Puzzling
Ino se ne stava rannicchiata ai
piedi di un ciliegio. Che ironia. Avrebbe riso, se ne avesse avuto le forze.
Invece
se ne stava rannicchiata con le gambe e il cuore a pezzi mentre un solo
pensiero le rimbalzava nel cervello: non sarebbe tornata a casa. Per tutto l’oro del mondo, per tutti i sorrisi del mondo, per il
mondo intero.
Non sarebbe tornata. Non lì.
Mai.
Sembrava che un pezzo di quel
puzzle che era la sua vita fosse d’un tratto venuto a
mancare, e di colpo nulla avesse più lo stesso senso. La figura non era più
completa.
Tanto valeva distruggere tutto.
Tanto, oramai…
Era strano pensare come un
avvenimento così insignificante per l’universo fosse
diventato d’un tratto un terremoto nella sua vita, scompigliandola
irreparabilmente, mandando all’aria quel paesaggio che si era con tanta cura
costruita scegliendo i pezzi giusti, circondandosi dei colori e delle atmosfere
esatte, curvando attorno alle difficoltà e andando dritta al cuore dei problemi,
fino a disegnare quello che non si sognava, ma che aveva trovato infine più
aderente a se stessa di quanto avrebbe potuto fare ogni sua immaginazione.
Tanta fatica, continui
aggiustamenti, e poi, quello.
Un pezzo in meno.
La vita a pezzi.
Shikamaru stava passeggiando da
una mezz’ora.
Peccato che non stesse facendo
come di solito amava fare, vagando senza una meta mentre
aspettava che il sole calasse, da qualche parte nell’universo.
Stava passeggiando perché una
donna (tutte, tutte seccature, le donne) gli aveva chiesto di farlo. E lui (maledetto lui) a
uno sguardo del genere non aveva mai saputo dire di no.
Così camminava, da un’ora oramai, senza avere una meta precisa, ma avendo bene
in mente un obiettivo.
Camminava con le mani in tasca
e vari pensieri in testa:
primo fra tutti, dove diamine si fosse cacciata quella scema. Eppure, a pensarlo, i pugni gli si stringevano nelle tasche,
e gli occhi gli si stringevano per la polvere. (o così
gli piaceva pensare).
“Sta piovendo”.
Un ragazzo guarda una ragazza, seduta davanti al tronco di un albero.
Che cosa stupida da dirsi, mentre lei se ne sta rannicchiata in una palla,
ai piedi di un ciliegio (che ironia), e guarda dritto davanti a sé, senza
vedere nulla. Non sbatte neppure le ciglia mentre le
prime gocce di pioggia cominciano a cadere dal cielo.
Non gli rivolge nemmeno lo sguardo, non gli concede
nemmeno un riconoscimento della sua presenza, in nessun modo. Solo, continua a
guardare dritto davanti a sé.
A Shikamaru quella situazione
non piaceva. Non era quello il suo ruolo, piantato davanti a lei che non lo
degnava d’attenzione, non lo era mai stato: era Ino quella che si imponeva, era Ino quella che rompeva le scatole pur di
essere notata, era lei che doveva essere
vista.
Ma non
c’era altra soluzione logica, così Shikamaru si parò davanti a lei: “Tua madre
è preoccupata” ritentò. (patetico. Sai dirle solo questo?)
Nulla. Ancora.
“Ino?”
Questa volta la ragazza sbatté
le palpebre, ma le sue pupille erano ancora fisse in quel punto indefinito. Quel punto che non era lui.
“Ino
avanti, alzati”.
Shikamaru
cominciava a spazientirsi.
“Ino mi vuoi ascoltare?” fece
prendendole il volto con una mano (brutale) e costringendola a fissarlo.
Quello che lesse nei suoi occhi
lo spaventò immensamente, perché negli occhi di Ino Yamanaka c’era il vuoto.
Lo fissava senza guardare Ino,
gli occhi spalancati che riflettevano il cielo nuvoloso perché di loro non
avevano espressione, né impressione.
Semplicemente, orribilmente,
nulla.
Non sarebbe tornata in quel posto. Quello che era successo era stato
semplicemente troppo. Abbastanza da farle decidere che non ci sarebbe tornata,
mai.
“Ino, quello che è successo non…Tua madre…” cercava di ragionare Shikamaru,
senza trovare le parole per farlo.
Lei continuava a fissarlo
perché la mano di lui continuava a imperniarle il
mento verso di lui.
Ancora, nei suoi occhi, nulla.
Così, Shikamaru d’un tratto capì. Capì che non c’era nulla da capire.
Semplicemente, si sedette
accanto a lei, appoggiandosi al tronco del ciliegio.
Volse lo sguardo al cielo,
mentre la pioggia inzuppava i vestiti di entrambi.
Respirò profondamente per
calmarsi, lasciò che la pioggia gli penetrasse sotto i vestiti, si sforzò di
non pensare a lei, di fianco a lui, inerme.
A quel punto decise di agire
con forza. Si voltò verso Ino, le prese un polso e la costrinse ad alzarsi,
mentre lei si dimenava.
Questo era quello che cercava. In qualche modo, una
qualsiasi reazione. La ragazza gli assestò un pugno contro il petto, poi si rimise a
sedere, e riprese a fissare il vuoto.
Shikamaru non poteva permettere
che accadesse. Così la costrinse di nuovo ad alzarsi, e prima che lei si
rimettesse a sedere se la caricò in spalla di peso.
Camminò sotto la pioggia fino a
casa sua: fu facile in realtà, perché Ino lo aveva percosso per
poco, poi si era abbandonata su di lui, a peso morto.
Shikamaru aprì la porta di casa
e la posò sul divano.
La ragazza aveva smesso di
dimenarsi, e aveva ripreso la sua apatia.
Il ragazzo le
si inginocchiò dinanzi, e le prese il capo tra le mani. Entrambe.
Dolcemente.
“Ino…”
Lei non lo guardava. Lo vedeva,
forse, ma non lo guardava.
Ora Shikamaru cominciava ad
essere davvero preoccupato.
Si alzò e chiuse
la porta in silenzio, poi la prese di nuovo in braccio e la portò in
camera sua come avrebbe fatto con la sua sposa il giorno delle nozze. La
appoggiò delicatamente sul letto e prese a spogliarla.
Nemmeno allora
Ino disse nulla. Non un moto di stizza, non una protesta mentre se ne stava
davanti a lui in mutande e reggiseno.
Shikamaru allora le lanciò una
maglia asciutta e se ne andò stizzito.
Quando fu
uscito, Ino si coprì il volto con una mano.
Era sceso di un piano,
Shikamaru, era sceso dove suo padre lo allenava e aveva preso a pugni tutti i
sacchi, i cuscini e ogni cosa avesse trovato sul suo
percorso.
Non così, dannazione, non così!
Se solo fosse riuscito a
trovare quella cosa…quel pezzo del puzzle che avrebbe rimesso tutto a posto,
che avrebbe dato nuovamente un senso a tutto quanto,
che avrebbe rifatto scorgere panorami e cielo negli occhi di Ino. Così,
semplicemente; se fosse stato tutto facile come il
click di un pezzo di un puzzle che si mette in un buco, e improvvisamente non
c’è più confusione, rabbia e ansia, ma solo pace.
Tornò
al piano superiore a notte inoltrata, speso negli
allenamenti fuori programma, sovrastato dalla fatica fisica (quella mentale lo
aveva già battuto da tempo). Si diresse in cucina per chiamare la signora Yamanaka e informarla che sua figlia era da lui: “Signora Yamanaka? Sono Shikamaru.”
“Shikamaru, tesoro, hai trovato
Ino? Sono così in pensiero…”
“L’ho trovata, stia tranquilla.
È qui da me”
“Come…”
“Lo so. Lasci fare a me”
“Shikamaru…”
“La prego”.
Tornò al piano superiore per
vedere Ino ancora con gli occhi sbarrati, che guardava
il soffitto, e confessò a se stesso che avrebbe preferito vederla addormentata,
non dovere guardarla negli occhi, fingere che andasse tutto bene, che stesse
dormendo a casa sua spaventata dalla tempesta che impazzava all’esterno.
Il suo primo istinto fu quello
di darle un calcio, di affondare un cazzotto sul suo bel visino, per vedere se
c’era ancora qualcuno dentro quel corpo orrendamente vuoto, dietro quell’espressione così
orribilmente vacua.
Sospirò
a pieni polmoni, Shikamaru, sospirò pregando di trovare il
coraggio e l’intuito di fare la cosa giusta. Perché Ino ne aveva
bisogno.
Infine si stese al suo fianco,
sospirando di nuovo.
Ino sbatté le palpebre.
Forse quello era il suo modo di
dirgli che era disposta a parlare.
Forse.
C’erano troppi forse nel suo piano, era troppo
rischioso, era troppo…inevitabile.
“Ino…” tentò.
“Ino” ripeté voltando il viso di lei verso il suo, come aveva fatto prima, quella
stessa sera.
La ragazza sbatté le palpebre.
Due volte.
“Ino, lo devi accettare”.
Le pupille della ragazza, che, ne era certo, per un attimo lo avevano guardato, tornarono a
farsi assenti.
“Ino, TUO PADRE E’ MORTO!” non
se ne era reso conto, Shikamaru, non aveva voluto
farlo, ma aveva urlato.
Gli occhi di Ino
si dilatarono improvvisamente, le pupille ingrandite di colpo.
“E’ morto” ripeté più piano il
ragazzo.
“E’ morto e tu non puoi farci
nulla” terminò in un sospiro.
Udì il respiro di Ino farsi più concitato mentre involontariamente vedeva
una sua mano staccarsi dal suo fianco e posarsi sul volto di lei. Di nuovo.
“Ino…”
E
allora, finalmente, accadde.
La ninja
di ferro, la ragazza tosta che tutti conoscevano e che
non avevano visto versare una lacrima al funerale di suo padre (se pregare
davanti a una pietra poteva definirsi funerale) pianse.
“Ma io ho bisogno di lui” bisbigliò Ino incredula,
col tono di una bambina dispersa.
“Ino, Ino guardami” fece Shikamaru prendendole di nuovo il viso tra le mani.
Le accarezzò le gote coi pollici mentre lei abbassava
lo sguardo.
“Ino, io non posso farci nulla.
Nessuno può farci nulla. E per quanto ci sforziamo, tutti…per quanto mi sforzi, la verità
è che non posso riempire il posto di tuo padre. Non voglio farlo.”
E guardandola così persa, così
fragile, si sorprese a pensare che avrebbe voluto baciarla, che avrebbe voluto
attaccare le proprie labbra alla colonna ordinata di ossa
che si intravedevano sul collo di lei, allungato per permettere al capo di
scivolare all’indietro, per permettere ai suoi occhi -finalmente- di chiudersi,
alla sua bocca di respirare, alle sue lacrime –forse- di scorrere.
Piangi, piccola, piangi.
Shikamaru non sapeva donde fosse venuto quel pensiero,
come fosse arrivato lì; se, forse, ci fosse sempre stato.
E si
vergognò di pensare così di lei, di trovarla bella, mentre lei stava passando il periodo più brutto della sua vita.
Sospirò, lui, sentendosi d’un
tratto esausto a quei pensieri, sentendoseli gravare sul
petto tutti insieme, abbassandosi e appoggiandosi involontariamente sul
petto di lei, il viso incastrato nell’incavo del suo collo bianco.
Semplicemente perfetto, come il pezzo mancante d’un puzzle
Ino respirò profondamente, ma
non lo respinse. Invece girò il suo capo a cercare quello di lui, a sfregare le
loro guance, a intuire il conforto del contatto
reciproco.
Stava sfiorando un aspetto
della loro relazione del quale non avevano mai parlato, che non avevano mai
intrapreso, che non era mai stata un’ipotesi. Forse.
Shikamaru allora scivolò sul
suo corpo, fino ad appoggiarsi alla sinistra della ragazza, le sue gambe ancora
intrecciate con quelle di lei, troppo pigro (davvero era quella la ragione?)
per muoverle.
Era un momento così delicato
che sembrava di essere fuori dal mondo, in una
dimensione ovattata, dove un respiro sembrava poter fare crollare la terra, una
parola devastare l’equilibrio precario di quello sfiorarsi di corpi.
Shikamaru non aveva smesso di
guardarla da quando era entrato nella stanza, e
finalmente, finalmente gli occhi di
lei si dischiusero per guardare, e
per guardare lui.
In quel momento Shikamaru si
sentì, per la prima volta in vita sua,
importante.
Ino voltò il capo cercando lo
sguardo del ragazzo: “Non ti chiedo di essere lui. Non
voglio che tu sia lui” sussurrò.
Si attaccò a lui
mentre Shikamaru l’accarezzava con una dolcezza di cui lui stesso non si
credeva capace, mentre la consolava e la baciava…nemmeno questo sarebbe dovuto
accadere, ma diamine, Shikamaru avrebbe potuto fare una lista pressoché
infinita di cose che non sarebbero dovute accadere.
Un bacio sulla fronte, uno
sulla guancia e uno sulla bocca. Casto, dolce, che non
chiedeva più di quanto desse.
“Shikamaru…”
“Lo so, Ino, lo so”
“Resta con me”.
Non aggiunse ‘stanotte’, come
leggeva in tanti romanzi rosa, perché non era per una notte che lei lo voleva.
“Resta con me” ripeté lei
piano, e questa volta fu come un’epifania quando lui le sorrise e senza
accorgersene (perché lui, una cosa del genere, non l’avrebbe mai detta),
mormorò: “Sempre”.
Click.
Sappy. E’ l’unico commento che mi auto-viene
per questa fiction. Ma, onestamente, avevo voglia di qualcosa
di semplicemente dolce su questi due.
E sì, lo ammetto, anche un po’ angst. Scusate, tesorucci, ma più vi amo, più vi faccio soffrire.
Aggrappatevi l’uno all’altra che arriva il mostro! XD
Sarà l’umore mio
di questi giorni, altalenante e cangiante come il cielo d’estate. Non so che ne
pensiate, o voi che avete aperto questa paginetta, ma
spero di avervi fatto provare qualcosa,
di avervi ispirato una reazione. In fondo, le fiction servono a questo.
E ricordate, ogni
volta che qualcuno shippa ShikaTema
muore un gattIno.
Salvate i gatti,
ragazzi!
Scherzo,
seriamente: si tratta solo di sana goliardia.
In any case,
The night is White, folks!
E come disse Theoden:
Desti, cavalieri! Non temete l’oscurità!
(….Perché noi siamo luce, nell’oscurità… -cit,
per Mimi!)
Always and forever candida come una
nuvola,
WT
Special thanks to:
Mio cugino Jacopo, che a due anni mi ha raccontato
La compagnia dell’Anello con tutti i
nomi esatti, roba che neanche i miei amici...piccoletto, sei
l’orgoglio di tua cugina!
MillyMalfoy, che s’è letta tutte le mie ff ShikaIno, volente o nolente, e ne ha scritta una oggi!!!
Le mosche bianche,
tutte, dalla prima all’ultima:
Mimi: ho quasi sentito più te che
mia madre in questi giorni, e devo dire che ne è valsa
la pena!
Luly: non ti potrò mai ringraziare abbastanza per
aver messo in moto questa meraviglia con la tua collega! E
quante cose in comune…*.*
Hilly: Uno spettacolo di ragazza. Una che converte la sua famiglia
per metà non può che esserlo!
Francy: una parola: magica.
Sheeren: perché non ti devi demoralizzare, cara, se scrivi ShikaIno qualcosa di bello viene fuori per forza!
…e tutte quelle/i che ancora devo conoscere!
Gli iscritti a http://shikainofanforum.forumcommunity.net/
Quelli che non lo
sono, se ci faranno un salto XD!
E in un ultimo
sprazzo di egocentrismo…me, che mi laureo dopodomani ma ho voluto partecipare! Perché ShikaIno fa fare anche
questo, signori!
Grazie a chi ha
avuto la pazienza di arrivare fin qui, a presto, e mi raccomando, leggete tante
ShikaIno!!!