Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: controcorrente    27/04/2014    1 recensioni
Metà del 1800. Soledad Blanca Escobar ha solo 8 anni eppure sa già quanto sia veritiero il significato del proprio nome e, forte dell'esperienza della sua famiglia, arriva a pensare che amore e matrimonio non siano compatibili. Soledad rinnega l'amore ed ogni forma di sentimento, ritenendolo causa di ogni sua sciagura...eppure sarà proprio un matrimonio combinato a farle capire quanto sia importante...sia pure a caro prezzo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 RISATA


I miei giorni presso la casa dei Rossignol non cambiavano mai. La perdita di mia madre era stata un duro colpo per tutti… ma il dovere di recarle le giuste esequie aveva avuto la meglio su tutto. La volontà dei morti recitava uno dei motti della famiglia ed era un monito che influiva sulla vita di tutti i suoi componenti. Era consuetudine che, in caso di lutto, tutte le attività, tranne le più importanti, fossero poste in secondo piano rispetto alla cura del defunto…e, malgrado la disobbedienza, Honor era pur sempre una Rossignol ed andava rispettata come tale.
Mio nonno impedì a chiunque di dedicarsi alle mansioni consuete, per poter salutare al meglio la sua unica figlia femmina e, nel frattempo, chiamò un suo amico. Ero immobilizzata al letto, eppure potei vedere quel tale, un uomo piccolo e smilzo, dai lineamenti fini e gli occhi di volpe entrare nell’antica dimora dei Rossignol. Facendo leva sui bracci mi levai a sedere e lo fissai apatica. Non sapevo chi fosse…ma, nella desolazione del mio animo, accolsi quell’arrivo nella più profonda e inerte indifferenza.
La luce di quella mattina era leggermente annacquata, tanto che non riuscivo a capire che ore fossero. Mezquita non aveva ancora diffuso il suono della campana. Malgrado non riuscissi a vedere la chiesa, riuscivo comunque a sentire il rintocco del suo canto…e il fantasma della mamma si faceva nuovamente avanti. Lei era solita portarmi spesso alla Mezquita, quando aveva intenzione di pregare e confessarsi.
Soledad, guarda che bella, questa schiera di colonne e capitelli…non ti sembra una foresta di pietra? mi diceva, con quel sorriso di bambina e quegli occhi grandi e fiduciosi. Io, allora, alzavo gli occhi, fissando quegli archi e quella pietra bicolore che giocava a rincorrersi con la luce che entrava al suo interno.
Quel ricordo cominciò a pungolarmi e, per allontanarlo da me, cominciai a sfregarmi con violenza gli occhi. Il volto di mia madre Honor era così bello e radioso da farmi male per la dolcezza che quell’immagine lontana mi scatenava dentro. La mamma era allora felice come mai l’avevo vista…pochi mesi prima di morire, davanti a me.
La pelle, sotto lo sfregamento violento che io stessa mi procuravo, cominciò ad arrossarsi…eppure, tutto quello che mi chiedevo era: perché?
Perché era successo tutto ciò?
Perché?
Perché?
Fuori dalla camera, intanto, i preparativi delle esequie procedevano…insieme ai muti singhiozzi che vibravano dentro, insieme alla risata di Honor che rimbombava nella mia anima facendola a pezzi, in un buffo e sadico gioco d’eco che solo io potevo sentire.
Intorno, la camera di pizzi e bambole di porcellana.
Dentro, invece, l’inferno, nella più pura e semplice definizione del termine.
Nonna Pilar e le sue cognate giungevano di rado a farmi visita, limitandosi a farmi qualche blanda carezza e a riservarmi sguardi strani. Io le lasciavo fare, per nulla propensa ad avere una vera e propria conversazione con loro. Non avevo voglia di parlare con nessuno in realtà. Non c’era nulla da dire, in fondo e, per evitare di dar loro motivo di farlo, fingevo di dormire, tutte le volte che sentivo la maniglia della porta muoversi.
Così feci quel giorno, non appena sentii lo scatto della serratura.
Mi misi supina e tenni gli occhi chiusi.
Un fruscio di gonne, accompagnato da un profumo di lavanda, fu una delle cose che percepii distintamente. –Sta dormendo-disse una voce. Aveva uno spiccato accento basco ed era stranamente musicale.
-Dunque non verrà al funerale?-chiese un’altra.
-Temo di no-rispose mia nonna-non può camminare…la caduta.-Poi sospirò.
-Madre, vi prego-rispose la prima- non dovete abbattervi così. Avrei voluto giungere presso di voi prima…ma le strade erano malmesse e non sono nelle condizioni di fare viaggi rischiosi, stando a quanto sostiene il medico.-
-Non temete. Il vostro stato è una valida spiegazione. Il Signore toglie, il signore dà...è così, che lo si voglia o meno-rispose Pilar.
-Come è giunta in questa casa?-chiese.
-E’stato la cameriera personale della casa degli Escobar a dare l’allarme. Si è precipitata nella nostra dimora in piena notte, dicendo…dicendo che lei era morta.-riferì mia nonna- Mio marito si è allora recato nella dimora e ha trovato quel…Don Escobar in cima alle scale. Lo ha accolto malamente, con una freddezza mai vista. E’stata tutta colpa sua, che ha messo gli occhi addosso a mia figlia, ingannandola e rovinandola. Non avrebbe mai dovuto sposarla…io mi sono opposta più di una volta…io avrei…avrei…-
Nonna non riuscì a finire la frase, scossa com’era dai singhiozzi. –Non doveva sposarla. Se mia figlia mi avesse ascoltato, quando era il momento, avrebbe preso per marito un suo pari, non un volgare arricchito che mirava solamente alla sua dote.-diceva tra le lacrime.
Non riuscii a muovermi, a quelle parole. Il giudizio dei Rossignol era implacabile e privo di qualsiasi possibilità di scampo. Mia madre, malgrado avesse contratto nozze sgradite e fosse stata per questo silenziosamente ostracizzata dai suoi stessi consanguinei, conservava sempre una buona opinione di loro. –Avrei di gran lunga preferito che sposasse un collaboratore di mio marito, con alto lignaggio e numerose ricchezze-mormorò –Sia maledetto il giorno in cui ha sposato Ignatio Escobar!-
Non so cosa mi impedì di rimanere nella placida posizione in cui mi trovavo. Il cuore batteva furiosamente, pompando in preda ad un sentimento che non sapevo descrivere. Le parole cattive della nonna e del resto della famiglia di mia madre sembravano lacerare la mia carne, tanto erano crudeli. –Ugualmente- mormorò una delle donne presenti- cosa ne sarà di questa bambina? Honor ha provveduto a sistemare le maggiori…ma lei non ha la medesima fortuna. Come se non bastasse, quell’uomo non ha minimamente rispetto della dote della sua defunta moglie. Ha fatto ampio scempio della sua fortuna e si è fortemente indebitato.-
Il rumore delle lancette batteva il tempo. Tic, tac…tic, tac.
Mi concentrai su quel suono.
Tutto sparì. Rimasero solo due cose. Lo sconforto ed il dolore, nulla più.

 


Un canto soffuso.
Una musica calda e roca.
Aprii gli occhi. Non sentivo dolore, non sentivo un peso nel petto. –Ti sei svegliata?-domandò una voce gentile.
Mi girai, incontrando il dolcissimo volto di Honor Blanca Rossignol Escobar. Indossava uno splendido abito avorio in pizzo. I lunghi capelli color dell’autunno erano acconciati in un complicato gioco di riccioli. Era bellissima, come mai l’avevo vista fino a quel momento. Era l’abito da sposa con cui si era presentata in chiesa, per sposare Don Ignatio.
-Cosa c’è, amore mio?-chiese la donna.
C’era tanta luce e calore. Mi trovavo in uno splendido giardino all’italiana, per quel poco che potevo vedere. Istintivamente appoggiai la testa sulle sue ginocchia, chiudendo per un momento gli occhi. Quando li riaprii, il panorama era cambiato.
Un rumore secco, come di un ramo spezzato, mi spinse ad alzare la testa.
Mia madre era improvvisamente pallida. Gli occhi verdi erano vitrei e fissavano il vuoto, la splendida pettinatura improvvisamente sfatta. Non indossava più l’abito nuziale ma una semplice veste da camera sgualcita…ma non fu quello a farmi tremare.
Il collo della mamma era piegato in un modo innaturale…come se fosse stato spezzato, di netto.

Mi svegliai urlando.
La camera era buia, i mobili leggermente in penombra.
La nonna e le zie non c’erano più.
Ero sola, di nuovo.
Sola, in quella casa grande ed estranea.
Sola, con quel silenzio pesante e così alieno. Per anni, da quando ero venuta al mondo, avevo udito solo urla e pianti, misti a suppliche…e desideravo solo che quell’insieme di rumori odiosi cessasse, lasciandomi tregua. Lo volevo così tanto da sentire l’anima straziarsi, tutte le volte che sentivo quelle liti furiose.
Anche la notte prima di quel maledetto giorno, desiderai quel silenzio di pace…e venni esaudita. Le urla cessarono…e, con esse, volò via anche l’anima di mia madre.
E’buffo.
Prima, pregavo per  ottenere il silenzio.
Ora, invece, non desideravo altro che sentire di nuovo il suono della risata di Honor.

Allora, il capitolo pare allentare la cosa…ma, diciamo che qui si parla dell’infanzia della protagonista. Soledad ha un’esistenza molto travagliata e non so se riuscirò a raccontare degnamente quanto succede. Questa è la prima parte della vicenda…immagino che la cosa sia piuttosto strana per questa sezione. Diciamo però che anche qui avrete una spiegazione. Voglio che una cosa sia chiara. Non tutto è come sembra…quindi occhio.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: controcorrente