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Autore: sistolina    27/04/2014    0 recensioni
Non aveva programmato Jack nella sua vita. È capitato, ad un certo punto, ad una festa, poi a due, un cenno alla London Fashion Week, una sigaretta sulla terrazza della casa di qualcuno a Brick Lane, una birra con altre millesettecento persone. Fino a chiedersi dove fosse, Jack, e cosa facesse Jack, quando lui non c'era. Se piegasse il risvolto dei pantaloni con la stessa attenzione con cui lo aveva visto farlo per il profilo di d1, e quando aveva firmato per Q, se quel tic all'occhio destro fosse solo una risposta allo stress o un fastidio reale. Se sorridesse sempre come a lui, e soffiasse sempre il fumo negli occhi senza volere, e la sua voce fosse sempre diversa e strana rispetto alla sua faccia.
Se fosse mai spaventato come Joe all'idea di finire a bocca chiusa stampato ovunque, e non avere niente da dire e nessuno a cui dirlo.
Se ridesse mai davvero, per scrollarsi di dosso la sensazione che il mondo potesse vedergli attraverso.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Spruzzare il deodorante sulle sveglie che muggiscono.



 
Joe la mattina si sveglia sempre troppo presto, resta a letto solo dieci secondi, perché l'inattività gli dà ai nervi, non trova mai le ciabatte quindi cammina scalzo, e litiga con lo sciacquone del bagno che Jack doveva far riparare da prima che lui arrivasse.
Non è ancora arrivato lì davvero, Joe, perché casa sua ancora non l'ha lasciata, perché il trasloco non l'ha mai fatto, e al suo padrone di casa non ha mai dato il preavviso.
Ma per Jack ormai lui abita lì, e continua ad ammonticchiare cose e a chiamarle “sue”. Compra asciugamani e tovagliette di plastica con i supereroi disegnati, e ammucchia tazze e posate. 
Joe non può proprio dirgli che lì non si trasferisce, perché della sua mansarda a 50 gradi d'estate e -20 d'inverno ci si stiracchia ancora bene, che le tapas dello spagnolo nella traversa sotto casa sono l'unica colazione a cui riesce a pensare, e che mai nella vita andrà a correre prima delle dieci e mezzo di mattina.
E che forse gli piace un po' troppo presentarsi senza avvertire, solo per vedere quando grandi diventano i suoi occhi, e quanto è buono l'odore di uova fritte e nicotina sulla sua maglietta 2XL lunga fino alle ginocchia.
Quando ha le dita appiccicose di Vinavil e fasciate di cerotti, perché ha cercato di appendere le foto al muro con le puntine da disegno con i risultati pessimi che gli lasciano sempre qualche cicatrice.
Non vuole lasciare casa sua, Joe, la mansarda di perline e la finestra ad oblò, perché l'odore di trementina e olio di lino per diluire i colori lo fa sentire bene, come se facesse qualcos'altro oltre a spiaccicare la sua bella faccia sulle pagine di Cosmopolitan, fra un consiglio su come prolungare l'orgasmo e un workshop su come applicare l'eyeliner.
Jack lo sa fare bene, da prima che si conoscessero, forse, anche se non è uno di quelli a cui piace spalmarsi di grasso e intrufolarsi nella vita degli altri pennello e mascara alla mano, ma si diverte a conciargli la faccia, ogni tanto, quando il film alla tv lo annoia e non ha voglia di uscire. Si volta più spesso a guardarlo, come se lo immaginasse con gli zigomi macchiati di nero e pugni. 
E Joe lo lascia sperimentare, perché sembra patetico detto ad alta voce, specialmente a lui, che sorriderebbe come mai nella vita ha fatto nessun altro se solo lo sentisse, ma sembra tutto meno futile e superficiale, se lo stringe Jack. Anche la voglia che sente Joe di scappare, ogni tanto, tornare a Manchester e chiudersi nella suo capanno con le palette di giardinaggio di sua madre e il tosaerba che suo padre non usa da sei mesi a mescolare colori e strappare tele, in mano a Jack, non è più tanto invadente.
Non aveva programmato Jack nella sua vita. È capitato, ad un certo punto, ad una festa, poi a due, un cenno alla London Fashion Week, una sigaretta sulla terrazza della casa di qualcuno a Brick Lane, una birra con altre millesettecento persone. Fino a chiedersi dove fosse, Jack, e cosa facesse Jack, quando lui non c'era. Se piegasse il risvolto dei pantaloni con la stessa attenzione con cui lo aveva visto farlo per il profilo di d1,e quando aveva firmato per Q, se quel tic all'occhio destro fosse solo una risposta allo stress o un fastidio reale. Se sorridesse sempre come a lui, e soffiasse sempre il fumo negli occhi senza volere, e la sua voce fosse sempre diversa e strana rispetto alla sua faccia.
Se fosse mai spaventato come Joe all'idea di finire a bocca chiusa stampato ovunque, e non avere niente da dire e nessuno a cui dirlo.
Se ridesse mai davvero, per scrollarsi di dosso la sensazione che il mondo potesse vedergli attraverso.
“Joe...sei in bagno da due ore” 
Pensava avesse una vocetta stridula da ragazzino, quando l'ha conosciuto. Di quelle che ti trapanano il cervello finché non ti convinci a saltare l'adolescenza e cominciare a succhiare il ghiaccio per gli over 40. Pensava di trovare pessime imitazioni di fantasy nella sua libreria e orridi film romantici impilati sotto il letto. 
Pensava di non avere niente da dirgli la prima volta che è stato lì, una sera a caso. Niente sbronza, niente feste, niente amici in comune. Alla fine Jack è solo arrivato nello spogliatoio dell'agenzia dopo un servizio di sei ore, catene, borchie e sangue finto, e l'ha baciato su una clavicola mentre Joe cercava di infilarsi la maglietta. 
Sapeva di pelle finta e metallo.
E casa sua era spoglia e scarnificata, quasi intoccata. Solo foto decontestualizzate appese con un criterio solo sue alle pareti, e arrotolate alle lucine dell'albero di Natale comprate da Poundland e già bruciate per metà.
Casa, persone, disegni, e la Madonna.
Joe ancora lo prende in giro per quella sua strana fede un po' infantile, un istinto di resa e di protezione, ma in realtà, anche se il suo sopracciglio scatta in alto ogni volta che lo sente parlare di Dio, conosce la fede di Jack, perché se ne sente addosso un po', ogni tanto, mentre balla da scemo davanti alla tv con Just Dance 3 e fa finta di non accorgersi che trema tutto troppo spesso, sotto i piedi e nella testa. È quello che respira e sente, e lo droga di trementina e sigarette. Forse non è la fede di Jack, ma è quella di Joe.
Quella resa che per lui era strana e inaffrontabile, diventa facile, troppo facile, seduto sul divano mentre Jack dorme a bocca aperta sopra il telecomando, così che lui non possa nemmeno cambiare canale, una volta o l'altra, o spegnere lo schifo di reality sulle aste di pignoramento, e ascoltarlo solo respirare.
“Adesso esco” ma entra Jack. Perché il suo “lavoro da schiavo” da GAP lo reclama, perché le sue docce durano dodici ore, alla faccia dell'acqua che scarseggia in mezzo mondo, e le bollette. Alla faccia di tutto, è così che vive Jack, è così che vive Joe, uno spazzolino nuovo ogni tre mesi e i suoi asciugamani ripiegati nei cassetti. Jack e Joe e tanti piccoli accessori che servono alla vita, gettati alla rinfusa e lasciati al caso, perché è così che vive Jack.
E così Joe.
Ogni sera resta di più, ogni mattina si sveglia un minuto dopo, mangia più lentamente e si lascia cadere sul divano senza parlare, perché l'abitudine scava fosse nei cuscini e addormenta il panico dei silenzi.
E Jack torna e saluta, e accende la tv, e parla al telefono, e si muove nel mondo con Joe dentro, perché è così che vive Jack.
Alla fine Joe pensa che potrebbe riuscire a stare con Jack per davvero, e decidere che quel monolocale al quarto piano senza ascensore è il posto giusto dove sbattere i gomiti contro ogni spigolo. Ci pensa sempre più spesso.
“Dimmi che hai il deodorante spry, perché il mio è finito e già puzzo come una discarica, e non sono nemmeno le otto di mattina” ride di qualcosa rimasticando le parole in bocca e gettando a caso la maglietta nel cestino della biancheria sporca sotto il lavandino. Ride anche Joe, nello specchio, non sa nemmeno per cosa, non sa nemmeno a chi, ma l'idea di rimanergli appiccicato addosso tutta la giornata ha una patetica e sfigata sfumatura di confortevolezza.
Jack annusa il tubetto e lo agita. Sorride dietro una spalla di Joe.
“La manager al lavoro si farà il segno della croce pensando che sono diventato etero”
Rimane nascosto fra il suo collo e la nuca, un solo occhio fra lo specchio e le piastrelle bianche intorno a cercare una smorfia che sembri un sorriso.
“Che ha il mio deodorante che non va?” 
Jack non lo sa che Joe sorride sempre, troppo, anche da solo. Che prima era una vera testa di cazzo, e non diceva mai la verità se poteva evitarla. Che ha un'ossessione per le gambe, per come si muovono e a volte si intrecciano. Che le sue gambe, quelle di Jack, raccontano una vita intera se si lascia il tempo al mondo di andare a farsi fottere, e le si ascolta. 
Jack non sa troppe cose di Joe, e a volte Joe ha solo voglia di raccontargliele.
A volte lo fa.
“Niente, ma è un po' da macho. Cos'è, pino silvestre?” spruzza e odora, una nebbia bianca e un po' tossica che riempie il bagno come una sauna che sa di sottobosco. Muschio. Fa davvero un po' schifo come odore, ma nella vita Joe sceglie a caso.
“Ma vaffanculo” 
Jack gli spruzza il deodorante sul collo, il getto freddo che risveglia in lui uno strano fastidio e una carezza di divertimento. 
È come Jack nella sua vita. Joe nella vita di Jack. 
Strani brividi e fastidi senza nome.
Bacia sempre la stessa clavicola, che è sempre sua, troppo sua, da quando gli è capitata sotto le labbra per un caso che non è mai stato un caso. Anche se puzza di pino silvestre e ammoniaca.
“In frigo non c'è un cazzo, ma ho messo su il caffè. Non sparire oggi ok?” non si guardano nello specchio, perché forse Jack non vuole vedere l'espressione di Joe, e Joe ha paura di sapere quanto grandi diventano i suoi occhi quando sbattono contro quell'onestà troppo giovane.
E quelli di Joe a volte sembrano quelli di un altro, e diventano grandi e piccoli, e si scansano nell'incertezza, perché la gente non dice quel genere di cose e basta, lasciandole cadere inermi e grezze dalla bocca alle ossa degli altri. Si limano, si arrangiano, si mescolano, ma non si lanciano appena nate addosso alle persone.
Non nella vita di Joe.
Ma la vita di Jack è diversa.
E a volte gli fa paura.
Jack esce di corsa, sempre di corsa anche se è in anticipo, e la casa resta vuota.
Una madonna, fotografie, la sveglia che Jack si porta dietro in ogni stanza della casa e muggisce ogni cinque minuti per mezz'ora, una tazza nel lavandino.
Non farà colazione in quella casa, Joe. Ribelle e scontroso si riprenderà una stupida rivincita dall'affetto di Jack e tutta la sua consumata sincerità involontaria. Magari uscirà, e resterà seduto da solo ad un tavolo di Starbucks per tre quarti d'ora a fissare lo schermo del cellulare, Instagram e le colazioni di tutti con il filtro Walder. 
Non berrà il caffè per illudersi di poter ancora scappare. E di essere grande e solo, e di non lasciare niente dietro di sé.
Non sparire oggi.
Tornerà a casa Jack, e troverà il caffè freddo, la sveglia che muggisce senza pile, e Joe. Oppure no.
Forse lo lascerà gironzolare in metro per tre ore prima di decidersi a tornare, solo per il gusto di farlo aspettare, di non essere scontato, sempre presente, prigioniero.
Forse quello che Joe pensa di essere a Jack non interessa.
Lascerà la porta aperta, nel caso faccia troppo freddo per giocarsi la serata a “Sasso, carta, forbice” con l'orgoglio sulle scale, e aspettare di farsi aprire il portone dalla vicina ottantenne.
Lascia sempre la porta aperta Jack, anche quando non vuole che Joe torni, ma fa finta di averla dimenticata. A volte Joe non torna, e sa che Jack non lo perdonerà mai del tutto per il tempo e lo spazio che ruba ogni tanto solo per sé. E sa che Jack non glielo dirà, perché quel tempo e quello spazio sono anche suoi.
Alla fine non fa nemmeno colazione, una traballante giustificazione che si arrampica monca ai compromessi. E non si siederà da Starbucks, e forse lo farà aspettare anche quella sera, e forse non tornerà proprio.
Forse mai.
Joe non lo voleva nemmeno Jack nella sua vita.
Prima.
























Welcome!!!
Questa è una raccolta, umile e fluff, si spera, di OS su Jack & Joe. J&J esistono davvero, e sono due modelli, Jack della d1, agenzia di Londra che annovera fra i suoi Luke Worrall, per dire ahahah, e Joe della Models1, che tutti conosciamo, ovviamente, come l'agenzia di Toby Leonard ahahah :)
Chiaramente non esiste una sezione sui modelli in EFP, quindi questo progettino easy e senza pretese finisce nelle originaliXD Lo è anche, un po', perchè a parte certe info che sono riuscita a reperire dai loro IG, la stragrande maggioranza di quello che scriverò di loro è pura immaginazione^^
Jack e Joe stanno veramente insieme, Joe studia all'Accademia di Belle Arti a Manchester e Jack lavora da GAP (non so ancora quale ma vi terrò aggiornati). Sono belli in modo assurdo e si amano tanto. E fanno servizi come questo.
Che dire, amateli con me e, se volete, potete trovarci tutti qui <3

 
   
 
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