I’ll get you
Capitolo 1: “It won’t be long”
Londra
2010
Quando l’uomo uscì dalla finestra, saltando a terra con
un agile balzo, inspirò a fondo l’aria della sera, frizzante, ma piacevole. La
primavera era finalmente arrivata.
L’allarme dell'Hard Rock Café
aveva iniziato a suonare già da cinque buoni minuti e le sirene della polizia
si erano unite solo da poco, quando avevano capito che il ladro era riuscito
nel suo intento ed era poi fuggito.
Ora lui stava correndo per tutto Hyde
Park, mentre le volanti della polizia sfrecciavano lungo le strade che
contornavano uno dei più bei parchi di Londra.
Il ladro rise, continuando a correre e stringendo la
presa sulla sacca con la refurtiva che portava sulle spalle. Un altro colpo era
andato a buon fine. Doveva solo sbarazzarsi di quei fastidiosi poliziotti. Non
che sarebbe stata un’impresa particolarmente difficile, anzi, lui ci stava
anche prendendo gusto.
Era quasi divertente, vedere come si affannavano per
cercare di stargli dietro, così goffi, patetici perché non avevano ancora
capito che Hermes era imprendibile.
Per esempio, in questo caso la polizia avrebbe perso
tempo ad aprire i cancelli per entrare con le proprie auto nel parco. La
tentazione di prendersene gioco fu troppa e Hermes decise di farsi vedere, solo
un po’, un piccolo movimento nell’ombra, così quello stupido dell’ispettore Sutcliffe si sarebbe precipitato fuori, iniziando a correre
alla cieca dietro alla sua preda, senza aspettare che anche le auto potessero
entrare.
E infatti le cose andarono proprio come previsto.
Avventato, Stu…molto
avventato, pensò il ladro.
Ma come biasimarlo dopotutto? Aveva saputo che era la sua
ultima occasione per catturare il famigerato Hermes. Se avesse fallito,
probabilmente il povero ispettore sarebbe stato trasferito chissà dove, forse
in campagna in un paesino sperduto con sole
mille anime, in cui la cosa più eccitante che potesse capitare a un poliziotto era una
strada intasata da un gregge di pecore.
E il ladro sapeva che quello era ormai l’inevitabile
destino della sua nemesi, perché non aveva davvero nessuna intenzione di farsi
catturare.
Quando l’ispettore entrò nella sua visuale, il ladro si
diresse verso la Serpentine (1),
sicuro di riuscire a seminarlo lì. In fondo, era ciò che prevedeva il piano.
Quando raggiunse il lago artificiale che separava Hyde Park dai Kensington Gardens,
cercò immediatamente ciò che avrebbe depistato il suo inseguitore. Si trattava
di una rimessa di piccole imbarcazioni e fra queste c'era anche quella che era
stata sistemata lì proprio per lui.
La vide subito perché era l'unica ad avere già un..."passeggero".
Il ladro si avvicinò e adocchiò il telecomando che era
posto proprio accanto al manichino. Questo era stato vestito e legato al timone,
in modo da stare ben in piedi e apparire nella penombra come la sua sagoma
perfetta. Un lavoro decisamente impeccabile, e d’altro canto lui non poteva
aspettarsi di meno da quel piccolo, splendido aiutante che gli procurava tutti
questi trucchetti meravigliosi.
L’uomo afferrò il telecomando e corse a nascondersi sopra
un albero, aspettando l'arrivo dell'ispettore, il quale non tardò ad arrivare,
con la sua corsa maldestra e il respiro affannato. Hermes ridacchiò
sommessamente e azionò con il telecomando il marchingegno sull'imbarcazione,
che partì subito, facendo sussultare il povero ispettore.
"Ma cazzo!" imprecò lui, e si affrettò a
recuperare un mezzo per inseguire la sua preda.
Il ladro dovette tapparsi la bocca con una mano per non
scoppiare a ridere e farsi scoprire, mentre l'uomo cercava di far partire il
motore della piccola barca.
"A tutte le unità." esclamò Stuart, parlando
nella ricetrasmittente, "Il fuggitivo si dirige verso la riva ovest della
Serpentine. Circondare e bloccare immediatamente ogni via di fuga."
L'ispettore riuscì a partire e il ladro sorrise
soddisfatto. Il piano stava andando più che bene. Oh, quanto avrebbe voluto
vedere le facce dei poliziotti, quando avrebbero scoperto che l'uomo
sull'imbarcazione non era altri che un semplice e inanimato manichino.
Rimase sull'albero, mentre volanti della polizia
arrivavano da qualunque parte del parco per cercare di bloccare e arrestare una
volta per tutte Hermes.
Mentre queste si allontanavano dirette verso la riva
ovest e i Kensington Gardens, il giovane uomo decise
di aprire lo zaino per dare una rapida occhiata alla sua refurtiva: lì, tutto
piegato alla rinfusa, c'era niente meno che il vestito a strisce bianche e nere
che proprio Freddie Mercury aveva indossato nel Jazz
tour dei Queen del 1978.
Lo sfiorò con una mano e sentì una vibrazione
attraversare il suo corpo, la stessa che probabilmente riverberava nel corpo di
quella leggenda d'uomo, la stessa causata dalla sua energia infinita, quella
che mostrava in ogni concerto, fino agli ultimi giorni della sua troppo breve
vita.
E ora quel vestito, quel cimelio, così come tanti altri,
era nelle sue mani finalmente.
"John?"
John continuò ad ammirare quella meraviglia, l'aveva
desiderata da troppo tempo, lui con la sua passione smisurata per la musica e
in particolare per i Queen e-
"John!" lo
chiamò ancora una voce dal suo auricolare.
"Sì, sì, ci sono, Georgie."
rispose quasi spazientito per essere stato interrotto durante la sua opera di
ammirazione.
"Quante volte ti devo dire di non
chiamarmi Georgie?”
“Un’altra volta, mio caro.” esclamò John e si lasciò
scappare una risatina, mentre controllava che non ci fosse più nessuno in giro.
“Chiudi quella bocca e muovi il tuo cazzo di
culo." ribatté George, e John era quasi sicuro che
si fosse offeso.
Il piccolo, suscettibile, scontroso George Harrison. Ah!
Che prezioso aiuto era per John. E quanto si divertiva lui a prenderlo in
giro...
"Arrivo, arrivo, rilassati un po', amico."
esclamò John, saltando a terra e iniziando a correre dalla parte opposta
rispetto alla polizia, "Sei a Marble Arch?"
"Sì, li hai seminati?"
"Tsk, George, non dirmi
che avevi dei dubbi?" domandò, pensando ora di voler fare lui un po’
l’offeso.
“Dubbi sul famigerato Hermes? Mai e poi
mai." commentò George con una piccola risata, e poi
ancora, "Quindi Sutcliffe è fuori gioco
ora?"
"Sutcliffe è fuori gioco.
Hai visto che bella notizia ti porto?"
"John, sai meglio di me che anche se lo
mandano via, chiameranno qualcun altro. Magari molto più sveglio del povero Stu."
John infine si ritrovò all'uscita su Marble Arch e individuò subito la moto nuova di zecca di George,
l'ultimissimo modello della Honda, scintillante nelle luci della sera.
"Lo so." gli disse, raggiungendolo e
guardandolo con un sorriso rassicurante, "Ma vedrai che non durerà a
lungo. Faremo fuori anche lui."
George gli porse il casco, mentre John si abbassava il
cappuccio della felpa, scuotendo il capo per ravvivare i suoi capelli ramati,
"Come fai a esserne così sicuro?"
"Semplice." disse lui, salendo sulla moto
dietro di lui e allacciandosi il casco, "John Lennon riesce sempre in
tutto.”
“Forse intendevi Hermes?” domandò George, ridacchiando.
“John, Hermes, che importa? Sono la stessa persona.”
E avvolgendo le braccia intorno alla sua vita, i due
sfrecciarono insieme per le vie di Londra.
Le sirene della polizia erano ormai un ricordo.
E Hermes aveva compiuto un
altro colpo.
****
“Allora, ispettore McCartney, benvenuto a bordo.” esclamò
Richard Starkey, alzandosi in piedi.
“Grazie, signore, sarà un piacere lavorare con lei. Non
la deluderò.” affermò Paul.
Egli si alzò e guardò il suo superiore, l’ispettore capo
della stazione di polizia di Chelsea, un piccolo uomo con un notevole naso e
grandi occhi azzurri, e gli sorrise fiducioso.
“Ne sono sicuro, a Liverpool parlano molto bene di lei.”
disse Richard, accompagnandolo verso la porta del suo ufficio, “Affidiamo il
caso alle sue mani.”
“Non si preoccupi, quel delinquente ha le ore contate.”
"Mi dica, ha già trovato un appartamento?"
"Sì, signore, ne ho trovato uno proprio qui
vicino."
"Spero sia di suo gradimento."
"In effetti, non è niente male.” rispose Paul,
annuendo entusiasta, “È una zona piuttosto tranquilla."
"Bene, allora si rilassi in questa giornata. Domani
mattina prenderà servizio e da lì comincerà la sua caccia al ladro."
esclamò Richard, stringendogli la mano.
Paul ricambiò la stretta, "Le assicuro che lo
arresteremo, signore.”
L'ispettore capo gli rivolse un gran sorriso e dopo
essersi congedato, Paul McCartney uscì dal suo ufficio, sfoggiando il più
determinato dei sorrisi.
Richard Starkey, come Paul, era appena stato trasferito
nella stazione di polizia di Chelsea, e dopo aver sollevato dal suo incarico il
precedente ispettore Stuart Sutcliffe, che aveva
fallito miseramente in tutto e per tutto, aveva assegnato quel posto al giovane
e promettente ispettore McCartney.
Gli aveva assegnato l’incarico di acciuffare Hermes.
Quel ladruncolo da due soldi che infestava Londra, la
magica, affascinante Londra. Paul aveva sempre desiderato andare a vivere nella
capitale, e non avrebbe mai pensato in tutti i suoi quasi venticinque anni che questo
desiderio si potesse avverare grazie a quella categoria di criminali che lui
odiava di più: i ladri.
Li odiava perché il loro crimine è quello di sottrarti
qualcosa che ti appartiene, qualcosa che tu hai pagato, e magari hai anche
sudato sette camicie per guadagnare i soldi necessari per comprarlo, oppure
qualcosa che ti è stato regalato e ha quindi acquisito un valore importante per
te.
Paul aveva dedicato tutta la sua carriera da poliziotto a
inseguire quei furfanti e recuperare le refurtive. Si era impegnato anima e
corpo nel suo lavoro. Il motivo? Beh, quando tuo padre abbandona la tua
famiglia dopo aver cominciato a rubare ed essersi messo nei guai, è il minimo
che possa accadere. E Paul odiava suo padre tanto quanto odiava i ladri.
Ma ora ciò che contava era la sua promozione e il suo
nuovo incarico. A Liverpool, Paul era riuscito a catturare una banda di
truffatori farabutti che approfittavano di ingenui vecchietti per entrare nelle
loro case e svaligiarle. Paul li aveva scovati abilmente e spediti dritti dritti in prigione, restituendo gran parte del maltolto ai
proprietari.
E grazie a quell’impresa, era stato promosso ispettore e
gli avevano proposto di prendere servizio nella stazione di polizia di Chelsea
che si occupava del caso di Hermes.
Come dire no a una simile offerta?
Finalmente poteva accettare e lasciare tranquillamente
Liverpool. Sua madre purtroppo era morta anni prima per un maledetto tumore al
seno che l'aveva spenta troppo presto. E il fratellino Mike era sposato da
appena un anno. Si era accasato con una brava ragazza, un bambino in arrivo e
un lavoro sicuro come fotografo. Non aveva più bisogno delle cure amorevoli di
Paul.
Inoltre a Londra Paul avrebbe potuto passare molto più
tempo con la sua fidanzata Jane. Essendo attrice, lei trascorreva molto più
tempo a Londra piuttosto che a Liverpool, quando era in Inghilterra. In questo
modo avrebbero facilitato la loro relazione.
Sì, Paul non vedeva l'ora di cominciare quella nuova
avventura. Quella che segnava l'inizio della parte più eccitante della sua
carriera e la fine, una volta per tutte, del famigerato Hermes.
(1)-
La Serpentine è il lago artificiale che separa Hyde
Park dai Kensington gardens.
Note
dell’autrice: e via con il capitolo 1. È arrivato anche
Paul, anzi l’ispettore McCartney. :3
E ci sono anche George e Ringo, ovviamente, non potevano
mancare.
Neanche a dirlo, in questo universo, si parlerà di molti
artisti davvero esistiti, tranne i Beatles, che non ci sono mai stati. Non è
credibile, ma è così. :D
Grazie a kiki per la
correzione. Grazie anche a ringostarrismybeatle e _SillyLoveSongs_ per il loro dolce supporto e tutti quelli
che seguono la storia.
Prossimo capitolo, “A day in
the life”, il giorno dell’incontro. Wowowow!
Arriverà domenica, che sarà d’ora in poi il giorno di
ogni aggiornamento, come in Ticket to Paris.
A presto
Kia85