotto.

-Nessun super attico o ambiente nascosto dietro una qualche porta a scomparsa- provò a ironizzare, gelata dallo sguardo di Holmes. –No, niente di niente.-

Holmes tornò sui suoi passi e si diresse verso la cucina. Celia lo seguì curiosa e lo vide tirare fuori uno strano oggetto –che si rivelò essere una lente d’ingrandimento- ed esaminare a uno a uno i disegni appesi sul frigorifero.

-Cerca qualcosa in particolare?- chiese Celia, schiarendosi la voce.

Sherlock la guardò storto, ma rispose alla sua domanda.

-Vede lì, in quell’angolo in alto a destra? In ogni suo disegno compare sempre la stessa macchia di colore blu che, se esaminata attentamente, si rivela essere un micro disegno.-

-E cosa rappresenta?-

-Lo ha dipinto lei, dovrebbe dirlo lei a me.-

-Ma ero una bambina. E poi nessuno se n’è mai reso conto…-

-Oh, questo è perché voi vedete, ma non osservate.-

-E poi, non potrebbe essere semplicemente una macchia di pennarello? I bambini paciugano sempre, quando disegnano…-

-No, questo è impossibile. Sempre la stessa posizione, sempre gli stessi tratti, identico il colore… Guardi lei stessa- disse, porgendo a Celia la lente.

mbiente nascosto dietro una qualche porta a scomparsa- provò a ironizzare, gelata dallo sguardo di Holmes.agli occhi di Holmes –Non ci credo- sussurrò lei, restituendo l’oggetto al proprietario.

-Che cosa?-

-Quella è la stessa cabina telefonica che continuo a sognare!-

Il rumore della porta che si chiudeva fece sobbalzare Celia. Sua madre era tornata e non era di buon umore, a giudicare del tono di voce.

-Celia! Il negozio qua sotto era chiuso, sono dovuta andare...- entrò in cucina lasciando cadere le buste della spesa e poi si bloccò, fraintendendo la vicinanza tra sua figlia e lo sconosciuto. -Oh, adesso capisco perché ti serviva casa libera- disse acida, lanciando un'occhiataccia ai due.

-No, mamma, non è come pensi!-

-E si spiega anche la tinta- mormorò Roona, cominciano a mettere a posto la spesa.

Sherlock, nel frattempo, era rimasto come congelato tra le due, facendo saettare lo sguardo tra madre e figlia. Non capiva cosa stava succedendo. C'era uno scontro in atto, ma non ne capiva il motivo.

-Lui è il detective di cui ti parlavo ieri- cominciò a spiegare Celia, ma lui si sentì in dovere di precisare che si trattava di un "detective consultivo".

-E che diavolo dovrebbe significare? Non esiste come lavoro!-

-L'ho inventato io. Evidentemente non ha mai sentito parlare di me- commentò Sherlock. -Ho risolto molti casi, aiutando la polizia. A essere sinceri, la polizia non ha fatto più di tanto, se non proporre ipotesi assurde.-

-Quanto ego per una persona così sottile- fece Roona, avvicinandosi.

-Non mi crede?-

Sherlock era spiazzato. Non gli era mai capitato di dover convincere qualcuno. Di solito, la gente lo conosceva, lo trovava insopportabile e poi gli diceva si togliersi dai piedi. Con pochissime eccezioni a questa regola. Leggi John.

-Per niente. I detective consultivi non esistono e, se anche fosse, lei non sarebbe tra quelli. Se è qui per fare del male a mia figlia, sappia che dovrà fare i conti con me!-

-Posi quella padella, sappiamo entrambi che c'è solo un minimo di verità in quello che mi ha detto.-

Ora fu il turno di Celia di strabuzzare gli occhi.

-Che cosa sta insinuando?- sibilò Roona. -Esca subito da casa mia!-

-Posso dimostrarle che ho ragione- ribatté Sherlock, sforzandosi di mantenere la calma.

-Mamma, lascialo parlare- si intromise Celia, facendo abbassare la padella alla madre.

-Non c'è nessun signor Stebbins, non è vero? Non c'è mai stato.-

-Che cosa...?-

-Dia un'occhiata in giro, Celia! Non c'è una sua singola fotografia in giro, nemmeno la più piccola o insignificante.-

-La sua prematura scomparsa mi ha troppo sconvolta,- disse sicura Roona, -per quello ho tolto le foto.-

-Me le mostri, dunque, e se è vero io me ne andrò e non sentirete più parlare di me. Ma non può, vero Roona? Perché quelle foto non esistono. Come non ne esistono di Celia appena nata o quando aveva meno di quattro anni.-

-E questo cosa dovrebbe significare, cos'ha a che fare con il mio nome?- chiese Celia, con voce tremante.

-Roona non è sua madre. E quei sogni sull'uomo nella cabina telefonica blu... quelli sono ricordi.-

  
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