Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: Manny_chan    21/04/2014    2 recensioni
Il Mondo è cambiato.
Il Paradiso è cambiato.
Sariel stesso è cambiato, tanto che ne ha quasi paura.
Per quello è sulla terra, per cercare un modo per riequilibrare le cose. Ma per farlo dovrà trovare un vecchio nemico e un antico rancore arde nel profondo del suo animo....
Fiction partecipante al contest ''Sesso o amore?'' organizzato sul forum da petite_love e lelle10
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Inferno e Paradiso'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Lei sarebbe venuta.
Doveva prendere l’auto dopo il lavoro e quel parcheggio aveva una sola uscita. Le avrebbe fatto vedere…

Strinse le dita sulla pistola che aveva nella tasca della felpa logora, scrutando la strada da sotto al cappuccio.
Un colpo e via, si disse.

Un colpo e via…

“Io non lo farei.”

Josh sobbalzò, voltandosi di scatto. “Chi… Chi cazzo sei?”, esclamò. L’uomo che si trovò di fronte aveva qualcosa di strano. Inquietante.

“Un albino”, pensò; non ne aveva mai visto uno. E a pensarci bene non aveva mai nemmeno visto un uomo con i capelli tanto lunghi…

“Fare che cosa?”, chiese, facendo lo gnorri. Era impossibile che quel tipo sapesse…
“Cristina”, rispose Sariel, freddamente, avvicinandosi. “Lasciala stare.”

Josh sgranò gli occhi e deglutì. “Cosa… Come… Ti ha mandato lei?”, tirò fuori la pistola dalla tasca, puntandola contro lo sconosciuto.

“No, non mi ha mandato lei, ma è molto meglio per entrambi se metti via quell’affare.”

Josh a quel punto fece una smorfia. “Meglio? Meglio per entrambi? Quella troia mi ha mollato, so io cosa è meglio per lei!”, esclamò, agitando l’arma. “Una bella punizione, ecco… Devo punirla!”

"Uccidendola?"
"Se non posso averla io... Non la avrà nessuno!"

Sariel si passò una mano sul viso. Quanto si erano instupiditi gli umani...
Si mosse, avvicinandosi, forse troppo veloce perché l'uomo, spaventato, non reagisse.

Fu il boato, piuttosto che il dolore, a fargli capire che quel disgraziato gli aveva sparato. Abbassò lo sguardo, sul lato sinistro del maglione si stava allargando a vista d'occhio una macchia scarlatta. "Questa non ci voleva..." sospirò. Non era tanto la ferita a preoccuparlo, col suo fattore di guarigione avrebbe smesso di sanguinare in una decina di minuti al massimo, quanto gli abiti. Doveva procurarsene altri o presto gli sarebbe toccato girare nudo...

Annullò la distanza tra lui e Josh, che aveva cominciato a tremare ed era impallidito come un cadavere, appoggiandogli una mano sulla spalla ed afferrando la canna della pistola con l’altra. "Stammi bene a sentire ora. Dimenticati di Cristina, lasciala in pace, vattene a casa a riflettere sull'abnorme colpa che stavi per commettere e incomincia a far funzionare il cervello e farci entrare il concetto che le donne non sono oggetti di tua proprietà e forse un giorno troverai la serenità."

Josh lasciò la presa sulla pistola indietreggiando di colpo. Arretrò fino a scontrarsi con il muro, guardandolo come una lepre terrorizzata, prima di voltarsi e correre via.

Sariel lo seguì con lo sguardo, mentre l’arma si sgretolava, diventando polvere. In qualche minuto il suo ricordo sarebbe svanito dalla mente del ragazzo, ma il concetto che gli aveva inculcato no.
Si appoggiò al muro del parcheggio. Stavano arrivando delle persone, impiegati che uscivano dal lavoro. Se non fosse intervenuto lui, quel disgraziato avrebbe potuto fare una strage. Lasciò passare alcune persone, allungando appena la mano per sfiorarne un paio, che avevano l’animo più turbato di altri, fino a trovare Cristina. Le prese il polso, tirandola a sé.
La ragazza gemette sorpresa, nel ritrovarsi tra le braccia di uno sconosciuto, tuttavia il suo terrore svanì subito…
Sariel le accarezzò i capelli, calmano il suo animo in tumulto, quella ragazza era a pezzi. “Tranquilla”, mormorò. “Il tuo ex non ti tormenterà più”, le sussurrò, prima di lasciarla.
Cristina si allontanò di un passo, poi annuì, come in trance, voltandosi e raggiungendo la sua macchina.
Anche lei, come il ragazzo, non si sarebbe ricordata di averlo incontrato. Ecco, forse si sarebbe chiesta come aveva fatto a macchiarsi la camicetta a quel modo… ma per il resto, nient’altro l’avrebbe turbata.

Sariel si appoggiò di nuovo al muro, aspettando che il dolore della ferita si attenuasse un poco, e chiuse gli occhi.

Quando li riaprì il parcheggio era deserto, solo una Mustang nera era rimasta lì. Qualche stacanovista, probabilmente…

Sospirò, sarebbe rimasto ad aspettare, tanto non aveva altro da fare; passava le giornate così, camminando tra la gente, proteggendoli e confortandoli senza che se ne rendessero conto. Era qualcosa che lo faceva sentire utile; decisamente molto più utile di quanto si sentisse in paradiso, da quando…

Socchiuse gli occhi, mentre i suoi pensieri si interrompevano bruscamente. Si era reso conto di quanto fosse silenzioso quel posto. Troppo silenzioso.

Il suo sguardo seguì una lattina che rotolava, spinta dal vento, senza emettere alcuno rumore. Sospirò pesantemente, un sospiro aspro e secco, voltandosi.
Non fu una sorpresa trovarsi davanti un altro angelo. Loro erano le uniche creature capaci di creare simili bolle di silenzio. “Raziel”, disse, a mo’ di saluto.

Il nuovo arrivato aveva l’aspetto di un ragazzino. Morbidi ricci biondi gli circondavano il viso, sembravano quasi vivi, scendendo ribelli fino ai fianchi stretti da adolescente. “Sariel”, rispose freddamente, aggrottando la fronte in un’espressione che avrebbe dovuto apparire minacciosa. In realtà, con le labbra delicate e i grandi occhi viola, sembrava una graziosa bambola di porcellana a grandezza naturale.

Sariel fece il gesto istintivo di infilare le mani in tasca, ricordandosi solo in un secondo momento che il suo cappotto era rimasto a Belial. Sospirò di nuovo. “Ho la spiacevole sensazione di conoscere la risposta, tuttavia ti farò lo stesso questa domanda. Cosa porta un Cherubino sulla terra?”
“Due, per la precisione.”
Una voce femminile alle sue spalle lo corresse.
Sariel voltò appena la testa, gettando un’occhiata all’indietro. Vicino alla Mustang ora era apparsa una seconda figura. Bella quanto Raziel, con la stessa acerba grazia da adolescente, stava un secondo angelo. “Hariel”, lo stesso informale saluto. “Riformulo la domanda, allora. Che cosa vogliono due Cherubini da me?”

Hariel si mosse, raggiungendo il secondo Cherubino. L’unica differenza tra i due erano i capelli, quelli di lei erano di un nero corvino, lucidi come onice, raccolti in una lunga treccia che sfiorava quasi terra. “Ci manda Lehael. Non sta bene che una Virtù abbandoni i propri ranghi, specie in un momento così delicato. Vuole che ti scortiamo a casa, Sariel, per una chiacchierata informale”, rispose.
“E’ ovvio”, aggiunse Raziel. “Che questa chiacchierata informale verrà seguita da un processo, vista questa diserzione, Ma Lehael ha detto di farti sapere che se torni di tua volontà e questa fuga non è legata ad altre infrazioni, ti perdonerà, come ci ha insegnato nostro Padre.”

Una donna, la proprietaria della Mustang, passò loro accanto, senza il minimo rumore, senza notarli. Salì in auto, mise in moto e partì, nel più assoluto silenzio.

Sariel piegò le labbra in un sorriso nervoso. Altre infrazioni…

Quel che voleva fare avrebbe stravolto il paradiso, si poteva definire infrazione?
In ogni caso non era certo il timore di una punizione che lo frenava…

“Non ho intenzione di seguirvi”, disse. “Non ho più nulla da fare lassù, nulla”, non era preoccupato, i Cherubini non erano guerrieri, più che alzare la voce non avrebbero fatto.

A quel punto Hariel si fece scura in volto. “Proprio nel momento in cui dovremmo essere uniti tu ci volti le spalle e te ne vai?”

“Che altro potrei fare lassù? Asciugare le vostre lacrime e quelle dei Serafini mentre piangete qualcuno che potrebbe avervi abbandonato?”, si pentì quasi subito di aver usato un colpo tanto basso, l’espressione dei due angeli divenne terribilmente addolorata, per un attimo, poi entrambi si ricomposero.

“Passeremo sopra alla tua lingua lunga, soldato, se verrai con noi, adesso!”, sibilò Hariel, pronunciando la parola ‘soldato’ come fosse un insulto. La gerarchia angelica non era diversa da quella umana in fondo, la bassa manovalanza, i guerrieri e i nobili. E da colti letterati quali erano i Cherubini mal sopportavano le insolenze delle legioni guerriere.
Sariel inspirò lentamente. “No”, disse, chiaro e tondo.
“E’ la tua ultima parola?”
“Esatto.”
“Non volevamo arrivare a tanto, Sariel”, sospirò Raziel. “Ma non ci lasci scelta…”

La Virtù sentì un brivido corrergli lungo la schiena quando, alle spalle dei due, fece la sua comparsa una terza figura, molto più alta, completamente nascosta da una pesante armatura.

“Avete addirittura scomodato i Troni?”, mormorò a quel punto, a disagio.
I Troni erano la guardia personale di Dio, Si contavano sulle dita di una mano, ma erano abbastanza potenti da essere temuti dagli eserciti di Lucifero. La sicurezza personale del Creatore, in poche parole…

Il guerriero brandiva una grande spada dorata; solo l’elsa, pensò Sariel, era grande come la sua testa. Quelli volevano riportarlo indietro e basta, se intero o a brandelli sembrava non importare.
Istintivamente richiamò a sé la propria spada, che prese forma velocemente,  sollevandola a sua volta.

“Vuoi davvero attaccaci?”, la voce di Raziel era secca, aspra. “Quale imperdonabile oltraggio!”
“Difendermi, non attaccare”, rettificò Sariel. “E’ diverso, se ve ne andate nessuno si farà male.”
O meglio, lui non si sarebbe fatto male, dubitava di riuscire anche solo a scalfire quel colosso. Il suo sguardo saettò da un lato all’altro del parcheggio, se fosse riuscito a trovare un assottigliamento, una porta per il limbo, forse sarebbe potuto fuggire.
Non ci sarebbe tornato di sua volontà in paradiso, era poco ma sicuro….
Non ebbe tempo di pensare ad altro, l’angelo guerriero si scagliò contro di lui con una velocità sorprendente...

                                 

                                         *                      *                       *                         *

 

Belial scese dalla moto, strofinandosi le braccia, si era congelato lungo il tragitto. La giacca di jeans aveva fatto il suo dovere quell'autunno, ma in notti come quella, dove le temperature sfioravano lo zero, gli serviva qualcosa più...

"Dovresti mettere il casco"
Belial sbuffò, lanciando uno sguardo alla donna che, nonostante il completo di pelle più che aderente, stava scendendo con agilità dalla moto a sua volta.
"Da quando ti preoccupi per la mia incolumità, Zy?"
Zydra si mise a ridere. “Non per la tua, per la mia, quei cazzo di capelli hanno tentato di strangolarmi ad un certo punto, giuro!”, esclamò.

Belial sbuffò di nuovo, divertito, passandosi una mano tra i lunghi capelli per districarli un po'. "Andiamo", disse, tenendole aperto il portone dello stabile. "Ultimo piano", aggiunse.
La lasciò passare, salendo le scale dopo di lei; nel farlo in suo sguardo venne inevitabilmente attratto dalle curve fasciate di pelle che ondeggiavano invitanti ad ogni scalino. Come ogni suo altro appetito, la lussuria reclamava il suo pasto…
Arrivati all’ultimo piano Zydra lo prese per un braccio, spingendolo contro la porta dell’appartamento, senza dargli il tempo di aprirla, avventandosi sul suo collo come un predatore, mordendolo e leccandolo.
Donna selvaggia…

Dal sesso con lei non ne usciva mai senza graffi o morsi, era per quello che gli piaceva.
“Ti ho già presentato la mia vicina?”, sospirò, notando l’occhio vigile della megera sbucare da  uno spiraglio dell porta.
"La vecchia bigotta?", sussurrò lei, divertita, al suo orecchio, sfiorandogli un fianco con le unghie.
"Proprio lei", ansimò Belial di rimando.
Zydra a quel punto fece un sorriso maligno. "Sta a vedere...", disse, slacciandosi la giacca di pelle. Si voltò con uno movimento repentino verso l'anziana e la aprì di scatto, rivelando tutto quello che la natura le aveva fornito, dato che al di sotto non portava nulla.
La vecchia cacciò uno strillo inorridito e chiuse la porta di scatto. Dall'inter dell'appartamento iniziarono a giungere rumori di trascinamento, come se stesse spostando dei mobili contro la porta.
Belial a quel punto appoggiò la nuca alla porta dietro di sé, scoppiando a ridere.
Zydra sorrise a sua volta. "É bello vederti ridere finalmente" disse, quando si fu calmato. "Non sei mai stato l’anima della festa, certo.... Ma negli ultimi giorni non ti ho visto sorridere una sola volta… Per gli affari era una manna, così ombroso eri ancora più sexy, ma non mi piaceva vederti così abbattuto."
Belial riprese fiato, chiudendo gli occhi. Già, la prospettiva di quella vita dannata e senza fine lo aveva spezzato, ma al contrario degli umani lui non poteva semplicemente spararsi un colpo in testa e farla finita. Doveva trovare un motivo per andare avanti, muovere il culo e smetterla di deprimersi. Era per quello che aveva invitato Zydra quella sera. Il sesso era la cosa migliore di quel mondo, goderselo aiutava a vedere le cose meno nere. Grigio fumo di Londra magari, ma meglio di nulla.
"Guarda che potevi anche farne a meno" , sospirò con un velo di delusione,  vedendola riallacciare la giacca.
"Tzé. É la prima volta che mi inviti a casa tua, ho intenzione di prendersela molto comoda...", rispose lei, con un sorriso perverso, tirando la cerniera fin sotto la gola.
Belial sospirò, aprendole la porta e facendola entrare; lasciò che curiosasse in giro, mentre si sfilava la giacca.  Del resto la curiosità era femmina, più di una volta si era preso delle anime importanti, sfruttando quel difetto, quando ancora era...

Il flusso dei suoi pensieri si interruppe quando si accorse che Zydra lo stava fissando. "Che c'è?" indagò.
La donna fece un cenno della testa. "Quello non é tuo."
Seguendo il suo sguardo Belial si voltò, capendo al volo a cosa si riferisse; sull'appendiabiti, accanto alla giacca che aveva appeso, stava il trench nero che gli aveva lasciato Sariel. "Come fai a dirlo?"
"Ad occhio é una taglia in più rispetto a quella che porti tu", rispose lei, avvicinandosi e prendendolo per vederlo meglio. "Si, decisamente. Sei sexy come nessun altro, Ares, ma non sei così statutario, il proprietario di questo probabilmente ti supera di quindici centimetri buoni e ha due spalle da giocatore di football."

"Che occhio" sbuffò Belial, leggermente risentito, togliendoglielo di mano e lanciandolo di nuovo sull'appendiabiti.
"Di chi e?"
"Di... Di un tizio", borbottò Belial in risposta. Era quello il problema, rispondere a quel modo aumentava la curiosità dell'altra, ma rispondere sinceramente... Nel migliore dei casi lei lo avrebbe preso per scemo, oppure avrebbe creduto che la stesse prendendo in giro. In tal caso l'avrebbe preso a pugni...
"É a causa sua che non sorridi più?"
Belial si appoggiò al muro, guardandola pensieroso. "Possiamo dire così", sospirò infine. Tutto quello che si era scatenato era strettamente legato a Sariel...
A quel punto Zydra lo prese per mano, tirandolo verso l'unica porta visibile. "Vieni, basta chiacchiere", tagliò corto.
Non voleva vederlo abbandonarsi di nuovo alla malinconia. “Comincia a spogliarti bello mio…”, disse maliziosa, spingendolo sul letto.

Belial si lasciò cadere a peso morto sul materasso, poi con un sorriso languido si stiracchiò pigramente, sfilandosi il maglione e lanciandolo via. “Accomodati.”

Zydra non si fece pregare; si arrampicò sul letto, sedendogli comodamente a cavalcioni. “Vediamo… cosa potrei fare stasera…”

“Ormai è mattina, Zy”, la rimbeccò il moro.
Per tutta risposta la donna gli pizzicò un fianco. “L’insolenza ragazzo mio, l’insolenza…”, si chinò per leccargli un’orecchio. “Sei un cattivo, cattivo ragazzo…”

“Come se ti dispiacesse, mammina”, fu la risposta pungente che le giunse.
A quel punto scoppiò a ridere, abbassando lentamente la cerniera della giacca con una mano, accarezzandogli il petto con l’altra. “Pervertito… Oppure maleducato, mi stai dicendo che sono vecchia?”
Quella volta Belial si limitò a soffocare una risatina.

A quel punto però si fermò. “Anche se a volte, mi chiedo a chi tu stia pensando…”, spinse le unghie a fondo, senza ferirlo, ma abbastanza da fargli male. Ne era certa, di tutte le volte che lo aveva avuto sotto di sé - o sopra -, non ce n’era stata una in cui il moro avesse pensato a lei.

Belial socchiuse gli occhi. Non tutti se ne accorgevano in realtà, ma spesso, tornava con la mente a vecchi ricordi, crogiolandosi nell’illusione. Per quello sceglieva sempre partner con la tendenza a dominare, perchè era più facile. Perchè gli ricordavano Lucifero...

“Se te lo dicessi…”, sospirò, ma non riuscì a finire la frase, il resto delle sue parole venne coperto da uno schianto disumano; legno e schegge di vetro schizzarono da tutte le parti.
Belial soffocò un’imprecazione, balzando giù dal letto, rischiando di ribaltare Zydra.

Anche senza vederlo, sapeva perfettamente chi fosse quel bolide che gli aveva appena sfondato la finestra.

Si fermò un attimo, colto alla sprovvista. Era un bene che ormai conoscesse più che bene la vibrazione dei poteri di Sariel, perchè altrimenti avrebbe faticato a riconoscerlo. Tutto quello che la sua mente registrò fu un ammasso di capelli e abiti insanguinati, aggrovigliati in un mucchio scomposto di piume dorate che andavano dissolvendosi.

Sollevò lo sguado. Zydra stava fissando lo stesso spettacolo con gli occhi spalancati e la bocca semi-aperta. Sentendosi osservata sollevò la testa. “C..cosa?”, balbettò, confusa “Siamo al quinto piano, come…?”.
Belial le concesse un attimo, insomma, era una donna forte ma vedersi piombare un angelo moribondo in camera non era cosa da tutti i giorni.
Alla fine le schioccò le dita davanti al viso. “Spiegazioni, dopo.”, disse asciutto. “Adesso dammi una mano a tirarlo su.”

Zydra sbattè le palpebre. “Per portarlo dove?”, chiese.
Belial guardò verso il balconcino. Per un solo attimo gli balenò la tentazione di trascinarcelo e lanciarlo di sotto, ma poi lasciò perdere. “Di là, nella vasca da bagno, così la smette di sanguinarmi in giro.”, concluse, afferrando l’angelo per un braccio.

Zyda fece altrettanto, dall’altro lato; a quel punto Sariel gemette debolmente. “Oh, evviva, sei ancora vivo…”, sibilò sarcastico Belial, trascinandolo in bagno e buttandolo con poca grazia nella vasca; poi si appoggiò sbuffando al lavandino. “Zy, per favore, va di là, cerca di sbarrare quel che rimane della mia ex finestra, meglio che puoi”.”
“Ma…”

“Dopo.”
“Da dove...?”
“Ho detto dopo…”

“Forse dovremmo chiamare un medi…”
A quel punto Belial la guardò, senza bisogno di parlare. Bastò quello sguardo a farle capire che era meglio non insistere.

Si ritirò, chiudendosi la porta alle spalle.

A quel punto Belial sospirò di nuovo, afferrando il soffione della doccia ed aprendo l’acqua gelata, dirigendo il getto verso il viso dell’angelo, che trasalì, tossendo con violenza ed aprendo gli occhi di scatto.
O meglio, un’occhio, l’altro era talmente pesto che dubitava lo avrebbe riaperto tanto presto.

“Bensvegliato”, disse brusco Belial, chiudendo il getto.
Sariel lo guardò ansante, mettendolo a fuoco con molta fatica. “Belial…”, ansimò, sofferente. Ci vedeva doppio e, per un attimo, si fece di nuovo tutto buio.

“Ehi, ehi!”, ringhiò Belial, afferrandogli il viso con forza. “Non ti azzardare a svenire di nuovo, occhi su di me!”, lo spronò. “Guardami, angelo, e dimmi, chi ti ha ridotto così e soprattutto se ti hanno seguito!”

“Troni”, biascicò Sariel, aggrappandosi al suo braccio. “No, non sono riusciti a seguirmi, sono qui perchè mi serve un posto dove nascondermi…”

“Oh, guarda guarda, e all’improvviso adesso ti faccio comodo?”

Sariel reclinò la testa all’indietro, lasciando ricadere le braccia. “Mettila pure così, se vuoi”, rispose.

Belial aprì di nuovo l’acqua, giusto per assicurarsi che rimanesse cosciente, ignorando i flebili mugolii sofferenti dell’angelo. “Mi servono dettagli, che cosa volevano i cani da guardia del paradiso da te?”.
Era inquieto, voleva essere sicuro che nessuno sapesse dove fosse. Angeli e demoni, li voleva alla larga da lui, dato che aveva tanti nemici, da entrambe le parti.

“Volevano che tornassi con loro a casa, in paradiso.”
“Oh, poverino, che tragedia.”

A quel punto Sariel spalancò di nuovo l’occhio, fissandolo intensamente. “Io non ci voglio tornare…”, mormorò.
E lo disse con una tale disperazione che per Belial fu impossibile non sentire, nel profondo del suo animo, un moto di compassione. Sentimento che credeva inaridito ormai da tempo…

Gli lasciò cadere addosso il soffione della doccia: “Datti una sistemata”, disse.

“Co...Cosa?”

“Una sistemata, angelo, datti una sistemata, cerca di smettere di sanguinarmi in giro e tirati fuori di lì, vorrei farmi una doccia, prima di andarmene a dormire”, tagliò corto, uscendo dal bagno.

Una volta fuori si chiuse la porta alle spalle, appoggiandosi contro di essa, con un sospiro.
Zyra gli lanciò un’occhiata, stava raccogliendo i vetri con una scopa. “Ho chiuso le imposte esterne e ci ho fissato una coperta, per oggi eviterai il congelamento, ma è meglio che chiami qualcuno a fartele sistemare”, disse, appoggiando la scopa di lato e prendendo un secchio. “Sanguina parecchio il tuo amico, sicuro che non è il caso di chiamare aiuto?”, chiese, guardandolo di sottecchi, mentre passava uno straccio per terra.
“Si.. No.. Voglio dire, grazie. Ma non è necessario”, rispose Belial, passandosi le mani tra i capelli. “Non è mio amico.”

Ci fu un lungo ed imbarazzante momento di silenzio.

“So che vorresti delle risposte Zy, ma fidati, non mi crederesti.”

“Provaci”

Belial si morse il labbro inferiore, pensieroso, poi scrollò le spalle. Per quel che importava. “Il tizio nella mia vasca da bagno è un angelo, io sono un demone esiliato sulla terra da Lucifero per aver cercato di arrivare al suo livello, in sostanza. Non vuole tornare in paradiso così i Troni, degli angeli grossi e maneschi lo hanno conciato per le feste.”, riassunse. “E tu non credi ad una sola parola, vero?”, aggiunse, notando lo sguardo della donna.
“Esattamente”, sospirò Zydra. “Ma dovevo aspettarmelo, troppo ficcanaso, vero?”, chiese, lasciando lo straccio e stiracchiandosi. “Io vado, fammi sapere qualcosa…”, aggiunse poi.

“Zydra...”

“Si?”

“Grazie, di tutto.”

La donna infilò le mani nelle tasche della giacca. “Dimmi solo…E’ il proprietario del trench?”

Belial annuì: “Ma non è come credi”, aggiunse.
“No, certo.”

Il moro a quel punto non rispose. Le fece solo cenno di andare, era inutile continuare a parlarne, La donna non se lo fece ripetere, uscì dall’appartamento, chiudendosi la porta alle spalle.

Belial  sospirò, finendo di sistemare la camera. Avrebbe dovuto chiamare qualcuno che gli riparasse la finestra e, in quel postaccio, gli sarebbe costato una fortuna.
Forse gli sarebbe convenuto murarla e basta, tanto per l'uso che ne faceva...
Almeno il prossimo angelo ci si sarebbe schiantato contro, come un cartone animato. Quel pensiero gli strappò un sorriso, giusto per un attimo.
Quando ebbe finito tornò in bagno.
Sariel era riuscito a sfilarsi i vestiti, che ormai erano stracci zuppi e insanguinati, e a buttarli fuori dalla vasca; poi si era chiuso su sé stesso come un riccio stringendosi le ginocchia al petto ed appoggiandovi la testa.
"Grazie tante Sariel..." borbottò, raccogliendo i vestiti e gettandoli nel lavandino, afferrando uno straccio per asciugare il pavimento; poi si appoggiò al bordo della vasca. Lasciò correre lo sguardo sulla schiena dell'angelo, delle ferite di prima rimaneva ben poco. "Le virtù guariscono in fretta eh?", disse sarcastico, ricevendo in risposta nient'altro che il silenzio. Non che si aspettasse qualcosa di diverso. Era quasi guarito, certo, ma per farlo doveva aver dato fondo ad ogni briciola di energia.
Si avvicinò, inginocchiandosi accanto alla vasca e recuperando il soffione della doccia dalla spanna di acqua scarlatta che si era raccolta sul fondo.

Sentì la nuca prudere, sollevando lo sguardo incrociò quello dell’angelo, colmo di sospetto. “Che vuoi?”, sbottò. “Te l’ho detto, devo farmi una doccia. Ringrazia che ti faccio restare invece che guardarmi così”.
E per sottolineare le sue parole gli aprì il getto dell’acqua dritto in faccia. E insomma!

Sariel tornò a ripararsi, con un borbottio indefinito, lasciando che l’altro facesse quel che voleva.

Belial lo avrebbe volentieri lanciato fuori dalla vasca. Ma era esausto, aveva avuto una serata pesante, aveva anche rischiato di prendersi una pestata dai leccapiedi del padrone di casa perchè era in ritardo con l’affitto e la sua casa era già un disastro così. Non gli serviva un angelo che gli spargesse in giro altra acqua o sangue.

Solevò il getto per sciacquarlo, persino i capelli candidi erano incrostati e zuppi di sangue. “Allora”, disse, giusto per fare conversazione. “I troni eh?”
“Già”, rispose Sariel quella volta.
“E come hai fatto a seminarli?”

“Ero un angelo. Sono più avvezzo di chi è sempre stato un combattente a trovare e sfruttare i passaggi da questo mondo al limbo e viceversa…”

“Capisco… E come mai hai deciso di venire a sfondare proprio la mia finestra?”, continuò Belial, chiudendo l’acqua, dopo aver sciacquato la vasca.

“Ho corso il rischio. Persuadere qualche umano a nascondermi avrebbe richiesto tempo…. energia… Senza contare che avrei potuto lasciare una traccia….”

Belial a quel punto chiuse l’acqua. “Quindi andiamo tutti da Belial, il ripiego!”, sbottò, prendendo l’asciugamano più grande che aveva e lanciandoglielo in testa. “Fuori di lì, muoviti.”

Sariel si strinse nel telo, digrignò i denti. Farsi trattare a quel modo...
Ah! Che voglia aveva di rispondergli. O meglio ancora, farlo tacere. Ma non poteva. In primo luogo non aveva la forza di reagire, troppa quella che gli era servita ad ultimare il processo di guarigione. In secondo luogo... Beh, sempre per quel motivo, non poteva rischiare di contrariare quel demonio. Aveva puntato tutto sul fatto che Belial sembrava desiderarlo, ma aveva anche avuto prova del suo orgoglio, in precedenza. Una parola sbagliata e il diavolo lo avrebbe cacciato, ne era certo. Aveva bisogno di un posto sicuro dove recuperare le forze, per quello sopportava; fece forza sulle braccia per uscire, ingoiando l'ennesima risposta seccata quando l'altro lo spinse fuori dal bagno in malomodo.

Rimasto solo Belial fece un respiro profondo. Bene. Prefetto.
“Perfetto un cazzo", sibilò tra i denti, slacciandosi i jeans e sfilandoli con un moto di stizza. La sua casa era un disastro, il suo umore era tornato ad essere nero ed aveva un cazzo di angelo nella stanza accanto. Un angelo che prima lo aveva fatto a pezzi -fisicamente e mentalmente-, che quando aveva capito che non poteva essergli utile lo aveva disprezzato ed accantonato. Ed ora  gli stava dando asilo?

Doveva essersi rincoglionito.
Aprì l'acqua bollente, lasciandola scorrere per sciacquare la vasca e lasciare che la stanza si riempisse di vapore. Si specchiò, osservandosi mentre il vetro si appannava lentamente. Non sembrava avere riportato troppi danni. Tzè, pestaggio… Quei due che lo avevano aggredito fuori dal locale dovevano prendere qualche lezione sui come si picchiava qualcuno. E anche procurarsi un paio di testicoli nuovi, visti i calci che Zydra aveva rifilato loro, quando era intervenuta….
Indugiare in quei pensieri servì a scacciare Sariel fuori di essi per un poco. Il suo orgoglio stava prendendo a testate il pavimento, avrebbe dovuto lanciarlo fuori, ma lo desiderava così tanto...
Finì di spogliarsi e si infilò sotto il getto bollente, c’era poco da fare o da negare.
Lo desiderava dalla prima volta che lo aveva visto.

Rimase sotto il getto bollente per dieci minuti buoni, senza fare nulla, poi si lavò velocemente ed uscì, stringendosi nell’accappatoio. Si legò i capelli in una coda bassa, rendendosi conto di quanto quella routine gli fosse ormai familiare. C’era voluto un angelo, perchè si rendesse conto di tutto quello.
Uscendo dal bagno si rese conto del drastico cambio di temperatura. Si gelava lì!
Si rese conto anche di una seconda cosa, mentre si infilava al volo una tuta pesante, Sariel era più o meno svenuto sul suo letto.
Daccordo che doveva essere stanco, ma almeno chiedere…
Si avvicinò, l’angelo si era preso due terzi buoni del materasso, arrotolandosi alla meglio nelle coperte.
“Grazie tante, Sariel”, sbuffò di nuovo.

Magari poteva scassinare l’appartamento accanto e dormire lì.
…. Nah.
Non aveva voglia sinceramente, senza contare che era certo di aver sentito l’amante del tizio proporre di cambiare le lenzuola, almeno una volta al mese. Non voleva nemmeno pensare a che cosa ci fosse in quel letto.
Sbuffò, raggiungendo il proprio giaciglio e sistemandosi sul bordo. Quel briciolo di dignità che gli era rimasta gli impediva di avvicinarsi oltre all’angelo.

O almeno glielo impedì fino al momento in cui una folata di vento fece ondeggiare le imposte.
Fanculo”, pensò, voltandosi e raggomitolandosi contro Sariel. Il suo potere era flebile, ma era sufficiente ad avvolgersi attorno alle sue dita, quando appoggiò una mano sul suo petto. Bastò quel gesto a far sparire il gelo che lo attanagliava.
Avvolto da un piacevole torpore si addormentò, convinto che tanto si sarebbe svegliato molto prima dell’angelo e che nessun’altro, a parte lui, avrebbe mai saputo di quell’attimo di debolezza...
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: Manny_chan