Film > Captain America
Segui la storia  |       
Autore: Alkimia    11/04/2014    5 recensioni
[Post-TheWinterSoldier]
"La voce dell’uomo con lo scudo grida di nuovo quel nome. Dentro a un ricordo che sa di neve e paura, il Soldato sente lo sferragliare di un treno coprire le parole del suo amico, un addio che è la somma di tanti inverni.
Amico, il suo 'migliore amico', è questo che ha detto di essere. Se fosse vero, quello che al Soldato resta da provare è un sentimento che impiega qualche minuto a definire: vergogna.
Ma ciò che gli urla nella testa ora ha la voce della vendetta."

Steve ha promesso che ritroverà Bucky. Fury ha promesso che darà la caccia a ciò che è rimasto dell'Hydra. Entrambe le promesse richiedono l’aiuto dei pochi alleati di cui ci si può ancora fidare.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Second bullet -  RoE
 
IBIZA
 
You must be careful in the forest,
broken glass and rusty nails,
if you're to bring back something for us
I have bullets for sale
 
Sotto il sole pallido, il mare sembra un foglio di carta stagnola. La donna lo guarda dal parapetto di poppa del grande yacht, ne inspira l’odore salmastro, assapora la calma di quella mattina fresca e carica di promesse di pioggia. 
«Niente golf, oggi. Guarda che tempo, accidenti». Il proprietario dello yacht si ferma accanto a lei, appoggia i gomiti sulla ringhiera di acciaio cromato poi stende il braccio e le posa una mano sul fianco in una carezza distratta.
La donna non risponde, non ha voglia di mettersi a parlare e spezzare l’incanto di quella quiete.
L’uomo la guarda per qualche secondo, poi estrae dalla tasca uno smartphone e comincia a picchiettare sul display, in una manciata di pixel scorrono gli ultimi aggiornamenti sui titoli di borsa. Lui ne viene assorbito per un tempo incalcolabile, a lei sta bene così, lei lì è solo di passaggio.
La mattina rotola pigra verso il pomeriggio. La pioggia picchia forte in coperta, l’uomo, la donna e il capitano dello yacht si mettono a giocare a poker per ingannare il tempo, e lei inganno loro perdendo quasi ad ogni mano, fingendo di non saperle leggere dal luccichio dei loro occhi se hanno le carte buone oppure no.
Prima regola: tenere un basso profilo. Che è un po’ come giocare al gioco del silenzio con sé stessi.
La pioggia si trasforma in temporale. L’imbarcazione dondola ritmicamente, ai passeggeri viene mal di testa e passa l’appetito, il pranzo è uno sbocconcellare di tartine e frutta.
L’uomo si incolla di nuovo al cellulare per una mezz’ora buona, dalla minuscola finestra luminosa dello schermo muove cifre da capogiro, controlla le sue aziende con filiali sparse in tutto il mondo.
Pioggia o non pioggia, quella è l’ora del giorno in cui la donna comincia ad avvertire la noia, e lentamente la calma smette di sembrarle appetibile in un’escalation di nervosismo frustrato che cresce fino a sera, quando l’uomo la porta in giro per l’isola, e nel fracasso di turisti e locali e drink, la donna riesce a spegnare i pensieri e l’attesa non le sembra più tanto pesante.
Ma quella è l’ora in cui la conta dei giorni trascorsi dall’ultima volta che ha fatto qualcosa di costruttivo comincia a sembrarle vertiginosamente alta. Ed è lì da meno di una settimana.
Nasconde uno sbuffo impaziente chinando il capo, poi si alza dalla poltrona e si avvicina all’uomo, gli passa una mano attorno al collo, inclina il bacino fino a sfiorargli la spalla con un fianco.
«Non ti sembra che questa pioggia stia rendendo il pomeriggio troppo noioso?». Il tono suadente trabocca di promesse che non hanno bisogno di parole più maliziose o esplicite per essere colte.
L’uomo le circonda la vita con un braccio, la fa inclinare verso di sé e la bacia. È un bacio lungo, soddisfacente, ma che non ha niente dell’azzardo e della pressione della conquista.
Un uomo con una barca e un conto in banca come il suo non ha più niente da conquistare, meno che mai sulla pelle di una donna. 
Arrivano nella camera da letto che i respiri e i gesti sono già più precipitosi, la stoffa dei vestiti sembra già più arrendevole.
La donna sorride tra un bacio e l’altro, tra un bottone e l’altro. Nasconde la noia.
E poi lui si ferma di colpo, strabuzza gli occhi e cade all’indietro. Il tonfo del suo corpo che crolla sul pavimento viene coperto dal rombo di un tuono.
Lei inarca le sopracciglia e nel rapido scintillio di un lampo vede l’ombra accovacciata nella cornice della finestra con una posa da rapace.
La donna pungola con il piede la spalla dell’uomo, vicino a dove la piccola freccia si è conficcata, al centro esatto del muscolo deltoide. «Lo hai ucciso?» chiede calma.
«Avrei dovuto?»
«Come mi hai trovata?».
«Da quando fai domande così stupide, agente Romanoff?»
«Non credo che agente sia più la mia carica».
Le punte degli scarponcini del tiratore gocciolano pioggia sulla parete di radica. Lui muove la mano come se volesse tenderla verso la non-più-agente Romanoff, poi la ritrae. Aveva dimenticato quanto lei fosse inafferrabile, persino per lui. «Vieni con me o cominci a elaborare una scusa per quando il tuo amico si sveglierà?»
«Una telefonata sarebbe stata sufficiente, Clint»
«A proposito di telefonate, Fury è a Londra, lo sapevi?». C’è una nota di rimprovero in quelle parole o si sbaglia? Ma a Natasha Romanoff non è mai capitato di sbagliarsi su Barton.
La donna si umetta le labbra, prende tempo, una manciata di secondi per decidere se ne ha davvero abbastanza di quel nascondiglio o se la noia le sembra ancora un prezzo equo da pagare per stare al sicuro. Come ha detto Steve Rogers, ci vuole tempo per crearsi una copertura decente e una volta Natalia era una persona assai più paziente.
«Sto aspettando» borbotta Clint. Adesso il tono impaziente tradisce una richiesta precisa: vieni con me.
«È una bella tentazione, sai»
«Speravo fosse qualcosa di più. Ti muovi, sì o no?».
Sì.
Un attimo dopo sono in coperta, a farsi bagnare dalla pioggia. Nessuno sente i loro passi concitati sul ponte, nessuno li vede, sono tutti di sotto, al riparo. Saltano sul ponte della barca attraccata vicino allo yacht, raggiungono la passerella del molo tra schizzi di spuma.
Sono già fradici quando si mettono al riparo sotto la tettoia di un capanno della guarda portuale. Il Mediterraneo brontola e scalpita a pochi metri da loro.
Sul pavimento di legno verniciato, i sandali di cuoio rendono i passi della donna scivolosi, Clint le cinge le spalle per aiutarla a stare in piedi, in quella stretta lei sente la traccia di un’intimità e di un senso di appartenenza di una storia messa in un angolo e lasciata in sospeso.
«È stato molto romantico, devo ammetterlo». Natasha sorride divertita e il cipiglio serioso del suo compagno si scioglie.
«Mi dispiace non esserci stato, con il casino di Washington e tutto il resto». Il viso di Barton torna a incupirsi e Natasha si accorge che c’è una parte di lei, sciocca e irrazionale, che non è disposta a perdonargli quell’assenza, la stessa parte sciocca e irrazionale che ora vorrebbe abbracciarlo.
«È stato Fury a dirti di venire a cercarmi?»
«Fury mi ha detto un po’ di cose, niente che riguardasse te, sono io che mi sono preso la libertà di venire ad avvisarti, pensavo che volessi dare una mano piuttosto che restare nascosta a fare la donna oggetto di qualche riccone» 
«Nick ha detto che se ne sarebbe occupato lui. Non ha chiesto il mio aiuto»
«Immagino che abbia sottovalutato la situazione. Stava indagando sulla frangia Europea dell’HYDRA, mi ha mandato un file con tutti gli indizi e i dati raccolti, a quanto pare l’Europa non è piccola come sembra vista dalle pagine di un atlante».
Due ex-agenti e un ex-direttore soli contro il mondo: quando si preoccupava che le sue giornate stessero diventando noiose, Natasha non aveva in mente un così drastico cambio di scenario.
China il capo, quasi mortificata. «Sai cosa è successo quando ho sbloccato i livelli di sicurezza dello SHIELD»
«Che l’HYDRA si è presa un bel calcio nei denti»
«Anche io, in un certo qual modo».
Clint le prende la mano. A lui non è mai importato chi fosse la Vedova Nera, lui ha sempre visto qualcosa di più oltre la spia e l’assassina, all’arma forgiata nel gelo e nel sangue. E, comunque sia, l’agente Barton ha un’assenza da farsi perdonare.
«Non insisterò, posso riportarti su quella barca anche subito»
«Clint, quale dovrebbe essere lo scopo di tutto questo?»
«Quello di sempre: proteggere».
Perché è questo che fanno, quelli come loro, anche quando uccidono. Lo ha detto lei stessa al processo, a quei signori con le loro divise ordinate e con le loro mani che non si sono mai dovuti sporcare.
Clint stringe un po’ più forte le dita alle sue poi le lascia andare la mano. «Te lo chiedo un’ultima volta: sì o no?».
Sì.
 
***
 
NEW YORK
 
Se di solito il suo letto gli sembra una distesa di marmellata, quello che gli ha offerto Stark gli è parso una nuvola di vapore. Ma dare la colpa di quella notte insonne al materasso non gli renderà il cuore più leggero.
Sono le sei del mattino quando Steve decide di arrendersi al mancato appuntamento con la sana dormita in cui sperava.
A piedi nudi per mantenere intatto il silenzio della casa, raggiunge l’atrio e si ferma a guardare la città attraverso la vetrata. Vista da lì gli sembra ancora più estranea, ma il cielo ha l’azzurro terso delle belle giornate e il frastuono del ventunesimo secolo non fa breccia attraverso quelle finestre.
Sul piano del grande mobile bar c’è una pila di fogli con sopra una tazza per bambini con lo scudo di Captain America. Perché per Tony Stark i post-it sono troppo mainstream.
Sopra il vecchio fascicolo del KGB c’è una cartellina nuova con le pagine identiche a quelle originali, ancora calde di stampa, una copia perfetta dei documenti di Kiev ma con i testi in inglese. 
Steve scosta la tazza e appoggia il palmo della mano sulla pila di fogli, come se il battito del suo cuore passasse da quelle pagine.
Il mattino stiracchiato disegna rettangoli di luce sul pavimento e lui non ha più scuse per non sfogliare quel fascicolo.
Sente freddo, un freddo che pizzica i muscoli sotto la pelle e non viene dall’esterno, ma quando mai il Capitano Rogers è stato uomo da sottrarsi al proprio dovere?
Si mette seduto su uno sgabello, prende tra le dita la prima pagina - il documento originale ha l’odore dolciastro della carta vecchia e un sentore di muffa. Il prezzo della libertà è un prezzo molto alto, lo ha detto lui. Vale anche per la libertà del suo amico… «o quello che ne resta»  sussurra una vocina venefica in fondo alla sua testa, parole che gli provocano un brivido. Steve ora guarda le pagine con aria di sfida: quello che cerca in quel fascicolo non è la verità sul Soldato di Inverno, è la strada per ritrovare Bucky Barnes. Ma come per ogni caccia al tesoro, la pista parte da molto lontano ed è piena di zone buie, e forse dentro a quel buio ci sono i mostri.
 
Appunti del medico.
7 maggio 1945
Tentata rianimazione del Soggetto al quale sono stati somministrati farmaci cardiopolmonari, adrenalina direttamente nel cuore ed elettricità. E sebbene stento ancora a crederlo, il Soggetto si è risvegliato.
Il Soggetto non ha memoria della sua vita precedente, possiede solo memorie riflesse delle sue abilità acquisite relative all’addestramento militare e la conoscenza di quattro lingue diverse.

 

Di seguito sono riportate analisi cliniche che Steve non sa leggere, ma ha una vaga idea di cosa possano significare quelle colonne di numeri e diciture: il frutto degli esperimenti fatti su di lui durante la prigionia nella base del Teschio Rosso.
Conserva un ricordo indelebile di quella notte, della prima vera impresa di Captain America. Non c’è alcuna vanità in quelle memorie, anzi mentre i ricordi scorrono così potenti da riportargli alle narici l’odore della ruggine e della pietra flagellata dalla neve, lui pensa a quella notte come al momento in cui ha cessato di essere il ragazzo che era.
C’è sempre un uomo che soccombe, quando nasce un eroe. Su questo è inutile farsi illusioni.
Il documento che segue ha il timbro “Riservato” in inchiostro rosso e sbiadito.
 
Progetto: Soldato di Inverno
Giugno 1945
Il nostro infiltrato nell’MI-6 ci ha consegnato i documenti sugli strumenti e le appendici robotiche. La ricerca condotta dagli studiosi britannici si è rivelata assolutamente innovativa.
Il nostro reparto scientifico ha elaborato il prototipo del braccio meccanico che è stato poi impiantato al Soggetto senza incidenti.
Il Dipartimento X ci ha autorizzati a procedere  con i lavori sul progetto Soldato di Inverno.
Ma a dare la svolta definitiva sono stati i nostri esperimenti di Impiantologia Mentale durante la Deprivazione sensoriale. La perdita di memoria del Soggetto ha facilitato il lavoro con cui siamo stati in grado di riprogrammargli la mente.
Successivamente, il nostro compito si è limitato ad addestralo e a prepararlo per la dimostrazione sul campo.

 
Progetto Soldato di Inverno - 1° test sul campo
Rapporto Missione.
Data: 5 novembre 1954
Luogo: Berlino Ovest
In questo primo test sul campo, il Soldato ha svolto senza alcun intralcio il compito che gli era stato assegnato. La missione non era di natura troppo delicata, prevedeva solo che si infiltrasse in una pattuglia di soldati e manomettesse la jeep su cui viaggiavano.
Il Soldato ha eseguito gli ordini ricevuti senza alcuna reticenza e ha portato a compimento la missione dimostrando qualità militari impeccabili.
Le speranze che sia un agente di successo sono alte.

 
Il freddo che sentiva prima si è trasformato in calore, nel calore di una rabbia nauseata, come il bruciore di un’infezione.
Steve guarda le pagine impilate sul piano del mobile, sono ancora tante. Sarà una lunga discesa nell’inferno, e l’idea che per lui quell’inferno è fatto solo di carta e inchiostro non gli è di alcuna consolazione.
Aspetta qualche minuto e poi decide di non fermarsi più fino a quando non sarà giunto alla fine.
Le pagine che seguono sono una sequela di rapporti di missioni succedutesi negli anni e portate a termine senza alcun intoppo, omicidi a volte camuffati da incidenti, a volte orchestrati in modo che la colpa ricadesse su qualcun altro.
 
Cairo, 11 gennaio 1955. Obiettivo: Squadra di negoziazione dell’ONU…
Berlino Ovest, 14 maggio 1955. Obiettivo: Generale NATO James Keller…
Madripoor, 1 gennaio 1956. Obiettivo: Ambasciatore Britannico Dalton Graines…
Algeria, 1 aprile 1956. Obiettivo: Ministro della Difesa francese Jaques Dupy…
Città del Messico, 17 febbraio 1957. Obiettivo: Colonnello USA Jefferson Hart…
 

Steve lascia cadere i fogli. Vorrebbe fossero i pezzi di qualcosa da distruggere, i frammenti di uno specchio preso a pugni con le sue mani, vorrebbe sentire le schegge di vetro piantate nelle nocche a bruciargli. Non pensava che la rabbia potesse fargli venire un così grande bisogno di dolore fisico.
Al margine del suo campo visivo una mano afferra la tazza.
«Sembra che sia la Disney a produrre questa roba. Da non crederci». La voce di Tony Stark è un ronzio molesto.
Lui ha certamente letto il fascicolo, Steve è pronto a scommetterci lo scudo, e non si sarà fatto sfuggire la pagina riguardante l’omicidio di Howard e Mary Stark, passato agli annali come l’ennesimo tragico incidente che ha portato via uno dei grandi geni del secolo.
Tony prende una bottiglia di liquore dalla mensola alle sue spalle, senza neppure guardare quale; gesti automatici che sanno di una tristezza vecchia, assopita, che ogni tanto torna a galla. Versa una generosa sorsata nella tazza giocattolo e ci lancia dentro un cubetto di ghiaccio. 
«Non ti fa male bere a quest’ora del mattino?»
«No, se Pepper non viene a saperlo. Vuoi?»
Se servisse a qualcosa, Steve potrebbe anche essere tentato di accettare l’offerta, ma quella è una delle tante consolazioni che gli sono negate. 
Tony sorseggia il suo liquore, guardandolo di tanto in tanto da sopra il bordo della tazza; negli occhi ha parole con le quali lo aspetta al varco, ma per il momento il Capitano preferisce affrontare il nemico, piuttosto che discutere con un amico.
 
Progetto Soldato di Inverno - Analisi scientifica
Data: 7 giugno 1957
Dopo vari test, possiamo dichiarare che lo stato mentale del Soldato è instabile. Certamente dev’essere dovuto al fatto che la sua mente cerca di riempire i vuoti. Il Soggetto comincia a mostrare curiosità fino al punto da discutere gli ordini dei suoi superiori e attaccare i propri colleghi.
La teoria è che egli possiede un grande senso di ciò che era.
Suggeriamo di tenerlo in stasi tra una missione e l’altra, fino a quando non sarà trovata una soluzione efficace per correggere gli episodi di instabilità in modo che torni a essere d’aiuto al Dipartimento X.

 
Gli occhi di Steve si spalancano. La rabbia gli monta nelle vene ma appena allenta il su morso bruciante, lui scorge la scintilla di speranza per la quale aveva pregato.
Il documento successivo è ancora più incoraggiante.
 
Progetto Soldato di Inverno - Rapporto incidente.
Data: 17 marzo 1973
Dopo anni di eccellente servizio ci duole riferire che la recente missione negli Stati Uniti è andata incontro a un imprevisto che ha creato numerose difficoltà al nostro reparto.
Il bersaglio, il Senatore Harry Baxtor, è stato eliminato e la sua morte è stata resa come accidentale. Ma successivamente al termine dell’operazione il Soldato non si è presentato al luogo di recupero previsto. 
Seguendo il protocollo, i nostri agenti in territorio americano hanno iniziato una ricerca su larga scala, mettendo a rischio le loro identità di copertura.
Con grande sforzo siamo riusciti a ricostruire alcuni dei movimenti del Soldato, dopo la sua sparizione. Indossando abiti civili si è recato alla stazione di Dallas dove è salito sul treno per Chicago. Giunto a destinazione ha viaggiato su un autobus diretto a New York. Lì i suoi movimenti restano ignoti, per due settimane è rimasto al riparo da occhi indiscreti ed è sfuggito alle ricerche dei nostri agenti. È stato successivamente recuperato in un dormitorio del Lower East Side.
Anche dopo condizionamento mentale il Soldato non è stato in grado di riferire risposte sulla sua condotta o ricordi del suo periodo da clandestino.

 

«Ha sempre voluto tornare a casa…». Steve si accorge di averlo detto ad alta voce solo quando incontra lo sguardo di Tony e i suoi occhi arrossati dall’insonnia e dall’alcol. Vorrebbe tanto sapere cosa gli passa per la testa, e in genere il signor Stark non è il tipo d’uomo che si fa pregare per dar voce ai propri pensieri, ma stavolta stringe le labbra e gonfia le guance a trattener parole. È una dimostrazione d’affetto insperata, e tra sé e sé il Capitano sorride, anche se il sorriso non gli arriva alle labbra.
«Mi dispiace di averti coinvolto in questa cosa»
«Oh, non vedo proprio come avresti potuto fare altrimenti. Illuminami: quali sono le prossime mosse in programma?».
Steve non ne ha la più pallida idea. Lo realizza con una chiarezza allarmante.
«Se quando è scappato dall’HYDRA la prima volta è tornato a casa, potrebbe averlo fatto. Forse non è lontano». Più che un’ipotesi è una speranza.
«Quella prima volta non era del tutto cosciente»
«Non lo è mai stato, in tutti quegli anni». Steve spera che la precisazione sia chiara e che si estenda fin dove lui vuole farla arrivare. Non lo è mai stato, nemmeno quando ha ucciso Howard e Mary Stark.
Tony sbuffa. «Mi domando, Capitano: se il sergente Barnes che conoscevi prima della guerra si rendesse conto di tutto quello che ha fatto, cosa vorrebbe tu facessi? Tu, o chi per te».
Stark sta ancora trattenendo più parole di quante ne pronuncia, ed è inquietante. Quando una persona come lui non dà voce a tutto quello che ha nella testa, restano sottintesi carichi come bombe ad orologeria.
«Non è il tipo di domande che mi pongo di solito. Le domande che mi pongo io riguardano più che altro ciò che è giusto»
«E io devo farmelo bastare?»
«L’uomo che si è gettato in una varco spaziale con un missile nucleare sulle spalle se lo farebbe bastare»
«Cristo santo, sapevo che l’avresti tirato in ballo da qui all’eternità!».
C’è una nota di ironia ad ammorbidire la voce e lo sguardo del figlio di Howard.
Sì, Iron Man può farselo bastare.
 
«Sei forte con larmatura, tolta quella che cosa sei?»
Un uomo, solo un uomo.
 
Quello che Tony Stark può fare, invece, è concedergli la possibilità di rimandare quel discorso a data da destinarsi e per adesso - solo per adesso - va bene così. Steve fa un respiro più rilassato.
«Comunque» prosegue Stark. «Se avessi bisogno dell’uomo che si è gettato in un varco spaziale con un missile nucleare sulle spalle…»
«Non provarci nemmeno»
«Pepper starà via ancora per una decina di giorni e…»
«Stark, piantala»
«Sicuro? È la mia ultima offerta».
Steve sorride adesso, un po’ sente di doverglielo. Gli deve molto, in realtà, e da qualche parte deve pur cominciare. «Io sto cercando il mio amico Bucky, ma non so cosa troverò. Già mi sento responsabile per Sam»
«Andiamo, Capitano, sei un soldato, lo sai bene che le guerre non le vincono i singoli ma gli eserciti interi».
E questa da dove gli è uscita? Da quando Tony Stark crede nel valore del lavoro di squadra? Forse la battaglia di New York è stata un trauma più grande di quanto tutti siano disposti a credere, e anche dopo non è che lui se la sia passata proprio bene.
«Ma questa non è una guerra. La definirei più un’operazione di salvataggio, e nella mia prima operazione di salvataggio ci sono andato da solo»
«Sì, mio padre me l’ha raccontato solo due o trecento volte. Comunque sia, tieni».
Tony estrae dalla tasca un foglietto spiegazzato e glielo sventola sotto il naso prima di posarlo sul bancone. Steve lo apre, sopra è segnato un indirizzo di Philadelphia.
«Eh!». Il padrone di casa lo guarda con un sorriso da pagliaccio, come se si aspettasse che lui avesse una qualche illuminazione e capisse al volo cosa significa quall’indirizzo.
«Almeno mimalo. Quante parole?»
«È faticoso parlare con te. Già tollero a stento una conversazione con uno che crede che Star Wars sia il sequel di Star Trek»
«Perché dovrei andare a Philadelphia?» 
«Perché facendo un controllo incrociato dei dati degli ultimi mesi presi dai documenti SHIELD e dai dati contenuti in questo fascicolo ho scoperto che c’è un laboratorio a Philadelphia dove il nostro Jon Snow ha passato un bel po’ di tempo prima di essere portato a Washington per fare fuori Fury…»
Chi o che cos’è Jon Snow?
«… controllando gli edifici vuoti o presunti tali nella città, ne ho trovato uno particolarmente sospetto. Ritengo che sia un laboratorio segreto dell’HYDRA. Io non sono uno psicologo, Rogers, ma se fossi nel tuo amico, non avrei voglia di tornare a casa anche perché sarei lucido quel tanto che basta a capire che una casa non ce l’ho più. Se fossi in lui, avrei voglia di fare il culo a quelli che mi hanno trasformato nella versione cattiva di Robocop, e comincerei dal posto più a portata di mano. Se può servire ad avvalorare la mia tesi, sappi che Banner è d’accordo con me»
«Sono colpito»
«Non ringraziarmi».
Steve scuote la testa, poi spalanca gli occhi e si sporge a guardare meglio il suo interlocutore,
«Ma almeno, hai dormito stanotte?» gli domanda.
«Mi hai chiesto tu di aggiustare le ali del tuo amico, hai detto che avevi fretta. A proposito, deve proprio riprendersele, non è che posso tenerle?».

 
 
 
 
 
Note:
- RoE sta per Rules of Engagment, nella terminologia militare è la sigla con cui si definiscono le modalità di entrata in campo delle varie forze a disposizione nella pianificazione di una strategia militare.
- La citazione in apertura del primo paragrafo viene sempre da Just the right bullets di Tom Wais.
- Il contenuto dei documenti e la lista delle missioni del Soldato di Inverno che Steve legge nel fascicolo sono prese dai volumi di Captain America del 2005 di cui ho parlato nelle note di apertura. L’unico che il fumetto non menzionava era l’omicidio dei genitori di Tony, che invece viene menzionato nel film. Nel frattempo mi sono procurata anche i fumetti della serie dedicata al Soldato di Inverno e alla Vedova Nera e sono pieni di cose belle e spunti *_*
- «…Già tollero a stento una conversazione con uno che crede che Star Wars sia il sequel di Star Trek» viene da questa vignetta. LOL!
 
Per curiosità sulla fanfiction e domande su la vita l’universo e tutto quanto: ASK

Pubblicherò un capitolo a settimana, ogni venerdì, quindi, per chi vorrà, ci leggiamo tra sette giorni esatti. Intanto grazie a tutti voi che avete letto, commentato, preferiteggiato e iniziato a seguire, siete incredibilmente tanti anche se la sezione è ancora piccina rispetto a quella degli altri Avengers, e vorrei abbracciarvi uno ad uno *w*
Alla prossima.

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: Alkimia