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Autore: Laylath    13/04/2014    4 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 52. Un ritorno.

 

Il mese di giugno giungeva ormai a termine, caldo e piacevole, senza l’eccessiva afa che si sarebbe presentata in seguito. La vita nella campagna procedeva tranquilla come sempre con i ragazzi che sciamavano nei prati godendosi la loro meritata libertà dopo la scuola.
Gli eventi turbolenti che avevano scosso il paese a fine aprile ed inizio maggio sembravano essere stati, almeno in parte, assimilati dalla popolazione. Almeno questa era l’idea che Heymans si era fatto, ma la sua mente acuta riusciva a cogliere particolari dettagli che avevano favorito quella situazione tutto sommato tranquilla.
Questa riflessione iniziò una sera quando era sdraiato nel suo letto dopo un pomeriggio intero passato con Jean e Roy a fare prove di destrezza su un campo abbandonato. Era tornato a casa così esausto che, dopo aver bevuto tre bicchieri d’acqua fresca, aveva avuto solo la forza di salire in camera, cambiarsi i vestiti sudati e cadere pesantemente sul materasso. Distrattamente aveva girato la testa e il suo sguardo era caduto sul calendario che aveva appeso nell’anta dell’armadio.
29 giugno.
Il ritorno di Kain si avvicinava con grande rapidità e nell’arco di una settimana finalmente il suo periodo di riabilitazione ad East City sarebbe terminato. Il resoconto che aveva fatto Riza quando era tornata dalla sua visita era stato molto positivo e anche le successive telefonate di Andrew avevano confermato quanto tutti speravano: nell’arco di un paio di mesi quel brutto incidente sarebbe stato solo un pessimo ricordo e sarebbe rimasta solo una cicatrice nella coscia destra di Kain come testimonianza.
Succedeva più o meno due mesi fa… ed è quasi un mese e mezza che lui è andato via.
Lui… nemmeno riusciva a chiamarlo più padre.
Ecco l’altro grande evento che il paese aveva dovuto assimilare: adesso aveva una donna separata con due figli, un episodio di violenza domestica uscito prepotentemente allo scoperto e con conseguenze che nessuno avrebbe mai immaginato. Ma se il primo impatto era stato difficile, adesso per la famiglia Breda le cose erano molto più facili… e che importava se parte della popolazione aveva difficoltà ad accettare quella novità? Sua madre per fortuna aveva delle persone su cui poter contare, che la proteggevano e le volevano un gran bene: il tanto temuto ostracismo era da dimenticare grazie ad un gruppo di famiglie che aveva fatto cerchio attorno a lei. E quando tra queste persone ci sono gli eroi della piena e Angela Havoc, molte malelingue preferiscono tacere. Laura stava rifiorendo, su questo non c’erano dubbi: Heymans avevano notato che, con molta riservatezza, aveva ripreso anche a lavorare come sarta. Piccole ordinazioni, fatte con discrezione, ma anche questo era un segno di accettazione e di ritorno alla normalità.
E poi c’era Henry.
La balbuzie era completamente sparita da circa una settimana, così come il nervosismo. Ormai non prendeva più nessun farmaco e dormiva tranquillo in camera sua la maggior parte delle notti: aveva ripreso ad uscire con i suoi due amici delle scuole medie e questo aveva confortato non poco Heymans. Se non ci fossero stati loro suo fratello si sarebbe trovato completamente isolato: in una simile eventualità, il ragazzo aveva anche ipotizzato di inserirlo discretamente all’interno del suo gruppo, ma era una mossa molto rischiosa considerata la presenza di Roy ed il ritorno di Kain. Non che alla fine non si sarebbe trovato un nuovo equilibrio, ma sarebbe stata una cosa particolarmente forzata.
Meno male, davvero, non mi andava proprio di lasciarlo da solo.
Perché l’uscita di scena di Gregor aveva dimostrato quello che Heymans aveva sospettato da tempo: Henry era stata la persona maggiormente condizionata da quell’uomo. Il suo atteggiamento strafottente era quasi del tutto sparito ora che non aveva l’esigenza di mostrarsi come duro ad un padre che chiedeva simili dimostrazioni di forza. Certo, era un ragazzino con l’argento vivo addosso, ma adesso tendeva a somigliare a Jean nelle sue dimostrazioni di esuberanza. Probabilmente anche l’essere stato liquidato dalla sua banda aveva avuto un effetto positivo: senza dimostrazioni di coraggio o di prepotenza da fare per compiacere i capi, Henry non era più obbligato a simili prove.
“Heymans – disse proprio l’interessato, entrando in camera sua – mamma dice che tra un quarto d’ora si mangia, va bene?”
“Va bene.”
Il ragazzino annuì e poi vide che Carota era tranquillamente sdraiato sul davanzale della finestra a godersi la lieve brezza della sera. Con un sorriso si accostò a lui e iniziò ad accarezzargli la testa rossa, provocando fusa di soddisfazione.
“Ieri sera era in grembo alla mamma – disse con un sogghigno – ormai è proprio parte della famiglia.”
“Ma dai! – si sorprese Heymans, mettendosi a sedere – Credevo che mamma non avrebbe mai accettato simile confidenza…adesso capisco perché quando abbiamo mangiato il pesce ha fatto attenzione a non buttare subito gli avanzi: li ha dati al gatto. Sai conquistare tutti, furfante.”
“Heymans…”
“Sì?”
“Tu sai dov’è andato papà?”
A quelle parole il rosso si irrigidì, ma tutto sommato si era aspettato che prima o poi suo fratello tirasse fuori una domanda simile: lui e Laura gli avevano semplicemente detto che Gregor era andato via e non sarebbe più tornato. L’avevano fatto in modo gentile, rassicurandolo che non ci sarebbero state più violenze a casa, ma era comunque dire che un pezzo della loro famiglia non c’era più.
“No, non lo so – ammise schiettamente – so solo che in paese non può più tornare.”
“Capisco – gli occhi grigi di Henry si fecero remoti, ma la mano continuò ad accarezzare la testa del gatto – insomma è stato liquidato anche lui, un po’ come me.”
“Ne senti la mancanza?” Heymans scoprì di essere leggermente ansioso.
“Non lo so… senza di lui tu e mamma siete completamente diversi e mi va bene. Però non nego che è strano pensare che non lo rivedrò mai più.”
“Anche tu sei diverso senza di lui, non te ne rendi conto?”
“Dici?”
“Sì, sei molto più sereno – il rosso si alzò dal letto – e riusciamo a parlarci senza problemi.”
“Papà non voleva che stessi con te, diceva che non eri una buona compagnia… ed eri così serio e responsabile a casa che non potevo che dargli ragione.”
Heymans annuì, consapevole di aver in parte sbagliato con quell’atteggiamento così duro e privo di compromessi: aveva creduto di contrapporsi alla cattiva influenza che Gregor aveva su Henry, ma in realtà aveva contribuito ad allontanare il fratello da lui.
“La dovevo gestire diversamente, lo ammetto.”
“Mi faceva rabbia – spiegò Henry – perché fuori casa eri completamente diverso… e lo eri con Jean Havoc e poi con gli altri tuoi amici. Era come se mi avessi escluso, come se io fossi parte di una realtà che non ti piaceva.”
“E dunque era più facile sentire papà, vero? Scusami, Hen, davvero.”
“Fa niente – scrollò le spalle lui – hai protetto la mamma e questo è l’importante. Adesso lei è felice ed è questo che conta.”
“Henry…”
“Lei ci vuole bene e non ci lascerà mai, vero?”
“Ma certo! Che domande ti vengono in mente?”
“Beh, dopo che tuo padre fa tutto quello che… – serrò gli occhi e scosse il capo come a cacciare via un brutto ricordo – qualche dubbio ti viene, no?”
“Ma non sulla mamma – Heymans allungò una mano e gli arruffò i capelli rossicci – e nemmeno su di me, va bene?”
“Va bene.”
“Heymans, Henry! – la voce di Laura li chiamò dalla cucina – La cena è pronta: andate a lavarvi le mani.”
“Va bene, mamma! – rispose Heymans. Poi si rivolse ad Henry – Hai da fare stasera?”
“No, direi di no.”
“Prepara le tue biglie: creiamo un percorso ad ostacoli tra camera mia e camera tua.”
“Grandioso! Spero solo che mamma non decida di irrompere nel corridoio proprio quando passiamo di lì.”
“No, la facciamo stare in salotto con il gatto, vero Carota? – sogghignò Heymans – Avanti, scendi pure tu: scommetto che c’è da mangiare anche per te.”
 
Il giorno successivo era un lunedì e Roy attendeva con ansia che arrivassero le tre del pomeriggio.
Quasi non mangiò a pranzo e per una volta tanto preferì non avere a che fare con Vato e gli altri: rimase chiuso in casa fino a quando, alle due e mezza, si mise in marcia verso la stazione ferroviaria, sperando che il treno quel particolare giorno fosse puntualissimo, se non addirittura in anticipo.
Non era da lui essere così emozionato ed effettivamente, mentre stava seduto nella panchina ad attendere, la sua espressione non faceva trapelare nulla. Tuttavia dopo che per anni non vedi il tuo miglior amico ed il suo arrivo è stato rimandato per mesi, anche quei venti minuti di attesa diventavano esasperanti.
Dalla tasca recuperò la lettera che gli era arrivata la settimana scorsa con cui Maes si scusava della sua sparizione negli ultimi mesi e annunciava il suo arrivo per lunedì 30 giugno: sarebbe stato in paese solo per tre giorni, il tempo che i suoi genitori intendevano dedicare ad alcune questioni di famiglia, ma era meglio di niente. Leggendo quelle righe gli occhi scuri di Roy si strinsero leggermente: aveva sperato in almeno una settimana di tempo da passare assieme, ma si sarebbero dovuti accontentare.
Ogni pensiero venne interrotto dal fischio in lontananza della locomotiva.
Roy si alzò in piedi ed un lieve sorriso gli increspò le labbra mentre vedeva il treno avvicinarsi sempre di più alla stazione.
“Chi deve arrivare, ragazzo?” chiese il capostazione, uscendo dal piccolo edificio.
“Vecchie conoscenze, signore – rispose Roy – a volte in paese ci sono graditi ritorni.”
Non aggiunse altro perché dal vagone erano appena usciti i genitori di Maes che subito vennero accolti con estrema sorpresa dal funzionario delle ferrovie. Ma Roy li degnò appena di un gesto di saluto.
“Roy Mustang!” una voce divertita e sicura, più profonda rispetto a come se la ricordava, attirò la sua attenzione verso il vagone. Indossava pantaloni neri e camicia a maniche corte della divisa scolastica di una prestigiosa scuola di Central City, aveva cambiato occhiali ed il ciuffo che gli cadeva sulla fronte era leggermente più lungo.
Ma quegli occhi verdi e scaltri non erano cambiati di una virgola da quando loro due erano una coppia perfetta, qualcosa che nemmeno Jean ed Heymans avrebbero potuto eguagliare. Le vere personalità di tutta la scuola, gli indipendenti per eccellenza.
“Maes Hughes!” salutò Roy, con il medesimo tono mentre si avvicinavano l’uno all’altro, incontrandosi a metà banchina. Lui posò la sua valigia a terra e squadrò l’amico.
Prima erano alti uguali, ma adesso Maes era più alto di circa due centimetri; il suo fisico era snello e asciutto, ma si riconosceva la forza nelle braccia leggermente abbronzate. Anche se aveva sempre fatto affidamento sulla velocità, Maes si sapeva difendere bene nella lotta fisica.
“La monotona vita di campagna non ti ha fatto sparire quel sogghigno, vero Roy?”
“Lo stesso si può dire per la caotica vita di Central, Maes.”
E scoppiando a ridere si abbracciarono, migliori amici che nemmeno una grande distanza poteva dividere.
 
Se le prime impressioni tra Heymans e Jean alle scuole medie non erano state favorevoli, limitandosi al reciproco ignorarsi, l’incontro tra Maes e Roy era stato ancora più disastroso. Alle elementari avevano litigato per il possesso di un qualcosa ritrovato in cortile, probabilmente un vecchio nido, che aveva attratto l’attenzione di entrambi. Spesso questi litigi finiscono con un niente di fatto, ma il nido, in quel caso, era stato ben presto dimenticato dai due bambini che avevano iniziato ad azzuffarsi come dei demoni, tanto che era dovuta intervenire la maestra a separarli.
Siccome erano entrambi molto ostinati ed orgogliosi, si erano rifiutati di far pace e chiedere scusa e così erano rimasti in punizione per tutta la giornata, ciascuno in piedi in un angolo della classe. Dopo un primo incontro del genere sembrava che fosse inevitabile una rivalità destinata a protrarsi negli anni, ma paradossalmente quando, finalmente, era stato concesso loro di uscire dalla classe, si erano guardati ed erano scoppiati a ridere.
All’epoca erano in terza elementare e da lì era iniziato un sodalizio che era durato fino alla fine della terza media, quando la famiglia Hughes si era trasferita a Central City per motivi di lavoro del padre. Sei anni circa di amicizia strettissima, quasi assoluta, una perfetta simbiosi.
“Non è vero che sei sempre lo stesso – ammise Roy qualche ora dopo, mentre passeggiavano per le vie del paese, dopo che Maes ed i suoi genitori si erano sistemati a casa di un parente – sei cambiato e non solo fisicamente.”
“Dici? – fece lui, sistemandosi gli occhiali sul naso – Forse l’aria della capitale è diversa da quella di questo paesino e di certo la scuola che frequento non ha classi di una decina di ragazzi: nella mia siamo ventidue.”
“Ventidue? Accidenti! Immagino il chiasso…”
“Non credere – sogghignò l’altro – la disciplina è molto più marcata: già il fatto che dobbiamo indossare la divisa la dice lunga, no? Mh? Ma perché continui a fissare i miei occhiali?”
“Niente, pensavo a quelli di Kain: sono molto diversi dai tuoi.”
“Kain?”
“Kain Fury, il figlio dell’ingegnere, ti ricordi?”
“Fury… Fury, ah il notaio?”
“E’ il nonno.”
“Aspetta, credo di ricordarmi di lui: era quel microbetto che stava in seconda o terza elementare… mi pare che assieme a me fosse l’unico ad avere gli occhiali a scuola. Come mai lo chiami per nome? Non mi dire che lo frequenti.”
“E’ mio amico.” ammise Roy.
A quella dichiarazione Maes lo gratificò di una penetrante occhiata dei suoi occhi verdi.
“Ma guarda, il grande Roy Mustang che stringe amicizia con uno schizzetto delle elementari.”
“A settembre va in seconda media.”
“Non usare quel tono difensivo, sono solo sorpreso. Insomma, quando sono andato a vivere a Central ero convinto che non avresti stretto amicizia con nessun altro e dalle lettere che ci scambiavamo mi sembrava di capire che era così… non credo che tu mi abbia mai accennato a qualcuno, forse qualche volta mi hai detto che tua zia stava bene, ma niente di più.”
“Tu invece mi hai spesso parlato dei tuoi compagni di classe e della tua nuova scuola. Gran bel posto da quello che ho capito.”
“Persone notevoli, lo ammetto – alzò le spalle lui – faresti faville in un posto simile. Senza contare che uno come te avrebbe molto successo con le ragazze.”
“Ma dai, adesso pensi alle ragazze?” Roy sorrise incredulo.
Ma sgranò gli occhi quando l’amico lo afferrò con violenza per una spalla e lo guardò con aria estremamente seria, come se quella domanda fosse stata profondamente offensiva.
“Pensare alle ragazze… ti stai sbagliando di grosso.” sibilò.
“Non… non volevo dire che…” iniziò Roy, non capendo cosa avesse detto di male.
“Io ho la ragazza, Roy Mustang! – esclamò, il viso che si illuminava in un esaltato sorriso estatico – Ti devo mostrare la sua foto! La porto sempre con me… si chiama Glacier ed è nella sezione accanto alla mia! Guarda! Non trovi che sia la studentessa più bella del mondo? E’ stata una faticaccia tenertelo nascosto per tutti questi mesi!”
Nell’arco di un decimo di secondo, Roy si trovò sbattuta in faccia una fotografia. Dovette indietreggiare e prenderla in mano prima di riuscire a vedere una ragazzina sorridente con corti capelli castano chiari e occhi color verde acqua.
“Allora? Che ne pensi?”
Roy prese in mano la foto e la squadrò con aria pensosa: era carina, su questo non c’erano dubbi, e la divisa le stava davvero bene. Sembrava una ragazzina con la testa sulle spalle e un po’ nell’espressione gli ricordava Elisa. Però non gli sembrava tutta questa enorme bellezza… ma da come si stava comportando Maes pareva di avere a che fare con la donna più bella del mondo.
“Complimenti…” gli disse restituendogli la foto.
Si trattava semplicemente di prendere atto di un fatto: Maes sotto questo punto di vista era cresciuto più in fretta di lui e aveva già iniziato ad interessarsi al mondo femminile. Anzi, ad una femmina in particolare.
Sotto questo punto di vista Roy si sentì leggermente offeso: non gli piaceva essere lasciato indietro ed era ovvio che in un paese piccolo come il loro non poteva avere le medesime possibilità che si avevano in una grande scuola come quella frequentata da Hughes.
“E’ fantastica: non vedo l’ora di sposarla!”
“Sposarla? Diamine, Maes, devi compiere sedici anni tra due mesi, non ti sembra di correre troppo?”
“E perché? E’ chiaro che è la donna della mia vita.”
“Donna… se anche lei va in quarta allora ha quindici anni. E’ una ragazza.”
“Non sto certo a guardare simili dettagli: io e Glacier siamo destinati a passare la nostra vita assieme. E tu parli così acidamente perché hai bisogno di una ragazza, ne sono certo! Dovresti trasferirti a Central e smetterla di fare il solitario in questo posto…”
“Solitario…”
“… dove l’unica cosa che fai è stringere amicizia con un microbetto delle medie.”
“A dire il vero io…”
“Roy! – chiamò una voce e dalla strada principale Riza arrivò di corsa – Ha appena chiamato il padre di Kain all’ufficio del capitano Falman! E’ confermato! Lunedì prossimo tornano a casa!”
La ragazzina si fermò ansante davanti a lui, le guance arrossate per la corsa, gli occhi castani brillanti per la gioia di quella notizia. Solo dopo qualche secondo si accorse che il suo amico non era solo e si girò per guardare Maes, riconoscendolo dalla foto che Roy aveva in camera sua.
“E lei chi è? Non mi sembra di ricordarla a scuola… sono Maes Hughes.” sorrise tendendo la mano.
“Riza Hawkeye.”
“Ah! Ecco spiegato il mistero: la figlia del vecchio alchimista… ma guarda, allora non sono il solo ad aver trovato la ragazza, eh? Potevi anche dirmelo, Roy!”
“Ma che dici!” Roy annaspò mentre Riza arrossiva violentemente, intrappolata nella stretta di meno di quel ragazzo.
“State benissimo assieme, fatevelo dire. Certo, Glacier è decisamente più carina di lei, ma non ti offendere ragazzina, sei bellina pure tu e per Roy sei perfetta.”
“Veramente io e lui non…”
“Non essere timida!”
“Maes! – la mano di Roy liberò Riza da quella stretta – La vuoi smettere di dire assurdità? Riza è mia amica, tutto qui! Il fatto che tu ti sia trovato la fidanzata non vuol dire che anche io debba automaticamente seguire il tuo esempio.”
“E’ già fidanzata?”
“No! – protestò Riza che si era immaginata l’amico di Roy in tutt’altra maniera – Ma che dici?”
“In città siamo più sciolti su queste cose, dovreste farlo pure voi e…”
“Maes! – chiamò una voce – Forza vieni, stasera siamo a cena dai nonni e devi prepararti.”
“Arrivo, mamma! Beh, scusate tanto, ragazzi, ma ovviamente in questi tre giorni i parenti pretenderanno che raccontiamo loro le ultime novità. Ci vediamo domani Roy, ho il sospetto che tu abbia diverse cose da raccontarmi. Quanto a te, Riza, è stato un piacere conoscerti.”
E senza attendere risposta, il ragazzo girò loro le spalle e si diresse verso il paese, lasciando Roy e Riza a guardarlo esterrefatti, come se fosse stato un uragano che li aveva appena lasciati illesi.
“E così quello è Maes…” mormorò Riza infine.
“Sì – annuì Roy, riprendendo la calma e mettendosi le mani in tasca – anche se tu hai visto una parte di lui che ancora non conoscevo. A quanto pare trovarsi una ragazza a Central City ha effetti collaterali di questo tipo.”
“Tranquillo, non mi ha mica offesa.”
“Posso confidarti una cosa?”
“Dimmi.”
“Sai, nelle lettere che ci siamo scambiati io e lui in tutti questi anni, non ho mai parlato di voi.”
“Oh…” Riza non seppe che altro dire, ma una piccola forma di fastidio si insinuò dentro di lei. Non essere stata nemmeno citata in discorsi con il suo miglior amico voleva dire che forse non era così importante come credeva.
“E’ che…”
“Adesso devo andare – lo bloccò lei – voglio passare da Heymans per dargli la bella notizia del ritorno di Kain e poi devo correre a casa a preparare la cena e Hayate si sentirà solo.”
Nemmeno lei gli diede tempo di replicare e nell’arco di cinque secondi si ritrovò solo in quella strada alla fine del paese, con l’aria che iniziava a rinfrescarsi lievemente per il tramonto.
Il ritorno di Maes l’aveva scombussolato più del previsto, doveva ammetterlo.
E non solo perché è cambiato lui, ma anche perché mi rendo conto solo ora di essere cambiato pure io.
 
“Adesso che mi hai dato le belle notizie mi vuoi dire che cosa ti rende triste?” chiese Heymans, sedendosi nel divano accanto a Riza.
La ragazzina fissò pensosa il caminetto spento davanti a loro, puntando la sua attenzione sulle pietre annerite dall’uso e sui solchi tra di esse. E così il suo turbamento era davvero palese se Heymans se ne era accorto subito: adesso capiva perché l’aveva fatta entrare in casa e non erano rimasti a chiacchierare all’ingresso come spesso succedeva.
“Oggi è tornato Maes Hughes, lo sapevi?”
“No – scosse il capo lui con lieve sorpresa – non immaginavo dovesse venire in paese. Immagino che Roy ne sia molto felice.”
“Heymans, tu che sei un indipendente che mi puoi dire di lui? Ci hai mai parlato?”
“No, a parte qualche cenno o qualche saluto: sicuramente era la parte più aperta della coppia, ma con me e Jean non ha mai avuto a che fare. Sono rapporti tra indipendenti, del resto, in genere ciascuno tendeva a stare per i fatti propri, quindi non mi sono mai preoccupato di simili cose.”
“Se a te e Jean fosse accaduta la stessa cosa che è successa a Maes e Roy…”
“… il trasferimento di uno di noi due, dici?”
“Sì – Riza serrò le mani in grembo – ecco… tu l’avresti scritto a Jean che avevi conosciuto me e gli altri?”
“Non vedo perché no – scrollò le spalle lui – però… ti confesso che forse ne avrei avuto un po’ paura, ora che ci penso bene.”
“Paura?” Riza alzò gli occhi sul suo amico.
“Supponiamo che Kain un giorno ti dicesse che ha trovato una migliore amica, magari ad East City, tu come ti sentiresti? E non dirmi che saresti felicissima per lui, Riza, ho il vago sentore che tu all’inizio fossi anche leggermente gelosa dell’amicizia di Kain con Elisa.”
“E’ stato solo per qualche giorno – scosse il capo lei – è stato anche stupido perché non ne avevo motivo.”
“Certo che non ne avevi: Kain ha una sola sorella maggiore che ama con tutto se stesso e sei tu. Solo a te guarderà sempre e comunque in modo speciale e questo ti fa sentire bene, vero?”
“Non capisco cosa c’entri con Roy e Maes e quanto ti ho domandato.”
“Uh che sguardo – sogghignò Heymans, allungando una mano per tirarle una ciocca di capelli biondi – è da tanto che non vedevo la paladina dei secchioni… ma per tornare a noi, se io e Jean fossimo separati avrei paura a dirgli che ho dei nuovi amici e sai perché? Perché per il tipo di rapporto che abbiamo mi sembrerebbe quasi di tradirlo, o meglio di tradire il nucleo forte che siamo.”
“Non vi siete fatti problemi a diventare nostri amici, tuttavia.”
“Ma qui siamo assieme, Riza: tu sei amica mia quanto sua e così Kain, Vato, Elisa, Roy… Rebecca è un discorso a parte, ovviamente, ma il nostro è un rapporto quotidiano e la nostra amicizia non subisce alterazioni. Ma quando si è distanti è un’esigenza crearsi delle nuove amicizie, anche se si è solitari come Roy.”
“Credeva di tradire Maes?”
“Probabile, ma conoscendo il nostro folle eroe, così pazzo da coinvolgere anche una come te in un viaggio clandestino, forse ha preferito tenere per sé alcune fatti che considerava estremamente personali. Mi sono reso conto che l’amicizia per Roy è qualcosa di estremamente importante una volta che la concede e per tutelarla ne parla il meno possibile con chi è esterno alla cosa.”
“E’ complicata come cosa – Riza si posò allo schienale con aria smarrita – però non posso negare di esserci rimasta male: non dire niente di me al tuo migliore amico vuol dire che non…”
“… non sei importante?”
“Mh.”
“Riza – Heymans le prese le mani – ti ricordi quando ci hai aiutato per la piena e poi ti sei ammalata? Ti ricordi come Roy ti ha difeso spietatamente, tutte le parole che lui e noi altri ti abbiamo detto?”
“Certamente.”
“Perché devi ancora avere dubbi su questa cosa?”
“Non lo so – arrossì la ragazzina – mi faccio più problemi del previsto a quanto pare.”
“Maes starà qui pochi giorni e poi tornerà a Central: riprenderà la sua vita e così Roy… e tu sei nella sua vita da parecchi anni. Fidati di me, il fatto che Roy non abbia detto niente di noi e di te a Maes non deve minimamente preoccuparti… andiamo, fammi un sorriso: pensa che tra una settimana la tua famiglia sarà di nuovo qui.”
“La mia famiglia… Heymans, tu mi capisci, lo so.”
“Oh sì che ti capisco, Riza – annuì lui con serietà – quell’uomo è un padre anche per me… lui…”
I suoi occhi grigi si spostarono sull’angolo tra camino e muro, dove si era rifugiato quando Gregor l’aveva aggredito con quell’arma. D’istinto si toccò il fianco ricordandosi del dolore, ricordandosi di come Andrew l’avesse abbracciato e protetto mentre in quella stanza infuriava l’inferno.
“Lui è semplicemente fantastico.” concluse Riza.
Ed Heymans si trovò perfettamente d’accordo.
 
In camera sua Roy era seduto sul pavimento con accanto a lui un pacco di lettere tenute assieme da un elastico: la corrispondenza con Maes in quegli oltre tre anni di separazione. Aveva passato l’ultima ora a rileggere ogni singola pagina a partire dalla prima lettera fino a quella più recente: ora che le analizzava tutte insieme vedeva una chiara evoluzione nel loro contenuto: nei primi tempi Maes accennava solo vagamente ai suoi nuovi compagni di scuola, limitandosi a parlare della casa, della città, dei suoi nuovi insegnanti.
Come mi volesse tacere di proposito il fatto di aver stretto nuove amicizie.
E su di questo Roy non aveva dubbi: anche se Maes aveva sempre fatto coppia con lui non aveva mai disdegnato la compagnia degli altri compagni di classe, tutt’altro. Aveva sempre avuto un carattere espansivo e socievole ed era facile volergli bene: era naturale che dopo qualche settimana di ambientazione iniziasse a farsi dei nuovi amici tra i compagni di scuola.
Ed erano arrivati i primi accenni a loro, nelle lettere di quasi un anno dopo il trasferimento: nomi, degli accenni a qualche episodio particolarmente divertente, una vita sociale che piano piano traspariva da quelle righe. E man mano che si andava avanti tutto questo diventava più evidente: volti e personalità ormai perfettamente definiti, un gruppo chiaro e consolidato… solo di Glacier non si faceva mai accenno, ma a quanto sembrava era stato un proposito di Maes per fargli una sorpresa.
E conoscendolo gli deve essere costato davvero tanto…
Con un sospirò si mise sdraiato, le mani dietro la testa: lui non aveva mai fatto accenno a nessuno dei suoi amici, nemmeno a Riza che conosceva da anni. Perché era stato così riservato? Del resto Maes era il suo miglior amico, avrebbe avuto il diritto di sapere queste importanti evoluzioni… diamine ora lui, Roy Mustang, era amico di Jean Havoc e di Heymans Breda. Tre indipendenti tutti assieme, dove diavolo si era mai visto?
E il piccolo gnomo dove lo metti? E Vato? Tutte le loro famiglie… tutto il mio mondo.
E Riza?
“…ma guarda, allora non sono il solo ad aver trovato la ragazza, eh? Potevi anche dirmelo, Roy!”
“Non potresti andare più lontano di così, Maes!” borbottò.
Una fidanzata era Elisa con Vato o persino Rebecca con Jean. Per lui Riza andava oltre questo concetto: era la persona che lo capiva al volo, l’unica la cui presenza non gli desse mai fastidio. Silenziosa, responsabile, a volte malinconica, eppure sempre tenace e disposta a tutto, persino a seguirlo nelle sue follie.
Riza era quella che gli aveva impedito di sprofondare nella solitudine più assoluta quando Maes era partito.
Riza è qualcosa che non può essere semplicemente scritto… la devi vedere seduta con la schiena posata all’albero a leggere per la decima volta quel libro dalla copertina azzurra che era di sua madre. Devi sentire la sua voce, la sua risata, devi vederla abbracciare Kain, accarezzargli i capelli, i suoi occhi che si illuminano per la gioia di aver trovato quella famiglia che la ama tanto. Non è la foto di una studentessa carina delle superiori… è la ragazza che durante la piena si è distrutta di lavoro per aiutare le persone che ama, quella che ha assistito Kain fino a quando è stato necessario. Lei è…
“… lei è qualcuno che non ho voluto dividere con te.”
  
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