Between the hungry
In viaggio verso il sole .
Viaggiavamo
ormai da ore e la notte cominciava a calare. Eravamo circondati da un
paesaggio
a dir poco inverosimile e non c’era un’anima che
avessimo incontrato in quello
schifo di strada. La maggior parte delle macchine erano state
abbandonate nella
corsia principale e per alcuni tratti eravamo stati costretti a
viaggiare in
quella opposta,sempre veloci,con la paura di chi stava fuggendo da
qualcosa o
da qualcuno. Noah mi aveva convinta,o meglio,aveva insistito talmente
tanto che
non avevo avuto neppure la forza per opporre resistenza. Forse era
stata la
cosa giusta. Restare lì,bloccati in una casa con qualche
mobile e una sottile
porta a dividerci da quelle cose,sarebbe stato pericoloso. Non avevamo
più
nulla,nessun motivo,neppure una persona che ci tenesse ancora legati a
quel
posto,e la cosa faceva male,ma male da morire.Faceva male il semplice
pensiero che poco
distante da quell’abitazione si trovasse il quartiere nel
quale ero
cresciuta,la casa per la quale ero finita a lavorare in una
misera
bettola o le persone che
conoscevo da una vita e che ogni mattina mi salutavano amichevoli
raccontandomi
i loro problemi o ogni tipo di novità…la mia
vecchia scuola,il bar dei Ross
dove facevamo colazione io e Josh,la chiesa nella quale si recavano
ogni
domenica mia madre e mio padre,il supermarket poco distante da
lì nel quale
Lucas faceva la spesa in cambio di qualche soldo da mia
madre…tutto morto,tutto
ridotto in misera polvere. Era questa la cosa che faceva più
male : la
consapevolezza che tutto quel che avevamo vissuto fino a quel
momento,che la
nostra realtà,che le nostre intere vite erano ormai
distrutte,distrutte da
qualcosa di inimmaginabile. Avevo così tanta rabbia
dentro,che la tentazione di
fermare la corsa di Noah,ed andare in strada a caccia di quelle
cose,era stata
tanta e a stento ero riuscita a controllarla. Ero anche
schifata,disgustata ed
attanagliata da un senso di nausea che da giorni non andava via. Ero
stanca,eppure non mi riusciva di chiudere gli occhi per più
di qualche ora. Mi
ero osservata allo specchietto della macchina e non avevo visto altro
che due
occhi scuri ed arrossati e delle grosse occhiaie bluastre a marcare la
pelle
con prepotenza. Non facevo una doccia da due giorni ormai,e mi sentivo
sudicia
in quei vestiti sudati che non avevo avuto voglia di cambiare prima
della
partenza. Sì,ero disgustosa come non lo ero mai stata nella
mia vita,ma quando
in testa non hai altro che l’immagine del tuo ragazzo che
vaga in cerca di
carne umana,quella della tua migliore amica divorata da suo padre,o
immagini
quella dei tuoi genitori che circondati ed impotenti crollano sotto la
debole
forza di quelle cose,lavarti e cambiarti è
l’ultimo dei tuoi problemi. Forse se
l’avessi fatto,se mi fossi ripulita dallo schifo che avevo
addosso,sarei
tornata a sentirmi “umana”,ma ultimamente mi
sfuggiva parecchio il concetto di
umanità. Così me ne stavo buttata addosso allo
sportello dell’auto con il
finestrino abbassato,il mio disgusto,la mia rabbia,e
l’immancabile senso di
nausea. Non parlavo,tenevo gli occhi chiusi e continuavo ad immaginare
che
tutto quello non fosse altro che un sogno.
«Lucas
sta
dormendo» mi disse Noah,lanciando un’occhiata allo
specchietto retrovisore.
Annuii
debolmente.
La cosa che
mi infastidiva di più era il fatto che la mia preoccupazione
non riusciva a
prendere il sopravvento sulla rabbia. Me ne stavo lì,a
covare rancore per il
mondo,quando mio fratello non apriva bocca da almeno un giorno e non
faceva
altro che dormire. A volte avevo il sospetto che fingesse di dormire
per non
essere costretto a parlarci. Non potevo fare a meno di sentire
riecheggiare
dentro di me la frase :” che razza di sorella
sei?”. Probabilmente non avevo
abbastanza forza per tutti e due…probabilmente ero
così debole che a malapena
avevo la forza necessaria per continuare a vivere
quell’assurdo incubo senza
prendere il fucile e spararmi un colpo alla testa.
«Quando
si
sveglia dovresti parlargli».
Lanciai
un’occhiataccia al ragazzo «per dirgli cosa?Eh?Caro
fratellino siamo in viaggio
da ore verso una cazzo di città e non si sa se domani saremo
ancora vivi perché
le persone sono diventate dei mostri affamati di carne umana?»
Noah mi
guardò e scosse la testa pieno di disappunto. Era chiaro
quanto io e lui
avessimo reagito diversamente alla cosa. Lui pareva farsi forza,in
qualche
modo,per andare avanti e trovare la speranza che non gli permettesse di
abbandonarsi a se stesso. Io,invece,non vedevo alcuna speranza,alcun
domani…niente di niente,se non la miseria e lo schifo nel
quale eravamo.
Invidiavo quella sua forza,ma non potevo fare a meno di pensare che
quel
briciolo di speranza che gli era rimasta fosse legata al fatto che in
quel
mondo non avesse perso tutto. Sua madre era seduta dietro,appisolata
anche
lei,con il fucile stretto tra le gambe.
«Dovresti
dargli il buon esempio,Sant…»
«Cazzo!»
strillai furiosa,interrompendolo «Non dirmi cosa devo
fare,ok?Non ti
azzardare!Apri gli occhi Puckerman!Cristo santo,che cosa pensi che
succederà,eh?E’ tutto finito!E’ tutto
finito!Come pensi che riusciremo a
sopravvivere,come?!»
Noah mi
guardò con gli occhi sgranati e l’espressione dura
e la bocca serrata,poi si riprese
dal suo stupore e cominciò ad ignorare la
strada,fulminandomi con lo sguardo.
«’Fanculo!»
sbottai,spostando lo sguardo dal suo viso.
La macchina
si fermò di colpo. Guardai la strada,ma era pulita,non
c’erano gli affamati e
neppure macchine a bloccare il passaggio,e allora perché si
era fermato?
«Scendi»
disse
serio il ragazzo.
Lo guardai
piena di stupore «cosa?!»
«Scendi»
ripeté lui con una calma da far gelare il sangue nelle vene.
Non sapevo
cosa dire…ero spiazzata,senza parole. Scossi la testa.
«Ti ho
detto
di scendere da questa cazzo di macchina!» urlò
pieno di rabbia,con il viso che
era diventato una maschera terrificante «Vuoi farti
ammazzare?!E allora
scendi!»
Ero del
tutto basita ed impaurita da quella sua reazione improvvisa.
«Non
ho
detto che voglio farmi ammazzare!» strillai di rimando.
Lui
continuò
a guardarmi nero in viso,con le labbra serrate e gli occhi lucidi a
tradirlo
appena.
«Se
non
credi che possiamo sopravvivere,se non credi che in quella fottutissima
città
possa trovare il mio amico ancora vivo,se non credi che questa
situazione
possa risolversi,scendi!» si avvicinò al mio viso
con fare minaccioso,ma fu
facile capire che la sua rabbia stava decrescendo lentamente
«Vuoi andare a
fare la stronza in mezzo a quelle cose,eh?!Vuoi andare ad ammazzarle
tutte?E’
questo che vuoi?Prendi quel cazzo di fucile e vai allora,nessuno ti
costringe a
restare qui a perdere tempo con noi,ma non ti permetterò di
mettere in pericolo
gli altri perché tu hai deciso che la tua vita sia
già finita».
Dio…ero
di
nuovo senza parole. Scossi la testa. Come facevano male quelle
maledette
parole,mi stavano distruggendo dentro,e la prova di quel dolore interno
furono
le lacrime che in un attimo cominciarono ad inumidirmi il viso.
«Sei
incazzata con il mondo,sei incazzata con te stessa perché
tua madre è andata a
cercarti in quel casino,sei incazzata con quelle cose perché
ti hanno portato
via la persona che amavi,sei incazzata con Dio,ma no…non
permetterti di sfogare
la tua rabbia su di me e su quel che sto cercando di fare!Ok?Vi ho
salvato il
culo in quella strada,e pretendo almeno un minimo di rispetto. Soltanto
perché
non mi piango addosso e non me ne sto con il fucile puntato alla
tempia,non
vuol dire che debba essere aggredito da te!Sto reagendo,sto cercando di
sopravvivere e di far sopravvivere voi altri,ed è
esattamente quello che
dovresti fare tu. Abbiamo perso tutti qualcosa,tutti!Pensi che io sia
felice,eh?!Pensi che lo sia?Sono stato al fresco per quasi un anno,e
quando
torno mi ritrovo in una situazione inimmaginabile…mi ritrovo
il mio
migliore amico divorato sotto gli occhi e l’intera
città che nel giro di un’ora
impazzisce. Non è difficile solo per te!Non sei
l’unica al mondo a soffrire e
ad avere perso le persone che amavi,perciò non fare la
stronza!»
Noah mi
guardava pieno di rabbia,ma nascondeva però una grande
fragilità. Era sul punto
di piangere,lo vedevo,eppure non lo avrebbe permesso.
Io,invece,scuotevo la
testa tra i singhiozzi e cercavo inutilmente di evitare il suo sguardo.
Sapevo
che aveva ragione,ma l’ammetterlo a me stessa faceva troppo
male. Tremavo,mi
sentivo male. Non capivo se fossero i singhiozzi a scuotermi in quel
modo,oppure i brividi di freddo che percepivo in tutto il corpo. La
nausea
che avevo provato per giorni interi era aumentata improvvisamente,e
sentivo di
stare per vomitare. Mi passai le mani sul viso ad asciugarmi le
lacrime,con il
respiro che diventava sempre più affannoso. Mi portai una
mano sul petto ed
avvertii il battito del mio cuore impazzito,poi cominciai a sudare
freddo,e a
provare un senso di…un panico incredibile,una paura che mi
immobilizzava così
come immobilizzava il petto che mi faceva male nel momento in cui
respiravo.
«Stai
bene?!» chiese Puckerman preoccupato «Dio,sei
sbiancata Santana».
Scossi la
testa. Le lacrime scendevano veloci,ed io ansimavo senza avere la
minima
capacità di parlare. Spalancai la bocca e nonostante quel
maledetto dolore al
petto,mi costrinsi a respirare. Il cuore batteva velocissimo,e per un
attimo
pensai che sarebbe esploso. Mi sembrava di stare per soffocare,di stare
per morire…tutto
era offuscato e avevo paura perché il mio corpo continuava a
tremare e ad
avvertire freddo,senza che io potessi fare niente. Cercai di
deglutire,ma la
saliva non scendeva giù. Stavo morendo…stavo
morendo soffocata.
Noah scese
velocemente dalla macchina,così come fece sua madre e
corsero entrambi ad
aprirmi lo sportello.
«Cos’hai
San?» mi chiese mio fratello,che doveva essersi svegliato
dopo tutte quelle
grida.
Noah aveva
la fronte corrugata,e mi toccò con il dorso della mano una
guancia.
«Credo
sia
un attacco di panico» affermò il ragazzo
continuando ad osservarmi pieno di
apprensione «respira Santana,calmati. E’ tutto
ok,stringimi la mano».
Afferrai la
sua mano,ma non avevo la forza per stringerla bene. Stavo
morendo…non c’era
dubbio,stavo morendo. Sentivo le pulsazioni esplodermi in gola,e
ansimavo,perché sentivo che l’aria non era
abbastanza…no…soffocavo.
«Guardami»
mi disse Noah,chinato,poco distante dal mio viso
«shhh…è tutto ok,è tutto ok.
Chiudi gli occhi e immagina il posto più bello che ti vieni
in mente. Ci sei?»
domandò poco dopo.
Annuii senza
osservarlo. Era una radura meravigliosa,con l’erba di un
verde incantevole e
tanti piccoli fiorellini rosa che spuntavano qua e là,dando
un tocco di colore
a quella perfezione. Davanti a me c’era una cascata rumorosa
con dell’acqua
limpidissima e apparentemente fresca,invitante,che ricadeva delicata in
un
laghetto da cui si intravedeva il fondo. C’era il sole,un
gran sole a baciare
la mia pelle e ad illuminare quello spettacolo di natura.
«Tu
sei lì,e
tieni per mano Josh. State camminando,tu gli sorridi e lui ti sussurra
che ti
ama».
Lo vidi
nitidamente nella mia testa. Quei capelli scuri un po’
disordinati,la sua bocca
che mi sfiora l’orecchio e il suo fiato sul collo mentre mi
dice quelle parole
sincere e piene d’amore. Poi io rido,gli rispondo che lo
amo,e le nostre labbra
si toccano.
Presi un
grosso respiro,con gli occhi ancora chiusi e le ciglia fradice,e sentii
che
tutto quel dolore stava passando. Avevo smesso di tremare,non sudavo
più,ma
sentivo ancora freddo. Il petto faceva ancora male,ma non come prima.
«Come
ti
senti?» mi chiese il ragazzo che ancora mi stringeva la mano.
Aprii gli
occhi «sta passando» risposi con un filo di voce.
Singhiozzai,mi
stropicciai gli occhi,e poi tornai a respirare normalmente. Era finito.
Lucas
mi toccò una spalla da dietro,io mi voltai e gli sorrisi.
Noah mi osservò
un’ultima volta,poi tornò in macchina e lo stesso
fece sua madre. Era buio,e
quell’oscurità non faceva altro che accentuare
la stanchezza che avvertivo in ogni fibra del corpo. Era
come se il mio
petto fosse stato svuotato e la debolezza si fosse mischiata al
sollievo.
Sentivo che avrei anche potuto dormire,che forse quella notte ci sarei
riuscita.
«Fermiamoci
qui» disse Puckerman «domani mattina proseguiremo.
Dovremmo raggiungere New
York per mezzo giorno».
Mi sforzai
di annuire.
«Tutto
passato?» chiese il ragazzo voltandosi verso di me.
«Sì»
risposi
piano.
«Mi
dispiace
di averti urlato in quel modo…sono stato un pezzo di
merda».
Io sorrisi
«lo
sei stato,ma avevi ragione».
Anche lui
sorrise «resterò io di guarda stanotte, tu cerca
di dormire».
«Grazie».
Il ragazzo
afferrò il fucile,aprì lo sportello ed
uscì. Io
gli lanciai un’ultima occhiata,ringraziandolo di nuovo
mentalmente,poi sfiorai
il ciondolo della collana che indossavo ed appoggiai la testa allo
sportello.
Chiusi gli occhi,feci un ultimo e profondo respiro,e mi ritrovai di
nuovo in
quella radura. Le mie labbra toccavano le sue,lui teneva le mani
attorno alla
mia vita,e il sole non smetteva di brillare. Avevo bisogno del
sole,avevo
bisogno che i raggi mi sfiorassero come facevano quelli candidamente,e
invece c’era il buio.
Forse presto avrei ritrovato il mio sole,forse New York mi avrebbe
riservato un
po’ del calore che credevo non avrei mai più
conosciuto. Da quel momento in poi avrei tenuto bene a mente quel
singolo pensiero. Forse quel viaggio ci avrebbe regalato qualcosa...la
vita non poteva solo privare e mai concedere,no?
Ti prego sole,baciami.
Ed eccoci alla fine di un altro capitolo. Ma quanto è difficile sopravvivere in un mondo infestato da zombie?Non si parla solo di una difficoltà di tipo pratico,ma anche delle problematiche che la persona (in questo caso Santana) si porta poi con sè. La nostra povera Santana si è ritrovata a lottare con uno dei più pericolosi mali : il panico. Beh,questo è soltanto l'inizio del viaggio che i nostri protagonisti hanno intrapreso,ma ancora molto dovrà succedere...
Per gli amanti del Brittana mi sento in dovere di suggerire una cosa : leggente attentamente la parte finale del capitolo. A buon intenditor poche parole...
Alla prossima
gente!Scrivetemi le vostre impressioni nelle recensioni,vi aspetto
lì ed ovviamente nel prossimo capitolo ...a presto!