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Autore: GabrielleWinchester    16/04/2014    6 recensioni
La felicità è un gatto nero che sbuca dal nulla è la storia di una donna di nome Serena, alle prese con le insicurezze e con le paure di ogni sposa, e alla fine l'intervento di un gatto nero risolverà tutto...Piccola storia dolce che spero vi strappi un sorriso e che vi piaccia :-) Buona lettura :-)
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Buonasera a tutti,
ecco a voi "La felicità è un gatto nero che sbuca dal nulla", una piccola storia senza pretese che racconta la storia di Serena, una donna con mille dubbi e insicurezze, e di un gatto nero di nome Nereo, provvidenziale quando serve :-) Ringrazio di cuore tutti coloro che la vorranno leggere e la vorranno recensire, tutti coloro che la vorranno mettere nelle storie seguite, preferite, ricordate e da recensire e tutti coloro che mi hanno messo e mi metteranno come propria autrice preferita :-) Nel testo c'è un pezzo della bellissima canzone di Katy Perry, Unconditionally, di cui trovo il video uno dei migliori mai fatti :-) A parte la mia ammirazione...bè vi auguro buona lettura :-) Chiedendo scusa per eventuali errori contenuti all'interno della storia e bè spero che vi emozioni un pò :-) Gabrielle :D

La felicità è un gatto nero che sbuca dal nulla…
Il rintocco della campana mi fece sussultare e guardai lo specchio con la cornice di rame di fronte a me. Il mio riflesso dimostrava una persona splendida di fuori ma terrorizzata dentro. Doveva essere il mio giorno speciale, l’evento che avrei raccontato a nipoti e pronipoti, quello da ricordare per tutta la vita, invece mi sentivo ingabbiata. Il mio futuro marito era la persona più straordinaria che avessi osato lontanamente immaginare, ma dentro di me stavano spuntando dubbi e insicurezze, i quali, maledizione a me, avevano aspettato il momento più propizio per farmi stare male, nei momenti più disparati e inopportuni.
E se lo deludevo? Se gli davo false speranze, se lo ingannavo dandogli l’immagine di chi lui voleva vedere e alla fine lui mi lasciava?
Il giorno prima avevo festeggiato la festa di addio al nubilato insieme alle mie più care amiche, divertendomi con il mio entusiasmo e la gioia che mi contraddistingueva e oggi mi ero svegliata piena di timori.
Non potevo accettarlo. Mi tolsi i guanti di raso e presi cinque gocce di valeriana. A mia personale opinione, il sé e il ma dovrebbero essere eliminati dal dizionario, perché minano profondamente l’autostima di una persona.
“Serena, dobbiamo andare. La limousine è già sotto”
“Un secondo papà” mormorai con voce piccola
Il momento era giunto. Mi alzai dalla sedia e mi guardai a figura intera. L’orologio a muro, raffigurante due angeli abbracciati, segnava le cinque e mezza, cioè  mancava un’ora alla celebrazione del mio matrimonio. Mio padre mi guardò con sguardo fiero e anche commosso. Sogghignai, pensando che quell’uomo dai capelli bianchi e baffi neri fosse più tenerone di quanto osasse ammettere. Da vecchio carabiniere fedele all’Arma qual era, non aveva mancato di indossare la sua divisa da cerimonia, una divisa che non aveva avuto l’occasione di mettere quando era in servizio. Presi il bouquet di rose blu e violette e ricambiai il suo sguardo con un grande sorriso.
Lo vidi girarsi verso la vecchia foto ingiallita e borbottare “Tua madre sarebbe stata fiera e contenta di te”.
“Lei è ogni giorno della mia vita con me” affermai strappandogli un mezzo sorriso “Anche se non è presente fisicamente, bè lo è in forma di spirito”.
Lui annuì emozionato e dopo mi porse il braccio destro, affermando “Se osa farti del male, dovrà vedersela con me”.
“Con tanto di fucile puntato?” domandai ridacchiando, ringraziandolo mentalmente per avermi distolto dalle insicurezze “Papà, non sono più una bambina”.
Lui mi scompose i capelli ricci, ignorando deliberatamente la mia occhiataccia sul fatto che mi aveva rovinato l’acconciatura e mi disse “Potrai invecchiare, ma nel mio cuore rimarrai sempre la mia bambina”.
Poi scendemmo sotto, dove trovammo mio fratello, di poco più piccolo di me, nelle vesti da autista. Spalancò la bocca quando mi vide ed io ironica lo punzecchiai “Attento, ti entrano le mosche”.
“Scema” rispose lui in tono piccato, ma la bocca si stava allargando in un grande sorriso “Sei stupenda”.
Dopo mi aprì lo sportello e mi sedetti in macchina. Appena misi la testa sul poggiatesta del sedile, i dubbi e le insicurezze ritornarono a spron battuto. Dovevo essere felice, dovevo sprizzare felicità da tutti i pori, lanciare fiori e farfalle (per intenderci, stile Pollon), invece mi sentivo come il condannato a morte di Sorvegliare e Punire di Micheal Foucault, il povero Damien che tanto aveva popolato i miei sogni durante il periodo all’Università. Bella immagine da pensare il giorno del matrimonio.
                                                                           *
Arrivai alla chiesa circa mezz’ora dopo, complice il fatto che era il giorno di ferragosto e nelle strade cittadine si stava svolgendo la processione per la Santissima Maria Assunta. Dal finestrino notai che tutti gli invitati avevano occupato il proprio posto nelle panche, il mio futuro sposo stava parlando con il prete ed era stupendo con la sua divisa da tenente colonnello dell’aeronautica militare. James McBryde, origini irlandesi, capelli rossi e occhi verdi, il mio angelo del cielo.
Mio padre interruppe i miei pensieri, aprendomi la portiera e affermando “Sei pronta amore?”
“Diciamo di sì”
“Sei ancora in tempo per scappare” affermò mio padre, pensando di avere fatto una battuta di spirito.
Mi mordicchiai il labbro, incerta sul cosa dire. Poi misi la mano nell’incavo del suo braccio e ci avviammo verso la navata, accompagnati dalle note di Unconditionally di Katy Perry. Era una richiesta insolita, di solito si suonava l’Ave Maria di Schubert alle nozze, ma io la consideravo adatta al mio giorno.
“I will love you unconditionally,
There is no fear now,
Let go and just be free,
I will love you unconditionally”
Appena sentivo questa canzone, nella mente si proiettava la scena di me e lui in divisa in un salone da cerimonia, un po’ come nel video della cantante e quindi la nostra colonna sonora. Mio padre mi lasciò con un abbraccio e con un’occhiata ammonitrice a James. Il mio ragazzo lo ringraziò con un inchino e dopo mi tolse il velo.
“Sei incantevole”
“Anche tu”
Stavo per parlare, quando il prete si schiarì la voce, proferendo la formula di rito “Fratelli e sorelle, nel giorno della festività dell’Assunta, oggi Serena e James stanno per celebrare il giorno più importante della loro vita, il loro matrimonio. Se qualcuno ha qualcosa da dire contro questo evento, parli ora oppure si metta l’anima in pace”
Dalla chiesa scoppiò una risata, padre Federico era solito a questi scoppi di originalità, ma nessuno osò interrompere. Vedendo che nessuno aveva proferito parola, padre Federico incominciò il rito ed io esclamai “Non posso”.
Dagli invitati salì un boato di sorpresa, i miei futuri suoceri cominciarono a borbottare in irlandese stretto e James strabuzzò gli occhi stupefatto “Come non puoi, amore?”
Mi guardai intorno, cercando di trovare un coraggio che non avevo in quel momento e biascicai “Io ho paura di deluderti”.
Sul viso di James comparve un sorriso e mi abbracciò “Ti ricordi il giorno in cui ci siamo conosciuti?”
“E chi se lo dimentica!” dissi io imbarazzata “Mi ero appena fermata con la macchina davanti a un bar, a causa del fatto che mi ero dimenticata di fare benzina. Tu eri a berti un cappuccino, chiacchierando con il barista”
 “Ad un certo punto sei entrata nel bar, tutta trafelata, chiedendo al gestore del locale se potevi fare una telefonata e io ho capito subito che non dovevo lasciarti scappare. Tutti abbiamo delle paure insormontabili, ma si superano insieme”
“E se io dovessi deluderti? Se poi ti do false speranze, se…?”
“Quanti sé e quanti ma” scosse la testa e mi diede un bacio sulla fronte “Iniziamo io e te a costruire la nostra strada insieme, ciottolo dopo ciottolo. Le cose si superano con il tempo, non tormentiamoci prima del tempo” il suo sguardo si rivolse verso fuori e disse “Poi abbiamo un ospite speciale”
Mi girai e vidi un piccolo gattino nero avanzare lungo la navata. Commossa, lo riconobbi. Era Nereo, un gatto nero che spuntava quando ero triste, un mio motivatore felino. Non sapevo, dove vivesse, come facesse a capire dove mi trovavo, ma ogni volta che ero triste e sconsolata, o non mi sentivo all’altezza delle aspettative, bè lui spuntava e mi faceva dimenticare le mie insicurezze e paure.  Avanzò con fare elegante e incominciò a strusciarsi sul mio vestito e su quello di James e dopo fece cadere il cuscino di seta con le fedi nuziali. Il giovane paggetto lo inseguì furibondo, io scoppiai a ridere e Nereo si fermò davanti a me con i due anelli. Li presi sorridendo e Nereo ne approfittò per darmi un bacino.
“La felicità è un piccolo gatto nero sbucato dal nulla” affermò James e dopo mi coinvolse in un bacio che cancellò tutte le mie paure e inquietudini.
Con la coda dell’occhio vidi Nereo miagolare e dopo andarsene via. Aveva svolto il suo lavoro. Padre Federico incrociò le braccia “Posso considerare un sì da parte tua?”
Guardai James, gli accarezzai la barba e annuii “Sì”.
Lui mi mise la fede al dito “Anche per me è sì”.
Poi il matrimonio si svolse come nella migliore favola mai immaginata dall’uomo. Non tutti i giorni sarebbero stati gli stessi, alcuni sarebbero stati difficili e incomprensibili, ma James aveva ragione sul fatto che dovevamo costruire la nostra vita ciottolo dopo ciottolo. Ah sì…
“Con valore verso le stelle”
E il mio angelo e la mia stella erano lì.

 
  
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