Dedico
questa cosina ad
un cupcake
in particolare :3
Grazie
per i prompt,
spero di non deluderti ç.ç
I piu' belli
del mondo
“Eccolo,
ci siamo!” pensò Stiles,
non appena la longilinea Chevy Camaro nera ebbe svoltato nel parcheggio
dell’asilo.
Tutti i suoi bambini aspettavano davanti al portone tenendosi per mano,
come
lui gli aveva insegnato. Era importante che quei piccoli vulcani
stessero buoni
buoni, almeno in quel momento, sotto gli occhi dei genitori orgogliosi
che li
venivano a prendere.
Stiles
aveva sempre ritenuto poco
professionale l’idea di uscire con uno di loro, ma
Derek… beh, Derek era lo zio
di Arya e costituiva la sua unica, clamorosa eccezione. Non che ci
uscisse con
lui, purtroppo. Non ancora.
Di
recente erano diventate rare
le volte in cui era mamma Laura a portare la piccola a casa, e Stiles
non
poteva che essere grato a qualunque fosse la causa di quel cambiamento.
La carrozzeria
dell’auto scintillava sotto i raggi del sole caldo di primo
pomeriggio e Derek
uscì dall’abitacolo stringendo in mano la sua
giacca di pelle. La infilò con
movimenti fluidi – Stiles che registrava ogni dettaglio da
lontano – e si avviò
verso il portico dell’asilo.
Arya
si alzò sulle punte delle
ballerine blu e cominciò ad ondeggiare felice sul posto,
riconoscendo lo zio.
Derek se ne accorse e la sua bocca si spalancò in un sorriso
scolpito nella
luce. La bambina si voltò verso il maestro Stiles per
chiedere il permesso, e
lui non poté fare altro che annuire con tenerezza. Arya
corse incontro al suo
bellissimo zio per saltargli fra le braccia. Lui scoppiò a
ridere,
sorreggendola con presa sicura e sfiorandole il naso con il suo.
«Guarda nel
mio taschino, tesoro. C’è qualcosa per
te…»
Gli
occhi di Arya si colmarono,
se possibile, di ancor maggiore gioia. Tastò la tasca con la
manina e trovò un
cioccolatino al latte che garantì a Derek lo squittio felice
della nipote e un
bacetto a fior di labbra.
Stiles,
col cuore di panna che si
ritrovava, rischiava di sciogliersi in lacrime da un momento
all’altro. Tutto quello
era di una dolcezza disarmante. Si ritrovò a sorridere,
commosso, senza
riuscire a smettere di osservare la scena. Gli occhi di Derek si
alzarono verso
di lui, per nessuna regione apparente, e lui si sentì le
guance andare a fuoco
come un bambino di cinque anni. Distolse lo sguardo perché
dovette aiutare il
piccolo Matty a chiudere lo zainetto nuovo, lui non lo faceva mai da
solo dato
che aveva paura di pizzicarsi le dita. Quando anche quella faccenda fu
sistemata, Stiles poté solo accorgersi che zio e nipote gli
davano già le
spalle. Sospirò e mise su la sua espressione più
cordiale mentre la mamma di Jonah
gli chiedeva se suo figlio quel giorno avesse fatto i capricci.
«Solo un po’,
signora. Non sia dura con lui, comincia ad abituarsi al nuovo
ambiente.» disse,
accarezzando il diretto interessato dalla testolina bionda.
Era
arrivata l’ora del disegno a
piacere. Un ritaglio di tempo scandito dalle canzoni dei cartoni
animati,
giusto dopo il pranzo, in cui i bambini potevano rilassarsi e dare
sfogo alla
loro fantasia. Spesso finivano con fare la gara a chi faceva il disegno
più
bello, sventolando i loro lavori sotto il naso del maestro Stiles. Lui,
dal
canto suo, sapeva quanto i pargoli ci tenessero, perciò si
prodigava ogni volta
ad interpretare quei capolavori d’arte moderna e a darne
giudizi entusiasti.
«Oh,
Shawn! Questo è un…» roteò
il foglio fra le mani, stringendo le labbra l’una contro
l’altra nel tentativo
di capire cosa volessero rappresentare quelle linee scomposte
«…cavallo? Sei tu
che vai al galoppo?»
Il
bambino scosse la testa e
ribatté, come se fosse la cosa più ovvia del
mondo: «Ma nooo! Quello è un robot
con la testa azzurra!»
«Oh,
accidenti, è vero! Come ho
potuto sbagliarmi? Scusami, Shawn.» si schernì
l’adulto, scuotendo la testa con
aria mortificata.
«Sciò
tutti!» esclamò una vocina,
facendosi largo fra i bambini che erano in fila alla cattedra.
«Arya!
Dovresti aspettare come
gli altri, non-» la riprese Stiles, troppo tardi per evitare
una sorta di
mini-zuffa fra lei e Louis. Si alzò e li separò
immediatamente, indurendosi
perché capissero che non era quello il modo di comportarsi.
«Non ci si mette le
mani addosso! Non voglio vedervi litigare, sono stato chiaro?»
I
due bambini continuarono a
guardarsi in cagnesco, Arya più battagliera che mai. Nel
frattempo tutti gli
altri erano tornati a sedersi, tristi perché il maestro si
era arrabbiato. «Sapete
cosa dovete fare, su…» aggiunse Stiles, in piedi
davanti ai due birbanti.
«Ma
è stata lei a cominciareee!»
si lamentò Louis.
«Non
è vero. Tu mi hai dato un
pizzicotto!» sbottò l’altra, ringhiando
come un piccolo lupo.
«Non
mi interessa chi ha
cominciato. Chiedete scusa. Adesso.» disse Stiles,
impassibile, una mano sulla
spalla di entrambi.
Dopo
un paio di scuse
bofonchiate, Louis raccolse dal pavimento il suo disegno e
tornò a posto
pestando i piedi. Arya, invece, non si mosse dalla cattedra.
«Maestro, devo
dirti una cosa importante.»
Stiles
tornò a sedersi e lei gli
fece cenno di chinarsi. Oh, evidentemente doveva trattarsi di una cosa
seria,
se Arya non voleva che nessun’altro ascoltasse. Con le mani a
coppa attorno all’orecchio
del maestro, la bambina sussurrò il suo segreto.
L’adulto
spalancò gli occhi,
esterrefatto. Doveva aver capito male, per forza. «Puoi
ripetere, tesoro?»
«Voglio
che diventi il fidanzato
di zio Derek.» ripeté lei, con maggior
convinzione, per poi guardarlo con un
sorrisetto sornione in attesa di risposta.
Stiles
scoppiò in una risatina
nervosa. «Io? Come mai?» A volte si convinceva
davvero che i bambini avessero
delle capacità di comprensione alquanto inquietanti.
«Perché
io dico sempre a zio che
sei il maestro più bello del mondo e lui ha detto che
è vero. E lui è lo zio
più bello del mondo, allora dovete essere i più
belli del mondo insieme!»
Per
quanto Stiles avesse da
ridire sulla spropositata bellezza che gli veniva attribuita, dovette
ammettere
che il ragionamento di Arya filava. Le accarezzò il mento
fra pollice e indice,
senza sapere cosa dire, e la bambina lo prese come un cenno di
approvazione.
Ok.
Decisamente non riusciva a
crederci. Era dentro la Camaro. Lui. Strinse la mano attorno alla pelle
del
sedile e la sentì scricchiolare al tocco, segno che doveva
essere vero, tutto
vero.
Si
girò ad osservare Derek alla
guida, gli occhiali da sole a conferirgli quell’aria da bello
e dannato. Non che
ne avesse bisogno, aveva quell’aria addosso a prescindere,
eccetto quando
sorrideva per la nipotina. Allora veniva fuori tutto il calore del suo
cuore, smisurato,
pieno di colore, e Stiles si riteneva fortunato abbastanza per essere
stato in
grado di coglierlo. Si lasciò sfuggire un sospiro mentre
rifletteva su quelle
cose.
Non
avrebbe mai pensato ad un
modo migliore per passare il suo giorno libero. Derek non parlava molto
e non
era più gentile del necessario, ma il modo schietto in cui
lo guardava e gli si
rivolgeva valeva più di ogni finta smanceria offerta in
cambio di un pomeriggio
di sesso facile. Stiles sperava davvero di aver superato quella fase
della sua
vita e di aver finalmente trovato un candidato serio, quello che
sarebbe potuto
diventare un fidanzato vero. E poi, dato non trascurabile, non aveva
intenzione
di deludere le fervide aspettative della piccola Arya.
«Mi
sa che gliene dobbiamo una.»
ragionò ad alta voce, per poi accorgersi – nel
panico – che forse era stato un
po’ avventato.
«Sì.
Il raggio di sole ha fatto
centro.» annuì invece Derek, piegando appena le
labbra in un sorrisetto sghembo
che Stiles stipò immediatamente nel cassetto mentale delle
meraviglie.