But why
do I feel so old?
‘Cause I
know I’m still so young
Lascio
la casa di Vinny prima del solito, scendo le scale a grandi passi e quando sono
in strada devo ancora finire di sistemare la mia giacca. Mi sembra ci sia meno
freddo del solito, sembra quasi che le giornate siano più lunghe e meno grigie
della norma, ma sono certo che appaiono così solo a me. Mentre cammino sono
l’unico ad alzare gli occhi al cielo, quel tanto che basta per cercare un
piccolo quadrato di mondo libero dai grattacieli, un piccolo pezzetto di
qualcosa in cui, forse, potrei imbattermi in altre creature. Come sempre il
silenzio regna ovunque; è il silenzio della gente, quasi nessuno parla e, se lo
fa, è solo a voce bassa. Le automobili riempiono i vuoti con i loro rombi meccanici,
rendendo il tutto quasi un insieme robotico. Stranamente, però, questa volta
non mi infastidisce. Dentro di me c’è una musica leggera e armoniosa, una
canzone che continua ad accompagnarmi da quando ho lasciato il ritrovo.
Sono
note di infinita dolcezza uscite dalla chitarra di Gabriel dopo un altro
pomeriggio passato a parlare insieme.
Fra
una cosa e l’altra mi ha ricordato il valore dell’amicizia in questa città, in
mezzo a questo nulla, mi ha ricordato di quanto sia importante aiutarsi l’un
l’latro sempre, per questo l’ho ringraziato e sono uscito di fretta: voglio
andare da Mark. È da quando sono andato al Banco
dei Sogni credendo di cambiare le cose che non ho più avuto a che fare con
lui, anzi, è da prima ancora. Lui è sempre stato talmente vitale che il suo
allontanamento da me non può che essere dovuto al mio gesto e a tutta la
perdita di identità che lo ha preceduto. Voglio andare a fargli vedere che
posso riuscire a superare anche questo momento.
Eppure
nei luoghi che è solito frequentare non c’è, le persone a cui ho chiesto
informazioni mi hanno dirottato alla sua casa, il che è strano, perché lui a
casa non dovrebbe esserci fino a sera.
Arrivo
al suo palazzo, trovo l’ingesso principale aperto, così decido di raggiungere
la sua porta di casa e suonare lì il campanello. È proprio quello che faccio, ma
subito non ottengo risposta.
Trovo
tutto davvero strano e ci riprovo, avvicino il viso all’ingresso e dico:
«Mark,
sono Steve.» rimanendo in ascolto.
Sento
un leggero rumore provenire dall’altra parte, ho la conferma che lui è in casa
e aspetto.
La
porta si apre dopo interi minuti di attesa, Mark si fa da parte senza neanche
darmi in tempo di guardarlo.
«Ciao.»
lo saluto, varcando la soglia.
Non
risponde, o se lo fa non lo sento. Chiude la porta alle sue spalle e io inizio
a parlare senza tanti preamboli. Lui è l’unico con cui posso farlo,
raccontargli la piega presa dalla mia vita in quest’ultimo periodo,
raccontargli che, finalmente, ho dato un valore diverso al mio tempo. Io e Mark
ci conosciamo da anni interi, siamo cresciuti insieme e siamo come fratelli, il
fratello che nessuno dei due ha mai avuto.
So
che mi sta ascoltando, ne sono certo, ma continua a non rispondere, sembra non
provare il più minimo interesse per la sensazione frizzante che provo e che
credo sia felicità. Mi volto e lo guardo, è ancora immobile accanto alla porta
chiusa, le braccia mollemente abbandonate, il viso inespressivo. Una strana
sensazione mi attanaglia le viscere, un orrendo sospetto che vorrei non dover
approfondire. Lui è sempre stato più alto di me di almeno dieci centimetri,
devo avvicinarmici per vederlo bene negli occhi. Tuttavia, scoprire di avere
ragione è la cosa peggiore che possa succedermi. Non c’è luce, le sfumature
ambra sempre presenti nei suoi occhi sono scomparse, le sue iridi sono
diventate talmente scure da sembrare nere e pare quasi che stiano sprofondando
nel nulla. Mi sfila accanto e va a sedersi su una sedia del piccolo soggiorno,
seguo i suoi movimenti e mi soffermo ad osservarlo, cosa che lui non fa.
«Mark.»
lo chiamo.
La
voce mi esce bassa e incerta, la nota di gioia di poco fa è scomparsa.
«Che
cosa hai fatto?» sussurro.
Mi
avvicino a lui che si ostina a non guardarmi.
«Dimmi
che non è vero.» riprendo. «Lo hai fatto? Hai venduto il tuo sogno?»
Scuote
debolmente la testa, dall’alto verso il basso, fissando il nulla.
No.
No, ti prego, tutti ma non lui, non il mio migliore amico!
Scatto
verso Mark e lo afferro per le spalle, costringendolo a guardarmi:
«Perché?»
gli chiedo.
Non
risponde, sembra chiudersi in se stesso sempre più, non tiene i suoi occhi sui
miei per più di pochi secondi. Non
riesco a capacitarmi di quello che gli sta succedendo, non riesco a capire
perché lo abbia fatto. Ha venduto il suo sogno, il suo, che era persino più bello del mio, quel sogno che ruotava
attorno alla donna che ama e al suo futuro con lei.
Non
resisto, non posso vederlo così:
«Mark,
guardami, sono io, Steve! Dimmi perché lo hai fatto, dimmi perché, ti prego.»
Il
suo sguardo si posa spento sul mio e io quasi non riesco a trovarlo.
«L’ho
fatto per Ellen.» mormora, la voce impastata.
«Come?»
La
sua risposta è preceduta da un lungo silenzio, un’autentica tortura per me.
«Era
malata. Aveva bisogno di essere operata e costava troppo. Ho dovuto farlo… per
lei.»
Nuovamente
abbassa lo sguardo.
Lo
ha fatto per lei. Ha venduto il suo sogno per aiutare la sua fidanzata, un
gesto folle che prova quanto lui ci tenga.
Ma
allora perché si sta comportando così? Perché si è allontanato tanto da me e da
tutti?
Capisco
che il suo distacco non era dovuto al mio stato d’animo, ma al suo. Mi tornano
in mente le parole di Jocelyn sul rimorso e l’ossessione che portano ad un
passo dalla pazzia, ma Mark, in fin dei conti, ha fatto tutto per una giusta
causa, può far nascere un nuovo sogno insieme ad Ellen, magari proprio lo
stesso che ha venduto.
«Dici
davvero?» gli chiedo.
«Sì…»
È
sempre perso e assente e continuo a non capirne il motivo:
«Ma,
se lo hai fatto per lei… voglio dire, Mark, cosa c’è che non va?»
Niente.
«Ora
che lei sta bene potrai avere un altro sogno, solo non devi lasciarti andare
così.»
Il
suo silenzio prolungato mi fa rabbrividire:
«Ehi,
amico mio, dimmi cosa ti sta succedendo, per favore…»
«Se
n’è andata.»
Gli
esce in un sussurro, un filo di voce basso, appena percepibile, ma carico di
tristezza e orrore: è disperazione.
«Come?»
gli chiedo, le mie dita si stringono ancora di più intorno alle sue spalle,
sotto i miei indici percepisco le sue ossa. Alza lo sguardo, quei suoi occhi
spenti, così estranei:
«Se
n’è andata, Steve. Mi ha lasciato.»
Mollo
la presa, come se mi fossi scottato, apro la bocca per parlare ma non esce
alcun suono.
«Come
sarebbe?» riesco a pronunciare infine.
Mark
abbassa gli occhi e annuisce con la testa, mi aspetto di vedere comparire delle
lacrime, di vedere il suo corpo scosso dai singhiozzi, ma niente. È totalmente
assente, perso nel vuoto, smarrito.
«Mark…
Mark, guardami!» lo incito.
Torna
a guardarmi e io quasi non riconosco il volto della persona che ho davanti.
Perché,
perché sta succedendo?
«Non
puoi continuare così.»
Riprendo
a scuoterlo debolmente per le spalle, nella speranza che il suo corpo si decida
a reagire, seguito dalla sua mente.
«Devi
uscire di qui. Devi fare qualcosa, qualunque cosa, ma non puoi continuare così.
Cosa ti sta succedendo, si può sapere?»
Quasi
urlo davanti a lui, ma il dolore che provo a vederlo lì, immobile a fissare il
nulla, lui che da quando lo conosco è sempre stato energico e attivo nonostante
tutto, mi distrugge dentro.
«Se
n’è andata.» Ripete: «Non mi è rimasto più niente.» i suoi occhi appannati si
spengono sempre più.
Gli
serve aiuto.
«Ti
serve aiuto.»
Ma
lui non accenna a muoversi, continua a tenere lo sguardo basso e il suo corpo
pare afflosciarsi sotto il suo peso. Non avrei mai pensato di trovarmi in una
situazione come questa, neanche lontanamente, neanche nelle mie fantasie più
negative. È come se i ruoli si fossero invertiti, ora sono io che devo fare qualcosa
per impedire al mio amico di scomparire, anche se non ho la più pallida idea
del dolore che sta provando. Da solo non potrei mai farcela, temo di non essere
abbastanza forte da aiutare qualcuno, solo Vinny e tutti gli altri possono fare
qualcosa, ma devo convincere Mark a seguirmi.
«Devi
venire con me.» gli dico.
Non
mi dà alcun segno, non si muove, non mi guarda.
«Mark,
andiamo, non puoi restare qui, te l’ho già detto.»
Scuote
debolmente la testa, ripetutamente, le sue labbra si muovono appena in un
sussurro di cui percepisco a stento la parola niente; dentro di me il dolore continua a crescere.
«Ora
smettila, non ci riesco a vederti così, non ce la faccio! Non è vero che non ti
è rimasto niente, ci sono ancora io, io!
Sono il tuo migliore amico e finché sarà così non permetterò che ti succeda
nulla.»
Solleva
i suoi occhi su di me, rimane in silenzio a guardarmi, il viso che si distende
in un’espressione di incredula consapevolezza.
«Devi
venire con me.» concludo, ripetendo la stessa frase di prima, senza sapere che
altro aggiungere, sapendo che non avrei altro modo per indurlo a seguirmi.
Mark
continua ad osservarmi, il respiro debole sembra sul punto di fermarsi da un
momento all’altro. Infine si alza, costringendomi ad allontanarmi per
lasciargli lo spazio di manovra, si sposta nell’altra stanza lasciandomi solo.
È
quando mi convinco che non sarebbe mai venuto con me che lui ricompare nel
soggiorno, si infila il cappotto aggrappandosi letteralmente alla stoffa
dell’indumento, poi si ferma aspettando un mio gesto. Un’ombra di sorriso
aleggia sul mio volto, sapendo che forse riuscirò ad aiutarlo, ma scompare
immediatamente non appena incontro i suoi occhi, quei baratri di disperazione.
Ci
avviamo verso casa di Vinny, cammino rapidamente per la fretta, per l’ansia,
l’agitazione, per tutto; voglio raggiungere il ritrovo di Vincent il più in
fretta possibile, voglio poter sapere se posso aiutare il mio amico in qualche
modo, sapere se un giorno tornerà il Mark di sempre.
Lui
mi sta dietro di almeno tre, quattro passi; a tratti mi volto appena per vedere
se continua a seguirmi, cammina silenzioso guardando distrattamente in terra,
una fitta al cuore mi dice che lui è diventato come tutti gli altri, un’anima
nera che cammina smarrita in questa città, una figura a cui è rimasto davvero
poco. Mark ha compiuto lo stesso, coraggioso, gesto di Gabriel, ma a lui le cose sono andate per il verso sbagliato,
sono andate nel peggiore dei modi.
E
io che credevo di essere solo, di non avere uno scopo in questa città; solo ora
mi rendo conto dei miei sbagli.
«Siamo
arrivati.» dico fermandomi davanti al civico sette.
La
luce è lentamente calata nel frattempo, mi fa capire che la notte si sta avvicinando,
l’aria comincia a diventare sempre più fredda, qualche luce comincia ad
accendersi.
Il
mio amico non dice una parola e mi segue lungo le scale, davanti alla porta
dell’appartamento di Vinny busso, restando in attesa.
Sulla
soglia compare Jocelyn e mi sorride:
«Steve,
sei tornato. Hai dimenticato qualcosa?»
Contemporaneamente
apre la porta, notando Mark. Lei sofferma i suoi occhi su di me, sulla mia
espressione che non può che essere il ritratto dell’orrore.
Non
serve dire niente perché capisca:
«Venite.»
dice soltanto, lasciandoci entrare.
Nella
casa il numero delle persone è decisamente calato rispetto a prima, il silenzio
è aumentato ma la leggera musica di Gabriel continua a provenire dallo stesso
punto sotto alle finestre.
Eppure
si interrompe appena il giovane vede me e la ragazza, seguiti da un Mark che
non è altro che l’ombra di se stesso, andare a grandi passi verso la stanza di
Vincent. Mi dispiace assalire quest’ultimo con dei problemi già al suo ritorno
in città, dopo l’assenza di due giorni da Jason, ma non so a chi altro potermi
rivolgere.
Jocelyn
mi accarezza leggermente il braccio, lanciandomi un sorriso incoraggiante, a
cui cerco di rispondere senza risultati, prima di allontanarsi. Busso e aspetto
una risposta, che arriva immediata:
«Avanti.»
è la voce di Vincent.
Apro
la porta e appena l’uomo mi vede si alza per salutarmi:
«Ciao.
A cosa devo la tua seconda visita in breve tempo?» sorride radioso, come
sempre.
Tuttavia
lo vedo diventare serio nel momento esatto in cui nota Mark, che per via della
sua statura è ben visibile alle mie spalle.
«Ho
bisogno del tuo aiuto.» dico, sentendo la mia voce rompersi leggermente.
Vinny
acconsente con un cenno del capo e ci fa segno di entrare.