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Autore: MyShadow19    05/04/2014    2 recensioni
Verba è un racconto dalle lievi tonalità fantasy di grande atmosfera. Narra di Kadas Luthfelt, protagonista tenebroso che avrebbe molte, troppe cose da raccontare... se solo la sua filosofia non glielo impedisse; ogni parola è l'evocazione di un concetto, il più grande veicolo delle idee, la struttura su cui si forma il pensiero e quindi la base del modus ponens degli esseri viventi. La filosofia di Kadas è così forte che quando lui pronuncia una parola tutto questo cessa di essere una convinzione e diventa una verità: la realtà attorno a lui cambia. Per questo pesa attentamente quello che dice. Una parola vale più di mille immagini.
Ogni capitolo è molto breve perché lo stile di scrittura è pesante; spero che apprezzerete. Buona lettura!
Genere: Dark, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ticchettio dopo ticchettio la grande torre dell’orologio scandisce coi suoi battiti roboanti la camminata lenta di Kadas, battito dopo battito anche il suo cuore si unisce al rumore e genera una risonante sincronia amplificata dall’eco della città gelida. L’umidità pesante evapora sopra la pavimentazione del largo viale e lascia dietro di se un’aura paralizzante che accoglie Kadas nella sua morsa malinconica e confortante. Le abitazioni scassate che delimitano il perimetro del viale sembrano morte prima ancora di essere nate, l’interesse di Kadas mentre il suo occhio stanco si posa su di esse è morto prima ancora di essere nato, chi pretende di proteggersi dalla furia del clima abitandole è morto prima ancora di essere nato. Le sua labbra fredde e spaccate tremano ma le sue mani no, il suo cappuccio malridotto si impregna di condensa ma la sua pelle no, i blocchi di ghiaccio che calpesta si frammentano e si polverizzano ma i suoi stivali no.
In quella notte di morte, soltanto tre entità riescono ad accompagnare la città nel suo gelido tramonto: la solitudine, il freddo e Kadas. Il vento portatore di silenzio si alza alle spalle del morto che cammina mentre osserva la parete che rappresenta il vicolo cieco della sua vita.
 
  •  Mausoleo.
 
L’onda sonora della sua parola, più potente di qualsiasi incantesimo, si propaga e si infrange senza eco sulla parete congelandone il centro vitale. La macchia di ghiaccio si espande abbracciando ogni mattone fino a ricoprirla tutta. Non un muscolo della figura inesistente di Kadas Luthfelt si muove mentre il muro reso fragile cede al proprio peso infrangendosi e precipitando sotto forma di grosse scaglie gelate.
Oltre la parete è una scintillante lastra di ghiaccio, che sfoggia la sua purezza nella sua mancanza di rigonfiamenti e screpolature, cinta da picchi congelati che come colonne di un mausoleo sorreggono la struttura vuota di ogni energia. Un carosello di aspre punte circonda il mare solido e piattissimo non abbastanza vasto per spaventare Kadas. E così il morto che cammina varca la soglia di quella monotona distesa ben conscio di aver dimenticato cos’è la paura molto tempo prima, proprio in quel luogo.
La lastra di ghiaccio si crepa sotto i piedi di Kadas: la sua immacolata perfezione viene penetrata e distrutta dalla assente negatività del morto che cammina. Quando ha camminato abbastanza per raggiungere il centro pone le sue mani dure e rinsecchite sopra ad una bara. Una bara trasparente, purissima, limpida e lucente, liscia e gioiosa, più viva di quanto chi la sta toccando dia dimostrazione di essere. Kadas è vivo, la bara è morta, eppure direbbe che la bara è viva e Kadas è morto.
Dentro alla bara c’è una donna. Una donna bellissima, sorridente: la sua pelle delicata e glabra è ancora rosea come un tempo, le sue guance vive non hanno perso il loro colore così come i suoi capelli dalle tonalità ambrate. Le ciocche mosse sono disposte ordinatamente, alcune lungo le spalle sono raccolte in una treccia spolverata d’oro, altre sopra i seni coprono soavemente il suo corpo nudo. Le mani giacciono intrecciate poco sotto non come quelle di un morto ma come quelle di chi aspetta; muta all’interno del vitreo e gelido involucro non soffre del suo silenzio poiché muta era sempre stata. Kadas la fissa e i suo occhi tremano. Kadas la fissa e le sue labbra tremano, i suoi polsi tremano, le sue spalle tremano, i suoi pugnali tremano, il suo fiato trema, il suo cuore trema, la sua anima trema. Mentre la guarda un fremito anima la sua figura adagiata nello sfondo e spezza la sua proverbiale immobilità. Nulla lascerebbe pensare, continua a ripetersi, che sia morta. Il suo fiato delicato era così leggero da essere libero da ogni percezione, tanto che nessuno potrebbe mai distinguere la sua morte dal suo sonno.
Stringendo il coperchio trasparente con le sue mani contratte alle quali un cadavere ha dato nuova vita, Kadas medita qualche secondo per affrontare di nuovo l’inevitabile.
 
  • Vita.
 
Un dolore lancinante al petto, simile a mille tridenti che lo trafiggono con violenza, lo sbatte in ginocchio, la sua pelle si squarcia come la terra si apre dopo un terremoto, tossisce sangue dopo che la sua tempra si scoglie come si scoglie il burro al sole. Raggomitolato su se stesso cerca di vincere le lusinghe del freddo pavimento mentre le sue urla sono soffocate dal sangue che gorgoglia in gola. Sconfitto dalla sua stessa parola che questa volta sì, è tornata indietro come un eco letale, protende il suo palmo ferito verso l’angelo morto vivo come in cerca di una salvezza. L’angelo morto vivo però è destinato a rimanersene in silenzio, muto ora come allora, ma non più disposto ad elargire le premure che sempre aveva usato. Trascinandosi attraverso la pista gelata fuori dal mausoleo del suo passato riesce a portarsi fuori arrancando, e ricostruisce la parete di mattoni sperando di nuovo che lo tenga lontano dalla sua droga.
 
  • Oblio.
 
Pronuncia, sperando di nuovo che l’oblio lo accompagni all’inizio di una nuova vita. Si rialza e il fremito cessa, le vibrazioni evaporano lasciando di nuovo spazio alla fermezza e all’immobilità. La parete si ricostruisce dagli stessi frammenti ghiacciati in cui si era spezzata. Kadas si allontana a passo lento e la parete si ricostruisce. Per la novecento novantanovesima volta.
  
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