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Autore: Efthalia    27/04/2014    3 recensioni
Percy e Nico sono buoni amici che trascorrono insieme interi pomeriggi tra cibo spazzatura, programmi televisivi trash e l'anime C'era una volta Pollon. Ma cosa può succedere se l'ingenuità - somigliante molto alla stupidità - di Percy si unisce all'imbarazzo di Nico?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nico veniva spesso a casa mia durante l’inverno, e a me faceva molto piacere condividere del tempo con un vero amico. Era un ragazzo solo, e il fatto che decidesse di visitare solo me mi faceva sentire apprezzato. 
Quel giorno mia madre era al lavoro e Paul era rimasto alla Goode, dato che era stato scelto come insegnante anche nei corsi pomeridiani, così a casa c’eravamo solo noi due. Eravamo spaparanzati sul letto della mia camera a guardare la maratona di Kitchen Nightmares, l’unico programma televisivo che lo divertiva, e ci abbuffavamo di vari dolciumi azzurri, liquirizia e carbone di zucchero (a Nico piaceva il cibo nero). 
Non potei fare a meno di notare, però, che quel giorno, nonostante lo chef Ramsay urlasse con tutto il fiato che aveva in gola, Nico non sorrideva. 
Il suo volto era teso e imbarazzato. Le sue mani non riuscivano a rimanere ferme: si sistemava i pantaloni, l’orlo della maglietta, si spettinava ancora di più i capelli, conficcava le unghie nel palmo della mano e spezzettava il carbone in minuscole parti. 
Io non capivo quale fosse il problema, non capivo tutto quell’imbarazzo. Tutto ciò mi fece innervosire.
– Si può sapere cos’hai? – sbottai dopo un po’. 
Lui alzò di scatto lo sguardo. – N-niente... io... davvero, niente.
I suoi balbettii non fecero altro che incuriosirmi ancora di più. 
– Oh, ti conosco! Dai, che succede? – lo incitai con un sorriso.
Evidentemente qualcosa del mio comportamento lo fece imbarazzare ulteriormente, perché distolse lo sguardo e arrossì. 
Mi stava decisamente facendo innervosire, ma non glielo feci notare.
– Andiamo, Nico! – per farlo sentire a suo agio, avvolsi le sue spalle col mio braccio. Sentii una vampata di calore, ma feci finta di nulla – Siamo amici, no?
Peggiorai la situazione. Vidi come teneva la mascella serrata, vidi le sue guance sempre più rosse e i suoi occhi che non si decidevano a incontrare i miei. 
Poi dissi qualcosa di assolutamente stupido. – Senti, se devi andare in bagno con c’è problema. 
Spostò immediatamente lo sguardo incredulo su di me. Ci fu un attimo di silenzio, poi scoppiò in una delle sue rare e cristalline risate. Da un po’ avevo notato che io ero l’unico a farlo ridere... a parte Gordon Ramsay, ma quella era un’altra storia. Restai un attimo serio per ascoltare la sua risata, poi iniziai a ridere anche io, perché ero felice di vederlo allegro e perché capii quanto fosse stata infinitamente stupida la mia affermazione.  
– Dove... dove ti vengono in mente certe cose? – chiese sconnessamente. Non riusciva a smettere di ridere. 
Non so per quanto tempo restammo a ridere, sapevo solo che Ramsay che urlava parolacce su parolacce mentre lanciava un piatto di lasagne sul pavimento non aiutava, e non aiutava nemmeno il ridacchiare di Nico. 
Solo dopo un bel po’ di risate mi resi conto di tenere ancora il mio braccio su di lui. Mi feci immediatamente serio. Nico notò la mia espressione e capì solo un attimo dopo. 
Perché eravamo imbarazzati? Eravamo amici, no? Cosa c’era di strano nell’avvolgere le spalle di un amico con un braccio? Cosa c’era di strano nello sfiorare inconsapevolmente il suo collo scoperto? 
L’imbarazzo diventò tangibile. Mi sentii avvampare, e a Nico gli arrossirono persino le orecchie. 
 – Per Poseidone, ho una sete! Vado a prendere un po’ di Coca-Cola azzurra in cucina – annunciai ad alta voce e nel modo più disinvolto possibile. 
Un secondo prima di alzarmi, vidi la Coca-Cola azzurra proprio accanto a Nico. E la bottiglia era pure piena. Decisi che gli dei volevano farmi vivere una giornata davvero umiliante. 
Nico sorrise sotto i baffi e mi porse la bottiglia. – Oggi sei più... stupido. Sì, oggi sei molto più stupido del solito. 
Gli rifilai una delle mie occhiate amichevolmente minacciose e non dissi più niente: non volevo più fare la figura dell’idiota. 
Restammo in silenzio per un bel po’, anche se a volte veniva interrotto da risatine e commenti sprezzanti verso i camerieri e i cuochi incapaci del ristorante in rovina. Io non mi stavo concentrando molto sul programma, però: la mia mente era completamente occupata dal curioso comportamento di Nico. Volevo parlarne, ma lui era (o sembrava) completamente preso dal programma trash. 
Quando ci fu la pubblicità, però, non riuscii più a trattenermi. Stavo per chiedergli “ma prima dovevi davvero andare in bagno?”, ma ci ripensai. 
– Allora, mi vuoi dire cos’avevi prima? 
Il volto di Nico mutò espressione con una velocità incredibile. Evidentemente credeva che con la mia sbadataggine avessi già dimenticato quell’episodio.
Be’, mai sottovalutare Percy Jackson. Siete avvertiti. 
 – E dai, lascia perdere... sta iniziando la nuova puntata – rispose velocemente. 
Che bugiardo! La puntata si doveva ancora concludere!
Misi su il miglior broncio alla Jackson e tolsi il mio braccio dalle sue spalle. Nel suo volto lessi  sollievo, ma anche un pizzico di delusione. Non sapevo se quest’ultima fosse solo frutto della mia fantasia, ma non bastò comunque per convincerlo a vuotare il sacco. Mi ignorava completamente. 
Dovevo architettare qualcosa, e mi venne un’idea davvero geniale quando vidi la sua mano andare verso il vassoio di junk food azzurro e nero. Lo afferrai velocemente e lo misi nel mio lato del letto, fuori dalla sua portata. 
– Ehi! – esclamò Nico, il tono sorpreso e arrabbiato. 
– Non mangerai più nessuna bomba ipercalorica nera se non mi dici niente – lo avvisai, e nel frattempo afferrai il telecomando di soppiatto. 
– Ah, mai! – esclamò, poi si slanciò in avanti, arrivandomi addosso, e cercò di recuperare il vassoio. Io invocai tutto il mio autocontrollo e cambiai canale. La sigla di C’era una volta Pollon riempì l’intero appartamento e Nico mandò all’aria il suo piano. Se c’era una cosa che odiava davvero, quella era l’anime Pollon. Non riusciva a sopportare la vista di Eros in ogni singola puntata, anche se l’Eros di Pollon era l’esatto opposto del vero Eros. Dovevo ancora capire il motivo di quell’odio innato, ma non era proprio il momento.  
Si ricompose e mi fissò seriamente. – Cambia canale. 
Una nuova luce s’impadronì dei suoi occhi: c’era rabbia, tristezza e dolore. Come poteva uno stupido cartone animato provocare quelle emozioni? 
– No – risposi in tono deciso. 
Avevamo finito di scherzare. Nico doveva dirmi cosa gli passava per la testa, perché sapevo che la cosa mi riguardava. Se avesse voluto mantenere il segreto, non si sarebbe dovuto comportare in modo imbarazzato, prima.
Restammo per un tempo indecifrabile a fissarci in modo mortalmente serio, cosa che risultò alquanto difficile con la sigla di Pollon di sottofondo. I nostri visi erano pericolosamente vicini, e io potei ammirare per la prima gli occhi di Nico. Erano neri e meravigliosamente profondi, ma avevano anche delle sfumature marroni e grigio scure. Erano... belli. 
Non distolsi lo sguardo per niente al mondo, in quel momento la sigla di Pollon non mi distraeva minimamente. Esisteva solo Nico, le cui labbra si avvicinavano sempre di più alle mie. 
Eros è il mio grande amico e porta sempre
buonumore, è simpatico e ti dico che
comanda lui l’amore e lo fa con frecce d’oro
con cui poi lui centra i cuori ed i cuori di
costoro troveranno grandi amori... 
Nico lottò con tutte le sue forze per ignorare proprio quella parte  e mi baciò come se non ci fosse nessuna stupida e strana canzoncina per bambini che in un certo senso ci rispecchiava. 
Il contatto delle nostre labbra non fu per niente cauto e dolce, ma arrabbiato ed esigente, come se avesse bisogno di quel tocco da davvero troppo tempo. Ero assolutamente spossato e maledettamente felice di ciò che stava succedendo: sentii il mio petto farsi più leggero, come se finalmente mi fossi tolto un enorme e ingombrante peso. 
Con i mesi, Nico iniziava a piacermi veramente. Nonostante lui si comportasse molto bene con me rispetto a tutti gli altri, non voleva dire che io gli piacessi. Era inaudibile quell’idea, eppure in quel momento mi stava baciando. 
Nico fu il primo a staccarsi, cosa che mi provocò un’ulteriore voglia di baciarlo. Non volevo più smettere di farlo, ma non mi avvicinai per cercare un altro bacio. Dal suo sguardo carico di sfida, capii che voleva parlarmi. 
– Ecco cos’avevo prima... non riuscivo più a trattenermi, Percy. Tu non immagini da quanto tempo desideravo farlo – il suo tono era arrabbiato.   
– Nico, è tutto okay, davvero. È... è stato giusto così – cercai di rassicurarlo, ma non riuscii ad ammettere i miei sentimenti. 
– Non è okay, capito? Non è okay! Ho rovinato la nostra amicizia... mi dispiace. Ma cerca di... – lo interruppi, ma non con le parole. 
Mi slanciai su di lui, gli presi il viso con le mani e lo spinsi verso il mio. Il secondo bacio fu simile al primo, ma stavolta non c’era niente di arrabbiato. Una mano che era ancora poggiata sul viso di Nico scivolò sui suoi fianchi per poi accarezzargli la schiena leggermente muscolosa. Nico, dal suo canto, mi accarezzava titubante i pettorali, il tutto senza smettere di baciarci. Ci staccammo solo quando non potemmo più respirare, ma non tolsi per niente al mondo le mie mani dal suo corpo. 
Quando aprì gli occhi, mi rivolse uno sguardo sorpreso e dolce. 
– Percy, ma io... io ti piaccio davvero? – chiese in un sussurro. In quel momento mi sembrò un bellissimo bambino, e io non potei fare a meno di sorridere.
– Vuoi qualche altra dimostrazione? – chiesi, il tono fintamente canzonatorio. 
– È solo che... non l’avrei mai detto – disse, ignorando completamene la mia mezza battuta. 
Decisi di mettere da parte il mio lato ironico. 
– Lo so... ma mi piaci veramente. E anche da un bel po’ – ammisi, scatenando la sua sorpresa. 
– E perché non me l’hai detto? – chiese animatamente. 
– Potrei farti la stessa domanda – risposi. 
Ci sfidammo nuovamente con lo sguardo, ma Nico non riuscì più a sostenerlo e mi sorrise. 
– Bene, allora adesso posso ricominciare ad abbuffarmi di bombe ipercalorica nere? 
– Solo se mi permetti di vedere questa puntata di Pollon. Ramsay sta diventando noioso. 
– O magari ti dà fastidio il fatto che sia più divertente di te. 
– Me lo fai vedere o no Pollon? 
– Mmh... solo una puntata. 
 
Restammo per l’intero pomeriggio ad abbuffarci di cibo blu e nero a seguire l’intera maratona di Pollon. L’unica cosa che desideravo fare era quella di rimanere in quella posizione per sempre, con Nico seduto tra le mie gambe, la sua schiena appoggiata al mio petto, i suoi capelli che accarezzavano il mio collo nudo e la mia mano sulla sua. 
Ero fermamente convinto che quella volta gli dei non avessero mosso nemmeno un dito per noi, perché tutto ciò era maledettamente perfetto.

Nico veniva spesso a casa mia durante l’inverno, e a me faceva molto piacere condividere del tempo con un vero amico. Era un ragazzo solo, e il fatto che decidesse di visitare solo me mi faceva sentire apprezzato. 
Quel giorno mia madre era al lavoro e Paul era rimasto alla Goode, dato che era stato scelto come insegnante anche nei corsi pomeridiani, così a casa c’eravamo solo noi due. Eravamo spaparanzati sul letto della mia camera a guardare la maratona di Kitchen Nightmares, l’unico programma televisivo che lo divertiva, e ci abbuffavamo di vari dolciumi azzurri, liquirizia e carbone di zucchero (a Nico piaceva il cibo nero). 
Non potei fare a meno di notare, però, che quel giorno, nonostante lo chef Ramsay urlasse con tutto il fiato che aveva in gola, Nico non sorrideva. 
Il suo volto era teso e imbarazzato. Le sue mani non riuscivano a rimanere ferme: si sistemava i pantaloni, l’orlo della maglietta, si spettinava ancora di più i capelli, conficcava le unghie nel palmo della mano e spezzettava il carbone in minuscole parti. 
Io non capivo quale fosse il problema, non capivo tutto quell’imbarazzo. Tutto ciò mi fece innervosire.
– Si può sapere cos’hai? – sbottai dopo un po’. 
Lui alzò di scatto lo sguardo. – N-niente... io... davvero, niente.
I suoi balbettii non fecero altro che incuriosirmi ancora di più. 
– Oh, ti conosco! Dai, che succede? – lo incitai con un sorriso.
Evidentemente qualcosa del mio comportamento lo fece imbarazzare ulteriormente, perché distolse lo sguardo e arrossì. 
Mi stava decisamente facendo innervosire, ma non glielo feci notare.
– Andiamo, Nico! – per farlo sentire a suo agio, avvolsi le sue spalle col mio braccio. Sentii una vampata di calore, ma feci finta di nulla – Siamo amici, no?
Peggiorai la situazione. Vidi come teneva la mascella serrata, vidi le sue guance sempre più rosse e i suoi occhi che non si decidevano a incontrare i miei. 
Poi dissi qualcosa di assolutamente stupido. – Senti, se devi andare in bagno con c’è problema. 
Spostò immediatamente lo sguardo incredulo su di me. Ci fu un attimo di silenzio, poi scoppiò in una delle sue rare e cristalline risate. Da un po’ avevo notato che io ero l’unico a farlo ridere... a parte Gordon Ramsay, ma quella era un’altra storia. Restai un attimo serio per ascoltare la sua risata, poi iniziai a ridere anche io, perché ero felice di vederlo allegro e perché capii quanto fosse stata infinitamente stupida la mia affermazione.  
– Dove... dove ti vengono in mente certe cose? – chiese sconnessamente. Non riusciva a smettere di ridere. 
Non so per quanto tempo restammo a ridere, sapevo solo che Ramsay che urlava parolacce su parolacce mentre lanciava un piatto di lasagne sul pavimento non aiutava, e non aiutava nemmeno il ridacchiare di Nico. 
Solo dopo un bel po’ di risate mi resi conto di tenere ancora il mio braccio su di lui. Mi feci immediatamente serio. Nico notò la mia espressione e capì solo un attimo dopo. 
Perché eravamo imbarazzati? Eravamo amici, no? Cosa c’era di strano nell’avvolgere le spalle di un amico con un braccio? Cosa c’era di strano nello sfiorare inconsapevolmente il suo collo scoperto? 
L’imbarazzo diventò tangibile. Mi sentii avvampare, e a Nico gli arrossirono persino le orecchie. 
 – Per Poseidone, ho una sete! Vado a prendere un po’ di Coca-Cola azzurra in cucina – annunciai ad alta voce e nel modo più disinvolto possibile. 
Un secondo prima di alzarmi, vidi la Coca-Cola azzurra proprio accanto a Nico. E la bottiglia era pure piena. Decisi che gli dei volevano farmi vivere una giornata davvero umiliante. 
Nico sorrise sotto i baffi e mi porse la bottiglia. – Oggi sei più... stupido. Sì, oggi sei molto più stupido del solito. 
Gli rifilai una delle mie occhiate amichevolmente minacciose e non dissi più niente: non volevo più fare la figura dell’idiota. 
Restammo in silenzio per un bel po’, anche se a volte veniva interrotto da risatine e commenti sprezzanti verso i camerieri e i cuochi incapaci del ristorante in rovina. Io non mi stavo concentrando molto sul programma, però: la mia mente era completamente occupata dal curioso comportamento di Nico. Volevo parlarne, ma lui era (o sembrava) completamente preso dal programma trash. 
Quando ci fu la pubblicità, però, non riuscii più a trattenermi. Stavo per chiedergli “ma prima dovevi davvero andare in bagno?”, ma ci ripensai. 
– Allora, mi vuoi dire cos’avevi prima? 
Il volto di Nico mutò espressione con una velocità incredibile. Evidentemente credeva che con la mia sbadataggine avessi già dimenticato quell’episodio.
Be’, mai sottovalutare Percy Jackson. Siete avvertiti. 
 – E dai, lascia perdere... sta iniziando la nuova puntata – rispose velocemente. 
Che bugiardo! La puntata si doveva ancora concludere!
Misi su il miglior broncio alla Jackson e tolsi il mio braccio dalle sue spalle. Nel suo volto lessi  sollievo, ma anche un pizzico di delusione. Non sapevo se quest’ultima fosse solo frutto della mia fantasia, ma non bastò comunque per convincerlo a vuotare il sacco. Mi ignorava completamente. 
Dovevo architettare qualcosa, e mi venne un’idea davvero geniale quando vidi la sua mano andare verso il vassoio di junk food azzurro e nero. Lo afferrai velocemente e lo misi nel mio lato del letto, fuori dalla sua portata. 
– Ehi! – esclamò Nico, il tono sorpreso e arrabbiato. 
– Non mangerai più nessuna bomba ipercalorica nera se non mi dici niente – lo avvisai, e nel frattempo afferrai il telecomando di soppiatto. 
– Ah, mai! – esclamò, poi si slanciò in avanti, arrivandomi addosso, e cercò di recuperare il vassoio. Io invocai tutto il mio autocontrollo e cambiai canale. La sigla di C’era una volta Pollon riempì l’intero appartamento e Nico mandò all’aria il suo piano. Se c’era una cosa che odiava davvero, quella era l’anime Pollon. Non riusciva a sopportare la vista di Eros in ogni singola puntata, anche se l’Eros di Pollon era l’esatto opposto del vero Eros. Dovevo ancora capire il motivo di quell’odio innato, ma non era proprio il momento.  
Si ricompose e mi fissò seriamente. – Cambia canale. 
Una nuova luce s’impadronì dei suoi occhi: c’era rabbia, tristezza e dolore. Come poteva uno stupido cartone animato provocare quelle emozioni? 
– No – risposi in tono deciso. 
Avevamo finito di scherzare. Nico doveva dirmi cosa gli passava per la testa, perché sapevo che la cosa mi riguardava. Se avesse voluto mantenere il segreto, non si sarebbe dovuto comportare in modo imbarazzato, prima.
Restammo per un tempo indecifrabile a fissarci in modo mortalmente serio, cosa che risultò alquanto difficile con la sigla di Pollon di sottofondo. I nostri visi erano pericolosamente vicini, e io potei ammirare per la prima gli occhi di Nico. Erano neri e meravigliosamente profondi, ma avevano anche delle sfumature marroni e grigio scure. Erano... belli. 
Non distolsi lo sguardo per niente al mondo, in quel momento la sigla di Pollon non mi distraeva minimamente. Esisteva solo Nico, le cui labbra si avvicinavano sempre di più alle mie. 
Eros è il mio grande amico e porta sempre
buonumore, è simpatico e ti dico che
comanda lui l’amore e lo fa con frecce d’oro
con cui poi lui centra i cuori ed i cuori di
costoro troveranno grandi amori... 

Nico lottò con tutte le sue forze per ignorare proprio quella parte  e mi baciò come se non ci fosse nessuna stupida e strana canzoncina per bambini che in un certo senso ci rispecchiava. 
Il contatto delle nostre labbra non fu per niente cauto e dolce, ma arrabbiato ed esigente, come se avesse bisogno di quel tocco da davvero troppo tempo. Ero assolutamente spossato e maledettamente felice di ciò che stava succedendo: sentii il mio petto farsi più leggero, come se finalmente mi fossi tolto un enorme e ingombrante peso. 
Con i mesi, Nico iniziava a piacermi veramente. Nonostante lui si comportasse molto bene con me rispetto a tutti gli altri, non voleva dire che io gli piacessi. Era inaudibile quell’idea, eppure in quel momento mi stava baciando. 
Nico fu il primo a staccarsi, cosa che mi provocò un’ulteriore voglia di baciarlo. Non volevo più smettere di farlo, ma non mi avvicinai per cercare un altro bacio. Dal suo sguardo carico di sfida, capii che voleva parlarmi. 
– Ecco cos’avevo prima... non riuscivo più a trattenermi, Percy. Tu non immagini da quanto tempo desideravo farlo – il suo tono era arrabbiato.  
– Nico, è tutto okay, davvero. È... è stato giusto così – cercai di rassicurarlo, ma non riuscii ad ammettere i miei sentimenti. 
– Non è okay, capito? Non è okay! Ho rovinato la nostra amicizia... mi dispiace. Ma cerca di... – lo interruppi, ma non con le parole. 
Mi slanciai su di lui, gli presi il viso con le mani e lo spinsi verso il mio. Il secondo bacio fu simile al primo, ma stavolta non c’era niente di arrabbiato. Una mano che era ancora poggiata sul viso di Nico scivolò sui suoi fianchi per poi accarezzargli la schiena leggermente muscolosa. Nico, dal suo canto, mi accarezzava titubante i pettorali, il tutto senza smettere di baciarci. Ci staccammo solo quando non potemmo più respirare, ma non tolsi per niente al mondo le mie mani dal suo corpo. 
Quando aprì gli occhi, mi rivolse uno sguardo sorpreso e dolce. 
– Percy, ma io... io ti piaccio davvero? – chiese in un sussurro. In quel momento mi sembrò un bellissimo bambino, e io non potei fare a meno di sorridere.
– Vuoi qualche altra dimostrazione? – chiesi, il tono fintamente canzonatorio. 
– È solo che... non l’avrei mai detto – disse, ignorando completamene la mia mezza battuta. 
Decisi di mettere da parte il mio lato ironico. 
– Lo so... ma mi piaci veramente. E anche da un bel po’ – ammisi, scatenando la sua sorpresa. 
– E perché non me l’hai detto? – chiese animatamente. 
– Potrei farti la stessa domanda – risposi. 
Ci sfidammo nuovamente con lo sguardo, ma Nico non riuscì più a sostenerlo e mi sorrise. 
– Bene, allora adesso posso ricominciare ad abbuffarmi di bombe ipercalorica nere? 
– Solo se mi permetti di vedere questa puntata di Pollon. Ramsay sta diventando noioso. 
– O magari ti dà fastidio il fatto che sia più divertente di te. 
– Me lo fai vedere o no Pollon
– Mmh... solo una puntata. 
 
Restammo per l’intero pomeriggio ad abbuffarci di cibo blu e nero a seguire l’intera maratona di Pollon. L’unica cosa che desideravo fare era quella di rimanere in quella posizione per sempre, con Nico seduto tra le mie gambe, la sua schiena appoggiata al mio petto, i suoi capelli che accarezzavano il mio collo nudo e la mia mano sulla sua. 
Ero fermamente convinto che quella volta gli dei non avessero mosso nemmeno un dito per noi, perché tutto ciò era maledettamente perfetto.



Note noiose dell'autrice

Demigods, lo so che mi sto sbizzarrendo, ma non pubblico ff da una vita e adesso che ho finalmente capito come si pubblica tramite telefono non ho intenzione di smettere xD

Non sono molto sicura del titolo, ma credetemi se vi dico che sono stata mezz'ora per pensarci! È stata un'impresa alla Jackson trovare qualcosa di "decente". 

E adesso mi riferisco a coloro i quali leggeranno la storia al PC: non so se la visualizzerete bene e mi dispiace se non sarà così, ma non posso farci proprio nulla xD

Ora basta xD mi auguro solo che questa OS senza pretese vi sia piaciuta ♡

 

 

  
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