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Autore: fredlove    06/04/2014    2 recensioni
Guardo. Sento i rumori.
Ma tutto è vano ormai.
Vedo la terra che viene gettata sopra il legno massiccio della bara, sento il pianto.
Vedo le lacrime.
Ma non provo dispiacere.
Ormai , ciò che è lì dentro non è altro che un corpo inutile.
Io sono morta.
E la colpa è solo loro.
L’odio mi pervade ancora, anche mentre vedo il loro dolore.
La colpa è solo loro.

[...]
Ho gettato su foglio, odio e dolore.
Tutto ciò che ho scritto è finzione, vero... ma è come immagino 'se'.
Ci sono dei momenti in cui si è al limite.
Leggete, recensite, fate come volete.
Genere: Dark, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2






«Come hai potuto lasciarmi sola!»
Me l’aveva urlato, appena aveva appreso la notizia del mio suicidio.
Anche se sapeva benissimo che l’avrei fatto, se mi avessero portato via l’unico motivo che mi legava alla vita stessa.
«Sarai contenta, ora, no? Ti piace vedere le mie lacrime, vero? Beh, eccoti accontentata!»
Continuo a guardare nel varco. Bella come sempre, nonostante stia piangendo.
Ma sapeva che l’avrei fatto, anche se lei stessa si era messa d’impegno a farmi cambiare idea.
Sento il suo rimuginare.
“Se solo fossimo state più vicine! Se solo ti avessi portata via da loro.”
Si sente impotente, davanti alla sofferenza che sente.
Ed è ciò che mi spiace maggiormente. Le volevo… le voglio ancora bene, nonostante tutto.
Lei è stata un appiglio fermo. Anche se alla fine non ho più resistito.
L’ho fatta facile, togliendomi la vita.
Sapevo che con tutto l’odio , il rancore, la sete di vendetta, non avrei avuto pace.
E non cerco la pace.
No.
Sono loro che cercano la pace.
Ma non la troveranno così facilmente.

Continuo a guardare lei. È seduta sul suo letto, con le ginocchia contro il seno.
Sta piangendo, mentre la sua stanza è in un disordine nervoso.
Mi viene da sorridere, mentre curioso nella sua stanza. Il copriletto giallo e nero, ed i libri di Harry Potter sul comodino.
Ma ciò che mi attira è il poster sul muro. Quello di fronte a lei, che vede come apre gli occhi.
Una gigantografia di Neal Caffrey con tanto di cappello e completo.
Quanto abbiamo parlato, scherzato , solo perché era uno dei nostri personaggi preferiti.
Tanto da spendere soldi solo per comprare dei cappelli identici.
Torno a guardare lei.
Vorrei farle sentire l’amore spropositato che provo per lei. Ancora.
Vorrei farle trovare la pace.
Vorrei non vederla più piangere.
Anche solo per rivederla mangiare, o per lo meno toccare cibo.
Ma è del suo odio per loro che mi nutro.
Ed è il suo odio per loro, che mi spinge maggiormente.
Non so se da qui lei può sentirmi.
Ma è tanta la speranza che sia cosi, che senza pensarci le dico «Ti voglio bene.»
Lei alza il viso, incredula, guardandosi poi intorno.
Non può avermi sentito. O sì?
Continuo ad osservarla, mentre si asciuga le lacrime.



È improvviso, quando mi allontano da lei.
Per lei avrò sempre tempo.
Qualcosa mi attira come una calamita.
E quando lo noto, il dolore che provo ancora, aumenta.
L’odio mi pervade.
Lui.
Essere per cui, alla fine avevano deciso che era meglio così per Lei.
È ancora vivo.
Perché lui si, e lei no?
Ed accade.
Allontanata dal piano astrale in cui mi trovo, i miei piedi toccano terra.

Mi osservo, riflessa in una vetrina, ma pare che nessuno mi nota.
Ho gli stessi vestiti di quando ho messo fine alla mia vita.
Completamente neri. Dalla maglia, alle scarpe.
I capelli corti, tirati solo da un lato. Come l’ultima volta che li avevo tagliati.
Ma ciò che mi colpisce sono gli occhi.
Neri. Quando io in vita li avevo castani.
Pupilla, iride, e sclerotica interamente neri.
Lucidi.
Ed incutono terrore, per come sembrano vuoti.
Un sorriso mi spunta improvviso, mentre mi volto e cammino verso lui.
Non sa il dolore che mi ha causato.
Lui la odiava fin dall’inizio.
«Vedimi. »
Lo dico non una, ma molte volte.
«Vedimi»
Tanto è il desiderio, che lui spalanca gli occhi. Mi vede.
Il terrore si mostra sul suo viso, e me ne compiaccio.
«Ti ricordi di me.»
So che è così.
Ma lui non dice niente. Deglutisce soltanto.
«Non ti crederebbe nessuno, se ne parlassi.» lo guardo ancora. «Sai chi si suicida, e ha dei conti in sospeso, non ha pace?»
Sento una scarica nelle vene. Un’improvvisa illuminazione di ciò che posso fare. Mi avvicino, soffio nel suo udito. «E chi resta in vita, ne paga le conseguenze.»
Sorrido, mentre sento il suo terrore. Il cuore che gli batte forsennato.
«Noi, in vita, mai andati d’accordo. Ricordi?»
Ed agisco.
Guidata dall’istinto, immergo la mano nel suo petto.
Fino al suo cuore.
Lo prendo, lo stringo.
Lui deglutisce, inizia a respirar affannato.
Continuo a stringere il cuore tra le dita della mano.
Tanto da fermarlo.
Lui si accascia ai miei piedi, mentre io mi ritengo abbastanza soddisfatta.
Non una goccia di sangue è stata versata.
Qualcuno gli si avvicina. E riconosco sua moglie. Ma lei non mi vede.
«Svegliati.»
Continua a scuoterlo.
«Svegliati.»
Mi chino verso di lei.
«Il tuo caro marito è morto.»
Le riservo lo stesso trattamento che ho usato per lui. Un attimo dopo lei gli è accasciata accanto.
Morta.

Non male per la mia prima giornata di lavoro.

   
 
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