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Autore: Myranda Kalis    19/07/2008    4 recensioni
Sora, in memoriam, post-KH2.
[Traduzione di Juuhachi Go]
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Sora
Note: Traduzione, Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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Remembrance
una fanfic di Myranda Kalis tradotta dall’inglese da Juuhachi Go
[link al testo originale]

Sora era lieto di essere a casa. Lo era. Era in un totale deliquio di gioia al pensiero di trovarsi in un posto reale, che fosse insindacabilmente suo, casa sua per tutta la vita, il luogo dove aveva fatto ritorno dopo aver combattuto coraggiosamente, a dispetto del suo antico desiderio di allontanarsene il più possibile. Per i primi due giorni, Sora si era ritrovato a fermarsi a casaccio per baciare il suolo o un albero o chissà cos’altro, inondato dal sollievo di un viaggiatore esausto che in viaggio non era più. Tutto questo si sarebbe infine affievolito, lo sapeva, ma, per il momento, era contento della sua casa e dei suoi alberi e della sua spiaggia, del suo cielo e del suo mare.
Ci sarebbero stati altri momenti propizi, in futuro, per nuove avventure ai confini dei mondi.

Sora era anche più felice di aver riportato indietro Kairi, e del fatto che entrambi fossero sani e salvi. Amava Kairi, l’amava con tutto il cuore e tutta l’anima, di un sentimento così puro e vasto che contenerlo a parole era impossibile. Quell’amore aveva sostenuto entrambi durante la loro separazione, aveva guidato e plasmato tutto ciò che Sora aveva compiuto. Anche quando i ricordi che lo tenevano ancorato alla sua anima erano stati manipolati e ritorti contro di lui. Anche quando Kairi era stata defraudata in massa dei propri, e tutto ciò che le era rimasto a condurla erano stati un sentimento senza nome e la propria fiducia in esso. Quell’amore li aveva ricongiunti, aveva aperto la via verso la luce, dove nulla avrebbe dovuto esistere, l’aveva salvato dall’oscurità. C’erano giorni in cui se ne sentiva così pieno – e si sentiva così pieno di Kairi – che quell’amore rappresentava l’unica cosa in grado di tenerlo con i piedi piantati a terra.

Sora non aveva mai desiderio di estrarre nuovamente il Keyblade senza Riku dietro le spalle, corazzato dalle ombre, Way to the Dawn alla mano. Mai. In un certo senso, la perdita di Riku era stata più difficile da affrontare di quella di Kairi, così come era stato più difficile riportare Riku indietro. L’oscurità si era insinuata fra loro – sentimenti oscuri, pensieri oscuri, incoraggiati e nutriti da una creatura dell’oscurità – e nell’oscurità erano quasi sprofondati insieme, scuse e rimpianti sulle labbra. Ogni tanto, Sora temeva di svegliarsi, un mattino, per scoprire che Riku se n’era andato, andato a cercare qualche luogo crepuscolare che meglio s’addicesse a quella sua anima crepuscolare, dove né la luce né l’ombra avrebbero potuto sommergerlo. Ma, in quei giorni, Riku gli sorrideva, o diceva qualcosa nel modo giusto, e tutte quelle paure si dissipavano puntualmente.

Sora aveva recuperato quel che aveva perduto, e anche di più. La sua casa. L’amore della sua vita. Il suo migliore amico. Non c’era null’altro che desiderasse, o che avrebbe voluto chiedere.

Nulla.

Certe notti, Sora si sveglia di primo mattino, addirittura prima che i cieli si stemperino nei primi accenni d’alba, e, ad occhi sbarrati, fissa le tenebre: sa che quel che vi legge dentro non sono sogni che gli danzano dietro le palpebre. Durante queste notti, rotola giù dal letto, si fa strada attraverso la casa silenziosa, plana verso la spiaggia e trova un posto dove sedersi, in attesa del sorgere del sole.

Durante queste notti, ricorda. Ricorda un ragazzo, un uomo – un uomo così brulicante di sentimento che definirlo Heartless, definirlo Nobody, è un insulto. Ricorda labbra espressive, perennemente arricciate in un sorriso, un sogghigno, un cipiglio, che sussurrano parole brucianti contro il suo orecchio, che gli premono baci ardenti sulla bocca, la gola, le cosce. Ricorda mani rapide ed abili che richiamano il fuoco, che si chiudono attorno alle traverse dei suoi chakram fino a far sbiancare le nocche, gli stringono i capelli, scivolano sotto al suo mantello, che lo tormentano fino all’orlo della pazzia e poco oltre. Ricorda un corpo sottile al pari di una lama, più caldo di quanto una persona vuota dentro avrebbe diritto di essere, premuto con forza dietro di sé, con le braccia allacciate al suo collo con fare possessivo, raggomitolato nel letto contro di lui, il viso fra i suoi capelli, a fremere impotente sotto di lui, lucido di sudore, la schiena inarcata a pretendere di più, di più, ancora di più.
E si ricorda con i polsi inchiodati sopra la testa, le gambe deboli e molli come spaghetti bagnati mentre il suo amico – il suo amante – gli restituisce il favore. Ricorda i baci affamati e disordinati, ricorda i preziosi momenti di passione e conforto rubati fra i tradimenti e il sangue e la violenza. Ricorda capelli di fuoco e vividi occhi verdi, lacrime dipinte e una voce di seta che sciorina scherno e minacce e promesse.

Ricorda la disperazione, in quegli occhi, il dolore e la rabbia, in quella voce, mentre lui se ne andava.

Non mancherei a nessuno.
Non è vero… A me mancheresti.

Ricorda l’agonia mortale, la tristezza, il rimpianto, in quegli occhi, in quella voce, mentre si ritiravano nell’oscurità.

Mi facevi sentire… come se avessi un cuore.

Durante queste mattine, Sora si scopre per quel che è: il cuore vivente di un uomo che ha perso il proprio, il perno della sua vita, la ragione della sua morte, la prova ultima della sua esistenza. Durante queste mattine, Sora sa che, di tutte le cose che ha perduto, questa sarà l’unica che non riotterrà mai, il ricordo che lascia una cicatrice, impresso in eterno nel suo cuore. Axel non è mai stato reale, dopotutto – era esistito in bilico sul nulla, e al nulla era tornato, dopo aver utilizzato l’ultima briciola di sé per salvare Sora, per aprire la via che avrebbe permesso a Sora di salvare Riku e Kairi e chiunque avesse avuto bisogno di essere salvato.

Eccetto se stesso.

Gli Heartless, e i Nobody che da essi nascono, non provano sentimenti. Gli Heartless, e i Nobody che da essi nascono, non conoscono disperazione o rabbia o rimpianto. Cosa ancora più certa, non sanno nulla dell’amore, o del sacrificio. Durante queste mattine, Sora se lo ripete, ma non riesce a crederci. Durante queste mattine, osserva il sole sorgere in un selvaggio fulgore cremisi, e si ripete che il sale che gli punge le labbra e gli bagna le guance è spuma del mare, nulla più.

Ma non riesce a credere nemmeno a questo.

  
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