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Autore: mirandas    21/04/2014    2 recensioni
"Beh, Beatrice mi ha detto, che Lucia le ha detto che la Madonna le ha detto di dirle mentre era con Rachele…sì, insomma, mi manda Beatrice!" (Estratto dal capitolo 2)
Chi, leggendo la Divina Commedia, non ha mai pensato che gli svenimenti del nostro amato fiorentino fossero leggermente fittizzi? Per Dante, Beatrice passa in secondo piano di fronte alla fascinosa guida, anche se ci vorrà un po' di tempo: esattamente la durata di un periglioso tour fra inferno, purgatorio e paradiso. Buona lettura a tutti!
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Un po' tutti, Virgilio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eh eh eh. Pensavate che le sorprese fossero finite con ieri, vero? E invece no! Questa è la parte finale della vostra sorpresa pasquale! :D Questo canto, a differenza del precedente, è molto carino e diciamo che in assenza di D., I. si è lasciata un po' andatre con il pathos xD Le ho ricordato che stiamo scrivendo una PARODIA, quindi non esagererà troppo nei prossimi canti, però, secondo me, è bello che siano anche questi momenti di tensione in una storia! Ah, D. è tornata ieri e non ha tolto le scene di PATHOS, tranquilli xD (scusate l'improvviso sbalzo emotivo di Dante, come mi ha fatto notare una lettrice, la prossima volta ci accorderemo meglio fra noi xD). Come ho già scritto negli altri canti, sto aggiungendo le correzioni di D. ai canti 21-22-23 (non riesco ancora a credere di averne scritti tre di fila O.O)
Non so se qualcuno se n'è accorto ma ieri ho aggiunto due disegni di I. nel canto XII. Vi consiglio di andarli a vedere perchè sono fatti molto bene ed uno è a colori :)
Buona lettura a tutti e, mi raccomando, ringraziate I. per le descrizioni e il pathos! xD
Canto XXIII
 
Dante
 
“Leggero come una farfalla, Dante.” Disse Virgilio.
Ci spostavamo furtivamente come una coppia di frati minori dopo aver saltato l’ora di preghiera mattutina: procedevamo uno dietro l’altro, da soli, sperando che i demoni non ci raggiungessero. E a proposito di questi, l’episodio che era appena accaduto mi fece tornare in mente la favola di Esopo della rana e del topo, che mia madre era solita raccontarmi prima di andare a dormire. Per farla breve, la storia parla di una rana che si offre di dare un passaggio ad un topo per traghettare uno stagno. A metà percorso, però, la rana lega la coda del topo alla sua zampa e cerca di affogarlo. Ma ecco arrivare dal cielo un falco che, avendo visto il topo, si tuffa per afferrarlo e finisce col prendere anche la rana perché ha legato la coda del roditore alla sua zampa. Morale della favola: se fai del male rimani fregato.
Ripensandoci, non potevo fare a meno di paragonare il dannato alla rana, i demoni ai topi e la pece al falco.
La scena che immaginai era così buffa che quasi scoppiai a ridere ma, allo stesso tempo, mi riportò alla mente i dieci diavoli che ci eravamo lasciati alle spalle e mi gelai sul posto quando realizzai un cosa:
Ciampolo è riuscito ad ingannare i demoni perché noi gli abbiamo fatto guadagnare tempo ponendogli una domanda dopo l’altra. E se i diavoli adesso si volessero vendicare su di noi?!? Ci faranno a pezzi! Siamo finiti! Spacciati! Morti! Cioè… io sono morto, Virgilio ha già dato.
Mi si drizzarono tutti i peli per la paura. Il respiro mi si fece corto. Potevo già sentire i ferri acuminati penetrare nella mia carne, centimetro per centimetro, e strapparla, sbranarla, dilaniarla…lembo dopo lembo, ogni brandello di pelle, ogni tendine, ogni muscolo; avvertivo il dolore, l’ odore del sangue.
Boccheggiai in cerca di aria.
Impotenza.
Assoluta impotenza.
Non potevo muovermi, pensare, fuggire.
Puro terrore.
Ma il colpo di grazia fu il pensiero, improvviso e disarmante,  di dover essere costretto a guardare quei demoni mentre torturavano alla stessa maniera il mio adorato maestro.
Ritrovai a fatica la parola: “Maestro! Dobbiamo nasconderci da qualche parte prima che quei diavoli ci facciano a pezzi! Li sento, so che sono alle nostre spalle! Stanno per raggiungerci!” Mi afferrai la testa tra le mani. “Siamo perduti! Ed è tutta colpa mia, maestro!”.
Virgilio mi prese per le spalle, cominciò a massaggiarmele, cercando di calmarmi. “Va tutto bene, Dante, va tutto bene, calmati. Ho sentito la tua paura, non ho bisogno delle parole per capire i tuoi sentimenti. Non hai nulla da temere, ricordati che sopra tutto questo c’è il volere di qualcosa più grande di noi, più grande dei diavoli, più grande delle forze più oscure dell’Inferno. Stringi i denti, Dante. Resisti. Usciremo da qui. Vedi quell’argine sulla destra? Sembra poco ripido, perciò propongo di scendere da lì per sfuggire a quelle creature. Sei d’accordo?”
Non aveva nemmeno finito di illustrarmi il suo piano che vidi sopraggiungere i dieci demoni con le ali spiegate e ghigni feroci e diabolici sul volto. Tutte le mie speranze che non fossero arrabbiati per l’incidente con Ciampolo erano ormai evaporate. Volevano farci a pezzi!
Fu un attimo.
Virgilio mi abbracciò stretto a sé e si buttò dall’argine di pietra, lasciandosi scivolare lungo la parete scoscesa che chiudeva uno dei lati dell’altra bolgia.
Stretto fra le braccia del mio maestro, la testa incassata tra le spalle e i denti stretti, scorsi con la coda dell’occhio il terreno sassoso e irregolare scorrere celermente sotto di noi con forti scossoni e per un attimo temetti che ci saremmo spiaccicati al suolo. Ma in fondo non sarebbe stato così terribile, perché era Virgilio a stringermi, non un demone, né uno qualsiasi dei diavoli; ero lì, la testa contro il suo petto, potevo sentire…
Non sento nulla.
Raggiungemmo improvvisamente il suolo con un tonfo sordo e non ci fu tempo per altri pensieri. Mi morsi la lingua nell’ impatto. Rotolammo per qualche metro sulla roccia prima di fermarci. Ansimando, ci alzammo in piedi e sollevammo lo sguardo. I diavoli, nello stesso momento, avevano raggiunto la cima dell’argine sopra di noi; ma non c’era più motivo di temere: eravamo arrivati nella sesta bolgia, dove quelle creature non potevano più raggiungerci, grazie alle leggi dettate del Boss!
L’adrenalina che mi scorreva in corpo fece finalmente sentire il suo effetto: le gambe cominciarono a tremarmi e sarei caduto se il mio maestro non mi avesse afferrato per tempo. Mi lasciai andare per un attimo e restai appoggiato al petto di Virgilio.
Ancora nulla. Non mi ero ingannato dunque…
Certo che non senti nulla, stupido! E’ morto.
Morto…
…Morto…
Una lacrima solitaria rotolò giù per la mia guancia, ma Virgilio parve non accorgersene.
“Dante? Sei ancora vivo?” mi chiese con aria divertita.
“Penfo di fì, maestro.” Risposi sputacchiando sangue. Mi fermai in tempo prima di chiedere “e tu?”. Sarebbe stato parecchio imbarazzante. Una fitta dolorosa mi attraversò il petto, riportando a galla i miei pensieri di poco prima. Scossi la testa tentando di scacciarli. Guardai Virgilio. Era coperto di graffi e lividi sulle braccia nude e sugli stinchi; aveva un taglio aperto sul sopracciglio destro, ma non sanguinava.
“Sei ferito, maestro.” Osservai.
“Non è nulla Dante. Ormai poco importa per me. L’importante è che TU stia bene.”
Decisamente, lo faceva apposta.
Non risposi e distolsi lo sguardo. Sospirai pesantemente, come una fanciulla in preda a gravosi pensieri d’amore. E in effetti la mia situazione non era di molto differente. Aspettavo un confronto con la mia guida sui nostri sentimenti. In realtà erano passati a malapena due giorni dall’inizio del viaggio, ma poco importava. Il regno dell’oltretomba non è un luogo come tutti gli altri. La mia percezione del tempo risultava pesantemente alterata, avrei potuto affermare con assoluta certezza di essere là dentro da tempo immemorabile. Confusione era ogni ricordo, ogni memoria di quelle che erano state le mie vite precedenti.
Sono stato guerriero. Sono stato poeta. In un’altra vita. Ora sono pellegrino; un pellegrino dell’Ade. Per quanto ne so lo sono sempre stato. Sono nato nelle tenebre, fanciullo cieco, avanzo a tentoni tra le fauci dell’Orco.
E sono amante, un amante infelice, un amante perduto. Il mio amore si fonde con la morte; a colui che amo il cuore non batte più. La Tenebra lo avvinghia, la Terra lo chiama, il Limbo lo tiene legato a sé, pronto a richiamarlo quando giungerà l’ora.
No.
Non è questa l’ora, Dante.
Affronterai la questione sul momento. Non è tempo di abbattersi. Lo noterebbe.
Mentre ero perso in queste elucubrazioni, notai un gruppo di anime con l’abito dipinto, che procedeva in cerchio molto lentamente, in lacrime e stanchi. Portavano cappe con cappucci abbassati davanti agli occhi, fatti della stessa foggia tamarra che si usava nel monastero di Cluny. All’esterno erano dorate, così tanto da sciogliere gli occhi; dentro però erano tutte di piombo e così pesanti che al confronto quelle che usava Federico II, secondo una leggenda guelfa cui io credevo fermamente, sembravano essere fatte di paglia.
Noi ci voltammo a sinistra, assieme a loro, osservando la cupa processione che si dispiegava davanti ai nostri occhi. Non era di certo difficile stare al passo con loro, vista la lentezza dei loro movimenti, dovuta alla pesantezza delle cappe.
Percorso un centinaio di metri, siccome mi stavo annoiando a morte e volevo evitare che i miei pensieri mi raggiungessero di nuovo, decisi di dedicarmi al mio passatempo preferito. “Maeeeeeeeeeestro? Perché non vai a vedere se fra quelle anime ce n’è qualcuna interessante?” domandai, con il mio migliore sorriso da aquilotto curioso.
Virgilio sollevò un sopracciglio. “E perché dovrei farlo IO?”
“Perché io sono il tuo protetto e non puoi rischiare che io rimanga ucciso! Pensa se una di quelle anime fosse molesta e volesse farmi del male!”
Il maestro stava per replicare ma una voce dal gruppo di anime lo interruppe. “Ehi voi due! Aspettate! Io sono un tipo interessante! Sono sicuro che vuoi parlare con me!”
Allora Virgilio si volse verso di me con aria scocciata. “Va bene, visto che con Ciampolo non hai avuto il tempo di fare molte domande, per stavolta ti lascerò parlare con quest’anima. Cammina con lei e vedi di non perdere altro tempo prezioso.”
Dunque mi fermai e mi accorsi di due dannati che stavano letteralmente morendo dalla voglia di stare con me, ma il peso delle cappe li rallentava. Viriglio cominciò a battere un piede per terra, preso dall’esasperazione.
Quando finalmente le due anime giunsero fino a noi, mi osservarono a lungo, senza pronunciare parola, tant’è che cominciai a sentirmi in imbarazzo. Guardai la mia guida in cerca di aiuto, ma questi girò la testa dall’altra parte, ancora offeso per l’inutile perdita di tempo. A quel punto i due dannati si guardarono tra loro e iniziarono a confabulare. “Ehi, questo qua sembra vivo. Guarda, respira! Ma allora…”
Stavolta non riuscii a trattenermi. “Sì! Sono vivo e no! Non sono stupido! Sono qui- per volere- di Dio!”
Virgilio scoppiò a ridere sguaiatamente, si teneva la pancia con entrambe le braccia. Il mio volto era rubicondo per la rabbia. Possibile che, ovunque andassi, la gente mi prendesse per scemo?!
Le due anime alzarono le mani in segno di resa. “Ehi, calma toscano! Non si vede tutti i giorni un uomo vivo e vegeto passare di qua. Dicci chi sei, te ne preghiamo. Sembri una persona estremamente interessante.” Conclusero in tono mellifluo e untuoso.
“Io vengo da Firenze e sono vivo.” Mi limitai a rispondere con tono vagamente altezzoso, incoraggiato dalla apparente sottomissione dei peccatori.  “Ora ditemi chi siete VOI e a quale pensa siete sottoposti.”
“Benvenuto nel girone degli ipocriti, signore fiorentino. La nostra pena la scontiamo sotto queste cappe dorate, di piombo tanto pesante da farci piangere. In vita fummo frati gaudenti e bolognesi; io mi chiamo Catalano, come la crema, e quest’altro è Loderingo e fummo inviati a Firenze come pacieri. Purtroppo fallimmo e le conseguenze di questo nostro fallimento si vedono ancora oggi, come tu ben sai.”
“O frati…” cominciai, ma non dissi altro perché in quel momento mi accorsi di un peccatore, crocifisso a terra con tre pali.
Quando questo mi vide, si agitò come un’anguilla, muovendo la barba con lunghi sospiri. Frate Catalano, quando si accorse di tutto, si accostò al mio orecchio e sussurrò, in tono da cospiratore: “Quel peccatore è il sommo sacerdote Caifa e consigliò i Fairsei di mettere a morte Gesù, con il pretesto di fare del bene al popolo. E poi dicono che NOI siamo ipocriti! Lui giace là, nudo come mamma l’ha fatto, posto di traverso nella strada ed insieme a lui, in questa bolgia, sono tormentati tutti gli altri membri del sinedrio che hanno condannato il figlio di QuellodiSopra, compreso il suocero di Caifa, Anna. E prima che tu me lo chieda, sì, è un nome da donna ma è un uomo.”
Lanciai un’occhiata a Virgilio, per vedere cosa ne pensava, ma questi fissava confuso Caifa.
Magari non se lo ricordava dall’ultima volta che è stato qui. Meditai. In effetti non c’ era ancora.
La mia guida distolse subito l’attenzione dal dannato e si rivolse alle altre due anime. “Non è che potreste indicarci un passaggio sulla destra per andare nella bolgia successiva, senza dover passare a sinistra? Sapete, quei tipi tutti neri laggiù non aspettano altro che farci a pezzi, quindi preferiremmo evitarli.”
“Guarda, se svolti a destra, poi a sinistra e poi giri intorno a te stesso tre volte, saltellando su un piede con un occhio chiuso, vedrai un ponte roccioso che parte dal gran cerchio esterno e scavalca tutte le orribili bolge, ma, ahimè, in questa bolgia è spezzato e non la scavalca. Però potreste salire su per le rovine del ponte, che stanno sul pendio e sono ammucchiate sul fondo.”
Virgilio aggrottò la fronte e restò a testa bassa per qualche secondo, come per riflettere intensamente. “Allora Malacoda ci ha mentito!”
Al che frate Catalano si mise a ridere alle nostre facce. “Sapete, un tempo, a Bologna, mi raccontarono i vizi del diavolo e fra questi c’era proprio quello di mentire. Non serve essere certo degli studiosi per sapere una sciocchezza simile! Vi siete fatti ingannare proprio per bene, eh?”
La mia guida si scurì di botto in volto. Temetti addirittura che stesse per colpire l’anima, ma alla fine si voltò e se ne andò con cipiglio irato ed io mi affrettai a seguirlo, lasciando dietro di me due anime che stavano ridendo alla faccia nostra.

….
Aspetta! Cosa vuol dire “Non ho bisogno delle parole per capire i tuoi sentimenti!?”
  
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