Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Vanoystein    14/04/2014    1 recensioni
Seguito della fanfiction ''Half''
Jill, sta fuggendo dal buio, fuggendo dalla notte per andare verso il giorno.
Ma ormai, non c'è più tempo. Ormai sono tutti in trappola.
Apocalisse. Dal greco apokalypsis. Sta arrivando.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il mal di testa cominciò a farsi sentire. Jill aprì piano gli occhi, mettendo a fuoco l’immagine di una camera di ospedale. Girò piano lo sguardo.
Tanti tubicini attaccati al suo braccio e collegati a delle macchine.
La mascherina d’ossigeno le dava un gran fastidio, come se l’aria a sua disposizione si fosse improvvisamente decimata.
Erano state la troppe pillole a farla finire in ospedale.
Purtroppo, non era quello che voleva, non era quello che aveva programmato.
Sperava che dopo aver ingerito tutte quelle pillole sarebbe finito tutto. Una volta per sempre.
Invece Vincent era riuscito a trovarla senza sensi in bagno, in tempo per salvarla. Ecco quello che odiava di suo fratello.
Odiava che dovesse fare sempre l’eroe, che dovesse sempre prendersi cura di lei.
Lei voleva solo mettere un punto a quello schifo di vita che le era capitata invece lui la doveva sempre salvare.
Doveva sempre aiutarla. Ed in realtà era giusto che lo facesse.
La porta di quella piccola e triste stanza si aprì.
Si sarebbe aspettata suo fratello con un’ espressione preoccupata e angosciata stampata in viso invece si trovò davanti l’ultima persona che pensava si sarebbe rifatta viva.
– Che cosa hai combinato, uhm? – Alec scosse la testa sospirando. Chiuse la porta alle sue spalle avvicinandosi al lettino di Jill.
Quanto avrebbe voluto alzarsi dal letto, dirgliene quattro e scoccargli un bel pugno in piena faccia.
Era scomparso da due mesi, lei non aveva avuto più sue notizie e si rifaceva vivo proprio in quel momento.
Quando lei era stata a un passo dalla morte.
– Non speravo certo che ci dovessimo rincontrare in un ospedale. – Gli occhi azzurri di Alec si fecero quasi accusatori.
Jill lo fissò, si riusciva a scorgere benissimo l’arrabbiatura e il disagio nel suo sguardo.
Alec si chinò su di lei togliendole la maschera d’ossigeno dal viso.
Da vicino il ragazzo riuscì a vedere gli occhi azzurri di lei ancora arrossati e pesanti, insieme alle occhiaie marcate. – Tuo fratello è praticamente andato fuori di testa. Pensava che tu stessi ancora dormendo, solo per questo mi ha dato il permesso di entrare. – Disse.
Restò qualche secondo in silenzio, aspettandosi almeno una risposta da lei che però non arrivò. – So che sei arrabbiata, è comprensibile. Ma sono andato via perché avevo delle faccende da sbrigare. Però adesso sono tornato e non me ne vado. Sono qui. –
‘’Sì, perché sono quasi morta.’’ Pensò lei.
- Sono qui per te. – Aggiunse lui.
Disse quella frase con un tono così dolce che anche lo sguardo pungente di Jill si addolcì.
Per quanto volesse almeno rispondergli non ci riusciva, non sapeva cosa dire.
Una parte di lei era così furiosa che l’avrebbe voluto cacciare fuori a calci ordinandogli di non farsi più vedere, l’altra invece era quasi contenta di poterlo vedere di nuovo, le era mancato così tanto.
Ma poi, l’unica cosa che riuscì a fare fu prendergli la mano, stringendola nella sua.
Si era quasi dimenticata della solita scossa che la faceva sussultare ogni volta che si toccavano, non era quasi più abituata.
Strinse i denti tirando il braccio di Alec, obbligandolo a chinarsi ancora di più su di lei.
Una volta che le loro labbra furono separate solo da pochi centimetri finalmente parlò. – Marcisci all’Inferno, Alec. – Bisbigliò impassibile a denti stretti.
Subito dopo mollò la presa su di lui, allontanandolo da sé. – Dì pure a quel coglione di mio fratello di andarsene a casa. Non ho bisogno di nessuno io. – Ringhiò strappando violentemente i tubi collegati al suo braccio.
Si mise a sedere sul letto per poi alzarsi in piedi.
– Tu te ne torni dopo due mesi facendo tutto il carino solo perché stavo per crepare e credimi, sarebbe stato meglio così. Non credere che sarà la prima volta che tenterò di suicidarmi. – Disse. – Questa è solo il primo di una serie di tentativi. –
Si sarebbe sicuramente aspettata o una sfuriata da parte di Alec oppure un tentativo di farla ragionare, calmare e rimettere a letto.
Non fece niente.
Jill prese tra le mani la sua borsa nera, prendendola dall’armadio grigio davanti al suo lettino.
- Ma fai il sul serio? – Alec sembrava quasi sconcertato. – Mi spieghi che ti è passato per quella testa in questi due mesi? Ti ho sempre tenuto d’occhio, sai? Ma guardati, ti droghi tutto il giorno. Stai male giorno e notte. Sei depressa, incazzata con il mondo intero, odi tuo fratello e tenti il suicidio. Inoltre sei anche contenta di dirmi che è solo l’inizio di una serie di tentativi. -
- Beh, la mia migliore amica è morta. Credevo che anche il mio ragazzo lo fosse invece si è presentato due mesi fa davanti a me, vivo e vegeto ed è sparito nel nulla. Mia madre è morta in un incidente stradale causato da uno psicopatico che ho scoperto essere il padre di Julian. Jamie è morto per causa mia, tu sei sparito per due mesi. Dylan è morto e Nadya è in coma. Ecco. Ecco cosa mi è successo! – Gridò Jill.
Gridò talmente tanto che tutto il discorso si sentì in tutto il corridoio.
Vincent infatti irruppe nella stanza subito dopo, seguito da un paio di infermiere che si scaraventarono in preda al panico su Jill ordinandole di sdraiarsi nuovamente e di stare calma.
Un’infermiera circa sui 40 anni e leggermente robusta prese Jill per il braccio trascinandola nuovamente verso il letto.
– Mi lasci! Mi lasci ho detto! – Jill gridò ancora. Appena Vincent fece un passo avanti l’altra infermiera lo fermò.
– Uscite per favore. Entrambi. Ci pensiamo noi a lei. – La donna accennò un piccolo sorriso sia ad Alec che Vincent che uscirono esitando.
L'infermiera chiuse la porta della stanza, lasciandoli fuori. Riuscivano a sentire le proteste e i lamenti di Jill.
Sembrava quasi di essere in un ospedale psichiatrico, dove tutti i pazienti urlano fuori di sé appena i dottori cercano di fargli fare qualcosa che non vogliono.
– Ma si può sapere che diamine le hai detto? Inoltre credevo dormisse! – Vincent sbuffò stanco, incrociando le braccia al petto.
Prima ancora che Alec ebbe il tempo di rispondere il rumore di un vetro spaccato attirò l’attenzione di entrambi.
Proveniva dalla stanza di Jill. Alec si precipitò ad aprire la porta seguito da Vincent.
Restarono entrambi spiazzati.
Jill girò lo sguardo verso di loro. – Vi conviene chiudere quella porta se non volete che qualcuno inizi a fare mille domande. – Un angolo della bocca si sollevò, sorridendo leggermente.
- Che diavolo hai fatto?! – Alec si avvicinò alla finestra, con il vetro ormai in frantumi.
Vincent chiuse velocemente la porta osservando il corpo insanguinato dell’infermiera a terra. Alec si sporse dalla finestra, calpestando i pezzi di vetro sul pavimento.
Vide perfettamente il corpo dell’altra infermiera al suolo, immerso in una pozza di sangue. Jill l’aveva scaraventata giù.
– Ma sei impazzita o cosa?! – Sbottò Alec voltandosi verso di lei.
– Mi hanno dato fastidio e le ho uccise. – Jill scrollò le spalle rigirandosi tra le dita un pezzo di vetro insanguinato.
Il viso di Jill era pieno di schizzi di sangue ancora caldo. La maglietta, le braccia e le mani ne erano piene.
– Ti hanno dato fastidio?! – Le fece eco Vincent. – Stavano cercando di aiutarti! Hai ucciso delle persone innocenti! -
- Sai che perdita. – Sbuffò Jill annoiata lasciando finalmente cadere il pezzo di vetro a terra facendo ricadere gli occhi sull’infermiera bionda a terra. – Mi ha stretto troppo forte prima. Mi ha fatto male al braccio. – Si lamentò come una bambina.
Vincent alzò lo sguardo verso di lei ancora scosso. Vedeva come stava cambiando. Stava cambiando sotto i suoi occhi. Stava diventando un’altra persona.
La cosa che non sopportava? Che lui non potesse fare niente per aiutarla.
  
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