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Autore: Mariam Kasinaga    24/04/2014    0 recensioni
Ero stata io ad ucciderla, ma era stato il suo braccio a guidarmi.
Genere: Drammatico, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordo n°2 –Quando il mio fodero venne violato

Dal lungo periodo di convalescenza di Sir Robin compresi che, se avessimo continuato il nostro viaggio senza meta, probabilmente mi sarei ritrovata senza un proprietario nell’arco di pochi giorni. Il mio cavaliere mi aveva appoggiato delicatamente ad una parete della stanza che il padre di Aisha, un guaritore, gli aveva offerto e si era poi sdraiato nel letto che gli era stato preparato. Osservai il padre della ragazza tastare la pelle che lambiva la ferita, spalmarci degli unguenti che aveva preparato in precedenza ed, infine, fasciargli il braccio con delle bende immacolate. Sir Robin continuava a mormorare parole di ringraziamento fino a quando, spossato dalle vicissitudini degli ultimi giorni, si era addormentato profondamente. Guardai ripetersi queste azioni per due mesi, rallegrandomi di come recuperasse velocemente le forze e dell’impegno con cui quell’umile famiglia si prodigava per lui. Aisha era quella che trascorreva più tempo al suo capezzale, facendo trascorrere il tempo raccontando antiche leggende sulla Voragine mentre gli cambiava le bende o supplicandolo di raccontarle qualcosa della sua vita. In quelle occasioni, l’espressione del mio padrone si induriva e si lasciava scivolare in un mutismo che poteva durare interi giorni.

Rimasi appoggiata a quella parete per tutta la durata sua degenza, ponendomi le stesse domande che, probabilmente, gli assillavano la mente: i nostri alleati erano riusciti a sconfiggere il nemico? Dove si trovava il nostro esercito sbandato e, soprattutto, cosa avrebbe fatto una volta trovato questo villaggio? Probabilmente l’avrebbero saccheggiato e, qualora avessero riconosciuto Sir Robin, lo avrebbero riportato a casa con loro. Non era mia abitudine affezionarmi agli umani, ad eccezione del mio cavaliere, ma quella famiglia aveva dimostrato una nobiltà d’animo tale che non avrebbe dovuto essere ricompensata con la morte. Erano questi i miei pensieri quando sentii delle dita sfiorarmi l’elsa: Aisha era inginocchiata davanti a me, i penetranti occhi azzurri che guizzavano lungo il mio fodero nell’inutile tentativo di comprendere ciò che vi era scritto. Maledii il mio creatore per non avermi dato una voce, continuando a gettare occhiate al letto di Sir Robin, che dormiva tranquillamente. La ragazza rimase con la mano a mezz’aria per qualche secondo, indecisa sul da farsi, voltandosi per controllare che il mio cavaliere non si svegliasse. Sorrise leggermente e tornò a guardarmi, tendendo la sua mano verso di me ed afferrandomi l’elsa.

Sir Robin era Gran Maestro del Sacro Ordine dei cavalieri di Kardiss, da sempre impegnati a proteggere il regno dalle numerose scorribande dei barbari che flagellavano i confini. Il loro Credo si basa su poche, essenziali regole, tra cui la più importante riguarda le armi: nessuna spada, lancia o scudo di un cavaliere di Kardiss può essere toccato da una donna, chiunque essa sia. Non appena Aisha mi sguainò dal fodero, sentii un formicolio lungo tutta la mia lama. Quelle dita esili e sottili erano profondamente diverse rispetto a quelle a cui ero abituata: era una presa poco salda e gentile, simile al modo in cui ogni giorno aveva toccato i bendaggi del mio padrone. Lo sguardo della ragazza continuava a guizzare su ogni centimetro del mio acciaio, con espressione stupita, mentre appoggiava nuovamente il fodero al muro e mi afferrava l’elsa con entrambe le mani, mulinandomi lentamente in aria. Era ancora impegnata in quell’attività quando Sir Robin cominciò ad agitarsi nel letto ed aprì svogliatamente gli occhi, voltandosi verso di noi. Percepii i suoi occhi color ambra fissi su di me, quasi increduli, mentre in gola gli moriva un grido di sgomento. Buttò di malagrazia le coperte da un lato e si alzò frettolosamente sotto lo sguardo terrorizzato della ragazza che, dopo avermi lasciato cadere pesantemente sul pavimento di legno, si precipitò fuori dalla stanza.

Il mio cavaliere mi afferrò con forza, mi immerse nella bacinella che la madre di Aisha riempiva regolarmente con acqua pulita e cominciò a mormorare delle preghiere, continuando a a sfiorare con le dita il filo della lama. Sapevo quale terribile pensiero gli stava riempiendo il cervello, ma speravo che, in nome della riconoscenza che doveva loro, non avrebbe privato quei due poveretti della loro figlia maggiore. Lo ascoltai mormorare formule

di ringraziamento e di perdono, lo sentii supplicare gli Dei di farmi tornare ad essere una spada non insozzata da mani femminili e, nei pochi momenti in cui speravo che anche le mie preghiere venissero esaudite, lo senti supplicare per l’anima della ragazza.

 

   
 
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