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Autore: writinglove    18/04/2014    2 recensioni
E se l'apocalisse fosse arrivata?Se il male avesse raggiunto un paesino nello stato dell'Ohio?Se in una giornata qualunque,la vita di una ragazza qualunque fosse stata sconvolta nel peggiore dei modi?
Dalla storia :
L’azzurro si mischiò al nero per un istante interminabile,e quel nero non era l’oscurità della notte nella quale eravamo entrambe avvolte. Io non la stavo guardando e lei non mi stava guardando. La verità era che in quell’istante fermo nel tempo,che in quell’attimo pieno d’infinito e di emozioni,noi stavamo leggendo. […] Prima ancora che potessi capire altro,che un’ennesima certezza mi sfuggisse di mano,smisi di leggere. Ed era troppo quel che avevo visto,era tutto troppo…ogni cosa sapeva di una piacevole ed allettante esagerazione. Ma c’era una cosa che non mi scivolò via dalle mani come fosse semplice fumo,un’unica certezza imprescindibile : in quell’attimo la mia esistenza aveva ripreso ad esistere,ed il mio cuore a battere.
Genere: Drammatico, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Between the hungry

In viaggio verso il sole .

Viaggiavamo ormai da ore e la notte cominciava a calare. Eravamo circondati da un paesaggio a dir poco inverosimile e non c’era un’anima che avessimo incontrato in quello schifo di strada. La maggior parte delle macchine erano state abbandonate nella corsia principale e per alcuni tratti eravamo stati costretti a viaggiare in quella opposta,sempre veloci,con la paura di chi stava fuggendo da qualcosa o da qualcuno. Noah mi aveva convinta,o meglio,aveva insistito talmente tanto che non avevo avuto neppure la forza per opporre resistenza. Forse era stata la cosa giusta. Restare lì,bloccati in una casa con qualche mobile e una sottile porta a dividerci da quelle cose,sarebbe stato pericoloso. Non avevamo più nulla,nessun motivo,neppure una persona che ci tenesse ancora legati a quel posto,e la cosa faceva male,ma male da morire.Faceva male il semplice pensiero che poco distante da quell’abitazione si trovasse il quartiere nel quale ero cresciuta,la casa per la quale ero finita a lavorare in una misera bettola o le persone che conoscevo da una vita e che ogni mattina mi salutavano amichevoli raccontandomi i loro problemi o ogni tipo di novità…la mia vecchia scuola,il bar dei Ross dove facevamo colazione io e Josh,la chiesa nella quale si recavano ogni domenica mia madre e mio padre,il supermarket poco distante da lì nel quale Lucas faceva la spesa in cambio di qualche soldo da mia madre…tutto morto,tutto ridotto in misera polvere. Era questa la cosa che faceva più male : la consapevolezza che tutto quel che avevamo vissuto fino a quel momento,che la nostra realtà,che le nostre intere vite erano ormai distrutte,distrutte da qualcosa di inimmaginabile. Avevo così tanta rabbia dentro,che la tentazione di fermare la corsa di Noah,ed andare in strada a caccia di quelle cose,era stata tanta e a stento ero riuscita a controllarla. Ero anche schifata,disgustata ed attanagliata da un senso di nausea che da giorni non andava via. Ero stanca,eppure non mi riusciva di chiudere gli occhi per più di qualche ora. Mi ero osservata allo specchietto della macchina e non avevo visto altro che due occhi scuri ed arrossati e delle grosse occhiaie bluastre a marcare la pelle con prepotenza. Non facevo una doccia da due giorni ormai,e mi sentivo sudicia in quei vestiti sudati che non avevo avuto voglia di cambiare prima della partenza. Sì,ero disgustosa come non lo ero mai stata nella mia vita,ma quando in testa non hai altro che l’immagine del tuo ragazzo che vaga in cerca di carne umana,quella della tua migliore amica divorata da suo padre,o immagini quella dei tuoi genitori che circondati ed impotenti crollano sotto la debole forza di quelle cose,lavarti e cambiarti è l’ultimo dei tuoi problemi. Forse se l’avessi fatto,se mi fossi ripulita dallo schifo che avevo addosso,sarei tornata a sentirmi “umana”,ma ultimamente mi sfuggiva parecchio il concetto di umanità. Così me ne stavo buttata addosso allo sportello dell’auto con il finestrino abbassato,il mio disgusto,la mia rabbia,e l’immancabile senso di nausea. Non parlavo,tenevo gli occhi chiusi e continuavo ad immaginare che tutto quello non fosse altro che un sogno.

«Lucas sta dormendo» mi disse Noah,lanciando un’occhiata allo specchietto retrovisore.

Annuii debolmente.

La cosa che mi infastidiva di più era il fatto che la mia preoccupazione non riusciva a prendere il sopravvento sulla rabbia. Me ne stavo lì,a covare rancore per il mondo,quando mio fratello non apriva bocca da almeno un giorno e non faceva altro che dormire. A volte avevo il sospetto che fingesse di dormire per non essere costretto a parlarci. Non potevo fare a meno di sentire riecheggiare dentro di me la frase :” che razza di sorella sei?”. Probabilmente non avevo abbastanza forza per tutti e due…probabilmente ero così debole che a malapena avevo la forza necessaria per continuare a vivere quell’assurdo incubo senza prendere il fucile e spararmi un colpo alla testa.

«Quando si sveglia dovresti parlargli».

Lanciai un’occhiataccia al ragazzo «per dirgli cosa?Eh?Caro fratellino siamo in viaggio da ore verso una cazzo di città e non si sa se domani saremo ancora vivi perché le persone sono diventate dei mostri affamati di carne umana?»

Noah mi guardò e scosse la testa pieno di disappunto. Era chiaro quanto io e lui avessimo reagito diversamente alla cosa. Lui pareva farsi forza,in qualche modo,per andare avanti e trovare la speranza che non gli permettesse di abbandonarsi a se stesso. Io,invece,non vedevo alcuna speranza,alcun domani…niente di niente,se non la miseria e lo schifo nel quale eravamo. Invidiavo quella sua forza,ma non potevo fare a meno di pensare che quel briciolo di speranza che gli era rimasta fosse legata al fatto che in quel mondo non avesse perso tutto. Sua madre era seduta dietro,appisolata anche lei,con il fucile stretto tra le gambe.

«Dovresti dargli il buon esempio,Sant…»

«Cazzo!» strillai furiosa,interrompendolo «Non dirmi cosa devo fare,ok?Non ti azzardare!Apri gli occhi Puckerman!Cristo santo,che cosa pensi che succederà,eh?E’ tutto finito!E’ tutto finito!Come pensi che riusciremo a sopravvivere,come?!»

Noah mi guardò con gli occhi sgranati e l’espressione dura e la bocca serrata,poi si riprese dal suo stupore e cominciò ad ignorare la strada,fulminandomi con lo sguardo.

«’Fanculo!» sbottai,spostando lo sguardo dal suo viso.

La macchina si fermò di colpo. Guardai la strada,ma era pulita,non c’erano gli affamati e neppure macchine a bloccare il passaggio,e allora perché si era fermato?

«Scendi» disse serio il ragazzo.

Lo guardai piena di stupore «cosa?!»

«Scendi» ripeté lui con una calma da far gelare il sangue nelle vene.

Non sapevo cosa dire…ero spiazzata,senza parole. Scossi la testa.

«Ti ho detto di scendere da questa cazzo di macchina!» urlò pieno di rabbia,con il viso che era diventato una maschera terrificante «Vuoi farti ammazzare?!E allora scendi!»

Ero del tutto basita ed impaurita da quella sua reazione improvvisa.

«Non ho detto che voglio farmi ammazzare!» strillai di rimando.

Lui continuò a guardarmi nero in viso,con le labbra serrate e gli occhi lucidi a tradirlo appena.

«Se non credi che possiamo sopravvivere,se non credi che in quella fottutissima città possa trovare il mio amico ancora vivo,se non credi che questa situazione possa risolversi,scendi!» si avvicinò al mio viso con fare minaccioso,ma fu facile capire che la sua rabbia stava decrescendo lentamente «Vuoi andare a fare la stronza in mezzo a quelle cose,eh?!Vuoi andare ad ammazzarle tutte?E’ questo che vuoi?Prendi quel cazzo di fucile e vai allora,nessuno ti costringe a restare qui a perdere tempo con noi,ma non ti permetterò di mettere in pericolo gli altri perché tu hai deciso che la tua vita sia già finita».

Dio…ero di nuovo senza parole. Scossi la testa. Come facevano male quelle maledette parole,mi stavano distruggendo dentro,e la prova di quel dolore interno furono le lacrime che in un attimo cominciarono ad inumidirmi il viso.

«Sei incazzata con il mondo,sei incazzata con te stessa perché tua madre è andata a cercarti in quel casino,sei incazzata con quelle cose perché ti hanno portato via la persona che amavi,sei incazzata con Dio,ma no…non permetterti di sfogare la tua rabbia su di me e su quel che sto cercando di fare!Ok?Vi ho salvato il culo in quella strada,e pretendo almeno un minimo di rispetto. Soltanto perché non mi piango addosso e non me ne sto con il fucile puntato alla tempia,non vuol dire che debba essere aggredito da te!Sto reagendo,sto cercando di sopravvivere e di far sopravvivere voi altri,ed è esattamente quello che dovresti fare tu. Abbiamo perso tutti qualcosa,tutti!Pensi che io sia felice,eh?!Pensi che lo sia?Sono stato al fresco per quasi un anno,e quando torno mi ritrovo in una situazione inimmaginabile…mi ritrovo il mio migliore amico divorato sotto gli occhi e l’intera città che nel giro di un’ora impazzisce. Non è difficile solo per te!Non sei l’unica al mondo a soffrire e ad avere perso le persone che amavi,perciò non fare la stronza!»

Noah mi guardava pieno di rabbia,ma nascondeva però una grande fragilità. Era sul punto di piangere,lo vedevo,eppure non lo avrebbe permesso. Io,invece,scuotevo la testa tra i singhiozzi e cercavo inutilmente di evitare il suo sguardo. Sapevo che aveva ragione,ma l’ammetterlo a me stessa faceva troppo male. Tremavo,mi sentivo male. Non capivo se fossero i singhiozzi a scuotermi in quel modo,oppure i brividi di freddo che percepivo in tutto il corpo. La nausea che avevo provato per giorni interi era aumentata improvvisamente,e sentivo di stare per vomitare. Mi passai le mani sul viso ad asciugarmi le lacrime,con il respiro che diventava sempre più affannoso. Mi portai una mano sul petto ed avvertii il battito del mio cuore impazzito,poi cominciai a sudare freddo,e a provare un senso di…un panico incredibile,una paura che mi immobilizzava così come immobilizzava il petto che mi faceva male nel momento in cui respiravo.

«Stai bene?!» chiese Puckerman preoccupato «Dio,sei sbiancata Santana».

Scossi la testa. Le lacrime scendevano veloci,ed io ansimavo senza avere la minima capacità di parlare. Spalancai la bocca e nonostante quel maledetto dolore al petto,mi costrinsi a respirare. Il cuore batteva velocissimo,e per un attimo pensai che sarebbe esploso. Mi sembrava di stare per soffocare,di stare per morire…tutto era offuscato e avevo paura perché il mio corpo continuava a tremare e ad avvertire freddo,senza che io potessi fare niente. Cercai di deglutire,ma la saliva non scendeva giù. Stavo morendo…stavo morendo soffocata.

Noah scese velocemente dalla macchina,così come fece sua madre e corsero entrambi ad aprirmi lo sportello.

«Cos’hai San?» mi chiese mio fratello,che doveva essersi svegliato dopo tutte quelle grida.

Noah aveva la fronte corrugata,e mi toccò con il dorso della mano una guancia.

«Credo sia un attacco di panico» affermò il ragazzo continuando ad osservarmi pieno di apprensione «respira Santana,calmati. E’ tutto ok,stringimi la mano».

Afferrai la sua mano,ma non avevo la forza per stringerla bene. Stavo morendo…non c’era dubbio,stavo morendo. Sentivo le pulsazioni esplodermi in gola,e ansimavo,perché sentivo che l’aria non era abbastanza…no…soffocavo.

«Guardami» mi disse Noah,chinato,poco distante dal mio viso «shhh…è tutto ok,è tutto ok. Chiudi gli occhi e immagina il posto più bello che ti vieni in mente. Ci sei?» domandò poco dopo.

Annuii senza osservarlo. Era una radura meravigliosa,con l’erba di un verde incantevole e tanti piccoli fiorellini rosa che spuntavano qua e là,dando un tocco di colore a quella perfezione. Davanti a me c’era una cascata rumorosa con dell’acqua limpidissima e apparentemente fresca,invitante,che ricadeva delicata in un laghetto da cui si intravedeva il fondo. C’era il sole,un gran sole a baciare la mia pelle e ad illuminare quello spettacolo di natura.

«Tu sei lì,e tieni per mano Josh. State camminando,tu gli sorridi e lui ti sussurra che ti ama».

Lo vidi nitidamente nella mia testa. Quei capelli scuri un po’ disordinati,la sua bocca che mi sfiora l’orecchio e il suo fiato sul collo mentre mi dice quelle parole sincere e piene d’amore. Poi io rido,gli rispondo che lo amo,e le nostre labbra si toccano.

Presi un grosso respiro,con gli occhi ancora chiusi e le ciglia fradice,e sentii che tutto quel dolore stava passando. Avevo smesso di tremare,non sudavo più,ma sentivo ancora freddo. Il petto faceva ancora male,ma non come prima.

«Come ti senti?» mi chiese il ragazzo che ancora mi stringeva la mano.

Aprii gli occhi «sta passando» risposi con un filo di voce.

Singhiozzai,mi stropicciai gli occhi,e poi tornai a respirare normalmente. Era finito. Lucas mi toccò una spalla da dietro,io mi voltai e gli sorrisi. Noah mi osservò un’ultima volta,poi tornò in macchina e lo stesso fece sua madre. Era buio,e quell’oscurità non faceva altro che accentuare  la stanchezza che avvertivo in ogni fibra del corpo. Era come se il mio petto fosse stato svuotato e la debolezza si fosse mischiata al sollievo. Sentivo che avrei anche potuto dormire,che forse quella notte ci sarei riuscita.

«Fermiamoci qui» disse Puckerman «domani mattina proseguiremo. Dovremmo raggiungere New York per mezzo giorno».

Mi sforzai di annuire.

«Tutto passato?» chiese il ragazzo voltandosi verso di me.

«Sì» risposi piano.

«Mi dispiace di averti urlato in quel modo…sono stato un pezzo di merda».

Io sorrisi «lo sei stato,ma avevi ragione».

Anche lui sorrise «resterò io di guarda stanotte, tu cerca di dormire».

«Grazie».

Il ragazzo afferrò il fucile,aprì lo sportello ed uscì. Io gli lanciai un’ultima occhiata,ringraziandolo di nuovo mentalmente,poi sfiorai il ciondolo della collana che indossavo ed appoggiai la testa allo sportello. Chiusi gli occhi,feci un ultimo e profondo respiro,e mi ritrovai di nuovo in quella radura. Le mie labbra toccavano le sue,lui teneva le mani attorno alla mia vita,e il sole non smetteva di brillare. Avevo bisogno del sole,avevo bisogno che i raggi mi sfiorassero come facevano quelli candidamente,e invece c’era il buio. Forse presto avrei ritrovato il mio sole,forse New York mi avrebbe riservato un po’ del calore che credevo non avrei mai più conosciuto. Da quel momento in poi avrei tenuto bene a mente quel singolo pensiero. Forse quel viaggio ci avrebbe regalato qualcosa...la vita non poteva solo privare e mai concedere,no?

Ti prego sole,baciami.


Ed eccoci alla fine di un altro capitolo. Ma quanto è difficile sopravvivere in un mondo infestato da zombie?Non si parla solo di una difficoltà di tipo pratico,ma anche delle problematiche che la persona (in questo caso Santana) si porta poi con sè. La nostra povera Santana si è ritrovata a lottare con uno dei più pericolosi mali : il panico. Beh,questo è soltanto l'inizio del viaggio che i nostri protagonisti hanno intrapreso,ma ancora molto dovrà succedere...

Per gli amanti del Brittana mi sento in dovere di suggerire una cosa : leggente attentamente la parte finale del capitolo. A buon intenditor poche parole...

Alla prossima gente!Scrivetemi le vostre impressioni nelle recensioni,vi aspetto lì ed ovviamente nel prossimo capitolo ...a presto!

  
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