The haunting haunted
Quando Celia scoprì che l’appartamento di cui parlava il suo salvatore era al 221B di Baker Street, quasi le venne da ridere.
Per quanto fosse ormai notte fonda, la padrona di casa, un’adorabile signora di mezza età, insistette per prepararle qualcosa da mangiare e si offrì di lavarle i vestiti. Il signor Watson, invece, sparì al piano di sopra non appena misero piede in casa. Probabilmente voleva essere lui ad avvertire il signor Holmes della nuova coinquilina.
Celia ancora non riusciva a credere alla propria fortuna. Certo, rispetto a quando si era svegliata quella mattina, la sua vita era completamente diversa, ma questo non doveva per forza significare che fosse cambiata in peggio. Tutti erano stati incredibilmente gentili con lei, anche considerando il fatto che era una sconosciuta a tutti gli effetti e gli era praticamente piombata tra capo e collo. In particolare, il signor Watson –che insisteva per essere chiamato John- si era offerto di pagarle le prime due settimane di affitto, con la speranza che lei nel frattempo appianasse le cose con sua madre. In caso contrario, si era già detto disponibile per anticiparle l’intero mese e anche quello seguente, nell’attesa che lei trovasse un lavoro part-time.
-Ecco cara, questa dovrebbe tirarti su- disse la signora Hudson, allungandole una cioccolata calda.
-Puoi sistemarti nella mia vecchia stanza, al secondo piano. Ho controllato, Sherlock l’ha tenuta decentemente- disse il signor Watson, comparendo nella piccola cucina.
-Oh, l’ha tenuta più che decentemente! Quasi credevo ci avrebbe fatto un santuario- commentò la signora Hudson, strizzando l’occhio a Celia che scoppiò a ridere sommessamente.
-Signora Hudson, quante volte glielo devo ripetere? Non siamo una coppia, non lo siamo mai stati e, cosa da sottolineare più e più volte, io non sono gay!-
Ma la signora Hudson continuò come se il dottore non avesse mai aperto bocca.
-Gli si è spezzato il cuore quando ha saputo che ti saresti sposato. Povero Sherlock! Ha passato interi pomeriggi a suonare musiche tristi con quel suo violino. Io le sentivo persino da qui. Erano i lamenti di un cuore che andava in mille pezzi…-
-Non interessa a nessuno, signora Hudson- la interruppe bruscamente Holmes, facendo il suo ingresso nella stanza. Era sceso in vestaglia, ma non aveva l’aria di uno che era appena stato svegliato. –Celia Stebbins, John mi ha detto che verrà a stare all’ultimo piano.-
-Spero non sia un problema- mormorò lei. Quell’uomo la mandava nella confusione più totale, con quei modi calmi e garbati, con quegli occhi che sembravano poterti leggere dentro e, allo stesso tempo, riflettevano tutta la tristezza del mondo. C’era qualcosa in lui che lo rendeva diverso da chiunque altro. E quel qualcosa era in quegli occhi dal colore strano. Era come se qualche cosa lo cacciasse dall’interno e lo costringesse a cacciare il mondo intero.
-Affatto. Anzi, credo ci sarà utile per la mia indagine.-
-Nostra- puntualizzò il signor Watson e Holmes sollevò un sopracciglio, mentre la signora Hudson ridacchiava. –Che c’è? Me lo hai chiesto tu!-
-Ora sarà meglio che vada a dormire, Celia, se vuole esserci di qualche utilità… bè, non propriamente domani. Diciamo tra qualche ora.-
Detto questo, sparì silenzioso com’era comparso.
Era di nuovo nella cabina blu ma, per la prima volta nella sua vita, era terrorizzata. Aveva una paura folle e non capiva cosa stesse succedendo. Se ne stava accucciata in un angolo, le mani premute sulle orecchie e gli occhi spalancati.
-Dov’è la mia mamma?- chiedeva, ma l’uomo ai comandi non le rispondeva. Tirava leve, pigiava bottoni e pulsanti… senza mai alzare lo sguardo su di lei. E lei era piccola, piccola e terrorizzata, senza la sua mamma e il suo papà.
Uno scossone la fece sobbalzare e cominciò a piangere.
-Ssh, non avere paura.-
Accanto a lei era comparsa una ragazza bionda dagli occhi scuri e dolci.
Rose era il suo nome, lo sapeva.
Rose la strinse forte, premendola contro il suo petto.
Rose era morbida e le ricordava la sua mamma.
Rose la teneva al sicuro.
-Dov’è la mia mamma? Voglio andare a casa!-
Rose alzò lo sguardo verso l’uomo ai comandi, il quale scosse la testa.
-Ti troveremo una nuova casa, promesso- sussurrò, posandole un bacio sulla fronte.
Rose era buona.
Rose poteva essere la sua nuova mamma, se voleva.
Rose e quell’uomo dalle grandi orecchie. In quella strana cabina blu.
Dato che il suo pianeta non esisteva più.