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Autore: Sherlokette    11/04/2014    4 recensioni
Tratto dal testo:
Era il 2002 quando mio nonno finì in manicomio. Avevo 10 anni.
Oggi di anni ne ho 21, e per tutto questo tempo non mi è stato mai permesso di andarlo a trovare. Come se la follia fosse contagiosa.
Solo adesso mi rendo conto che non è pazzo.
Cosa succede quando i miti racchiudono un fondo di verità?
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nascosi accuratamente la scatola di latta in camera mia, nel mio armadio con dentro le lenzuola di stagione, ancora scossa per gli eventi della sera precedente. Quella mattina fui io a preparare la colazione, poiché Loki non si era ancora alzato. Motivai la cosa dando la colpa al tempo, di nuovo brutto, e andai a svegliarlo.

-Hey? Loki? - Lo trovai avvolto nel lenzuolo, come un baco da seta, che mi dava le spalle. Mugugnò qualcosa in risposta, così riprovai, pungolandolo su una spalla con la mano: - Non vieni a... fare colazione? -

-Arrivo. - Non suonò convinto, ma si girò comunque verso di me, e lì mi spaventai: aveva delle profonde occhiaie.

-Non hai dormito, vero? -

-Neanche un po'. -

-E il motivo è ciò che penso io? -

-No, il motivo è questo temporale maledetto. Ma quanto piove qui, si può sapere? -

-Ultimamente piove spesso, penso sia colpa del clima impazzito o qualcosa di simile. Non hai dormito per via dei tuoni? - scherzai.

-Ogni volta che chiudevo gli occhi sentivo un botto spaventoso: come hai fatto a dormire? -

-Sono quel tipo di persona dal sonno pesante. Vuoi restare a casa oggi? -

-Sì, non ho il turno stasera. Mh. Ma tu senti, parlo come un comune essere umano ormai. -

-Non è vero. Stai solo imparando ad esprimerti come noi. -

Si alzò in piedi, e a passo lento andò in cucina, si accomodò su una sedia e io gli misi una brioche calda davanti, in un piatto, e una tazza di caffè. Quando mi resi conto che non stava mangiando, domandai: - Sicuro che sia solo il temporale? -

-Sto bene. Solo... Ti ricordi della lettera? -

-Sì. -

-Ho provato a cercare ancora. E forse ho trovato qualcosa di interessante. -

-Sul serio? -

-Dopo ti faccio vedere. -

Rimase in silenzio, fissando la sua colazione, così provai ad insistere: - Vuoi che ti prepari qualcos'altro? -

-No, va bene così. -

-C'è qualcosa che vuoi dirmi allora? -

Lui sospirò, portando lo sguardo in basso. Ero quasi sicura che fosse tristezza quella nei suoi occhi.

-Ieri sera... Sapevo che avrei dovuto affrontare il mio passato, non appena hai aperto quella cassetta. Ma non ero preparato a... piangere. -

-Se qualcuno reprime le proprie emozioni per tanto tempo, alla fine queste esplodono con maggior potenza al momento di affrontarle. E' normale. Umano, direi. -

-Scherzi, vero? Io non sono neanche del tutto asgardiano! -

-Volevo solo dire... -

-Sì, lo so. - Si passò una mano sul viso, visibilmente stanco.

In quel momento ebbi l'impulso di andare lì e abbracciarlo, per compassione, ma sapevo che non avrebbe gradito.

-E' il pensiero che conta, non preoccuparti. -

-Come? -

-L'abbraccio. - Il suo sogghigno mi fece intendere che aveva di nuovo letto i miei pensieri.

Lo guardai male: - Devi smetterla di fare così, non ti rendi simpatico. -

-Non posso farci niente, hai una mente piena di cosette interessanti! -

-Per esempio? -

Prese un sorso del suo caffè: - Per esempio... So cosa hai fatto la sera che hai perso il lavoro. Non credevo che quello fosse il tuo modo di consolarti. -

Rimasi a bocca aperta: - Quello che faccio col mio computer sono affari miei! -

-Non dico il contrario, ma almeno trova dei passatempi più costruttivi. -

Volevo prenderlo a schiaffi, al diavolo la compassione, ma pensai che in fondo me l'ero cercata, così lasciai perdere. Terminai la mia colazione e andai in salotto: - Ho ancora un po' di tempo prima di andare alla biblioteca, diamo un'occhiata alla lettera, vuoi? -

Loki mi raggiunse, e prese la lettera da sotto il suo cuscino. Mi invitò a sedermi vicino a lui sul divano-letto, e una volta comoda rimasi in attesa, ascoltando la sua spiegazione.

-Ci è voluto un po', ma alla fine ho trovato il modo di scoprire il messaggio su questo foglio. Per renderti la cosa più semplice posso dirti che tu credi di vedere il foglio bianco, ma in realtà è un'illusione. -

-Un'illusione? -

-Già. Una magia asgardiana, di livello medio. La conosco abbastanza da dirti che è piuttosto comune, tuttavia viene utilizzata solo per le missive segrete. -

-E quindi? Qual'è il messaggio? -

Passando la mano destra sul foglio, il dio scoprì alcune righe, scritte con le rune, a caratteri piuttosto grandi.

-Vuoi che lo traduca? - mi domandò.

-Sì, per favore. Non sono ancora così brava da leggerle. -

Questo era ciò che c'era scritto:

“Lasciati guidare dal tuo sapere e arriverai alla verità.”

-Tutto qui? - domandai.

-Sarebbe più complicato nella mia lingua madre. Ma in sostanza sì, è tutto qui. -

-Fammi capire, mi sono preoccupata per una frase poetica? -

-Dobbiamo preoccuparci che si tratta di magia asgardiana, piuttosto. -

Sogghignai: - Se è un messaggio rivolto a me, vuol dire che hai ancora qualche scheletro nell'armadio? -

Loki mi guardò malissimo, come se volesse buttarmi fuori dalla finestra: - Ne ho molti, ma non ti riguardano. Dobbiamo cercare di capire cosa significhi, se è un codice o qualcosa di simile. -

Gli detti una pacca sulla spalla: - Avrai tutto il giorno per lavorarci su, io devo scappare. Teniamoci in contatto in caso di bisogno. - Afferrai il mio ombrello, poggiato vicino all'ingresso, e lo salutai un'ultima volta.

 

 

 

La biblioteca del signor Wednesday era più frequentata di quanto mi aspettassi. Non mi ero neanche accomodata dietro al bancone che dopo dieci minuti cominciarono ad entrare genitori che cercavano un regalo per il compleanno del proprio figlio, oppure bambini che incuriositi dalla vetrina trascinavano i parenti all'interno. Per tutto il giorno fui impegnata nel prendere i prezzi sull'antiquata cassa di metallo accanto a me, sapete, di quelle che sembrano macchine da scrivere e alle quali scatta una campanella ad ogni articolo venduto.

Il mio nuovo capo era molto cortese coi suoi piccoli clienti, e si fermava a parlare con chi era già suo cliente abituale fra gli adulti. Mi fermai ad osservarlo, e mi resi conto che nella sua figura c'era non solo un'aria gentile, ma qualcosa che ispirava importanza, quasi un atteggiamento veramente da saggio.

Il tempo volò, e all'orario di chiusura, precisamente le otto, mi resi conto che Mr Wednesday si era inoltrato sul fondo del locale, a riordinare alcuni volumi. Mi avvicinai, con lui voltato di spalle rispetto alla porta, e annunciai che stavo andando via.

-Aspetta, mia cara! Voglio farti una domanda. -

Si voltò verso di me, e quel che mi disse mi lasciò un po' perplessa: - Ho notato che ti piacciono i bambini: perchè? -

-Beh... Un perchè non ce l'ho. Mi piacciono. Gli unici che non sopporto sono quelli molto viziati e capricciosi, ne ho affrontati parecchi, mi creda! -

-Davvero? -

-Già. Facevo la baby sitter qualche tempo fa. -

-Capisco. Ma la mia domanda reale è: ti andrebbe di venire anche domani? -

-Per il pomeriggio di lettura? - Mi passai una mano fra i capelli: - Non penso ci siano problemi, ma devo consultarmi col mio coinquilino. Le farò sapere. -

-Nessun problema. Sono sicuro che ci sarai. -

Salutai il mio capo e uscii dalla biblioteca.

Pensai che in fondo sarebbe stato divertente: “Potrei leggere delle storie ai pargoli, sarebbe carino!”

Mi accorsi con orrore che i miei non erano gli unici passi sull'asfalto umido. Alle mie spalle, ne risuonavano altri. Non accelerai, perchè seguivano la mia andatura.

Cercai di non farmi prendere dal panico, e continuai, sperando fosse solo un passante, m quando mi resi conto dell'insistenza del mio inseguitore, mi decisi ad affrontarlo: mi voltai di scatto e gli dissi, più minacciosa possibile: - Insomma, che vuoi da me? -

Rimasi bloccata: di nuovo la donna con la felpa grigia, che mi fissava da dietro le lenti degli occhiali da sole con le mani nelle tasche dei pantaloni.

Lì sbottai: - Senti, non so se tu sia una stalker o una specie di matta, ma mi stai davvero dando sui nervi con questa storia, a me e al mio amico, perciò dimmi che vuoi e facciamola finita! -

-Amico? - Sembrava davvero sorpresa.

-Sì, il mio amico. -

Mi guardò, come se stesse metabolizzando la cosa con grande difficoltà.

-Devo andare. - Mi diede le spalle e corse via in un vicolo secondario. Provai ad inseguirla, ma quando svoltai anch'io era di nuovo sparita.

-Oh, ma per l'amor degli dei, che cavolo sta succedendo qui? - dissi, rivolta a me stessa.

 

 

 

Tornata a casa avevo voglia solo di fare un pasto leggero e un lungo sonno. Entrai, trovando la luce accesa in salotto, ma nessun segno di vita.

-Loki? -

Il suo letto era ancora disfatto, con mio grande disappunto; poggiai il cappotto sull'attaccapanni e iniziai a cercarlo, partendo dal bagno.

Fu solo quando notai la porta della mia stanza, socchiusa, che capii dove si fosse nascosto. Raggiunsi la maniglia e aprii lentamente la porta, lasciando che la luce del corridoio si proiettasse all'interno.

-Loki? - tentai di nuovo, sottovoce. La prima cosa che notai erano fogli e fogli sparsi per terra; ne presi uno e vidi che era fittamente ricoperto di appunti scritti in rune, dalla calligrafia a dir poco raffinata ma rovinata da cancellature e tentativi di correzione.

“Ha tentato di decodificare la frase della lettera?” ipotizzai.

Un rumore sommesso mi fece voltare la testa verso il mio letto, anch'esso ricoperto di fogli. Notai una figura rannicchiata, nella semioscurità, e quando mi avvicinai, mi sfuggì un sorriso intenerito: Loki era lì, sopra ad alcuni fogli, che dormiva profondamente su un fianco. Non aveva toccato le coperte, segno che si era solo accomodato per scrivere. In mano aveva ancora la penna.

La sue era un'espressione così tranquilla che non sembrava nemmeno gli appartenesse.

Non potei fare a meno di pensare: “E' così carino quando dorme!”

In punta di piedi, andai a prendere una coperta dal mio armadio, la distesi e gliela misi addosso.

“Non gli dirò del mio incontro con quella donna. Tanto sono sicura che si rifarà viva prima o poi.”

In un moto di tenerezza, carezzai la testa del dio addormentato, stando attenta a non svegliarlo.

“Mi sto affezionando troppo a te. Domani mattina te ne dirò di tutti i colori per aver dormito sul mio letto, ma adesso è meglio se ti lascio stare.”

Mangiai un sandwich, mi preparai e andai a dormire nel divano-letto, considerando che non era così scomodo come sosteneva il mio coinquilino.

  
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