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Autore: kk549210    15/04/2014    2 recensioni
Gli inizi della carriera JAG di Harmon Rabb jr, riletti sotto una prospettiva diversa.
Un po' prima di "Amare è per sempre".
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Amare è per sempre'
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- Dovremmo tornare al JAG e metterci a indagare sull’aggressore, quel presunto capitano Nelson… E’ una perdita di tempo rimanere qui! – dichiarò la Krennick. Il ruolo da babysitter di quella bamboletta paurosa della Austin non le si confaceva affatto. E men che meno quello di custode del sonno di Rabb, che dopo l’intervento era stato trasferito in terapia intensiva. Non c’era più motivo di rimanere in ospedale. Harm era affidato alle cure del personale medico. E presto sarebbe arrivata la moglie. Dopo l’imbarazzante figura di un mesetto prima, alla bionda virago con i galloni non andava molto a genio l’idea di ritrovarsi faccia a faccia con lei.   
-Come fa a parlare così? – ribatté scandalizzata Meg, ancora molto scossa dall’accaduto. Per fortuna, si era potuta cambiare la camicia e non aveva più addosso il sangue di Harm. Il suo sangue, che la turbava tanto. In tutti i sensi.
-Cerco solo di essere realista, Meg. Non capisco cosa potremmo risolvere rimanendo qui… non siamo medici! C’è un pericoloso delinquente ancora in libertà ed è nostro dovere contribuire alle indagini. Soprattutto suo, perché lei è l’unica, oltre a Rabb, ad averlo visto in faccia!
- Parla così perché Harm non è il suo collega – osservò il tenente, con tono mesto ma indignato.
-Ma è sotto il mio comando… - ribatté il suo superiore.
-Con rispetto parlando, non è la stessa cosa!
-Tenente, non è la gara a chi gli vuole più bene… Io sono sconvolta quanto lei, anche se non lo metto in piazza – disse con fermezza la Krennick, incurante del fatto che anche Meg aveva rischiato di essere colpita come Rabb -… guardi che anch’io sono molto affezionata a lui.
Il tenente Austin annuì.
-So che cosa sta pensando – proseguì il capitano – Crede che io e lui siamo stati a letto insieme…
-No, signora. E poi Harm è sposato…
-Per la cronaca, non è successo niente. “Sfortunatamente” pensò la Krennick, sperando che la giovane tenente fosse più ingenua e scoprisse le sue carte – E lei?
-No, non siamo mai stati insieme. Non sono il tipo da avere una storia con uno sposato. Anche se in fondo mi sarebbe piaciuto – ammise Meg con un sospiro.
-Peccato!
-Perché?
-Perché lo ha ammesso. Non lo avrebbe mai fatto, se credesse che Harm abbia speranze di sopravvivere.
“Come fa ad essere così cinica in un momento del genere?” si chiese Meg, ma non ebbe il coraggio di replicare.
Ed ecco che nel corridoio dell’ospedale comparve Chegwidden in compagnia di una sconosciuta. Una giovane donna con il capo basso e l’espressione veramente sconvolta. Su quella figura si concentrarono subito gli occhi delle due donne, soprattutto quelli di Meg.
-La moglie – commentò seccamente la Krennick. 
Meg osservò attentamente quella ragazza incinta. Non alta, ma molto elegante e di bell’aspetto. Ne rimase molto colpita. Non delusa, ma stupita. A fianco di Harm si era immaginata una compagna di tutt’altro genere. Una donna alta, forte, capace di tenere testa al capitano Rabb, che era uomo e maschio. Provò allo stesso tempo pena e invidia per la futura madre. Comunque andassero le cose, quella piccola donna avrebbe conservato per sempre con sé una parte di lui. Il segno tangibilmente miracoloso dell’amore di quell’essere straordinario che l’aveva prescelta in mezzo a milioni di altre.
 
 
 
Livia non si era neppure accorta delle due bionde in divisa che la stavano scrutando con tanta acribia, né tantomeno aveva percepito nulla del loro inopportuno battibecco. L’ammiraglio Chegwidden, con un fare davvero gentile, l’aveva condotta direttamente alla stanza che era stata indicata loro dall’infermiere.  
Harm era nudo e inerme. Il suo corpo giovane e forte, coperto dal lenzuolo, riposava in un sonno placido e profondo, come quello di un bambino. Gli strumenti della sala di rianimazione gli suonavano intorno una monotona e mesta ninnananna.
Il suo primo istinto fu quello di toccarlo, per sentire il suo calore, se il sangue gli fluisse ancora nelle vene.   
Un comportamento viscerale. Non di medico, ma di donna innamorata.  
L’ammiraglio le mise una mano sulla spalla e lei annuì con gratitudine, mentre si sedeva accanto al letto.
-Non si preoccupi, ho già parlato io con il suo capo.  
-La ringrazio, ammiraglio.
-Per qualsiasi cosa, mi chiami pure – le disse porgendole il suo biglietto da visita.
-La ringrazio, lei ha già fatto molto per noi – fece lei stringendogli la mano.
-Ho fatto solo il mio dovere. Non abbia paura, suo marito è un uomo forte.
Lei annuì dolcemente. Chegwidden lasciò soli i due sfortunati sposi e uscì nel corridoio.
-Signore! Basta con il cicaleccio… è ora di tornare al lavoro – disse alle sue sottoposte con tono severo– Abbiamo un pericoloso killer da consegnare alla giustizia.
“Te l’avevo detto, bambina”. La Krennick rivolse al tenente Austin uno sguardo di rimprovero un po’ saputo.
-Tenente – aggiunse l’ammiraglio con una vena di preoccupazione – le assegnerò una scorta. Non posso permettermi di perdere anche lei.    
 
 
  
 
Livia era rimasta sola con Harm. Il piccolo era particolarmente inquieto e si agitava in continuazione nel suo ventre, come se il cordone ombelicale gli trasmettesse in diretta il dramma. Non trovando pace in sé stessa, tirò fuori dalla borsa la sua vecchia Bibbia. “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla…”
 
  
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